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Diritti fondamentali dell'indagato
Il primo diritto fondamentale che viene garantito all'indagato è il diritto di essere informato delle accuse a suo carico (principio del nemo tenetur se ipsum accusare). Questo significa che l'indagato ha il diritto di conoscere in modo chiaro e dettagliato le accuse che gli vengono mosse, al fine di potersi difendere adeguatamente.
Il secondo diritto fondamentale che viene garantito all'indagato è il diritto di autodifesa (NB: rafforzato dall'assistenza di un difensore tecnico), espressione del principio più generale secondo cui nessuno può essere costretto ad autoaccusarsi (nemo tenetur se detegere). L'autodifesa può distinguersi in 2 aspetti: un aspetto attivo, che consiste nella facoltà dell'indagato di interloquire nel processo per discolparsi e senza obblighi di verità, ed un aspetto passivo, inteso come facoltà di difendersi tacendo.
L'autodifesa passiva può articolarsi a sua volta in facoltà di non autoincriminarsi, o di rimanere in silenzio di fronte a singole domande, o di rifiutare complessivamente il dialogo: l'indagato non può invece impedire l'instaurarsi dell'interrogatorio, facoltà che è invece riconosciuta all'imputato in sede di esame dibattimentale.
Per quanto riguarda...
la facoltà di non autoincriminarsi, l'art 63 cpp prevede che quando una perona non imputata o non indagata renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi di reità a suo carico, l'autorità procedente deve interrompere l'esame avvertendo che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini: le dichiarazioni indizianti precedenti l'avvertimento non possono essere utilizzate a carico di chi le ha rese (NB: in bonam partem invece si). Inoltre l'art 63.2 rende inutilizzabili erga omnes, e quindi anche nei confronti di terzi (x es in caso di concorso di reati), le dichiarazioni rese da chi fin dall'inizio doveva essere sentito in qualità di imputato o indagato: tali dichiarazioni sono tuttavia utilizzabili nei confronti di terzi coinvolti in reati diversi e non connessi con quello dell'esaminato, poiché rispetto ad essi egli si trova in una posizione di estraneità ed assume quindi la veste di testimone e nonindagato/imputato. L'autodifesa attiva invece, da sempre al centro di problematiche, non comporta solo la possibilità di fornire il proprio apporto conoscitivo, ma anche la facoltà di mentire se ciò serve per evitare la formulazione o la verifica o l'aggravamento dell'accusa: l'indagato/imputato infatti non soggiace agli obblighi di verità che caratterizzano la testimonianza, a patto però che la menzogna sia realmente giustificata da una necessità di difendersi (è necessario un nesso fra menzogna e difesa). Il diritto di autodifendersi mentendo prevale anche su altri valori di rango costituzionale che potrebbero entrare in conflitto con il diritto di difesa: si pensi ai reati di calunnia e autocalunnia (x es mi accuso per un reato meno grave per avere un alibi) integrati dalle menzogne dell'interrogato. La possibilità dell'interrogato di non collaborare è corollario anche di un altro principio.costituzionale: lapresunzione di innocenza. Da un lato infatti tale principio impone di guardare l'indagato come un presunto non colpevole, e quindi sarebbe illogico pretendere da tale soggetto un contributo conoscitivo che si presume egli non possa fornire; dall'altro lato la presunzione di innocenza impone all'accusa l'onere della prova mentre non impone alcun onere di difesa, con la conseguenza che l'imputato può scegliere se fornire o no prove a suo discarico in base alle prove a carico prodotte dall'accusa.
La disciplina dell'interrogatorio. Qualora l'interrogatorio sia il primo atto del procedimento al quale partecipa l'indagato, i preliminari si aprono necessariamente con l'invito dell'autorità procedente a dichiarare le proprie generalità e quant'altro può valere ad identificarlo, ammonendo l'indagato circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità o le da.
false: naturalmente se la menzogna costituisce un esercizio dell'autodifesa allora èlecita (x es se si procede per reati di furto di identità). L'eventuale errore di identità, ossia errorenell'attribuzione delle generalità, viene corretto con ordinanza in camera di consiglio. L'errore di personainvece si ha quando il procedimento è rivolto nei confronti di un soggetto diverso da quello nei cui confrontisi vuole procedere: una simile evenienza integra una causa di improcedibilità, che va dichiarata in ognistato e grado del processo. Se l'errore di persona viene rilevato nella fase delle indagini preliminari, sarà ilpm a chiedere l'archiviazione del procedimento; se invece viene rilevato dopo l'esercizio dell'azione penale,l'imputato apparente viene semplicemente estromesso dal processo, mentre sarebbe fuori luogo una sentenzadi proscioglimento non essendo lui l'effettivo destinatario.
