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CAPITOLO QUATTRO
19. Le superpotenze e la crisi della grande alleanza, p.188
Il simbolo del nuovo clima fu la punizione dei “crimini di guerra” con un apposito tribunale
internazionale che operò a Norimberga tra il 1945 e il 1946. Su questa linea l'Onu nel 1948
riuscirà, nonostante la guerra fredda, ad approvare una Dichiarazione universale dei diritto
dell'uomo.
Alla fine della guerra, l'Europa coperta da macerie aveva perso la sua centralità nella
dinamica mondiale e si delineavano due superpotenze extraeuropee, gli Stati Uniti e
l'Unione Sovietica. I vent'anni successivi alla guerra furono segnati da un sistema
conflittuale, centrato sullo scontro ideologico tra comunismo e il “mondo libero”, con una
contrapposizione che non sfociò in uno scontro militare diretto tra i due paesi (la cosiddetta
“guerra fredda”), anche se comunque esplosero numerosi conflitti locali. L'equilibrio era
contrassegnato dal terrore di una possibile guerra atomica.
La prima e vera superpotenza furono appunto gli Stati Uniti, che hanno avuto perdite umane
limitate, sia tra la popolazione civile che tra le forze armate, rispetto agli altri paesi
belligeranti e raggiunsero un primato economico, militare e tecnologico mondiale.
L'altra superpotenza era l'Urss, le cui immense perdite umane e materiali durante la guerra
non vanno trascurate. Per uscire da questa situazione, Stalin si concentrò sull'industria
pesante e sulle infrastrutture e elaborò una politica di sicurezza, unilaterale e poco
cooperativa, di isolamento economico. In termini territoriali, l'Urss inglobò nuovi territori
strategici in vista dell'obiettivo di costruire una sfera d'influenza nell'Europa orientale,
cercando allo stesso tempo di non rompere con gli occidentali. Tuttavia le cose
precipitarono, soprattutto a causa delle difficoltà incontrate, come ad esempio le resistenze
antirusse locali. L'azione sovietica divenne quindi rapida e drastica, facendo ricorso
all'occupazione militare dell'Armata Rossa. Questa politica generò negli Stati Uniti e in
Europa occidentale preoccupazioni e insicurezza, e fece nascere timori di ulteriori
espansioni sovietiche. In diversi paesi infatti i partiti comunisti erano in forte crescita. I
problemi della cooperazione tra i “grandi” però non erano finiti qui. Le potenze europee
vincitrici cercavano di perseguire autonomi disegni politici. Ad esempio la Gran Bretagna si
impegnò a difendere la particolarità del proprio sistema imperiale. A causa della difficile
situazione, il governo di Attlee perseguì un tentativo di ridimensionamento del sistema
imperiale senza però perdere il ruolo di grande potenza (nel 1947 venne concessa
l'indipendenza all'India che a causa dei contrasti tra induisti e mussulmani si divise in
Unione Indiana e Pakistan).
Già nel 1946 Churchill in un discorso aveva parlato di una “cortina di ferro” per indicare la
divisione che ormai solcava l'Europa. Ormai non bastava più una regolazione economica e
istituzionale del mondo (e le istituzioni di Bretton Woods erano troppo deboli), ma
occorreva intervenire politicamente e militarmente per contenere l'Urss percepita come
sempre più aggressiva.
20. La guerra fredda: blocchi rivali e la divisione della Germania, p.198
A peggiorare i rapporti tra le superpotenze fu la crisi del 1947, nel corso della quale si definì
la contrapposizione tra i due mondi. Proprio in questo periodo venne coniata l'espressione
guerra fredda, per indicare uno stato di alta tensione internazionale tra le due superpotenze e
i due blocchi ad esse collegate. L'inizio della guerra fredda venne sancito con la cosiddetta
“Dottrina Truman”, che parlò di due modi di vita alternativi: uno fondato sul rispetto delle
libertà politiche e civili, l'altro sul totalitarismo e sull'opposizione.
Di lì a pochi mesi un altro passo decisivo fu compiuto con la proposta del Piano Marshall,
che metteva a disposizione notevoli fondi americani per i paesi che fosse disposti a
cooperare per la ricostruzione integrata dell'Europa. Da una parte, nonostante si mostrasse
aperto a qualunque Stato volesse aderirvi, faceva parte della logica di contenimento del
comunismo. Il piano fu ovviamente rifiutato dall'Urss che risposte con la fondazione del
Cominform, che aveva lo scopo che legare a sé i partiti comunisti occidentali e orientali. Il
Piano Marshall aveva anche l'obiettivo di rimodellare il vecchio mondo a immagine del
Nuovo. L'iniziativa doveva riguardare anche gli sconfitti, per reinserirli nel sistema (infatti
le zone d'occupazione occidentali della Germania ricevettero gli aiuti). Naturalmente inviare
in Europa materie prime e prodotti industriali serviva anche a sostenere la riconversione
dell'economia americana.
Intanto il fallimento della conferenza sul destino della Germania nel 1947 segnava la
chiusura del dialogo diplomatico tra Est ed Ovest, così la divisione della Germania maturò
definitivamente. Un punto critico di questa divisione era rappresentato da Berlino, che era
stata divisa in quattro settori, di cui i tre controllati da Gran Bretagna, Usa e Francia
formavano la Berlino ovest, mentre quello controllato dall'Urss rappresentava la Berlino est.
