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GIUDIZIARIO
Pur se appare più producente classificare le attribuzioni del Capo dello Stato con riferimento ai
poteri cui si riferiscono, occorre grande cautela, giacché anche tale criterio non appare del
tutto soddisfacente.
I poteri del Presidente della Repubblica sono ritenuti essere destinati ad incidere sulla funzione
giurisdizionale, ovverosia il potere di grazia e quello di presiedere il Consiglio Superiore
della Magistratura.
Non convincono altre ricostruzioni per cui si fa rientrare nel novero dei poteri presidenziali la
nomina di cinque giudici costituzionali, senza tener conto della posizione di estraneità della
Corte nei confronti del potere giudiziario.
Più problematica risulta la collocazione o meno dei decreti presidenziali che decidono i
ricorsi straordinari contro gli atti amministrativi tra gli atti del Presidente della Repubblica
incidenti sull’esercizio della giurisdizione. rimedi amministrativi
Tali atti sono normalmente qualificati come e come tali ritenuti estranei.
Tuttavia le decisioni sui ricorsi straordinari hanno acquistato sempre più carattere
giurisdizionale e non solo per l’affinità di forme che la fase dinanzi al Consiglio di Stato ha
obbligatorio ma non vincolante,
assunto. Sebbene il parere poteva considerarsi non vi è mai
stata una delibera del Consiglio dei ministri contraria al parere.
La conformazione assunta nel tempo dall’istituto consente di considerare il decreto che decide
sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica come suscettibile di incidere sulla funzione
giurisdizionale, anche se si tratta di un atto dovuto, destinato a conferire veste formale alla
decisione preliminare del Consiglio di Stato.
Il potere di grazia “eccezionale strumento
Oggigiorno ci si riferisce alla considerazione della grazia come
destinato a soddisfare straordinarie esigenze di natura umanitaria”, che ha trovato però ben
presto una smentita nell’uso che, nell’agosto 2007, ha fatto Giorgio Napolitano di tale
prerogativa, ovverosia nei provvedimenti clemenziali adottati a favore di alcuni altoatesini
condannati per reati di terrorismo.
Consentire al Presidente della Repubblica di usare questo potere anche per ragioni che
prescindano del tutto da quelle meramente umanitarie cui la sentenza pretenderebbe di
favor libertatis.
confinarne l’esercizio è espressione di un maggior
La Costituente attribuì al Presidente della Repubblica la grazia assieme alla titolarità formale
amnistia e indulto,
degli altri atti clemenziali, poi cancellata dalla riforma dell’art.79 – in
omaggio alla tradizione che assegnava ai sovrani l’esercizio della clemenza. La grazia è un
tutte (ad personam)
potere destinato ad incidere su le funzioni dello Stato, giacché interrompe
l’attuazione di una legge, fa esaurire determinati effetti di una condanna penale, impedisce
l’ulteriore esecuzione della pena.
È proprio dall’interferenza con le attribuzioni del legislativo, giudiziario e esecutivo, che nasce
l’ambiguità tante volte sottolineata, della natura dell’atto di grazia.
L’esercizio del potere di grazia è ammissibile solo coinvolgendo i vari titolari delle attribuzioni
con le quali interferisce il potere stesso. Pertanto il potere di grazia dovrebbe trovare una
collocazione a sé stante.
La presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura
L’unico potere presidenziale suscettibile di essere qualificato inequivocabilmente come rivolto
alla giurisdizione è quello di presiedere l’organo di autogoverno dei giudici.
fine
Il di tale conferimento è di garantire l’indipendenza della magistratura rispetto gli altri
poteri dello Stato e di ricondurre l’ordine giudiziario nell’unità complessiva della nazione.
Il Presidente è chiamato dunque a svolgere una funzione di garanzia nei riguardi dei rapporti
tra potere politico e potere giudiziario. Oggi la seconda fase dell’esperienza repubblicana
nazionale, quella emersa dal passaggio dal sistema elettorale proporzionale ad altri, più o
meno accentuatamente maggioritari, si manifesta con maggiore evidenza.
Gli stili di Presidenza del CSM sono fortemente condizionati dallo stile che ciascun Presidente
adotta durante il suo settennato. Dalla costituzione del CSM fino ad oggi, il Presidente ha
esercitato solo parzialmente il complesso di poteri che implica la sua carica, sia per le ampie
deleghe di cui sono stati investiti i Vice Presidenti, sia per la mancata utilizzazione dei poteri
stessi. Inoltre, per prassi, si astiene anche dal voto.
Leone
Durante il mandato esplose la violenza terroristica che, nel corso della Presidenza Pertini,
sarebbe giunta a colpire anche un vicepresidente del CSM in carica. È proprio a partire dalla
Presidenza Pertini che cominciano a registrarsi interventi più incisivi sull’andamento dei lavori
del Consiglio. Pertini impedì, nel 1984, che il Consiglio si “pronunciasse su iniziativa del
Presidente del Consiglio Craxi.
Il confronto tra Capo dello Stato e CSM negli anni successivi avrebbe trovato nuovi motivi di
frizione durante il mandato di Francesco Cossiga, per la volontà del Presidente di dare un
“assenso sostanziale” all’ordine del giorno del Consiglio. In quel caso si ritirò la delega al Vice
Presidente, il Presidente decise di partecipare a tre sedute ordinarie del CSM, votando in
almeno un caso per il conferimento di un incarico diretto.