dell'azione penale. Dopo l'identificazione del soggetto, l'autorità procedente invita a nominare un difensore di fiducia, ed in caso negativo compie le attività necessarie per assicurare l'assistenza da parte di un difensore d'ufficio. Dopo di che invita l'indagato a dichiarare o eleggere domicilio per le notificazioni. Dopo di che, vanno effettuati gli avvertimenti previsti dall'art 64.3 cpp. In ogni interrogatorio l'indagato deve essere avvertito che le sue dichiarazioni potranno essere usate nei suoi confronti (art 64.3 lett a)) e che ha la facoltà di non rispondere ad alcuna domanda ma comunque il procedimento seguirà il suo corso (art 64.3 lett b)). La ratio non è di ammonire l'interrogato, ma al contrario di metterlo nella posizione di fare scelte processuali consapevoli: si vuole inoltre rasserenare l'atmosfera favorendo le migliori condizioni psicologiche dell'interrogato. Non è necessario.Che l'interrogante usi pari le formule presenti nel codice, ma potranno essere usate le parole più adatte caso per caso: se però gli avvertimenti non rispecchiano i contenuti legislativamente stabiliti, allora le dichiarazioni sono inutilizzabili (per tale motivo le parole usate devono essere messe a verbale). Più in generale, a partire dalla riforma del 2001 è stato previsto che l'inosservanza delle disposizioni dell'art 64.3 lett a) e b) rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata, mentre in passato determinava una mera irregolarità. Vi sono però alcuni problemi interpretativi, in quanto a differenza dell'art 63.1 l'art 64.3 non parla di inutilizzabilità in malam partem ma parla solo di inutilizzabilità: il che, se escludesse anche l'utilizzo di dichiarazioni in bonam partem, potrebbe ritorcersi contro l'interesse dello stesso indagato. L'art 64.3 lett c), introdotta con
La riforma del 2001 prevede che l'indagato debba essere informato che eventuali risposte su fatti concernenti la responsabilità altrui potranno avere per lui la conseguenza di assumere la veste di testimone RISPETTO A TALI FATTI: l'avvertimento è necessario in virtù delle note limitazioni che colpiscono la sua facoltà autodifensiva, posto che il medesimo soggetto in qualità di indagato può rimanere in silenzio o mentire, ma in qualità di testimone ha l'obbligo di rispondere secondo verità. Naturalmente tale status (da indagato a testimone) non muta se i fatti su cui rende dichiarazioni riguardano soggetti coindagati o coimputati nel medesimo procedimento o in procedimenti connessi: in tal caso prevale lo status di imputato e le relative garanzie. Se dopo tale avvertimento l'indagato rende risposte riguardanti la responsabilità altrui assume AUTOMATICAMENTE l'ufficio di testimone assistito: è
da escludere però che la trasformazione in testimone avvenga immediatamente nel corso dello stesso interrogatorio (gli obblighi testimoniali verranno assunti nel successivo esame di fronte al giudice o durante ulteriori atti condotti dagli organi inquirenti).
L'omesso avvertimento dell'art 64.3 lett c) comporta una duplice conseguenza: da un lato le dichiarazioni rese sui fatti concernenti la responsabilità altrui non saranno utilizzabili nei loro confronti (sarebbe violato il diritto al contraddittorio dei destinatari delle dichiarazioni), mentre dall'altro lato in relazione a tali fatti l'interrogato non dovrà assumere la veste di testimone.
Dopo tali avvertimenti, si procede con la contestazione dell'addebito, una sorta di imputazione preliminare e provvisoria (nettamente diversa da esercizio dell'azione penale). L'art 65 cpp infatti prevede che l'autorità procedente debba contestare all'interrogato in forma chiara e
Precisa il fatto che gli è attribuito, rendendo noti tutti gli elementi di prova a carico e le fonti, almeno che ciò non pregiudichi lo svolgimento delle indagini: non è invece prevista l'obbligo di comunicare gli elementi a discarico, per evitare che l'imputato modelli le sue dichiarazioni su ciò che altri hanno affermato in suo favore.
La contestazione deve essere completa, essendo vietata una contestazione parziale con riserva di completarla nel corso dell'interrogatorio mano a mano che si succedano le dichiarazioni dell'indagato.
La contestazione deve essere effettuata anche se l'indagato si sia già avvalso della facoltà di non rispondere, perché solo a seguito di tali informazioni si creano le condizioni indispensabili per effettuare una scelta consapevole: solo dopo tale passaggio l'esercizio della facoltà di non rispondere pregiudicherebbe ogni successivo svolgimento dell'atto.
L'omessa contestazione o la contestazione erronea o lacunosa determinano la nullità intermedia dell'interrogatorio. (NB: l'interrogatorio è una facoltà di cui dispone il pm, non un obbligo. Ciò significa che il pm può mantenere segreti gli elementi raccolti nelle indagini preliminari fino all'avviso di conclusione delle indagini dell'art 415 bis cpp, ma qualora decidesse di acquisire il contributo conoscitivo dell'indagato sarebbe tenuto a comunicare i risultati ottenuti fino a quel momento, anche a fronte del rischio di non ottenere in cambio alcuna collaborazione. Si tratta di strategia processuale). Con la contestazione dell'addebito si passa dalla fase preliminare all'interrogatorio nel merito, dando la parola all'indagato affinché esponga quanto ritiene utile per la sua difesa (autodifesa attiva), fermo restando ovviamente la possibilità di usufruire dell'autodifesa passiva. Dopo di chelità di non rispondere. Durante l'interrogatorio, l'autorità procedente può richiedere chiarimenti o approfondimenti sulle risposte fornite. Al termine dell'interrogatorio, il verbale viene letto e sottoscritto dalle parti presenti.