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3. GLI ENTI NON COMMERCIALI
Enti non commerciali sono gli enti che svolgono, in via esclusiva o principale,
un’attività non commerciale; se svolgono un’attività commerciale occorre che non sia
quella principale.
È una categoria vasta ed eterogenea. Le società di capitali sono sempre imprese
commerciali, in ragione della loro forma giuridica. Per gli enti diversi dalle società
occorre distinguere tra enti commerciali ed enti non commerciali.
Sono enti commerciali quelli che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di
attività commerciali e che sono invece non commerciali gli enti che non hanno per
oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale.
La distinzione dipende dall’oggetto della loro attività.
è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo
L’oggetto dell’attività
statuto, se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata.
l’attività essenziale per realizzare direttamente gli
Per oggetto principale si intende
scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
Un ente che svolge più attività è da considerare non commerciale se non è
l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari.
commerciale Per gli
valutare se una determinata assume carattere principale è necessario identificare
scopi primari dell’ente. Occorre poi valutare se l’attività sia necessaria per realizzarli
direttamente, e cioè se la diretta realizzazione degli scopi primari dell’ente sia o non
sia impedita dal mancato esercizio dell’attività considerata.
3.1 IL REDDITO DEGLI ENTI NON COMMERCIALI
Il reddito complessivo imponibile degli enti non commerciali è formato dalla somma
dei redditi fondiari, di capitale, d’impresa e diversi.
Gli enti non commerciali possono conseguire redditi appartenenti a categorie diverse,
invece il reddito delle società commerciali è solo reddito d’impresa.
Gli utili percepiti dagli enti non commerciali non sono tassati per intero, poiché il
22,26% del loro ammontare non concorre alla formazione del reddito imponibile, in
quanto escluso.
Le plusvalenze realizzate al realizzo di partecipazioni sono tassare con le stesse regole
previste per le persone fisiche per cui, se sono conseguite al di fuori dell’attività
d’impresa sono tassate in modo parziale, se conseguite invece nell’ambito dell’attività
d’impresa si applicano le regole previste per gli imprenditori individuali.
L’ente non commerciale, se svolge attività d’impresa, è tenuto a istituire una
contabilità separata, distinguendo ciò che inerisce all’attività d’impresa da ciò che
inerisce all’attività istituzionale.
Le spese specificatamente inerenti all’attività commerciale sono deducibili per
intero
Le spese specificatamente inerenti ad attività non imponibili non sono deducibili
Le spese ad attualizzazione promiscua sono deducibili in parte
Gli entri ammessi al regime di contabilità semplificata possono optare per la
determinazione forfettaria del reddito d’impresa.
Le perdite dell’attività commerciale sono deducibili applicando le regole previste per
gli imprenditori individuali.
L’attività degli enti di tipo associativo non è commerciale se sussistono due condizioni:
58
È attività interna, rivolta ad associati e partecipanti
Non è retribuita con corrispettivi specifici
Se manca uno di tali requisiti, vale a dire se si tratta di attività esterna, l’attività
assume natura commerciale e si applicano ad essa le ordinarie regole fiscali
dell’impresa.
4. I TRUST
I trust residenti sono collocati della categoria degli enti commerciali, o in quella degli
enti non commerciali, se hanno o non hanno come oggetto esclusivo o principale lo
svolgimento di un’attività commerciale.
Si applicano al trust le regole in tema di determinazione del reddito complessivo netto.
I trust non residenti sono tassati solo per i redditi prodotti nel territorio dello Stato.
Occorre distinguere tra trust trasparenti e opachi.
Se i beneficiari sono individuati, il trust non è soggetto passivo dell’IRES, ma è
fiscalmente trasparente, perché i redditi sono imputati ai beneficiari in proporzione alla
quota di partecipazione.
Sono invece soggetti passivi dell’IRES i trust opachi, cioè senza beneficiari individuati.
5.
6. LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA
Le norme sulla determinazione del reddito d’impresa sono collocate tra le norme che
disciplinano l’imposta sulle società: art. 83 e seguenti del TUIR. è
I soggetti passivi dell’IRES sono tassati in base al bilancio. Il loro reddito complessivo
determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico le
variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabili
nelle successive disposizioni della presente sezione.
Per calcolare il reddito fiscale d’impresa si prendono le mosse dal risultato del conto
economico (utile o perdita); e a questo dato si apportano variazioni, in aumento o
diminuzione. Il risultato del conto economico è la prima delle componenti del calcolo
dell’imponibile.
È il sistema di derivazione, si tratta di dipendenza parziale perché il reddito fiscale
rilevanti non si identifica con il risultato del conto economico, ma deriva dalle
variazioni.
