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DIRITTO ROMANO DEL CIBO: PRODOTTI ALIMENTARI NELL'EDITTO DIOCLEZIANEO DEI PREZZI

Quali cibi erano diffusi sulle tavole degli antichi romani? La risposta più completa a questa difficile domanda ci viene data dall'editto dei prezzi dell'imperatore Diocleziano. Questo editto fu stipulato nel 301 d.C. con l'obbiettivo di stabilire i prezzi massimi di vendita, ma al giorno d'oggi è da considerarsi come la miglior testimonianza diretta su ciò che veniva, all'epoca romana, portato in tavola.

L'editto dei prezzi dell'imperatore Diocleziano, del 301 d.C., fu emanato nel suo 18esimo anno di Regno. Questo editto doveva far fronte all'inflazione imponendo sia sui singoli prodotti che sulle attività produttive, non un prezzo massimo di vendita, prezzo fisso, bensì un prezzo il quale avrebbe consentito un abbassamento di prezzo in caso di eccesso di offerta. La pena per chi non rispettava i prezzi massimi stabiliti era la morte.

dall'editto era addirittura ma ciò non scoraggio icommercianti nel vendere le merci comunque a prezzi più alti. Infatti, i prezzi stabilitinell'editto erano troppo bassi rispetto ai costi di produzione delle merci, questo portò a lungo andare ad un aumento della quantità di monete coniate e, inevitabilmente, adaggravarsi dell'inflazione. i risultati non positiviun Nonostante dell'editto deiprezzi, nella stesura di questo ci fu un immesso lavoro, si narra addirittura che lostesso imperatore Diocleziano si trasvestisse per poter frequentare il mercato diSpalato e confrontare con i suoi occhi i prezzi delle merci.i prodotti alimentari vengono raggruppati inAll'interno dell'editto dioclezianeo,sei diverse categorie. Analizziamole nel dettaglio.Fruges. In questa prima categoria rientravano:I cereali. dieta tradizionale romana,Questi erano alla base della molti diffusi farro/l'orzo/il frumento/ilerano il miglio/ecc. Permisurare la quantità di cerealimoggio italico, veniva utilizzato il modio il quale corrispondeva a quasi nove litri di cereali, per la precisione 8,754 litri. Il ruolo centrale che ebbe la produzione di frumento nella storia romana portò, addirittura, alla nascita del culto di Cerere. Questa derivava dalla figura di Demetra, la quale secondo il mito greco era la madre di Persefone, rapita dal dio degli inferi. La madre distrutta dal dolore dall'assenza della figlia non fece più germogliare il frumento, quindi Zeus concesse lei di vedere la figlia per sei mesi l'anno, cosa che determinò l'alternarsi delle stagioni. Il pane, il primo dei cibi necessari. Il panis veniva considerato come diversi tipi di pane con prezzi differenti. Esistevano, infatti, il panecandidus riservato ai ricchi a causa del suo costo, il pane secundarius il quale era sempre un pane bianco ma di qualità inferiore al precedente, e infine il pane plebeius che veniva chiamato.

pane nero. Il riso. prodotto di lusso, Il riso veniva importato dall'Oriente come infatti 200 denari. aveva un prezzo massimo per moggio italico di Il riso, all'epoca romana, veniva utilizzato sotto forma di amido come legante per i cibi oppure in medicina, infatti la coltivazione di questo allo scopo alimentare in Europa fu introdotta solo nel VIII secolo grazie all'influenza degli Arabi.

La pasta. I legumi. Anche questi erano molto diffusi nelle tavole romane, troviamo infatti fave/piselli/ceci/lupini/fagioli. I prezzi di questi prodotti, ovviamente, variavano a seconda se il prodotto fosse grezzo o lavorato, ad esempio il prezzo dei piselli non macinati era di 60 denari per moggio, mentre di quelli macinati era di 100 denari per moggio.

I semi. semi di papavero/di senape/di erba medica. Tra questi troviamo i Quest'ultimi erano molto costosi, infatti venivano valutati 150 denari per un moggio. Mentre, la

quantità dei semi di senape, come anche per i lupini, nonsestario, veniva misurata con il moggio italico, bensì con il il quale equivale a poco più di mezzo litro. Vini. Un'intera categoria dell'editto fu dedicata ai vini. Il vino era una bevanda diffusa in tutte le classi sociali, infatti vi era la convinzione che questo mantenesse sani e consentisse una lunga vita. Addirittura, anche gli schiavi avevano diritto a una razione giornaliera di vino, poco più di mezzo litro al giorno. Plinio il Vecchio, nella sua enciclopedia sulle scienze naturali, affermò che esistevano novantuno diversi tipi di viti e di uva e circa duecento diversi tipi di vino. Molti di questi erano presenti "Falerno", all'interno dell'editto di Diocleziano, ad esempio vi era il noto il quale era ritenuto un vino degno degli dei, oppure il il quale poteva essere vino condito con miele e venduto a un prezzo massimo di 30 denari.

