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Le economie di apprendimento sono legate alla riduzione dei costi unitari di
produzione per via della crescita della produzione cumulata nel corso del
tempo. Tale effetto si collega all’effetto apprendimento: più si svolge la
produzione di un bene, senza investire in nuove tecnologie, e più l’impresa
accumula esperienze da sfruttare per ridurre gli scarti di lavorazione e
produrre più beni per unità di tempo.
Le economie di scopo scaturiscono dalla possibilità dell’impresa di usare i
fattori multi-uso; inoltre essa si raggiunge quando la produzione congiunta di
due o più beni implica un costo unitario totale inferiore a quello che si
vorrebbe sostenere nel caso di produzione disgiunta dei medesimi beni.
Una combinazione produttiva tende ad essere convenientemente svolta
all’interno di un’impresa se i costi dell’organizzazione sono inferiori ai costi
del mercato e, se i benefici netti offerti dalla combinazione per l’impresa sono
maggiori dei benefici netti potenzialmente generabili dalla stessa
combinazione per altre imprese. A parità di costi di organizzazione e di
transazione, quanto più una combinazione produttiva offre benefici netti a
un’impresa piuttosto che a un’altra, tanto maggiore sarà l’incentivo
dell’impresa a collocare tale combinazione nel suo confine per appropriarsi
facilmente del suo valore.
Nella prospettiva dei diritti di proprietà, il problema dei confini è associato alla
distribuzione tra due o più imprese dei diritti di proprietà sui fattori elementari
della produzione. Il collegamento tra i diritti di proprietà sui fattori elementari
della produzione e gli incentivi delle imprese a usare efficientemente ed
efficacemente tali fattori è dato dal potenziale di appropriabilità dei risultati
connessi all’uso del fattore stesso. Le imprese che sono intestatarie dei diritti
di proprietà su un fattore della produzione, così, possono appropriarsi dei
benefici netti connessi al suo uso produttivo.
Il concetto di confine può legarsi anche al potere di mercato. Lo svolgimento
di combinazioni produttive all’interno dell’impresa non serve a ottenere
benefici in termini di efficienza e/o di efficacia, ma ad acquisire potere di
mercato nei confronti delle entità di contesto. Inoltre, si pensi che integrando
alcune combinazioni produttive l’impresa potrebbe rendere queste non
disponibili ad altri concorrenti se non a condizioni diverse rispetto a quelle
applicate alle proprie divisioni interne. Allargando i propri confini, un’impresa
aumenta il volume produttivo per saturare la domanda di mercato, rendendo
difficile l’ingresso nel mercato da parte di nuovi concorrenti; l’impresa però
aumenta anche la propria dimensione, consentendo maggiori spazi di
manovra verso i fornitori e i clienti.
Il tema dei confini può essere inquadrato in ottica dinamica, sottolineando che
i manager dovrebbero includere nei benefici e nei costi associati alle scelte
anche i costi di adattamento. Questi ultimi comprendono gli sforzi che
un’impresa deve sostenere ex post per variare il confine, passando da una
configurazione a un’altra.
La variazione del confine può essere attuata con gradi e in tempi diversi.
L’ampliamento del confine implica il venir meno della specializzazione
produttiva dell’impresa e delle economie associate alla specializzazione dei
fattori della produzione in poche combinazioni produttive. Attraverso
l’estensione del confine, l’impresa può resistere meglio di altre alle fasi di
depressione economica, limitando per esempio il rischio di non disporre di
input produttivi per effetto del fallimento (cioè della impossibilità di produrre
dei propri fornitori).
L’integrazione di determinate combinazioni produttive nell’ambito del confine
dell’impresa può essere strumentale dall’esigenza di superare i limiti al
funzionamento dei mercati, specie in riferimento alle combinazioni i cui output
hanno degli usi ancora sconosciuti.
3.4. L’estensione verticale
L’estensione verticale di un’impresa è l’insieme dei cicli produttivi
verticalmente collegati tra loro che sono all’interno del confine di un’impresa.
Quando una combinazione produttiva è collocata all’interno del confine
dell’impresa, la gerarchia interna si sostituisce ai rapporti di scambio e al
mercato come meccanismo di coordinamento dei flussi di scambio. La
combinazione stessa diventa una fase intermedia di più ampie combinazioni
produttive. È possibile, alla luce di quanto detto, distinguere le imprese
specializzate nello svolgimento di una determinata combinazione produttiva e
imprese che integrano al proprio interno varie combinazioni produttive
verticalmente collegate tra loro.