Nel 1948 i sovietici tentarono di costringere i rivali ad abbandonare le posizioni bloccando
tutti gli accessi alla città. Gli Stati Uniti e l'Inghilterra risposero organizzando un efficiente
ponte aereo, garantendo così rifornimenti alla città. Inoltre nel 1949 nacquero due nuovi
Stati: La Repubblica federale tedesca a ovest, con capitale Berlino.
• La Repubblica democratica tedesca a est, con capitale Bonn.
•
Truman accettò un ulteriore sviluppo della strategia di contenimento. Per tenere insieme i
paesi europei occorreva investire non solo i dollari del Piano Marshall ma anche la presenza
di soldati americani in Europa. Così, sempre nel 1949, quasi tutti gli stati europei, Stati Uniti
e Canada firmarono il “Patto Atlantico”. Si trattava di un'alleanza difensiva che completava
il Piano Marshall e prevedeva un impegno di soccorso reciproco. Sulla base di questa
alleanza si procedette anche alla creazione della Nato, un'organizzazione militare che
sarebbe intervenuta in caso di attacco sovietico anche a uno solo dei paesi firmatari. Con la
Nato si diede il via al riarmo dei paesi occidentali, compresa la Germania federale
(creazione del Patto di Varsavia contro la Nato).
I due blocchi si avviarono sempre di più verso una radicalizzazione del conflitto, restando
però sempre coscienti, perchè pesava ancora la memoria delle tragedie della Seconda Guerra
Mondiale, del fatto che tale contrapposizione non dovesse e non potesse sfociare nella
guerra aperta.
21. La guerra di Corea, il nuovo europeismo e la crescita economica, p.207
La guerra fredda si allargò presto fuori dall'Europa. Dopo la tregua tra l'esercito nazionalista
di Chiang Kai Shek e i comunisti di Mao Tse-Tung per riunire le forze contro il nemico
comune, il Giappone, si riaprì il conflitto una volta finita la Seconda Guerra Mondiale. In
una prima fase sembrò avere la meglio l'esercito nazionalista, soprattutto grazie all'appoggio
degli Stati Uniti, ma tale sostegno venne meno nel 1948 quando gli Usa concentrarono le
proprie risorse in Europa. Così l'andamento della guerra cambiò e si concluse l'anno
successivo con la vittoria dei comunisti di Mao. In questo modo la sfera comunista si
allargava ulteriormente e la guerra fredda investiva anche l'Estremo Oriente.
Già dall'inizio del 1950 l'approccio occidentale alla guerra fredda cambiò, anche a causa
dell'arrivo della notizia che la prima atomica sovietica era stata sperimentata con successo,
togliendo al blocco occidentale il monopolio dell'arma e creando dei ripensamenti
sull'amministrazione Truman. Fu in questa occasione che si pensò ad un'integrazione
politica tra i diversi Stati europei, che si concretizzò con il piano presentato dal ministro
degli Esteri francese Shuman. Dal piano nacque nel 1951 la Comunità europea del carbone
e dell'acciaio (Ceca) a cui aderirono Francia, Germania federale, Italia e i paesi del Benelux.
Restava invece fuori la Gran Bretagna, per i legami nel Commonwealth e per tutelare
l'autonomia.
Nel 1950 scoppiò anche la guerra in Corea, che era stata occupata nel 1945 a nord dalle
truppe sovietiche e a sud da quelle americane, divisi al 38° parallelo e aveva portato alla
nascita di due Stati separati: la Corea del Sud e la Corea del Nord. Nel 1950 i coreani del
nord varcarono il 38° parallelo e occuparono la capitale del Sud, e questo nel quadro della
guerra fredda assunse un ruolo ben più che locale. Gli Stati Uniti chiamarono in causa
l'Onu, che giudicò la Corea del Nord paese aggressore e ottennero l'autorizzazione ad
intervenire militarmente. Una volta ripristinata la situazione iniziale, nel 1953 si raggiunse
un armistizio e venne costruita una lunghissima barriera di cemento armato. La Corea da
allora non si è più riunificata.
Ormai aveva preso piedi l'idea di uno spazio economico europeo comune tra gli Stati che
intendevano regolare in modo cooperativo la propria sopravvivenza nel quadro bipolare e
l'amministrazione americana continuò a perseguire l'obiettivo di un'economia mondiale
aperta. Su questa base nel periodo 1948-1950 iniziò la grande fase di boom economico
internazionale, caratterizzato dalla crescita della produttività del lavoro, da costi stabili e
relativamente bassi. Ci fu anche la riduzione progressiva delle tariffe doganali e di altri
limiti al commercio con l'accordo sul commercio internazionale (Gatt).
La crescita favorì soprattutto l'occidente, ma ebbe risvolti positivi anche più in generale per
i paesi meno sviluppati, assumendo quindi una tendenza universalistica. Le economie
socialiste invece mantennero il sistema di pianificazione centralizzata, che fu la ragione
principali del rallentamento e del divario con l'occidente.
La stabilità e le evoluzioni interne ai due blocchi: il 1956, p.216
22.
Gli anni '50 furono contrassegnati da forti polemiche contro la debole Amministrazione
Truman, la diplomazia americani cominciò a preoccuparsi di possibili sovversioni da parte
di minoranze comuniste e dell'avvicinamento dei paesi occidentali a posizioni di sinistra.
Vennero quindi emarginati dalla vita pubblica e sociale tutti coloro che erano sospettati di
nutrire simpatie filosovietiche. Questo clima di intolleranza politica trovò il suo maggiore
esponente in Mc Carthy che fu a capo della “Commissione per le attività antiamericane&rdquo