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Barriere della mente e barriere del corpo - Adriano Pessina

Esiste un nesso tra l’io sociale (l’immagine dell’uomo che emerge

dalla società) e l’io personale (l’immagine che ognuno di noi cerca

di ricavare da se stesso). La persona non ha solo un difficile

rapporto con gli altri (come nella celebre espressione di Sarte:

l’inferno sono gli altri) ma anche con se stessa, poiché l’immagine

sociale può essere un giudizio e una condanna sulla sua esistenza.

La malattia è un’esperienza personale del soggetto, ma in grado di

influire pesantemente sulle relazioni. Le barriere alla realizzazione

dell’umano sono sempre contemporaneamente sia fisiche che

culturali. Le barriere della mente sono anche i pregiudizi che

condizionano negativamente l’agire dell’uomo.

Aristotele definisce l’uomo un animale razionale. Poi tesi

evoluzionistiche di Darwin e i diritti degli animali dei giorni nostri,

introdotti da P.Singer con le tesi utilitaristiche. Nel 1979 sosteneva

che ci fossero animali non umani la cui razionalità era superiore a

quella di un bambino di una settimana o in certi casi di un anno. Per

Singer ciò che è eticamente rilevante è la capacità del singolo

animale di provare dolore e piacere, di avere progetti di vita e

consapevolezza di sé. Sulla base di ciò ha teorizzato la legittimità di

“combattere” la disabilità mediante pratiche eugenetiche e

eutanasiche. Ha difeso il suicidio assistito e la pratica dell’eutanasia

per coloro che si trovano in stato vegetativo. La gravità di un atto di

eliminazione di una vita, andrebbe valutata sulla base di una vita

cosciente, capace di desiderare di vivere, se questa vita abbia una

qualità degna di essere vissuta. Coloro che vorrebbero stabilire la

differenza di diritti, tra “animali non umani” e “animali umani”,

sarebbero specisti. Singer propone dei criteri per stabilire se una

vita è degna di essere rispettata: sentire dolore; avere coscienza di

sé; avere progetti; avere interesse a vivere. Chi le possiede viene

definito persona, il cui termine indica quell’animale (umano o no)

che in un determinato periodo ha queste caratteristiche. Le sue tesi

sono considerate, una delle maggiori barriere al riconoscimento dei

diritti alle persone con disabilità e della loro stessa intrinseca

dignità umana e personale. L’esito della sua riflessione è

condizionato da due presupposti: l’idea di considerare l umano

dentro la categoria dell’animalità; L’idea di valutare la dignità della

vita umana, riferendosi all’esercizio di determinate qualità.

(3) Capacità e “vita degna di essere vissuta” ritornano anche con la

filosofa Nussbaum che ha sviluppato una teoria della giustizia,

cercando di correggere, tramite l’unione del pensiero aristotelico e

quello di Marx, alcuni presupposti antropologici del pensiero

liberale. La prima capacità, il cui esercizio dovrebbe essere

garantito da una società giusta e pluralista, è espresso dal titolo

“vita”, cosi descritta: “avere la possibilità di vivere fino alla fine una

vita umana di normale durata; di non morire prematuramente o

prima che la propria vita sia stata limitata così da essere indegna di

essere vissuta”. Vita degna di essere vissuta indica: esistenza di

condizioni di vita che non sono all’altezza della dignità dell’uomo; il

venir meno della dignità stessa dell’uomo, a causa della perdita di

determinate capacità. Nussbaum, parla di “normatività della natura

umana. Nussbaum scrive: “nella mia teoria, la nozione di natura

umana è esplicitamente e sin dal principio, valutativa o eticamente

valutativa: fra le molte caratteristiche di una vita umana, ne

selezioniamo alcune normativamente fondamentali, al punto che

una vita priva delle possibilità di esercitarne, non potrebbe dirsi

pienamente umana e umanamente dignitosa. Perciò se diventa

impossibile il possesso di un numero sufficiente di capacità,

possiamo ritenere che quella vita non possa considerarsi più

umana. Quindi dobbiamo cercare di fissare una soglia più alta, il

livello sopra al quale diviene possibile una buona vita. Le persone in

stato vegetativo e i bambini anencefalici non possiedono le

caratteristiche di una “vita umana” e la loro soglia sia in relazione

con la definizione medica di morte”. Ciò è fuorviante: nella morte

tutte le attività cerebrali cessano, mentre nello stato vegetativo il

cervello ha lesioni che interessano solo alcune aree; nel caso del

bambino anencefalico, invece, si arriva alla morte perché è privo

delle parti del cervello che consentono lo sviluppo, il battito

cardiaco e il respiro autonomo. Ciò che risulta inaccettabile, non è

tanto la distinzione tra quanti possono o no sviluppare determinate

capacità, ma che questa possa escludere costoro dal

riconoscimento del carattere umano della loro esistenza, anche se

segnata da patologie altamente invalidanti. Il procedimento di

Nussbaum è analogo a quello di Singer: entrambi cercano dei motivi

per apprezzare la vita e lo trovano nell’uso di determinate capacità.

