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LA FORMAZINE DEL CAPITALE FISSO SOCIALE
Affinchè le risorse impiegate nell’agricoltura siano produttive una condizione essenziale
è l’esistenza di un’adeguata dotazione infrastrutturale, che può essere distinta in
infrastruttura fisica e umana.
L’infrastruttura fisica, o capitale fisico sociale, è una parte del capitale complessivo
di un paese, ed il suo accrescimento è un aspetto del processo di accumulazione, in
virtù del quale aumenta la produttività della terra e del capitale direttamente
produttivo.
Le infrastrutture principali sono quelle che producono beni e servizi nel campo delle
comunicazioni e delle telecomunicazioni, dei trasporti, della fornitura dell’acqua e
dell’energia. E’ possibile mettere in evidenza gli effetti positivi di queste: la costruzione
e il miglioramento della rete stradale consente un più facile accesso ai mercati, le
canalizzazioni e impianti di irrigazione aumentano la produttività della terra, ecc.
Le principali caratteristiche delle infrastrutture sono:
1)producono diverse esternalità che quando sono elevate e si accompagnano alla non
escludibilità e non rivalità del consumo conferiscono alla infrastruttura la natura di un
bene pubblico.
2)l’investimento necessario è di grandi dimensioni e comporta che la produzione del
servizio al quale sono destinate avvenga a costi decrescenti.
L’esternalità positiva nasce dal fatto che i servizi prodotti dalla maggior parte delle
infrastrutture arrecano benefici anche a coloro che non le usano, come avviene nel
caso degli impianti igienici e sanitari.
Date le loro caratteristiche, la costruzione e molto spesso la gestione delle
infrastrutture è stato compito dello Stato o degli enti locali sia nei paesi sviluppati che
nei paesi in via di sviluppo. In questo ultimi valgono due considerazioni:
-in un paese povero è difficile trovar i fondi per la costruzione delle infrastrutture dato
che richiedono un elevato ammontare di investimenti.
-servizi come la fornitura dell’acqua potabile non sarebbero accessibili a gran parte
della popolazione se fossero prodotti privatamente a prezzi di mercato remunerativi
all’investimento.
Se si ritiene che le spese aumentino come effetto della crescita, l’accumulazione di
capitale viene vista come una risposta alla domanda di nuovi o più estesi servizi
richiesto dalla accresciuta popolazione.
Le attività produttive sono il fattore trainante e le infrastrutture devono rispondere alle
loro esigenze, variabili nel processo di sviluppo. In una prima fase dello sviluppo,
quando l’economia è prevalentemente agricola o mineraria, saranno prioritari
investimenti per il miglioramento del suolo. Quando inizia il processo di
industrializzazione, crescerà la domanda di energia e di accesso alle reti di
telecomunicazione, tanto maggiore quanto più l’economia si apre ai mercati esteri.
Poiché l’industrializzazione si accompagna movimenti migratori dalle campagne alle
città, i sempre più estesi e affollati centri urbani porranno l’esigenza di investimenti
nelle fognature, trasporti, rete idrica, ecc.
In questo contesto al capitale fisso sociale è attribuito un ruolo passivo.
Un’impostazione diversa è quella che vede la dotazione di infrastrutture come una
precondizione dell’investimento in attività produttive: in questo caso gli investimenti
dovrebbero essere indirizzati ai settori o alle regioni delle quali si intende promuovere
lo sviluppo.
In presenza di un’amministrazione efficiente sarà preferibile destinare le risorse
pubbliche alla promozione e al sostegno di industrie, dato che da questa verrà poi la
domanda e lo stimolo perché lo stato provveda alle opere e ai servizi necessari.
I diversi orientamenti dati rispondono al problema della priorità tra programmi di
investimento. Un problema diverso è quello della scelta tra progetti all’interno di un
dato programma. Nel caso di progetti che si escludono mutualmente, il criterio di scelta
è quello dell’analisi dei costi e dei benefici sociali. Quando un imprenditore confronta
diversi progetti di investimento, sceglierà quello che ha il valore attuale netto più alto,
calcolato scontando al presente la serie di profitti previsti per il periodo in cui è
operativo, o il tasso di rendimento privato più elevato. Se consideriamo invece
l’investimento pubblico in un’infrastruttura, ciò che ci si attende dall’attuazione del
progetto è il beneficio netto sociale. I costi consisteranno nei costi opportunità delle
risorse impiegate. A loro volta, i benefici del progetto saranno rappresentati dal valoro
dei beni e servizi prodotti dall’impianto e anche dagli effetti esterni che ne derivano, al
netto degli eventuali effetti negativi.
IL SISTEMA FINANZIARIO E GLI INVESTIMENTI ESTERI
L’accumulazione di capitale implica la disponibilità di capitale monetario nella forma di
disponibilità liquide degli imprenditori o di credito offerto dalle banche. In ogni caso
l’accumulazione richiede risparmio. La propensione al risparmio di un paese dipende
dal livello del redito, dalla sua distribuzione, dai comportamenti degli individui, dalle
famiglie e dalle istituzioni.
La limitata disponibilità di risparmio si accompagna alla debolezza del sistema di
intermediazione finanziaria, ossia delle istituzioni che hanno la funzione di raccogliere il
risparmio, di indirizzarlo agli investimenti e di creare credito.