ancora ilpepe" venduto ad un massimo di 24 denari. Il vino veniva tagliato conmiele/albume/acqua poiché aveva un'alta gradazione, causata dalla vendemmia cheavveniva più tardi rispetto al oggi, ovvero quando le foglie erano già cadute dallepiante. Infine, è importante specificare che il vino veniva misurato all'internosestarii, poco più di un mezzo litro.dell'editto in il quale equivale aOlii. Rientrano in questa categoria i seguenti condimenti.L'olio. L'olio di oliva era uno degli ingredienti più importanti all'interno dei prezzo massimo era molto alto.pasti romani, ma nonostante ciò il suo Infatti,olio di prima torchiatura questo era venduto al massimo ase si parlava di40 denari, se di seconda scelta a 24 denari, mentre l'olio comune, ovvero quellospremuto da olive di scarto, a 24 denari. Secondo il mito greco, fu Atena ha farnascere il primo albero di ulivo, durante una sfida con Poseidoneper laconquista dell'Attica.L'aceto. Anche l'aceto era molto diffuso, infatti veniva usato per conservare i cibi, ma non solo. Vi era anche la convinzione che questo avesse delle proprietà terapeutiche ed è per questo motivo che molto spesso i romani si dissetavano con acqua e aceto.Il sale. venduto ad un massimo di 100 denari per un moggio italico. Ovviamente, questo era fondamentale per la conservazione dei cibi.Le salse. Erano, inoltre, molto utilizzate, per coprire il sapore del cibo andato a male, le salse. Tra le più conosciute vi era il garum, la quale si ricavava dalla setacciatura e la fermentazione di piccoli pesci. Il garum di prima scelta poteva venire a costare fino ad un massimo di 16 denari, mentre quello di seconda scelta fino a 12 denari.Il miele. Il miele era il dolcificante più utilizzato dagli antichi romani, infatti non

è chiaro se fosse oppure no conosciuto lo zucchero. Il miglior miele era venduto ad un massimo di 40 denari, quello di seconda scelta a 24 denari, mentre il miele di datteri solo a 8 denari.

Carni. La carne veniva cotta come al giorno d'oggi, infatti si poteva arrostire/friggere/lessare/cucinare al forno.

Maiale. 12 denari per libbra. Il suo prezzo era di Di questo animale veniva utilizzato di tutto, infatti sulle tavole romane vi comparivano anche mammelle di maiale, le quali erano considerate delle prelibatezze, e vulva di scrofa.

Bovino. La carne di bovino era un alimento molto raro, infatti i buoi erano considerati animali da lavoro e non cibo.

Maiale. Molto diffusa era invece la carne di maiale.

Volatili. Anche le carni di volatile venivano servite molto spesso. Tra le più pregiate vi erano quelle di fagiano, le quali potevano costare 250 denari se provenienti da fagiano d'allevamento, oppure solo 125 denari se provenienti da...

Rollo

DIRITTO ROMANO DEL CIBO

L'ocafagiani selvatici. Anche aveva un prezzo diverso a seconda se l'animaleprovenisse da un allevamento, per un massimo di 200 denari, oppure eraselvatico, in questo caso veniva venduta ad un massimo di 100 denari. Vi eranoi piccioni,poi, anche, i quali venivano 20 denari per paio se selvatici, oppure 24denari per paio se di allevamento.

Lepre e Coniglio. Il coniglio poteva essere venduto, secondo l'editto, ad un massimo di 20 denari. Mentre, la lepre era molto più costosa, 150 denari, edaveva molto più successo perché i romani credevano che mangiandola ci simantenesse belli per nove giorni.

Pavone. Si pensa che ad introdurre l'usanza di consumare la carne di pavone fu Quinto Ortalo, il quale fece uccidere i pavoni che possedeva per festeggiare lanomina a edile. La carne di pavone era una carne molto pregiata e il suo pressoil maschio poteva essere venduto ad un massimo diera molto alto, infatti300 denari.

mentre l'esemplare femmina ad un massimo di 200 denari.

Cinghiale.

Cervo.

Agnello.

Capretto.

burro,

Nella stessa categoria, insieme alle carni, l'editto inseriva anche il in quantoprodotto di origine animale. Questo era utilizzato soprattutto come unguento. Il suocosto era di 16 denari per una libbra.

Pesci. Il pesce era molto caro, infatti chi poteva permetterlo preferiva allevarlo da sénelle proprie ville.

Orate. Il primo a coltivare questi pesci in cattività fu Sergio Orata, ed è perquesto che prendono il suo nome.

Ostriche. Si riteneva all'epoca che le ostriche avessero proprietà terapeutiche eaiutassero a risvegliare lo stomaco dal disgusto per l'eccesso di cibo. Il loroprezzo era molto alto, infatti 100 ostriche costava 100 denari.

Ricci.

Triglia

formaggio secco.

Nella stessa categoria, insieme ai pesci, l'editto inseriva anche ilAltro. In quest'ultima categoria l'imperatore raggruppo una serie di

alimenti moltodiversi tra di loro.

Verdure. Molte erano le verdure utilizzate dai romani a tavola, vi erano la cicoria, le rape, le zucche, le carote, la lattuga, la cipolla, ecc.

Uova. Le uova comparivano sia sulle tavole dei ricchi che dei poveri dell'antica Roma, infatti il loro prezzo massimo era di 4 denari per 4 uova. Queste venivano, di regola, consumate ad inizio pasto, cotte in padella o lessate e servite con le salse.

Frutta. Anche la frutta era molto abbondante sulle tavole romane, ed il suo prezzo non era molto altro, questo a causa della diffusione di orti e frutteti domestici. L'editto menziona anche frutta secca, come ad esempio noci, pinoli, castagne, ecc.

Formaggi. In questo caso per formaggi, l'imperatore intendeva solo

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
13 pagine
1 download
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nancydr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano del cibo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Fargnoli Iole.