Singer le trova in tutti gli animali superiori e in base alla presenza di

queste capacità li definisce persone; Nussbaum trova queste

capacità nella specie umana e allarga il concetto di persona anche

agli esseri umani con alcune limitazioni mentali (non prende una

posizione, ma instaura un paragone fuorviante tra l’assenza di esse

e la morte).

I temi ricorrenti nella riflessione etico-politica fanno riferimento a:

difesa della libertà dell’individuo e delle sue scelte; affermazione del

valore del pluralismo etico come condizione della democrazia;

difesa delle carte dei diritti per salvaguardare la cittadinanza;

principio di uguaglianza come condizione per combattere la

discriminazione. L’interpretazione giuridica di esse, è molto

articolata, ma rappresentano oggi il veicolo culturale della

globalizzazione, vista come la forma di condivisione di alcuni

paradigmi sociali. Sicuramente questa Convenzione è in stretta

continuità con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Non

è stato così evidente ai legislatori e alle forze politiche che l’uomo

di cui allora si volevano garantire i diritti è un uomo storico, che può

subite delle gravi riduzioni delle sue capacità e che è un uomo che

attraversa diverse fasi. Questa nuova convenzione ci riporta a

confrontarci ancora con la normatività dell’essere umano. La norma

specista, dovrebbe indicare come primo valore il riconoscimento

dell’essere umano. Il riferimento alla persona con disabilità cambia

la prospettiva: non assume come normativa l’immagine di persona

che è un modello ideale di cittadino, ma l’uomo concreto,

empiricamente determinato. Sia questa Convenzione che l’ICF,

sfidano lo spirito del tempo, perché pur rimanendo nella cornice di

un liberismo globalizzato, collocano al centro della scena

l’esperienza dell’essere umano concreto.

L’espressione “persona con disabilità” da una parte serve per

focalizzare aspetti della condizione umana, ma dall’altra rischia di

introdurre una sottocategoria sociale se non risulterà evidente che

questa specificazione definisce la situazione nella quale vive la

persona. Il preambolo della Convenzione, si ricollega ai principi

proclamati nello Statuto delle Nazioni Unite che riconoscono dignità

e valore connaturati a tutti i membri della famiglia umana e i diritti

uguali e inalienabili come fondamento di giustizia, libertà e pace nel

mondo. Jonas: il concetto di responsabilità implica quello del dover

essere, come normatività dell’essere di qualcosa e poi come

normatività dell’agire di qualcuno in risposta a quella dell’essere. Il

dovere, etimologicamente, rimanda al debitum, a ciò che dobbiamo

agli altri, dove il primo originario debito è quello di custodire e

promuovere la vita che abbiamo generato. Nonostante tutto ciò,

mentre si dichiarano i diritti delle persone con disabilità, si continua

a dar voce a teorie che rafforzano l idea che sia meglio non nascere,

piuttosto che essere affetti da malattia e diventare fonte di

sofferenza altrui. Esiste un nesso inscindibile tra l’io individuale e

l’io sociale, perché anche se teoricamente fossimo obbligati soltanto

di fronte ad altri uomini, lo saremmo di fatto, di fronte a noi stessi,

poiché la solidarietà sociale esiste solo nel momento in cui un io

sociale si sovrappone in ognuno di noi all’io individuale (Bergson).

Per allontanarci occorre aver coscienza del legame con la cultura

del proprio tempo, e uscire da quella immediatezza di pensiero

comune che ci permette di agire nella società e di seguirne le

regole come automi coscienti.

(4) Il tema dello specismo e la questione della “soglia” di umanità,

sono strettamente connessi alla giustizia. Tutte le questioni di

giustizia hanno a che fare con la questione della verità intorno

all’uomo e ai suoi beni. Per Singer essere specisti vuol dire attribuire

maggiore valore alla vita umana rispetto quella animale: questo

risulterebbe ingiusto perché non ci sarebbe differenza tra la vita

animale e quella umana, ma solo tra diverse qualità di vita. Perché

questa tesi abbia consistenza, bisognerebbe provare che non esiste

differenza rilevante tra vita umana e animale, differenza per altro

evidente, ma che sfuma soltanto se si assume il termine vita in

modo generalissimo e astratto; basterebbe restringere il paragone

tra animali viventi e le differenze riemergono facilmente. Non solo

vi è una differenza tra animali e uomo, ma sono proprio gli animali

ad essere specisti, quindi a difendere i propri interessi. Se gli uomini

sono animali, non possono non essere specisti; secondo Singer,

devono rinunciare allo specismo, quindi al loro essere animali.

Rifiutando lo specismo, l’uomo rifiuta di essere animale, ma così

introduce una differenza eticamente rilevante che permette di

affermare che la specie umana è normativamente differente da

quella animale. Anche i darwiniani, non possono ignorare che per

quanto l’uomo appartenga al regno animale, se ne distingue nel

momento in cui è in grado di costruire una propria genealogia, di

interpretare come storia quello che gli evoluzionisti dovrebbero

considerare come un puro fatto. Un animale

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
27 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher inzaghino di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etica e bioetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Gensabella Marianna.