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DIRITTO ROMANO DEL CIBO

IL CIBO NELLE FONTI LETTERALI 3

IL CIBO NELLE FONTI GIURIDICHE 5

IL CIBO NELLE FONTI EPIGRAFICHE 7

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Nancy Di Rollo

DIRITTO ROMANO DEL CIBO

IL CIBO NELLE FONTI LETTERARIE

Le fonti letterali sono per noi contemporanei fondamentali per poter conoscere le abitudini alimentari romani. Infatti, dai vari testi arrivati fino ad oggi si è potuto constatare che le abitudini alimentari degli antichi romani si possono ricostruire in quattro principali fasi. Analizziamole nel dettaglio.

Prima fase. Questa prima fase si estende dalla fondazione di Roma al III secolo a.C. Gli ingredienti che venivano portati sulle tavole romane, in questo periodo, erano reperibili nell'area italica e derivanti dall'attività pastorizia. Inoltre, in questo periodo non si conosceva né l'olio né le utilizzazioni della vite. I valori che caratterizzavano questa fase, e che furono nella storia romana considerati sempre come modello di condotta, furono la

semplicità dei costumi e la frugalità delle mense.

Seconda fase. A partire dal III secolo a.C., con l'inizio dell'età repubblicana e l'espansione territoriale di Roma nel Mediterraneo, la varietà di cibo portato sulle tavole romane aumentò esponenzialmente e, inoltre, si diffusero preparazioni ricercate e raffinate. Erano davvero pochi, in questo periodo, i cibi che non si conoscevano, come ad esempio gli agrumi/i pomodori/le patate/il cioccolato e il caffè.

Terza fase. Dal I secolo a.C. al III secolo d.C., con il Principato e la stabilità politica e sociale di questo periodo, la varietà di cibo e le pietanze di lusso aumentarono ulteriormente, portando quindi anche all'aumentare considerevole dei prezzi di certi generi ricercati.

Quarta fase. La crisi economica che investì l'Impero romano nell'età tardoantica, ovvero durante il IV secolo d.C., comportò una svolta in senso

Inverso per le abitudini alimentari. Anche la Chiesa cristiana contribuirà allo scopo, infatti questa biasimo gli eccessi e impose delle nuove regole di sobrietà a tavola. Secondo la tradizione, a tavola anche l'imperatore Giuliano mangiava e beveva il minimo indispensabile, mentre i soldati mangiano in piedi solo la polenta di farro, ovvero il vitto militare a loro concesso.

Analizziamo, quindi, alcune fonti letterarie dove il cibo la fa da protagonista.

La cena di Trimalcione. Una delle fonti letterarie più rilevanti in materia di cibo è un lungo frammento del Satyricon. Questo, attribuito a Petronio e databile al I secolo d.C., ha come protagonista appunto Trimalcione, il quale diventò ricco dopo essere stato manomesso e aveva deciso di vivere una vita esageratamente lussuosa. Questa sua scelta di vita si rifletteva, ovviamente, anche nelle sue cene, ed è per questo motivo che nell'opera si è deciso di descriverne una.

minuziosamente. Analizziamo quindi le varie portate.

L'antipasto. Sul piatto dell'antipasto ergeva un asinello in bronzo, sul quale erano appoggiati due piatti che recavano inciso sul bordo il nome di Trimalcione e il loro peso in onore. Le cibarie consistevano, invece, in bisacce colme di olive bianche e nere, ghiri conditi con miele e papavero, prugne di Siria e salsicce.

Le Uova di pavone ripiene. Durante l'antipasto, vennero portate anche delle uova ripiene di grasso beccafico e tuorlo, adagiante in un cesto, insieme ad una gallina di legno accovacciata e con le ali aperte.

L'apice della cena. La portata principale della cena era composta, secondo l'opera, da una lepre dotata di ali come Pegaso accompagnato da pollastri e pancette. Ma non solo, infatti vi era anche un vassoio rotondo con i dodici segni dello zodiaco e sopra ognuno di questi una diversa pietanza, ad esempio sopra il segno del Sagittario vi era un gufo. Il tutto era accompagnato ovviamente da

vino,pane e garo, ovvero una salsa tipica romana prodotta grazie alla setacciatura e all'essicazione al sole di piccoli pesci, ovvero aringhe e sgombri non eviscerati e con le teste.

Le grosse galline. Furono poi portate grosse galline disossate, una per ciascuno, e delle uova di oca incappucciate.

I tre arrosti. Il primo fu un arrosto di porco coronato di salsicce/sanguinacci/ventrigli ben cotti, accompagnati da bietola e pane integrale. Mentre, la portata successiva fu una torta di formaggio fredda cosparsa di eccellente miele spagnolo, con attorno ceci/lupini/noci ed una mela a testa. Fu messo, inoltre, a tavola un pezzo di carne di orso e alla fine, fu offerto ai commensali, formaggio molle/mostarda/olive/una lumaca a testa/trippe e fegatini in tazza/uova incappucciate/rape/senape/prosciutto.

