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Gli effetti della dichiarazione di illegittimità

Secondo l'art. 136 comma 1, quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

Quindi, le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione e, dato che le sentenze della Corte sono definitive, non è ammessa nessuna impugnazione.

Inoltre, le sentenze sono intangibili, nel senso che una volta che la Corte ha annullato una legge, il Parlamento non può reintrodurre una legge già dichiarata illegittima.

La decisione dichiarativa di incostituzionalità ha efficacia anche relativamente ai rapporti giuridici sorti anteriormente, purché ancora pendenti e cioè non esauriti, come nel caso di sentenza passata in giudicato, ovvero non più soggetta ad alcun mezzo di impugnazione, nel caso di diritti estinti per prescrizione.

competenze in questione. La decisione della Corte costituzionale ha effetto vincolante per tutte le parti coinvolte nel conflitto e per gli organi dello Stato. La Corte costituzionale può anche essere chiamata a pronunciarsi su questioni di legittimità costituzionale, cioè sulla conformità di una legge o di un atto normativo alla Costituzione. In questo caso, la Corte può dichiarare l'illegittimità della norma e, di conseguenza, la sua nullità. Le decisioni della Corte costituzionale hanno effetto erga omnes, cioè si applicano a tutti i cittadini e a tutte le autorità dello Stato. Tuttavia, non è possibile applicare tali decisioni ai fatti sorti prima della pubblicazione della sentenza della Corte, quindi sono irretroattive. Ci sono però degli effetti retroattivi che operano nei confronti di rapporti giuridici pendenti e non valgono nei confronti di rapporti esauriti, come nel caso di sentenza passata in giudicato, nel caso di diritti estinti per prescrizione o nel caso di decadenza dall'esercizio di un potere che non può più essere azionato. I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE Può succedere che tra gli organi dello Stato, o tra lo stato e una regione, sorgano conflitti di attribuzione, ritenendo, ciascuno dei soggetti coinvolti, che una data competenza debba spettargli o che l'atto dell'altro sia lesivo di un potere proprio. La Corte costituzionale può, in tali circostanze, essere chiamata a risolvere il conflitto stabilendo, tramite sentenza, a chi spettino effettivamente le competenze in questione.PROFILO STORICO

Il problema di riconoscere le autonomie locali nasce già al momento della formazione del Regno d'Italia, nel 1861, poiché venivano unite realtà profondamente diverse, infatti, erano presenti differenze economiche e sociali tra Nord e Sud poiché nel Sud Italia le strade erano poche, i terreni erano impoveriti e c'era siccità, a differenza del Nord, il quale era caratterizzato da piogge abbondanti, dalle ricche pianure lombarde e città commerciali fiorenti.

Inoltre, alla formazione del Regno d'Italia la stragrande maggioranza della popolazione era analfabeta.

Già al momento della nascita dello Stato italiano emergeva un'istanza federalista, poiché si pensava che l'unico modo per risolvere queste differenziazioni

