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La legittimità dei casi di sacrificio volontario della vita

Questo spiega perché i casi di sacrificio volontario della vita vengano considerati leciti solo se concepiti come atti di autodonazione paragonabili al martirio, cioè solo a patto di non considerarli come dei "suicidi". Ne segue, in conclusione, che ritenere tali comportamenti non significa il legittimare l'assoluta indisponibilità della vita e il principio della disponibilità della vita.

In relazione alla legittima difesa, si fanno due precisazioni sul 5° comandamento:

  1. Il primo concerne l'atto morale come tale. Immorale è l'uccisione, cioè l'atto di volontà direttamente e volontariamente finalizzato all'uccisione.
  2. La seconda riguarda l'oggetto specifico dell'atto. La vita che non può "assolutamente" essere soppressa è quella innocente.

La scelta deliberata di privare un essere umano della sua vita.

Non può mai essere ammessa, né come fine né come mezzo. La legittima difesa delle persone e della società non costituisce un'eccezione alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui consiste l'omicidio volontario. Ne segue che gli atti di legittima difesa non sarebbero prospettabili alla stregua di "eccezioni" al divieto di uccidere, poiché le presunte eccezioni sarebbero in realtà atti di genere diverso fattispecie da quelli vietati dalla norma e quindi non rientrerebbero nella etica degli atti proibiti dal 5° comandamento. Perciò, non essendo in contraddizione con il divieto di uccidere, essi non sono neanche in contraddizione con il principio generale dell'indisponibilità della assoluta vita, la cui validità normativa si esercita solo in riferimento alla vita innocente.

2.4 bene

Il principio dell'indisponibilità assoluta della vita non implica che la vita fisica sia un assoluto.

Secondo i documenti, essa è piuttosto un bene "fondamentale", cioè un bene che sta alla base di tutti gli altri beni. La dottrina cattolica dell'indisponibilità assoluta della vita pur comportando il divieto assoluto di uccidere se stessi e gli altri non comporta il dovere di mantenersi in vita ad ogni costo equalsiasicon mezzo. In sintesi, mentre è obbligatorio astenersi dal la morte, incondizionatamente procurare non è obbligatorio adoperare tutti i mezzi disponibili per conservare la vita. Tant'è che la criteriologia etica tradizionale sostiene che l'individuo è tenuto a farlo tramite mezzi "ordinari" e non tramite mezzi "straordinari"; i primi sono moralmente obbligatori, mentre i secondi no. Nei documenti l'imperativo etico di "rispettare" assolutamente la vita umana dall'inizio alla fine viene esibito non soltanto come una convinzione di fede.

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ma anche come un principio di ragione. Il principio dell'indisponibilità della vita è dottrina della Chiesa ma anche della sana filosofia.

Uno dei documenti più significativi del Concilio Vaticano, pone l'eutanasia nella lista delle azioni "vergognose". A sua volta la Dichiarazione sull'eutanasia, che costituisce l'esposizione più ampia e organica della dottrina della Chiesa sul tema dell'eutanasia, afferma non solo che: la morte volontaria ossia il suicidio è inaccettabile al pari dell'omicidio ma è necessario ribadire che niente e nessuno può autorizzare l'uccisione di un essere umano innocente, e nessuno può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro.

Il catechismo notifica che: un'azione che provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona e al rispetto del Dio creatore.

5

Condividere l'intenzione suicida di un altro e aiutarlo a realizzarla mediante il "suicidio assistito" significa farsi collaboratori di un'ingiustizia che non può mai essere giustificata neppure quando fosse richiesta.

Evangelium vitae

Queste affermazioni della Chiesa cattolica hanno consolidato ulteriormente le radicate convinzioni anti-disponibiliste e anti-eutanistiche presenti nel mondo cattolico.

In sintonia con il paradigma tradizionale, anche Papa Francesco, in più occasioni, ha ribadito in modo esplicito la sua totale condanna della pratica eutanasica, sostenendo che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte.

2.7 Il fatto che la teoria dell'indisponibilità della vita sia di matrice religiosa non deve far perdere di vista il fatto che di essa, nell'ambito della nostra tradizione filosofica e culturale, esistono anche versioni di tipo "laico".