Essendo fiscalmente rilevante il risultato del conto economico, sono indirettamente
rilevanti tutti i componenti che concorrono a determinare quel risultato. I componenti
negativi concorrono a formare il reddito. Le norme fiscali sul reddito d’impresa non
costituiscono una disciplina organica di tutti i componenti reddituali, ma si limita ad
imporre delle variazioni.
6.1
6.2 LE VARIAZIONI AL RISULTATO DEL CONTO ECONOMICO
Le norme fiscali, che comportano variazioni al risultato del conto economico, sono
espressione del principio di inerenza o del principio di competenza.
Molte norme che escludono in tutto o in parte la deducibilità di taluni costi, sono da
correlare al principio di inerenza. Altre norme sono da correlare al principio di
competenza.
Poiché le variazioni possono riflettere componenti positivi o negativi del conto
economico, abbiamo 4 tipi di variazioni:
VARIAZIONI IN AUMENTO DI UN COMPONENTE POSITIVO DEL CE
VARIAZIONI IN AUMENTO CHE ELIMINANO O RIDUCONO UN COMPONENTE
NEGATIVO DEL CE
Le variazioni fiscali che aumentano il reddito imponibile rispetto all’utile civilistico, per
effetto dell’aumento di un componente positivo del conto economico, dipendono da 59
norme che impongono di includere nel reddito imponibile componenti positivi non
inclusi nel conto economico.
Più frequente è il caso in cui le variazioni in aumento dipendono dal fatto che il conto
economico contiene componenti negative che non sono ammesse in sede fiscale.
Molti componenti del reddito d’impresa derivano da corrispettivi contrattuali, ma altri
sono frutto di una stima. Le norme civilistiche dettano criteri di massima, invece la
normativa fiscale detta dei parametri rigidi, il cui rispetto impedisce il sorgere di
controversie.
L’inammissibilità in tutto o in parte della deduzione in sede fiscale di un costo può
dipendere dalla presenza nel conto economico di componenti non tassabili, sono
invece ragioni legate al principio di competenza quelle che determinano la deducibilità
di un costo in un periodo d’imposta diverso da quello in cui il costo è computato in
sede civilistica.
Non tutte le norme fiscali sono a tutela del fisco, vi sono anche norme a tutela del
contribuente.
Anche le variazioni che riducono il reddito imponibile rispetto all’utile civilistico in
quanto eliminano o riducono un componente positivo del conto economico.
La riduzione dell’imponibile può dipendere dal fatto che il conto economico contiene
ricavi o proventi esenti o non soggetti al regime ordinario di tassazione.
Nel conto economico possono essere presenti proventi esclusi da imposizione, o
tassabili in misura ridotta.
Vi è riduzione dell’imponibile quando la tassazione di un componente positivo di
reddito non avviene nell’anno in cui si realizza civilisticamente, ma in seguito.
7. PRINCIPI GENERALI DEL REDDITO D’IMPRESA. IL PRINCIPIO DI
COMPETENZA
L’imputazione temporale dei componenti negativi e positivi che concorrono a
determinare il reddito d’impresa dev’essere conforme al principio di competenza
economica.
In base a tale principio, assume rilievo il momento in cui si verifica il fatto economico-
gestionale da cui deriva il componente reddituale: i ricavi devono essere imputati
all’esercizio in cui sono conseguiti in senso economico, ossia quando avviene lo
scambio con terzi; i costi assumono rilievo quando sono realizzati i ricavi che
contribuiscono a produrre.
Le componenti del reddito d’impresa non sono rappresentate solo da rapporti con
terzi, ma anche dall’utilizzazione interna del bene o del servizio acquisiti. Il termine
competenza è quindi da intendere in modo da ricomprendere ogni fenomeno di
ripartizione degli elementi reddituali tra più esercizi.
Molte norme in materia di reddito d’impresa disciplinano l’imputazione temporale di
specifici componenti del reddito attuando il principio di competenza economica.
L’art. 109 del TUIR dopo aver stabilito che ricavi, spese e altri componenti negativi e
concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza,
postivi specifica poi tale
previsione generale con prescrizioni di dettaglio.
Per le cessioni di beni mobili, i corrispettivi si considerano conseguii alla data della
consegna o spedizione; i corrispettivi delle cessioni di immobili e aziende si
considerano conseguiti alla data di stipulazione dell’atto.
Per le prestazioni di servizi, il ricavo è da imputare all’esercizio nel quale la prestazione
è ultimata; in caso di prestazioni periodiche, rileva la data di misurazione dei
corrispettivi. 60
Gli stessi criteri valgono per i costi: se viene acquistato un bene, il costo è da imputare
all’esercizio nel quale si verificano gli eventi indicati per i ricavi.
I costi non sono tutti deducibili nel periodo in cui si considerano sostenuti: il principio
di competenza economica comporta che i costi siano correlati ai ricavi, per cui devono
essere dedotti nell’esercizio o negli esercizi in cui sono conseguiti i ricavi che