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CAPITOLO III.
L'ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA.
1. Il Parlamento.
1. La II parte della Costituzione intitolata all' “Ordinamento della Repubblica” apre il Titolo I, dedicandolo al Parlamento. Il Parlamento repubblicano, eletto a suffragio universale e diretto, si compone di due Camere, la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica, che hanno composizione analoga ed identiche funzioni. Dalla attribuzione ad entrambe le Camere, con assoluta parità di posizione nel sistema, tanto della funzione legislativa che della funzione, condivisa col Governo, di indirizzo politico e di gestione del rapporto di fiducia deriva che la caratterizzazione della nostra forma di parlamentarismo quale sistema a bicameralismo perfetto. I sistemi parlamentari, infatti, possono avere struttura monocamerale o bicamerale e, in questa seconda ipotesi, differenziare o meno il ruolo delle due Camere, come per esempio accade in quegli ordinamenti federali che affidino alla seconda Camera il compito di rappresentare i cittadini o i governi dei singoli Stati membri, o gli stessi Stati membri della federazione. Nel nostro sistema, invece, le differenze tra Camera dei Deputati e Senato della Repubblica sono minime e comunque tali da non incidere a fondo sulla diversa posizione costituzionale delle Camere stesse. Mentre la Camera dei Deputati è eletta da tutti i cittadini che abbiano compiuto la maggiore età ed è composta da donne e da uomini che, al momento delle elezioni, abbiano compiuto i venticinque anni di età, sono elettori del Senato i cittadini e le cittadine che abbiano compiuto venticinque anni laddove, per essere eletti senatori, è necessario avere compiuto, al momento delle elezioni, quaranta anni di età. Per il Senato i costituenti hanno previsto il concorso con il principio democratico del criterio gerontocratico di selezione dei suoi componenti, secondo un’ antica tradizione di cultura giuspolitica. Altra importante differenza risiede nel principio secondo il quale il Senato è eletto “a base regionale”. Salvi i seggi assegnali nella circoscrizione Estero — nel numero di 12 — i Deputati, nel numero complessivo di 630, sono eletti in seggi distribuiti su base territoriale in circoscrizioni composte in proporzione alla popolazione residente nel territorio, vale a dire dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ ultimo censimento generale, per 618 e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (art. 56, comma 4). I Senatori elettivi sono 315 e sono scelti, salvi i 6 della circoscrizione Estero, in seggi ripartiti tra le Regioni secondo due criteri:
- a) nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette, tranne il Molise (due) e la Valle d’ Aosta (uno);
- b) i restanti seggi sono ripartiti fra le Regioni in proporzione alla rispettiva popolazione, quale risulta dall’ ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (art. 57).
Ai 315 senatori elettivi vanno, infine, aggiunti i Senatori a vita. Secondo la Costituzione è Senatore di diritto a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. Inoltre, il Presidente della Repubblica può nominare Senatori a vita cinque cittadini che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario (art. 59). La disposizione costituzionale non consente a ciascun Presidente della Repubblica di nominare cinque Senatori a vita, ma ammette che essi siano cinque in tutto. Il numero dei Senatori a vita è tale da non dover incidere numericamente sulla composizione delle maggioranze parlamentari, ma dall’ introduzione del sistema elettorale maggioritario è accaduto che il voto dei Senatori a vita abbia potuto essere determinante su singole votazioni. Il che, se sul piano del diritto costituzionale non pone alcun problema, essendo i Senatori a vita Senatori di pieno diritto e dotati delle medesime facoltà politiche e giuridiche dei Senatori elettivi, ha posto e può porre problemi, sul piano politico, al governo in carica, che su quei voti dovesse stabilmente poter contare per garantirsi una maggioranza parlamentare. Il sistema elettorale per l’ elezione delle due Camere previsto al momento della nascita della Repubblica era articolato sulla formula proporzionale e su tale base sono stati composti tutti i quorum di garanzia previsti dalla Costituzione, a partire dalle
maggioranze prescritte per l’ordinario funzionamento delle Assemblee parlamentari dall’art. 64
