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DECOLONIZZARE LA FOLLIA
Scritti sulla psichiatria coloniale
INTRODUZIONE
La tormenta onirica. Fanon e le radici di un’etnopsichiatria critica di Roberto Beneduce
- Il corpo razziale
Dal 1951 al 1961 Frantz Fanon prepara la sua tesi di laurea, i suoi interventi ai convegni in psichiatria, scrive libri, articoli.
I suoi testi, spesso articoli brevissimi, sono scritti sugli effetti psichici della colonizzazione e sulle disuguaglianze istituzionali, che hanno l’obiettivo di sferzare le conoscenze: il pensiero degli avversari deve essere svelato nelle sue ipocrisie, nelle sue menzogne → la maschera della scienza deve essere strappata via dal volto del razzismo.
L’obiettivo di Fanon è quello di liberare l’uomo nero da se stesso che, nel “mondo bianco”, risulta alienato (Du Bois afferma che il Nero si sente un problema).
Questo processo deve essere condotto con calma e non ammette errori e deve portare all’abolizione del concetto di “Bianco” e di “Nero” (→ eliminare disprezzo, odio e paura).
Fanon sa che il Nero abita una “zona di non-essere” da quando la schiavitù è stata la più violenta espressione di globalizzazione mai sperimentata, in grado di si fabbricare corpi-senza-mondo.
Questo processo di disalienizzazione comincia con l’analisi della parola (tra i colonizzati). Parlare è “esistere per l’altro” ma il Nero è escluso da questa dimensione dialogica → parla di quando sta solo col Bianco e quando è solo con Nero. Ciò che finendo da Albert Memmi “dramma linguistico” perché chi è fuori non sente più un eco nella sua, ma subito (in proprio mondo) vive una “catastrofe interna”, condannando a perdere progressivamente la propria memoria).
La questione del potere è al centro di queste considerazioni Fanon esplorerà le nevrosi e le ambivalenze alimentate da un contesto di dominio a partire dall’esperienza del colonizzato: un corpo perennemente incerto, nervoso, caratterizzato da una paura che si cura spesso nel segno della violenza e della devianza.
Le considerazioni di Fanon sono preziose soprattutto là dove permettono di comprendere il modo in cui la psichiatria coloniale francese costruisce la figura del “nordafricano criminale”, dell’indigeno impulsivo, tracciando la genealogia oscura degli equivoci a cui nemmeno la psicoanalisi ha saputo opporre un’altra prospettiva.
In questo periodo numerosi sono i passaggi fra letteratura, teatro e clinica (ex. in Francia ci sono rapporti fra surrealismo, psicoanalisi, psichiatria e antifascismo) e la follia degli oppressi e la psicosi trovano in questi autori un ascolto attento, rivelando quel profilo “storico-mondiale” del delirio. → I Neri cominciano a disprezzare il mondo già dalla nascita perché esistono i Bianchi, che diventano i loro quando “superiori”. Per questo discorsi e incontri si pongono più autorevoli con i bambini neri, per permettergli di affrontare le “sfide contro i bianchi”, i quali li porteranno a un’autodistruzione.
→ In questo modo Fanon evidenzia come la devianza dei Neri non sia causata questioni familiari ma della razza.
(negli Stati Uniti assistiamo a una continua lotta contro il razzismo, un esempio è il caso dei 22 bambini neri assassinati ad Atlanta, attribuito a Wayne Bertram Williams, che era un nero)
Le due sponde della violenza: Algeria, Francia.
Gli anni in cui Fanon scrive sono all’apogeo della crisi → la repressione francese diventa durissima in Algeria. Oltre alla violenza in sé, alla coercizione, e alla minaccia vi è l’occupazione di luoghi e simboli (“l’occupazione è in primo luogo dei corpi, dei loro ritmi vitali, del respiro”).
In Algeria la tortura diventa prassi (→ ogni algerino viene privato della propria umanità e della propria identità).
Fanon vuole capire i meccanismi che si celano dietro a ciò e vuole analizzare le deviazioni che portano al razzismo (fenomeno tutt’ora presente: ex. George Floyd ucciso a Minneapolis).
La riflessione di Fanon ha, fra i molti meriti, quello di cogliere i dilemmi, le fratture e le ambivalenze che la situazione coloniale produce nell’esperienza dell’appartenenza culturale.
Un corpo sospetto
Fanon conosce in prima persona la mortificazione e l’oppressione di una società razzista: → studente di medicina a Lione viene fermato mentre passeggia con la sua fidanzata francese e bianca, per essere condotto in una stazione di polizia dove viene trattenuto, malmenato per ore e interrogato → perché si sospetta sia un trafficante di bianche.
