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XII. PROCESSO PENALE MINORILE (F.D.C.)
1. Evoluzione e connotati fondamentali della legislazione sul processo minorile.
La creazione di un giudice specializzato per i soggetti accusati di aver commesso un reato prima del
raggiungimento della maggiore età è una conquista da fare risalire al r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (“Istituzione e
funzionamento del tribunale per i minorenni”), convertito con l. 27 maggio 1935, n. 835.
Alla suddetta legislazione hanno fatto seguito:
- d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (“Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”), un
insieme di 41 articoli al quale è collegato il d.Igs. 28 luglio 1989, n. 272, che contiene le relative norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie. Inoltre, come stabilito dall'art. 5 della legge delega, sono state
contemporaneamente introdotte nel d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 alcune disposizioni finalizzate ad
adeguare l'ordinamento giudiziario alla nuova configurazione del processo minorile;
- nella Carta Costituzionale, art. 31 comma 2°, si desume un diritto del minore a vedere tutelato il proprio
percorso evolutivo;
- fonti sopranazionali: regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile (c.d. regole di Pechino),
approvate dall’assemblea delle Nazioni Unite nel 1985;
- art. 1 comma 1°, d.p.r. n. 448/1988: laddove manchi un’apposita previsione, bisogna fare ricorso alla parallela
normativa contenuta nel codice di procedura penale (c.d. principio di sussidiarietà) e all’applicazione del
criterio dell’individuazione, vale a dire, in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del
minorenne nei cui confronti si procede;
- principio di minima offensività: l’obiettivo è quello di fare in modo che la sottoposizione al processo penale
non sia un evento traumatico, idoneo di per sé ad avere negativi contraccolpi sul percorso educativo di un
individuo in fieri (=in via di formazione o di attuazione). Funzione tipica del processo penale è accertare la
fondatezza, oggettiva e soggettiva, dell’imputazione.
2. Gli organi giudiziari minorili e i loro ausiliari.
Il Tribunale per i minorenni è istituito in ogni sede di corte d’appello e di sezione distaccata di corte d’appello, è
composto da 4 giudici, 2 dei quali sono togati e 2 laici (giudici onorari, 1 uomo e 1 donna, benemeriti dell’assistenza
sociale, scelti tra cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia, che abbiano
compiuto il 30esimo anno di età). L’art. 50 comma 2° ord. giud. sancisce che i giudici onorari sono nominati per un
triennio (rinnovabile), con decreto del P.d.R. su conforme deliberazione del CSM. Il tribunale per i minorenni ha
giurisdizione su tutto il territorio della corte d’appello o sezione distaccata, è competente a giudicare tutti i reati
(compresi quelli normalmente rientranti nella sfera di cognizione del giudice di pace), commessi da coloro che al
momento del fatto non avevano ancora compiuto il 18esimo anno di età (art. 3 comma 1°).
Con riferimento al processo di cognizione: il GIP e il GUP devono essere 2 soggetti differenti (art. 34 comma
2-bis c.p.p.). Mentre per quanto concerne il primo non emergono peculiarità, circa le funzioni del secondo, queste
sono svolte dal tribunale per i minorenni in composizione ristretta (1 magistrato professionale e 2 giudici onorari di
sesso diverso). Inoltre, l’udienza preliminare è stata configurata in modo da consentire una consistente fuoriuscita di
imputati dall’ingranaggio processuale. 224
Giudice di secondo grado rispetto al tribunale per i minorenni è la sezione per i minorenni della corte
d’appello con composizione specializzata: accanto ai 3 giudici togati figurano 2 esperti, un uomo e una donna, in
possesso degli stessi requisiti previsti per gli esperti del tribunale per i minorenni.
Nella fase esecutiva, ferma restando la competenza del tribunale per i minorenni, le attribuzioni del magistrato
di sorveglianza e dell’omonimo tribunale sono svolte da un giudice del tribunale per i minorenni e da quest’ultimo
tribunale, con la precisazione che la competenza di tali organi persiste sino a che il soggetto raggiunge il 25esimo anno
di età (art. 3 comma 2°).
Negli uffici del PM bisogna distinguere il 1° e il 2° grado di giudizio. Presso ciascun tribunale per i minorenni è
istituito un ufficio autonomo con competenze esclusive, la procura della Repubblica presso il tribunale per i
minorenni, alla quale sono attribuiti tutti i poteri che le leggi conferiscono al PM presso il tribunale ordinario (art. 4
r.d.l. n. 1404 del 1934). Inoltre, è prevista l’istituzione presso ciascuna delle suddette procure di una sezione
specializzata di PG, alla quale è assegnato personale dotato di specifiche attitudini e preparazione.
Giudice di secondo grado: non esiste un autonomo ufficio del PM, per cui è la procura generale presso la corte
d’appello che esercita i poteri ad essa conferiti dalla legge anche nei confronti degli imputati giudicati dal tribunale
per i minorenni.
Tra gli organi ausiliari, vanno inquadrati i servizi minorili: funzioni principali sono fornire preziosi elementi di
conoscenza sulla personalità del minore, nonché sulla sua collocazione nel contesto socio-familiare.