Cost. L’approvazione dei regolamenti parlamentari, l’elezione del Presidente della Repubblica e la
san messa in stato d’accusa e la possibilità di procedere alla revisione della Costituzione sono,
infatti, disciplinati in maniera tale da garantire, in un Parlamento eletto con metodo proporzionale, il
necessario concorso delle opposizioni. Le riforme elettorali introdotte nei primi anni ’90 hanno
radicalmente cambiato il sistema elettorale mediante l’introduzione di un regime maggioritario, che
non rende più necessario l’apporto delle opposizioni e delle minoranze. A seguito di un referendum
popolare celebratosi nel 1993 il sistema per la elezione della Camera dei Deputati e del Senato della
Repubblica è stato riformato e composto su base mista (leggi nn. 276 e 277 del 1993) con una quota
di seggi, pari ai tre quarti, assegnati in collegi uninominali con formula maggioritaria e per il
restante quarto con formula proporzionale. E’ a questa riforma che si fa riferimento quando si parla
all’avvento del regime maggioritario italiano. Tale sistema è rimasto in vigore fino alla riforma
introdotta con la legge n. 270 del 2005, che è la legge elettorale attualmente vigente. Il nuovo
sistema prevede che la Camera dei Deputati sia eletta formalmente su base proporzionale con
assegnazione di un decisivo premio di maggioranza alla lista – o coalizione di liste – che abbia
ottenuto il maggior numero di voti su base nazionale e che non abbia raggiunto il tetto di almeno
340 seggi. In questo caso, infatti, la legge assegna a tale lista – o coalizione di liste – un numero di
seggi aggiuntivi rispetto a quelli conseguiti in base ai voti ottenuti, al fine di raggiungere la soglia
dei 340 seggi, vale a dire la maggioranza assoluta, distribuendo poi i restanti 277 seggi tra le altre
liste – o coalizioni di liste – che abbiano superato le soglie di sbarramento. A questi seggi vanno
aggiunti i 12 seggi assegnati nella circoscrizione Estero e il seggio assegnato, per la Valle d'Aosta,
in un collegio uninominale con sistema maggioritario. Dovendosi comunque raggiungere la soglia
dei 340, la legge elettorale accentua gli effetti maggioritari del sistema – pertanto solo
apparentemente proporzionale – introducendo clausole di sbarramento all’accesso ai seggi:
- per le coalizioni che non abbiano ottenuto almeno il 10% dei voti validi sul piano
- per le singole liste non collegate che non abbiano conseguito almeno il
nazionale e che non contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul
piano nazionale almeno il 2% dei voti validi;
4% dei voti validi espressi sul piano nazionale.
Nell’ambito delle coalizioni di cui al punto 1) partecipano al riparto dei seggi soltanto le liste che
abbiano ottenuto almeno il 2% dei voti validi su base nazionale. Sono previste eccezioni alla
clausola di sbarramento per le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, alle
condizioni previste dall’legge.
Per quanto riguarda il Senato, la principale differenza rispetto al sistema elettorale della Camera dei
Deputati discende dalla previsione di cui all’art. 57 della Costituzione, che stabilisce che “il Senato
della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero”.
Eccezion fatta per i seggi relativi alla Valle d’Aosta ed al Trentino-Alto Adige la legge prevede,
infatti, che i seggi vengano assegnati su base regionale alle liste concorrenti in proporzione ai voti
ottenuti se la lista – o coalizione di liste – più votata abbia ottenuto almeno il 55% dei suffragi
validamente espressi nell’ambito della circoscrizione regionale. Ove ciò non accada, alla lista – o
coalizione di liste – più votata andrà comunque il 55% dei seggi assegnati alla singola Regione,
mentre il restante 45% dei seggi verrà distribuito tra le altre coalizioni di liste o liste che abbiano
superato la soglia di sbarramento. La clausola di sbarramento al Senato esclusa dal riparto dei
seggi:
- le coalizioni di liste che non abbiano ottenuto sul piano regionale almeno il 20% dei voti
- le singole liste non collegate che non abbiano conseguito sul piano regionale almeno l’8%
validi espressi e che non contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul
piano regionale almeno il 3% dei voti validi espressi;
dei voti validi espressi.
All’interno delle coalizioni che abbiano superato la soglia di sbarramento di cui al punto 1)
partecipano al riparto dei seggi soltanto le liste che abbiano ottenuto almeno il 3% dei voti validi