Il controllo sulle leggi e sugli atti equiparati in tema di giustizia
Si può dire che le funzioni svolte in qualità di Presidente del CSM sono state tese ad evitare che
il Consiglio invadesse sfere di competenza spettanti ad altri poteri dello Stato.
Ciò vale in particolare per i poteri esercitabili in sede di promulgazione delle leggi e di
emanazione di atti legislativi del governo, che sono andati intrecciandosi con l’uso di poteri
informali, durante la loro approvazione e dopo l’atto di promulgazione o di emanazione.
I poteri informali
Nella prassi delle ultime due presidenze vanno tenuti presenti i poteri informali, distinti dalle
ormai tradizionali “esternazioni”, ovverosia gli interventi di moral suasion, nel corso di
approvazione delle leggi, sia quelli di motivazione dissenziente di leggi appena promulgate.
In proposito, non manca chi richiede un più frequente uso del potere di rinvio, ad esito del
controllo svolto in sede di promulgazione piuttosto che l’attivazione di procedure informali.
Ciò non vuol dire che siano state taciute perplessità nei confronti di singole iniziative o
pronunce giudiziarie. Ad esempio può essere ricordata la reazione a seguito della condanna
della Corte d’Appello di Perugia inflitta a Giulio Andreotti per il delitto Pecorelli, la reazione
appunto del presidente della Repubblica Ciampi fu di esprimere “profondo turbamento”.
4. CONCESSIONE DELLA GRAZIA E CONTROFIRMA MINISTERIALE
Fra gli atti che l’art.87 della Costituzione attribuisce al presidente della Repubblica, il decreto di
concessione della grazia è senza dubbio tra quelli che meno hanno attirato l’attenzione dei
costituzionalisti. È al codice penale che bisogna ricorrere per individuare l’efficacia sostanziale
dell’atto che è, come per l’indulto, quella di condonare in tutto o in parte la pena inflitta ovvero
di commutarla in un’altra specie di pena stabilita dalla legge e che dall’indulto si distingue per
avere un destinatario determinato; il codice aggiunge che la grazia “non estingue le pene
accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente e neppure gli altri effetti penali della
condanna”.
È vista come un “residuo” delle più antiche competenze sovrane. Esiste una netta differenza,
però, tra la natura dell’atto di grazia di un Capo dello Stato e quella dell’atto di un sovrano al
quale si ricorre come ultima istanza del potere giurisdizionale, d’altronde un sovrano del genere
non poteva ravvisarsi neanche nell’ordinamento statuario. La dottrina sottolineava i
discrezionale
caratteri di autonomia e di indipendenza dei giudici, tale da renderlo un atto del
re adottato “sotto la responsabilità del ministro guardasigilli”.
Al 1865 risale la prima interpellanza parlamentare su un caso di concessione di grazia, e
l’assunzione ministeriale di responsabilità dell’atto. Già nell’esperienza costituzionale venuta a
maturazione nell’Ottocento, era avvenuta una profonda trasformazione dell’istituto della
grazia, nella quale né l’attività del re né quella del ministro potevano ritenersi meramente
formali.
Nel periodo fascista, non potevano riscontrarsi differenze rilevanti, tali da consentire una
diversa qualificazione dei rapporti della Corona con l’esecutivo.
Nella tipologia degli atti del Presidente della Repubblica, questo rientra tra gli atti duali, ovvero
formalmente presidenziali ma sostanzialmente misti., per la doppia presenza del Capo dello
Stato e il ministro “proponente”.
La grazia non può essere considerata un atto strettamente presidenziale (o formalmente e
sostanzialmente presidenziale) sia per le ragioni storiche sia perché la concessione della grazia
non corrisponde a funzioni di garanzia e equilibrio tra i poteri.
Per i senatori a vita, la nomina ha lo scopo di assicurare la presenza di personalità che, per la
riflessione
propria esperienza, possono costituire un arricchimento alla funzione di cui è
preordinata la stessa istituzione della Camera alta e la differenziazione del suo elettorato
passivo.
dualità dell’atto
La è intimamente connessa con la trasformazione cui lo sviluppo dei sistemi
parlamentari ha assoggettato i poteri clemenziali. Un ruolo del Parlamento nei riguardi
dell’esercizio del potere di grazia può efficacemente aver luogo, nel nostro sistema
costituzionale, solo in caso di sussistenza della controfirma ministeriale, attraverso la
compartecipazione all’atto presidenziale, e della possibilità di essere chiamato a risponderne
dinnanzi alle Camere.
Sarebbe dunque da rigettare la diversa prospettazione in base alla quale la grazia andrebbe
considerata un atto sostanzialmente presidenziale, giacché la qualificazione di atto complesso
garanzia
non consente in alcun modo di escludere che il Presidente adempia alla funzione di “
che il suo esercizio si svolga all’infuori dell’influenza di interessi di parte”
I dati relativi alla prassi del potere di grazia non solo consentono di esprimere un giudizio
positivo sulla corrispondenza fra diritto vivente e l’interpretazione che qui si accoglie, ma
permettono di rilevare una progressiva riduzione nel tempo del suo