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4. SIMBOLI, SEGNI E RITI
Spera – Architetture vuote e “lessemi” architettonici su alcune lastre incise dalle
catacombe romane
Esiste una serie di epitaffi o lastre marmoree prive di testo scritto caratterizzanti da
rappresentazioni architettoniche, anche nella forma di elementi isolati.
Una chiusura di forma dal pavimento della basilica apostolorum dalla via Appia riporta l’immagine
di una colonna spiraliforme con capitello corinzio a foglie lisce e base modanata su basso plinto.
Altra colonna, ma questa volta a fusto liscio, base e capitello corinzio con abaco, è incisa sulla
transenna con traforo a pelte da ss Marcellino e Pietro, forse oggetto votivo, forse come richiamo
martiriale.
Un insieme composito di segni -colonna, tralci vitinei, grappoli e volatile-accompagna l’epitaffio di
Melisso su un sarcofago strigilato da ad duas lauros e quello di Felicissima su una lastra di loculo
da Callisto.
Nell’epitaffio di Marcus sulla lastra proveniente dal cimitero di via Ostiense compaiono tre segni, la
colonna, avvolta da racemi di alloro o di edera, un uccello e un grappolo d’uva con l’immagine del
defunto in cattedra con un ramoscello di ulivo nella mano dx.
Emerge un’attenzione al dettaglio, anche in casi di stilizzazione del disegno, vi è un riferimento al
sepolcro (es chiusura di un loculo della regione dei Flavii Aurelii in Domitilla).
In sarcofagi non cristiani la presenza della colonna con l’urna soprastante si può riferire al contesto
funerario e con tale significato è introdotto anche in scene di banchetto (es affresco con scena di
banchetto da ss Marcellino e Pietro).
Altre volte vengono applicate vere e proprie colonne ai sepolcri, come potenziamento decorativo,
oppure con connessione al luogo santo.
Calcani – Dalla pratica augurale alla simbologia della nuova fede: contributo alla storia
iconografica del Chrismon (MANCA)
Nuzzo – Vite e uva nell’arte funeraria paleocristiana: la documentazione delle lastre incise
di produzione romana
Le raffigurazioni della vite e dell’uva in ambito funerario sono diffuse in un arco di tempo assai
ampio. Vanno dal semplice tralcio al singolo grappolo, alla vigna fino a scene di vendemmia.
All’interno delle tematiche dionisiache vi sono intenzioni bucoliche e stagionali.
Si è documentata con una certa frequenza la sola immagine del grappolo d’uva (unico o duplicato)
che si ritrova in un ampio spazio cronologico con lastre molto antiche come es da Domitilla.
La più diffusa è l’immagine della colomba, o altri volatili, con il grappolo d’uva nel becco, alternativa
o in combinazione con altre colombe recanti palme o ramoscelli (es lastra da Domitilla). La
combinazione non è nuova nei contesti cristiani, ma risulta già sperimentata nei monumenti
sepolcrali già dal II secolo.
Il grappolo d’uva è affiancato anche dal monogramma cristologico. In qualche caso la colomba
poggia sul grappolo d’uva, spesso accompagnate da altre raffigurazioni incise (es epitaffio di
Brezeinos della via Salaria in cui si combinano il tema del volatile e del cantaro).
Questo tema è interpretato come riferimento all’ambiente paradisiaco (es epigrafe sepolcrale di
Vittoria).
La colomba che becca il grappolo è associata alla figura del Buon Pastore (es epitaffio di Satilius
Ursus alla moglie Satilia Sabina dal cimitero dei Gordiani).
Rara è l’immagine della lepre che mangia l’uva (es epitaffio di Ciriaca), ma che trova strettissime
relazioni in immagini dei sarcofagi in cui è associata a tematiche dionisiache, oppure in scene di
caccia, oppure a rappresentare l’autunno.
Il carattere stagionale dell’uva è ripresa anche dalla lastra incisa di Felicita nella catacomba di s.
Ippolito, posta a chiusura di un loculo infantile risalente al IV sec, vi sono due colombe recanti una
il grappolo d’uva e l’altra una spiga di grano (valenza eucaristica? Oppure valore stagionale
bucolico.
Le scene di vendemmia sono connesse con tematiche dionisiache, che nel corso del III sec
arrivano ai coperchi dei sarcofagi (es lastra frammentaria da Domitilla, dove un putto intento a
salire su di una scala per raccogliere l’uva da pigiare).
In una lastra della via Salaria il grappolo d’uva è semplice segno di interpunzione.
De Santis – Memoria e commemorazione funeraria nelle lastre incise di committenza
cristiana
La volontà di perpetuare la memoria del defunto da parte della collettività è una testimonianza
importante della produzione dell’immaginario sociale. L’elaborazione del distacco del defunto dalla
collettività costruisce uno spazio mentale formando l’identità collettiva.
Le lastre funerarie con incisioni figurate sono databili al IV – V secolo, sono personali perché
connesse all’individualità della tomba, assimilabili ai sarcofagi ma riconducibili a una committenza
più povera e meno integrata con i codici da rispettare e gli standard.
Vi sono alcune scene che rimandano al rituale funerario.
1. Un primo gruppo è costituito da scene di refrigegrium e di libagione in cui il defunto è
rappresentato nell’atto di abbeverarsi o con i mano i recipienti preposti a tale scopo. Si possono
differenziare in base alla postura del defunto e in base al fatto se ci siano o meno oggetti nella
scena.
