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LE IMPUGNAZIONI IN GENERALE.
- Nozione e funzione dell'impugnazione in generale.
Tra i problemi che si pongono al legislatore nel disciplinare il processo di cognizione vi sta la
necessità di tener conto di due esigenze tra loro contrastanti:
quella di non accontentarsi di un primo giudizio nel dubbio che esso possa essere viziato da
• qualche errore o che sia ingiusto → nasce quindi l'opportunità di far seguire un altro
giudizio, rispetto al quale però potrebbero sorgere i medesimi dubbi e esigenze, con la
conseguente opportunità di altri giudizi;
la contraria esigenza imposta dalla necessità di conseguire quello che è lo scopo
• fondamentale del giudizio di cognizione, cioè la certezza → l'esigenza di considerare il
giudizio come non più ripetibile ed il suo risultato definitivo.
→ soluzione di compromesso: sta nello stabilire la definitività e non più ripetibilità del giudizio
dopo l'eventuale espletamento di una sola rinnovazione nonché di un altro eventuale giudizio di
controllo sulla legalità delle prime due fasi.
Ne deriva quindi che il giudizio di cognizione può articolarsi in tre fasi:
1. di primo grado;
2. di secondo grado;
3. di legalità o cassazione.
Può essere articolato in più fasi perché l'eventuale svolgimento delle ulteriori fasi di giudizio è
lasciato all'iniziativa di quella delle parti che si ritenesse insoddisfatta dell'esito della precedente
fase del giudizio. Tale iniziativa (considerata come potere e suo esercizio) si chiama impugnazione,
in quanto tende a contestare, in tutto o in parte, il provvedimento contro il quale si rivolge.
La funzione dell'impugnazione.
Sotto un profilo generale, l'impugnazione è una contestazione che può aver ad oggetto non solo un
provvedimento, ma anche un atto. In quest'ultimo caso l'impugnazione tende a far valere un difetto
o un vizio di tale atto. Quando invece ha ad oggetto un provvedimento di un giudice può, da un lato,
tendere alla semplice eliminazione di quel provvedimento e, dall'altro, tendere a sostituirlo con un
altro. Riferendoci a quest'ultimo tipo di contestazione emerge che:
l'impugnazione presuppone l'avvenuta pronuncia di un provvedimento rispetto al quale la
➔ parte impugnante possa lamentare un pregiudizio;
con l'espressione impugnazione si intende sia l'ulteriore fase di giudizio nella quale ritorna in
➔ discussione l'oggetto del provvedimento e sia l'atto introduttivo di questa nuova fase;
in entrambe i significati l'impugnazione può essere riferita, in un senso ampio, ad ogni tipo
➔ di provvedimento non solo decisorio ma anche ordinatorio, definitivo oppure non definitivo,
e in un senso ristretto, al provvedimento che è la sentenza.
Ora la nozione che viene in rilievo di impugnazione è quella di contestazione di una sentenza, cioè
il significato con cui è compiuta l'elencazione dei mezzi di impugnazione contro le sentenze all'art
323.
Art. 323. Mezzi di impugnazione
I mezzi per impugnare le sentenze, oltre al regolamento di competenza nei casi previsti dalla legge, sono:
l'appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e l'opposizione di terzo.
Ciascuna di queste impugnazione non costituisce esercizio di un'azione diversa da quella già
esercitata nella fase che ha dato luogo al provvedimento impugnato.
Il potere di impugnazione è uno di quelli che appartiene alla serie che costituisce il potere
d'azione; è in facoltà della parte esercitare, o no, questo potere: esercitandolo introduce la nuova
fase del giudizio; in caso contrario essa compie, attraverso un implicita, ma libera rinuncia
all'impugnazione, una sostanziale accettazione del provvedimento. Con questo particolare
significato si suole parlare di necessità o necessarietà delle impugnazioni → quando quindi la loro
mancata proposizione rende il provvedimento incontrovertibile (elencate nell'art 324).
L'incontrovertibilità della sentenza → si verifica senz'altro se l'impugnazione non viene proposta
nel termine; mentre nel caso di effettivo esercizio del potere di impugnazione, sarà la nuova
pronuncia del giudice che potrà divenire incontrovertibile e che comunque costituirà una tappa
nell'iter che conduce alla pronuncia incontrovertibile.
La serie delle impugnazione non è illimitata: esaurita codesta serie, verrà a mancare ogni ulteriore
possibilità di contestazione, con la conseguenza che l'ultima pronuncia avrà il carattere
dell'incontrovertibilità.
→ la serie delle impugnazioni (limitata) è lo strumento tecnico del quale l'ordinamento si serve per
conseguire l'incontrovertibilità della pronuncia.
La serie delle impugnazioni assolve ad una duplice funzione:
1. quella di soddisfare l'esigenza di riesame del giudizio;
2. quella di conseguire, attraverso l'esaurimento della serie limitata di possibilità di tale
riesame, quella relativa certezza che costituisce il risultato tipico del giudizio di cognizione.