Nei paesi meno sviluppati le uniche istituzioni di questo tipo sono le banche, talora una
o due banche, prive di una struttura ramificata in tutto il paese; in mancanza di un
sistema creditizio moderno, la raccolta del risparmio e la prestazione del credito sono
attuate da istituzioni informali di tipo cooperativo e solidaristico che rispondono alle
esigenze di soggetti deboli e di microattività produttive.
Il fatto che la finanza informale renda meno gravi le condizioni dei poveri e sostenga i
piccoli produttori ha suggerito la creazione di vere e proprie banche cooperative, che
stimolano la formazione di risparmio, concedendo prestiti a soggetti esclusi (in
particolare le donne). L’esempio più noto è quello della Grameen Bank in Bangladesh.
I limiti che ostacolano le scelte di risparmio dei privati hanno fatto si che nei paesi in
via di sviluppo le fonti principali del finanziamento degli investimenti siano stati, da un
lato il risparmio forzato, e dall’altro il capitale straniero.
Con risparmio forzato si intende quello raccolto dallo Stato attraverso l’imposizione
fiscale o altri strumenti coattivi: se le entrate correnti superano le spese correnti, la
differenza viene chiamata risparmio pubblico e può finanziare gli investimenti.
Tuttavia nei paesi meno sviluppati non solo la base imponibile è ristretta, ma il sistema
tributario e l’amministrazione fiscale sono generalmente poco efficienti, e di
conseguenza il gettito di imposte e tasse è limitato; l’individuazione dei soggetti passivi
d’imposta e la riscossione dei tributi sono particolarmente difficili in agricoltura, per la
tipologia delle forme di proprietà e dei contratti, la mancanza di catasti e la dispersione
delle attività produttive sul territorio.
Una delle forme di risparmio forzato è stato il monopolio pubblico del commercio:
apposite agenzie prelevavano ad un prezzo fissato una quota del raccolto presso i
produttori e la rivendevano sul mercato interno a prezzi superiori.
All’insufficienza del risparmio si accompagna la scarsità della valuta, che ha dato
luogo al cosiddetto doppio gap. In paesi dove l’economia moderna muove i primi passi,
l’investimento in impianti, macchinari, componenti e semilavorati ha un’elevata
componente di importazione. Importate dall’estero è possibile solo se si dispone di
valuta forte; in alternativa infatti, se le esportazioni non sono sufficienti a procurarla, si
ricorre al risparmio estero, ossia a investimenti esteri o a prestiti.
Gli investimenti esteri possono essere:
-di portafoglio: consistono nell’acquisto si una quota limitata del campitale di imprese
nazionali e sono possibili dove esistono giù una struttura industriale e un mercato
finanziario abbastanza sviluppati.
-diretti: portano al controllo dell’impresa o alla creazione di un’impresa nuova.
Il principale limite degli investimenti esteri, per quanto riguarda il loro contributo
all’accumulazione, sta nel fatto che i profitti ottenuti possono essere rimpatriati,
quando non esistono accordi che ne vincolano una parte più o meno elevata ad un
impego esterno.
I prestiti appaiono una fonte di finanziamento più vantaggiosa, sebbene comportino
oneri finanziari per il loro servizio e per il rimborso alle scadenze pattuite.
L’eliminazione dei vincoli ai movimenti internazionali di capitale ha determinato un
grande aumento degl investimenti esteri in alcuni paesi in via di sviluppo,
particolarmente dell’Asia orientale e dell’America Latina. I loro effetti sono positivi
quando creano nuova capacità produttiva, mentre se hanno uno scopo speculativo
possono essere fonte di instabilità e di crisi finanziarie quando si generano ondate di
pessimismo tra gli investitori. La possibilità di impedire o limitare questi effetti dipende
dall’esistenza di istituzioni bancarie e finanziarie solide.
Una componente particolare dei flussi di capitale dall’estero è costituita dagli aiuti allo
sviluppo da parte di governi, organizzazioni internazionali e associazioni private. La
determinazione dell’ammontare di aiuti verso i paesi meno sviluppati si basa sul
concetto di doppio gap: se viene fissato il tasso di crescita desiderato del prodotto
nazionale e si conosce la propensione al risparmio del paese considerato, è possibile
determinare l’ammontare di fondi esteri necessari a coprire il gap di risparmio interno o
quello della valuta estera necessaria a acquistare mezzi di produzione dai paesi
industrializzati. Affinchè questo effetto si verifichi, è necessario che il risparmio estero
sia aggiuntivo rispetto a quello interno, ossia che i finanziamenti di aiuto vengano
destinati ad investimenti ma che non servano a sostituire l’impiego di disponibilità
interne. La copertura del doppio gap è un obiettivo di breve periodo, ossia rimedia
all’insufficienza di risparmio e di valuta in un dato momento. Lo studio dei problemi dei
PVS ha portato a considerare oltre agri originari due gap, altri casi di divario tra le
risorse necessarie allo sviluppo e le risorse effettivamente esistenti (gap tecnologico,
gap fiscale e quello di capitale umano).
Nella pratica, gli aiuti si sono spess