Le portate di chiusura. Le portate finale, invece, consistevano in tordi fatti con farina di segale e ripieni di uva passa e noci, ai quali

seguirono mele cotogne ornate di spine. Ma non solo. Infatti, venne portata in tavola anche un'ocaci circondata da pesci e uccelli. La testimonianza di Plinio il Giovane. Tra le varie fonti letterarie romane dove il cibo è il protagonista vi è il racconto di Plinio il Giovane che egli stesso disdetto aveva fatto ad un suo amico e che questo aveva lamentato. In questo racconto la lamentela di Plinio per la disdetta, la quale viene configurata dallo stesso Plinio come inadempimento ad una stipulatio conclusa, diviene l'occasione per descrivere il menu che sarebbe stato preparato per la cena con l'amico. Infatti, veniamo a sapere che sarebbero stati preparati per l'occasione lattuga/tre lumache/due uova/un pasticcio con vino mielato e neve/olive/bietole/zucchine/cipolle e che la cena sarebbe stata accompagnata da un commediante/un lettore/musicista. La testimonianza di Plinio il Vecchio. Nel 14esimo libro della sua opera enciclopedica sulle scienze naturali, il vino,Plinio il Vecchio tratta raccontando di 91 diversi tipi di viti e di 200 diversi tipi di vino. In epoca romana, si credeva che il vino avesse la capacità di mantenere sani e di consentire una lunga vita, a conferma di ciò era consuetudine fare riferimento alla longevità dell'Imperatrice Livia che regolarmente beveva vino e visse fino a 86 anni. Questa testimonianza, inoltre, smentì la notizia che nell'antica Roma fosse vietato alle donne bere vino. La testimonianza di Giovenale. Un'altra testimonianza sul cibo è arrivata a noi grazie all'autore di satire Giovenale, il quale, tra il I e II secolo d.C., ci raccontò di Crispino. comprò una triglia a 6.000 sesterzi, pagandola quindi tanti sesterzi quanto le libbre di peso. Questo prezzo, nonostante il valore superiore del pesce rispetto alla carne, era comunque considerato un prezzo esorbitante. Il racconto, però, ci fa intendere.

Quanto in quel periodo il prezzo dei cibi crebbe sempre di più, proporzionalmente all'attenzione dei romani per l'alimentazione e per il piacere della tavola. La testimonianza di Tertulliano. Tertulliano fu uno dei più grandi padri della Chiesa ed un autore cristiano del IV secolo d.C. criticava gli eccessi dei banchetti, affermando come la funzione del cibo e delle bevande era solo quella di soddisfare la fame e la sete. Inoltre, Tertulliano, ovviamente, non guardava di buon occhio neanche la prassi, così tanto diffusa all'epoca, di chiedere prestiti per sostenere i costi dei banchetti, infatti non di rado era necessario addirittura l'intervento di contabili per far sì che cuochi e fornitori fossero pagati. Anche l'ebrezza da vino era condannata.

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Nancy Di Rollo

DIRITTO ROMANO DEL CIBO

IL CIBO NELLE FONTI GIURIDICHE

Diverse sono le fonti giuridiche, arrivate fino a noi contemporanei, che trattano di cibo. Infatti,

anche in epoca romana, il cibo divenne oggetto sia di diritto pubblico che di diritto privato. Per quanto riguarda il diritto pubblico è fondamentale analizzare le fonti giuridiche che ci descrivono l'annona e le problematiche ad esse collegate. Mentre, la fonte giuridica che parla di cibo come oggetto del diritto privato è il Digesto, nel quale troviamo diversi passi che trattano del cibo e dei diritti reali/dei contratti/dei delitti/del diritto ereditario. Analizziamo nel dettaglio queste fonti giuridiche. L'Annona. Le distribuzioni ai cittadini meno abbienti di vettovaglie/annona, ovvero di frumento o farina di frumento, a prezzi più bassi o addirittura gratuitamente iniziarono di frumentationes. annonain età repubblicana e presero il nome Il termine indica letteralmente l'insieme dei prodotti agricoli essenziali raccolti in un anno, acquistati e depositati nei magazzini pubblici, ma ben presto questo termine venne utilizzato per indicare la

distribuzione di tali vettovaglie. Inizialmente, queste avevano un carattere del tutto straordinario, infatti avevano lo scopo di mantenere l'ordine pubblico in circostanze particolari, come guerre/epidemie/cataclismi naturali/carestie. In questo periodo, le frumentationes avvenivano, quindi, per grazie Senato edili curuli, all'iniziativa del oppure degli i quali dovevano provvedere alla distribuzione dei viveri a spese proprie. la situazione cambiò, infatti, le Lex Sempronia frumentaria distribuzioni vennero regolarizzate grazie alla proposta dal tribuno della plebe Gaio Gracco. Con tale legge ci si assumeva l'onere di acquistare in Sicilia il frumento e di curarne il trasporto fino al porto di Ostia per vendere mensilmente a ogni cittadino romano il frumento al prezzo fisso di 6 assi per un terzo di moggio italico. Della successiva legge, ovvero la lex Octavia frumentaria, non si hanno molte informazioni, gli studiosi pensano che questa avesse lo scopo

dilimitare la precedente lex, diminuendo la porzione di frumento oppure diminuendo il numero di ammessi. Durante la dittatura sillana le distribuzioni vennero abolite, vennero poi riammesse e continuarono regolarmente fino alla metà del I secolo a.C. la lex Clodia frumentaria, Di fatto, nel 58 a.C., Publio Clodio Pulcro propose la quale stabiliva che il frumento doveva essere concesso alla popolazione meno abbiente gratuitamente. In primo momento, l'imperatore Augusto, assunse in prima persona la cura annoae, per poi però successivamente, intorno al 7 o 8 secolo d.C., affidare questo compito al praefectus annonae. Nel corso del tempo le liste degli ammessi alle frumentazioni si estesero e si ridussero a seconda delle esigenze politiche, in ogni caso le condizioni per accedere alle frumentazioni erano le seguenti: cittadinanza/residenza a Roma/sesso maschile/maggiore età. Di pari passo con
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A.A. 2018-2019
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nancydr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano del cibo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Fargnoli Iole.