Quest'ultimo fenomeno dell'incontrovertibilità è quello che l'art 324 chiama “cosa giudicata
formale” e che il codice contempla all'inizio della disciplina delle impugnazioni. La quale funzione
investe anche il diritto sostanziale poiché dal fenomeno della cosa giudicata formale discende
l'ulteriore fenomeno per il quale l'accertamento passato in giudicato “fa stato” tra le parti, loro eredi
ed aventi causa, ossia per il quale il diritto sostanziale deve essere considerato così come i giudici lo
hanno incontrovertibilmente accertato.
Fermo restando che l'efficacia di accertamento si verifica solo col passaggio in giudicato ciò non
significa che prima di questo momento la sentenza sia priva di efficacia. Oltre alla funzione di
determinare la certezza, la sentenza ha anche quella di fondare l'esecuzione forzata. Ed a questo
riguardo si era visto che agli effetti dell'efficacia esecutiva, l'ordinamento può accontentarsi di un
livello di certezza inferiore a quello massimo conseguibile col giudicato, ma sufficiente per fondare
o
su di esso l'efficacia esecutiva della sentenza. Dall'art 282 e dall'art 337, 1 comma, risulta che
l'efficacia immediatamente esecutiva è stata estesa a tutte le sentenze di primo grado.
- Condizioni delle impugnazioni contro le sentenze.
L'impugnazione, in quanto atto di ulteriore esercizio dell'azione con funzione introduttiva di una
nuova fase di giudizio, ha anch'essa le sue condizioni dell'azione. Queste si presentano in un modo
particolare, come conseguenza al fatto che si è verificato lo svolgimento di almeno una precedente
fase di giudizio.
Interesse ad impugnare → è così che si presenta l'interesse ad agire; esso si concreta nella
• insoddisfazione data dal provvedimento che si intende impugnare. Tale insoddisfazione si
manifesta di regola nel fenomeno della soccombenza, di solito evidenziata dal fatto che la
pronuncia del giudice non corrisponde, o non interamente, a ciò che al giudice aveva chiesto
la parte, che perciò si chiama soccombente (c.d. soccombenza formale).
legittimazione ad impugnare → la soccombenza è concepibile solo in capo ad un soggetto
• che sia stato parte nel giudizio che ha condotto alla decisione impugnata; e da ciò discende
che solo i soggetti che furono parti in quel giudizio hanno la legittimazione ad agire, nel suo
aspetto specifico di legittimazione ad impugnare o legittimazione passiva a ricevere
l'impugnazione.
In tale sede l'interesse e la legittimazione ad agire anziché consistere in una modalità della
domanda, ossia in un'affermazione, si concretano nella soccombenza e nella qualità di parte
nel precedente grado, come fenomeni reali e non semplicemente affermati. E ciò perché tali
requisiti emergono dalla sentenza impugnata così che il giudice può riscontrarne
immediatamente la sussistenza o meno (tutto ciò non riguarda le ragioni dell'impugnazione).
possibilità giuridica ad impugnare → l'impugnazione è giuridicamente possibile non solo
• per il fatto generico che è stato pronunciato un provvedimento, ma anche per il fatto che
quel provvedimento è configurato dalla legge col carattere dell'impugnabilità; ossia in
quanto è pronunciato con la forma di un provvedimento nei cui confronti il codice
contempla una determinata impugnazione (possibilità giuridica di impugnazione).
C’è una questione abbastanza spinosa che emerge con riguardo alla disciplina delle impugnazioni:
in particolare, come abbiamo già visto, gli atti processuali devono essere adottati con delle forme
che siano idonee al raggiungimento del loro scopo obiettivo; e per ciascun provvedimento, la legge
prevede uno specifico mezzo di impugnazione che è correlato ai requisiti formali dei
provvedimenti. Il problema sorge solo nei casi in cui il giudice abbia per errore pronunciato un
provvedimento con forme diverse da quelle previste dalla legge: in questo caso – se si vuole
impugnare il tale provvedimento - cosa si fa, si da rilevanza alla forma o alla sostanza? Cioè si usa
il mezzo di impugnazione che è previsto per quella forma in cui è stato adottato il provvedimento
(anche se la forma non è corretta) oppure si usa il mezzo di impugnazione che si userebbe per la
forma corretta di quell’atto?
In linea di massima, si deve ritenere che i mezzi di impugnazione concretamente proponibili sono
quelli che la legge prevede per ciascun provvedimento così come esso si presenta sotto il profilo
formale; salvi i casi eccezionali in cui quest'aspetto formale sia solo apparente e quelli in cui la
legge stessa consente di attribuire rilievo alla sostanza.
Per quanto concerne l'individuazione del tipo di azione esercitato e del provvedimento
conseguentemente emanato, sempre agli effetti dell'assoggettamento all'uno piuttosto che all'altro
mezzo d'impugnazione la giurisprudenza suole considerare determinante la qualificazione effettuata
dal giudice a quo nella pronuncia, della cui impugnazione si tratta, mentre, in mancanza di tale
qualificazione, ci si deve riferire al tipo di tutela chiesto con la domanda.
I rilievi svolti consentono di individuare come segue i requisiti e le condizioni delle impugnazioni
in generale:
esistenza di un provvedimento.
• Interesse ad impugnare.
• Legittimazione ad impugnare.
• Obiettiva impugnabilità del provvedimento.
•
Il difetto di uno di questi requisiti deve condurre ad una pronuncia “sul