Non bisogna dimenticare che esiste da

sempre una diffusa indisponibilista che fa leva sulla congenita tendenza all'autoconservazione insita nell'uomo. Per natura, infatti, anche per necessità, tutti gli uomini tengono a raggiungere qualcosa che per essi è buona, ad assicurare la propria conservazione, e pertanto, chi si toglie la vita deve essere ritenuto compos mentis. Un altro autorevole modello di difesa "laica" del paradigma è rappresentato da Kant. Nei suoi scritti, questo filosofo si mostra persuaso che l'uomo, pur potendo disporre di ciò che appartiene a vario titolo alla sua persona, non può lecitamente disporre della sua stessa persona: "gli uomini siamo quaggiù sentinelle, che non possono abbandonare il loro posto". Kant si sofferma a più riprese sul tema del suicidio. Dopo aver premesso che ci sono molte condizioni in cui la vita può essere sacrificata ma non ci sono condizioni sotto le quali sia consentito il suicidio, scorge in quest'ultimo lasuprema infrazione dei doveri verso se medesimi, in quanto l'uomo, con tale gesto, usa la sua libertà per annullare la propria vita e la propria libertà. Con l'esecrabile risultato di privarsi per sempre della facoltà di far uso della propria libertà e quindi della possibilità di adempiere ai propri doveri di uomo. Da ciò la sua natura autocontraddittoria e immorale. Capitolo 3 - Dall'indisponibilità al disponibilismo: aspetti, temi e tendenze 3.1 La morte volontaria, anche da parte di filosofi sensibili al tema della libertà dell'uomo, è negativa. È stata per lo più prospettata in maniera tendenzialmente negativa. Al punto che è possibile affermare che la maggior parte dei filosofi del primo '900 abbia considerato in modo tendenzialmente negativo la disponibilità della vita in senso. E ciò è in constatabile sintonia con il dettato dominante del pensiero occidentale. Sebbene nell'ultima

Parte del 19esimo secolo il dibattito sulla "morte pietosa" fosse già diventato realtà per opera di medici e giuristi, i maggiori filosofi dell'epoca si limitarono a soffermarsi ancora una volta su quel tipo di morte volontaria che è il suicidio. Tuttavia, questo radicato orientamento a un certo punto ha subito una battuta di arresto ed è entrato in crisi. Infatti, con la rivoluzione biomedica contemporanea e con l'avvento della bioetica, i filosofi sono divenuti tra i principali protagonisti del dibattito intorno al "diritto di morire".

Il principale effetto dell'affermazione odierna della mentalità disponibilista è l'anno sodo dibattito etico sul diritto di morire; tale dibattito verte sulla liceità morale o meno di controllare liberamente le modalità della propria vita e quelle della propria morte. E ciò sulla base di una prospettiva che difende con coerenza quel principio di

autodeterminazione che è inscritto nel DNA del mondo moderno. su se stesso,La prospettiva disponibilista ha trovato un difensore di spicco in Stuart Mill:sulla sua mente e sul suo corpo, l'individuo è sovrano.Perseguendo l'idea di un completo autocontrollo sulla propria vita e sulla propria morteNietzsche sostiene che l'individuo sa morire al momento giusto e che perciò non ha paura dianticipare la propria dipartita. dignità,Dworkin pone l'enfasi sul morire con mostra quanto sia importante che la vita finiscain modo appropriato,Questa serie di convinzioni teoriche è in manifesta sintonia con una forma mentis favorevolealla libera disponibilità della propria vita e del proprio corpo in tutti gli ambiti esistenziali.Nella fattispecie, ciò che caratterizza specificatamente la mentalità contemporanea è laconvinzione che la libertà e l'autodeterminazione debbano valere non solo nei confronti

disituazioni specifiche della vita manche nei confronti della vita nella sua globalità. se vivere o meno. L'autodeterminazione viene estesa sino alla facoltà di scegliere. Le persone hanno il diritto di determinare e controllare le circostanze della loro morte così come determinano le circostanze della loro vita. È ovvio che "nessuno è un'isola" e che l'individuo si trova in un contesto relazionale costituito da una fitta trama di rapporti e doveri verso gli altri. Ma la realtà dei legami interpersonali non implica che le incombenze verso gli altri siano di natura tale da comportare un qualsivoglia "obbligo" di mantenersi in vita a qualunque costo, in modo da escludere a priori ogni ipotesi di morte volontaria e di morte medicalmente assistita. I fautori della disponibilità della vita sostengono che nelle circostanze che spingono l'individuo a prendere in considerazione l'ipotesi eutanasica nonc'è più una vita degna di questo nome, bensì una pseudo-vita che il soggetto interessato tende a non riconoscere più come propria. Per sé. Poiché si sta parlando di libere scelte, ognuno è quindi moralmente tenuto a decidere. E quindi chi vuole vivere in condizioni di vita martoriata è libero di farlo e merita umano rispetto. Del resto si afferma che sarebbe crudele e barbaro mantenere in vita una persona contro il suo volere e negargli una misericordiosa liberazione, dopo che la sua vita ha perduto dignità e significato. In conclusione, il graduale processo di consolidamento del principio di autodeterminazione costituisce, per la cultura contemporanea, una sorta di punto di non ritorno, coincidente con una sempre più estesa preferenza accordata al paradigma disponibilista. 3.3 A differenza di quello che solitamente si è portati a credere, culture di accettazione dell'eutanasia (più o meno)minoritaria ma
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
28 pagine
SSD Scienze mediche MED/43 Medicina legale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rosscom di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etica e bioetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Attaderno Gianluca.