fosse quello di creare uno stato federale, riconoscendo ampie autonomie e diritti di autogoverno agli enti territoriali. Ci furono dei progetti di Cavour e Minghetti, per quanto riguarda la divisione dello stato in diverse unità territoriali, ma furono rimasti solo sulla carta e mai attuati. A metà degli anni 60 viene sancita per legge l'unificazione amministrativa di tutto il regno sul modello francese e quindi lo Stato diviene nettamente accentrato, anche se l'idea federalista rimane a livello di elaborazione del pensiero politico. Però, le differenze presenti a livello economico e sociale rimangono e si approfondiscono alla fine della Prima guerra mondiale, poiché le contraddizioni divengono sempre più drammatiche. Ad esempio, molti soldati italiani vennero uccisi poiché non erano stati in grado di farsi riconoscere come italiani dato che non comprendevano la lingua. Con l'avvento dello stato totalitario, si ebbe ancor più.di mantenere una certa autonomia decisionale. In un sistema federale, gli Stati membri hanno il potere di legiferare su questioni specifiche che riguardano la loro giurisdizione, mentre il governo centrale ha il potere di legiferare su questioni di interesse nazionale. D'altra parte, uno stato regionale è un sistema in cui il potere decisionale è concentrato nel governo centrale e le regioni hanno una minore autonomia. In uno stato regionale, il governo centrale ha il potere di legiferare su tutte le questioni, comprese quelle che riguardano le regioni. Nel caso dell'Italia, dopo la Seconda guerra mondiale, si è optato per uno stato regionale anziché uno stato federale. Questo significa che il governo centrale ha il potere di legiferare su tutte le questioni, comprese quelle che riguardano le regioni. Tuttavia, le regioni italiane hanno comunque una certa autonomia amministrativa e possono prendere decisioni su questioni di interesse locale. In conclusione, l'Italia è uno stato regionale in cui il potere decisionale è concentrato nel governo centrale, ma le regioni hanno una certa autonomia amministrativa. Questo si differenzia da uno stato federale in cui gli Stati membri hanno una maggiore autonomia decisionale.di conservare una parte della propria sovranità. Lo stato federale si differenzia dallo stato regionale per: l'origine storica, statalità, partecipazione alle funzioni dello stato centrale, l'esercizio delle funzioni giurisdizionali e il riparto delle competenze. Lo stato federale nasce dall'unione di più stati che decidono di fondersi per creare un ordinamento superiore, come negli Stati Uniti d'America. Questa decisione può avvenire per interessi economici, continuità geografica o un'esigenza. Mentre gli Stati regionali, come quello italiano, sono stati accentrati che nella costituzione riconoscono poteri autonomi alle regioni. Gli Stati federati, ovvero gli Stati membri, hanno la potestà di darsi una costituzione propria mentre le regioni degli Stati regionali, hanno autonomia statutaria, cioè possono darsi uno statuto. Gli Stati federati, nonostante abbiano una propria costituzione, sono sempre subordinati ma allastato centrale e quali sono le materie di competenza degli stati membri. Inoltre, la costituzione stabilisce anche le modalità di esercizio di tali competenze e le eventuali limitazioni. Nello stato regionale, invece, le competenze sono ripartite tra lo stato centrale e le regioni in base a leggi ordinarie, che possono essere modificate nel tempo. In questo caso, le regioni hanno una certa autonomia decisionale, ma devono comunque attenersi alle leggi dello stato centrale. In entrambi i casi, sia negli stati federali che negli stati regionali, è prevista la possibilità di risolvere eventuali conflitti di competenza tra lo stato centrale e gli enti territoriali attraverso la via giurisdizionale. In conclusione, la differenza principale tra stati federali e stati regionali risiede nel modo in cui sono organizzate le competenze tra lo stato centrale e gli enti territoriali, nonché nelle modalità di partecipazione degli enti territoriali alla vita dello stato.

Statocentrale federale, e tutte le materie che non vengono nominate si intendono riconosciute alla competenza legislativa degli Stati membri, quindi, il riparto di competenze tra uno stato federale e gli Stati membri è di tipo residuale.

Nello stato regionale, invece, avviene il contrario poiché la costituzione elenca quali sono le competenze delle regioni e tutto quello che non viene detto si intende dato alla competenza dello Stato, quindi, c'è un'inversione di questo criterio.

L'Assemblea costituente optò per un ordinamento regionale, ma l'assetto definito dal titolo quinto è piuttosto compromissorio, ovvero segnato da diversi limiti.

L'articolo 117, infatti, forniva un elenco di materie di competenza regionale e una competenza di tipo concorrente. Ciò significa che in quelle materie le regioni hanno potere legislativo ma lo stato doveva indicare i principi fondamentali in ogni singola materia, tramite la legge quadro.

Inoltre,

Il titolo quinto della costituzione prevedeva un controllo statale del governo sulle leggi regionali, nel senso che in ogni regione era istituito un commissario del governo.

Le regioni, una volta approvata una legge nelle loro materie e nell'ambito dei principi stabiliti dallo stato, dovevano presentare questa legge al commissario del governo e il governo doveva vistare queste leggi.

Il governo, inoltre, era in grado di bloccare la legge regionale prima che questa entrasse in vigore e, quindi, c'era un controllo preventivo dello Stato sulle leggi regionali.

L'autonomia finanziaria, quindi, era praticamente inesistente poiché condizionata dalla politica economica e finanziaria del governo.

Le regioni saranno effettivamente attuate in Italia solamente all'inizio degli anni '70, in cui ci furono le prime elezioni dei consigli regionali.

Gli anni dal 1970 al 2000, furono caratterizzati da un processo di decentralizzazione e di maggiore autonomia delle regioni.

Dettagli
A.A. 2022-2023
106 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mariacamillo18 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Foggia o del prof Mori Giorgio.