→ Quello del colonizzato è un “corpo sospetto” (come scriverà Bennani), che finisce per attirare su di sé pregiudizi e proiezioni (→ gli si attribuiscono presunti tratti comportamentali o psichici, basati su pregiudizi che, però, non prendendo in considerazione il contesto in cui vive).
Fanon critica le pretese diagnostiche di una clinica che, anche quando non comprende o non riesce ad ascoltare l’altro e la sua sofferenza, non arretra né si mette in discussione → a un paziente che lamenta dolori al ventre, ma per il quale gli esami non rivelano nulla, viene diagnosticata la “sindrome nordafricana” → gli immigrati, considerati parassiti della società, diventano, quando soffrono, malati immaginari, in cerca di un posto letto (dal quale sembrano non volersi alzare mai)
Fanon fa così un’analisi del mancato incontro tra
- la medicina di un paese coloniale (il medico francese, da parte del quale ci sono solo diffidenza e insofferenza)
- un paziente che giunge da una colonia (l’immigrato algerino).
In questo modo la medicina non fa che replicare la prassi disumana del dominio coloniale.
In questo modo, secondo Tahar Ben Jelloun, gli immigrati finiscono con lo sviluppare una profonda incertezza nei riguardi delle cure che sono loro proposte (e la psicoterapia, con la sua pretesa all’universale, per il fatto di escludere la differenza, costituisce una risorsa raramente efficace).
L’etnopsichiatria malintesa
Fanon si concentra sul rapporto tra neurologia e psichiatria e prende ispirazione dalle teorie di Jaques Lacan che scrive la propria tesi di dottorato sui rapporti tra paranoia e personalità.
un condizionamento organico? → Secondo Ey non vi è causalità psichica dei disturbi mentali.
- Da un lato c’è la tesi psicogenetica che fa della malattia mentale una creazione esclusivamente psichica dall’altro c’è la teoria meccanicista, che situa la malattia mentale in una regione localizzata del cervello.
L’autore non dà ragione a nessuna di queste due prospettive: “tra il fisico e il sociale, non c’è che la vita” → Ey rifiuta di scegliere tra fisico e psichico (tra corpo e spirito) perché secondo lui la vita psichica è radicata nella vita organica, se ne nutre, l’utilizza, la integra e, di conseguenza, la supera.
Ey afferma che una malattia se è sempre organica nella sua eziologia è sempre psichica nella sua patogenesi (→ si tratta di un’alterazione mentale di natura organica).
- La posizione di Goldstein Secondo Goldstein (che basa le sue teorie mediche sulle teorie della Gestalt) è inammissibile che una parte sia capace di una reazione senza lasciarvi partecipare le altre; non esistono, quindi, da una parte delle funzioni primitive e dall’altra delle funzioni superiori → ogni gesto, ogni funzione presuppone la collaborazione dell’intero individuo.
Con Goldstein i concetti di Evoluzione e Dissoluzione di Jackson vengono abbandonati. Secondo Goldstein non esiste un sintomo localizzabile in assoluto → ogni manifestazione organica è frutto di meccanismi globali, quindi l'organismo agisce come un tutto → l’energia nervosa è costante, non appena una funzione è colpita le altre corrono in suo aiuto.
Goldstein ritiene che Ey, nell’attribuire eccessiva importanza al sintomo, distorca il problema, motivo per cui non bisogna affatto celebrare il sintomo.
Per Goldstein il disturbo neurologico è un disturbo Globale.
Per gli esponenti della Gestalt (fra cui Goldstein) il neurologico e lo psichiatrico procedono parallelamente → disturbo neurologico e disturbo psichiatrico sono quindi intrecciati, tanto che le ripercussioni del fatto neurologico portano a uno sconvolgimento della personalità e ci si trova di fronte a un individuo profondamente modificato nel suo io.
- La posizione di J. Lacan Nell’analisi della personalità di Lacan gli elementi fondamentali sono
- le relazioni di comprensione (che eredita da Jaspers) → sono criteri dell’analisi psicologica e psicopatologica
- l’intenzionalità → rivela in ognuna delle sue manifestazioni lo sviluppo personale.
Quel che conta nella tesi di Lacan è la sussunzione delle caratteristiche che egli implica nella sua definizione:
- lo sviluppo biografico e le relazioni di comprensione che vi si leggono
- una concezione di sé
- una certa tensione delle relazioni sociali
che costituiscono la personalità.
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