Due lastre romane: una da Domitilla, ma si conserva ad Anagni, presenta sotto il testo costituito da
un onomastico femminile la figura di un uomo semidisteso con una colomba sotto il braccio sx e un
bicchiere nella mano dx; l’altra oggi scomparsa da Ciriaca, conserva l’epitaffio di Vincentia
semidistesa con un bicchiere nella mano alzata. Tale schema è connesso con il modello del
defunto eroe sulla kline solo o affiancato dalla moglie in ambito greco-romano scultore, è raro nella
committenza cristiana (es pittura di Binkentia in ss Marcellino e Pietro, dove accanto alla defunta
semisdraiata compaiono due oranti).
Quattro lastre invece riportano il defunto con in mano un bicchiere nell’atto di abbeverarsi, risalenti
al IV sec: da Aquileia l’iscrizione di un militare del 352, vi sono tre episodi distinti che riportano la
vita militare, il defunto rappresentato in uniforme a sx mentre a dx si può intravedere il personaggio
con abiti tipici della Dardania, mentre al centro il defunto seduto beve da un lungo bicchiere con
piede ad anello; simile intento narrativo vale per la lastra con l’epitaffio di Eutropos scultore di
sarcofagi e per questo ripreso intento nel suo lavoro aiutato da un inserviente, a sx compare in
dimensioni maggiore con in mano un bicchiere mentre a dx una colomba col ramoscello nel becco;
l’unico protagonista resta sempre il defunto per la lastra di Augurina dalla via Latina, la defunta è
rappresentata con in mano un bicchiere molto simile a quello di Eutropos; diversa è la lastra di
Criste da Domitilla, la defunta orante sulla sx con accanto una colomba col ramoscello e ai piedi un
recipiente troncoconico, forse un bicchiere sovradimensionato, a dx un uomo tiene in mano una
brocca monoansata e un bicchiere dal quale beve ai suoi piedi un canea cui porge un boccone di
cibo(scena di ambito familiare), a dx compare un’altra colomba di dimensioni maggiori con
ramoscello di ulivo, in questo caso è il padre della defunta a compiere il rito del refrigerium in onore
della figlia, è la volontà dei superstiti di partecipare nel rituale di commemorazione.
L’atto del dissetarsi rappresenterebbe la traduzione figurata di un rito reale, come soluzione del
problema della morte fisica fondato sulla fiducia nella prospettiva salvifica della resurrezione finale,
come si può vedere nell’expansis manibus, la colomba.
2. Rimanendo nell’ambito del refrigerium una serie di lastre presentano raffigurazioni simboliche
contratte connesse con intenti evocativi delle pratiche rituali, cioè si tratta di recipienti, bicchieri a
calice o troncoconici, brocche monoansate, anfore, cioè tutti oggetti che isolati o con altri simboli
corredano l’epitaffio in cui sono posti (es recipienti incisi nella malta di chiusura dei loculi nelle
catacombe).
Nell’iscrizione di Ianuaria da Callisto ci sono tre oggetti tra loro equidistanti: brocca monoansata,
forse con rivestimento in vimini, una lucerna e un bicchiere vitreo con piede ad anello, il testo
scritto e il codice figurato sono in stretta relazione dato che l’augurio di refrigerium consolida il
simbolismo degli oggetti.
Più difficile è relazionare al refrigerium una serie di oggetti da cucina come utensìli, botti, le quali
possono alludere all’uso del vino nei pasti funebri es lastra da Commodilla.
Il cantaro invece non si riferisce agli individui bensì all’ambito rituale.
La cattedra si riferisce allo “spazio rituale” connesso con la consumazione dei pasti funebri (es
incisione da Pretestato, oppure cubicolo con cattedra dal cimitero Maius).
3. Altro ambito tematico documentato è la “luce”, vista come candelabri o ceri ai lati del defunto-
orante (es epitaffio di Bessula , o in altre iscrizioni da Aquileia), si può pensare ai cosiddetti “riti di
separazione”, cioè quelli che riguardavano il trattamento del corpo, la veglia e il corteo funebre in
cui torce e candelabri erano usati fin dall’età romana. Il motivo dei ceri accesi al lato del defunto è
forse di ispirazione africana.
La singola lucerna rimanda alle lucerne presso le sepolture in omaggio ai defunti, oppure come
simbolo cristiano di lux aeterna (es iscrizione di Ianuaria da Pretestato, iscrizione di Panfilo dove la
lucerna accesa e una candela si relazionano col nome del defunto Lucernius, oppure una lastra di
Priscilla in cui tre coppe su piede contengono una serie di ceri o candele accese).
4.Infine vengono rappresentati oggetti percepibili come il corredo personale del defunto, cioè
connessi alla suppellettile di uso quotidiano, con funzione “retrospettiva”. Emerge un gruppo di
lastre su cui compaiono immagini come specchi, pettini isolati e quindi riferimenti espliciti all’attività
svolta in vita dal defunto.
Possono esserci anche immagini connesse all’attività tessile, come fuso, conocchia e telaio
(simboli legati alle Parche, ma possono essere anche corredo personale del defunto, donna
ovviamente!).
In conclusioni le immagini servono a rielaborare concettualmente il ricordo del defunto, connesse
al testo epigrafico.
Acampora – Libagioni e riti funerari: a proposito di un’inedita lastra della catacomba di
Pretestato
Nel cimitero di Pretestato vi sono diverse iscrizioni greche, una lastra venne analizzata da Ferrua.
Si tratta di una lastra dall’ambulacro B15 di marmo bianco, con una modanatura a gola dritta
semplice lungo uno d