Il confine dell’impresa ha un carattere dinamico, infatti può variare in modo
ampliativo o riduttivo. All’ampliamento dell’estensione verticale di un’impresa
concorre l’integrazione verticale che può essere identificata come:
-a monete (ascendente), se l’impresa introduce nei suoi confini combinazioni
produttive che si collocano a monte di quelle svolte dall’impresa
-a valle (discendente), se l’impresa riporta dentro i confini combinazioni
produttive che si collocano a valle di quelle svolte dall’impresa
-diagonale, se l’impresa inserisce nei suoi confini combinazioni produttive che
offrono servizi strategici ai processi di trasformazione dei prodotti
Le tipiche attività di un’impresa sono l’estrazione della materia prima, la sua
lavorazione, la produzione di semilavorati e componenti, l’assemblaggio di tali
prodotti finiti, lo stoccaggio e la distribuzione sul mercato finale. A queste si
affiancano altre attività, come i servizi di informatica, i servizi di ingegneria e
di automazione, i servizi di design, ecc. Un’impresa, rispetto a queste attività,
si integra verticalmente se si dota di attrezzature, impianti e manodopera
specializzata per realizzare la trasformazione o la produzione dei
semilavorati.
L’impresa può decidere di ridurre l’estensione verticale, considerando i
processi di esternalizzazione che si hanno quando le combinazioni produttive
per realizzare determinati flussi di servizi vengono dismesse dalle imprese e i
relativi flussi di servizio sono acquistati da soggetti terzi nel mercato. Le
imprese possono anche ricorrere a fornitori o sub-fornitori: i primi offrono
flussi di servizio standard spesso inseriti in cataloghi e disponibili in
magazzino; i secondi permettono all’impresa di accedere a flussi di servizio
personalizzati. Nella sfera delle relazioni imprese-subfornitori si possono
individuare situazioni di esternalizzazione di capacitò o di specialità: nel primo
caso l’impresa possiede al suo interno tutte le capacità produttive per
realizzare i beni economici e usa i subfornitori in modo occasionale (es.
variazioni stagionali delle esigenze produttive); nel secondo caso l’impresa
acquisisce flussi di servizio che l’impresa non è capace di produrre.
3.5. L’estensione orizzontale
L’estensione orizzontale è l’insieme dei cicli produttivi non verticalmente
collegati tra loro che sono posti all’interno del confine di un’impresa.
L’estensione orizzontale si collega alle decisioni in materia di crescita della
scala produttiva connessa all’ampliamento delle combinazioni produttive
legate alla produzione di beni correnti e di diversificazione le diverse aree di
affari. La crescita della scala produttiva e la diversificazione non implicano
per forza l’estensione del confine dell’impresa in senso orizzontale tuttavia.
Va evidenziato che la crescita della scala produttiva e la diversificazione sono
condizioni necessarie ma non sufficienti per la variazione in senso orizzontale
del confine dell’impresa. La crescita della scala produttiva può essere
ottenuta espandendo la capacità produttiva nelle attività correnti o in quelle
similari a quelle correntemente svolte. Quando la crescita è perseguita
estendendo il confine, ciò si verifica modificando in modo espansivo gli
impianti esistenti, acquisendo nuove unità produttive da porre affianco a
quelle esistenti. La crescita della scala produttiva, comunque, è spesso
ottenuta col ricordo ai sub-fornitori.
La diversificazione è l’ampliamento del variegato panorama di aree di affari,
in cui un’impresa è presente. Un’area di affari è definita come un insieme di
prodotti/servizi che usano comuni tecnologie e che sono destinati a un
gruppo ben identificato di consumatori in un dato ambito competitivo.
Alcune motivazioni a base delle scelte di diversificazione
Con la diversificazione, l’impresa può usare i profitti generati in un’area di
affari per sostenere investimenti in altre aree di affari per creare barriere
all’entrata nei confronti di nuovi entranti o attuare azioni anti-competitive (es.
fissare prezzi predatori, cioè inferiori ai costi medi unitari dei concorrenti). La
diversificazione aumenta la possibilità di due o più imprese di competere
nelle stesse aree di affari. La diversificazione può derivare dalla ricerca di
condizioni di efficienza mediante lo sfruttamento di economie di scala e di
scopo, in presenza di costi di transazione. Riguardo alle economie di scopo,
esse si riferiscono alla possibilità da parte di un’impresa di impiegare eccessi
di risorse non del tutto usate nelle correnti aree di affari in nuove aree di
affari. La diversificazione favorisce l’istaurarsi di rapporti di collaborazione tra
le imprese; inoltre, essa può permettere all’impresa di ottenere guadagni in
termini di economie di scala e di scopo. I costi di transizione, legati al
trasferimento delle risorse, possono essere eliminati con l’integrazione di
diverse aree di affari in un’unica impresa con una gestione centralizzata dei
flussi finanziari. Il management, poi, può optare per la diversificazione nel
caso di investimenti specifici dell’impresa: con tale manovra, il management
può diversificare il rischio dell’impresa, aumentando la stabilità dei risultati. La
diversificazione, secondo alcuni autori, non mira solo a rendere stabili i
risultati di impresa, ma anche a produrre redditività in condizioni di minimo
rischio. Parlare di minimo rischio, vuol dire riferirsi a un profitto lordo, cioè a
un risultato non depurato dei costi in cui i rischi potrebbero trovare
espressione e impatto.
È possibile distinguere tra imprese la cui diversificazione è co