Dall’art. 6 emerge una distinzione tra gli uffici di servizio sociale per i minorenni, riconducibili al ministero della
giustizia, e i servizi sociali c.d. territoriali, istituiti dagli enti locali. Tra i 2 organismi vi è un rapporto paritario, per cui,
ferma l’opportunità di una reciproca collaborazione, esplicitamente prevista per chi ne sollecita l’iniziativa, l’unico
criterio di priorità sembra essere quello relativo alla specificità dell’apporto richiesto. Non serve a smentire quanto
appena affermato la scelta di riservare ai soli servizi ministeriali, indicati dal legislatore con la locuzione servizi minorili
dell’amministrazione giudiziaria, un esiguo numero di interventi (artt. 18 comma 1°, 18-bis comma 2°).
3. Uno sguardo d’insieme: a) gli accertamenti sull’età e sulla personalità dell’imputato.
Il primo accertamento che il giudice minorile è tenuto a compiere è sull’età dell’imputato al momento del
fatto-reato: qualora la sua età risulti incerta bisogna attenersi a quanto descrive l’art. 8 comma 1°, il quale stabilisce
che “il giudice deve disporre, anche d’ufficio, una perizia”. Se il dubbio persiste, viene presunta la minore età. Se non
sia certo se, al momento del fatto, il minore avesse compiuto i 14 anni, si presume infra-quattordicenne (art. 8 comma
3°), nel qual caso troverà applicazione l’art. 26, il quale stabilisce che in ogni stato e grado del procedimento, il giudice
anche d’ufficio pronuncia sentenza di non luogo a procedere, perché si tratta di persona non imputabile (in alcune
situazioni, si prevede l’applicazione di misure di sicurezza personali).
Ai sensi dell’art. 220 c.p.p. (“personalità dell’imputato”), sia il PM che il giudice sono tenuti ad acquisire, tramite i
servizi sociali, elementi circa le condizioni e le risorse personali e familiari, sociali e ambientali del minorenne, ex art.
9 (comma 1°). Questi dati, al pari delle informazioni assunte da coloro che abbiano avuto rapporti con il minorenne e
del parere degli esperti, vengono acquisiti anche senza alcuna formalità (comma 2°) e si prestano ad essere utilizzati
sia per la decisione finale, sia per eventuali provvedimenti di carattere interlocutorio.
4. Segue: b) gli adeguamenti diretti a tutelare le esigenze educative.
Il giudice, oltre a spiegare il significato delle attività processuali che si svolgono alla presenza dell’imputato,
illustra il contenuto e le ragioni, anche etico-sociali, delle decisioni (art. 1 comma 2°). L’art. 19 comma 2°, sancisce
che quando il giudice dispone una misura cautelare, deve tenere conto, tra l’altro, dell’esigenza di non interrompere
i processi educativi in atto. Fondamentale è la garanzia di assistenza per il minore nello svolgimento del
procedimento: ci si riferisce, all’assistenza affettiva e psicologica dei genitori o di altra persona idonea e che venga a
tale scopo indicata dall’interessato e sia ammessa dal PM o dal giudice procedente. L’assistenza ai servizi ministeriali
dell’amministrazione della giustizia e quella dei servizi sociali degli enti.
L’art. 10 comma 1°, vieta l’esercizio dell’azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato
dal reato, con l’inevitabile conseguenza che la sentenza del giudice minorile non ha efficacia nel giudizio civile avente
ad oggetto tali pretese (comma 2°).
L’art. 13 comma 1°, vieta, tranne che nella circoscritta ipotesi di cui al comma 2°, la pubblicazione e la
divulgazione di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione del minorenne comunque coinvolto nel
procedimento.
L’art. 20 1° comma 1° (d.lgs. n. 272/1989), impone che, sia quando si esegue una misura precautelare (es.
arresto, fermo, accompagnamento), sia durante le traduzioni, devono essere adottate le opportune cautele per
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proteggere i minorenni dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità. Viene altresì vietato l’uso di
strumenti di coercizione fisica, salvo gravi esigente di sicurezza.
5. Segue: c) le “compensazioni” correlate alle ridotte capacità autodifensive dell’imputato.
In relazione al diritto di difesa: fondamentale è la figura del difensore d’ufficio (c.d. difesa tecnica), la cui
individuazione avviene ad opera dell’ufficio centralizzato previsto dall’art. 97 comma 2° c.p.p.: devono essere
predisposti degli appositi elenchi contenenti i nominativi dei difensori in grado di vantare una specifica preparazione
nel diritto minorile. Invece, la nomina del difensore di fiducia è totalmente libera.
È con riferimento a taluni poteri attribuiti all’esercente la potestà genitoriale che è lecito parlare di una sorta di
compensazione determinata dalle ridotte capacità autodifensive dell’imputato. Sono 2 le disposizioni di carattere
generale:
art. 7: prescrive che l’informazione di garanzia e i decreti con cui si stabilisce la fissazione di un’udienza, quale
che sia il suo oggetto, devono essere notificati a pena di nullità, anche all’esercente la responsabilità
genitoriale;
art. 34 comma 1°: attribuisce al soggetto in questione il diritto di proporre l’impugnazione che spetta
all’imputato minorenne.
Inoltre, ne caso in cui si debba procedere nei confronti di un minore al prelievo coattivo di campioni biologici (es.
capelli, peli, m