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IL GIUDIZIO DI APPELLO
1. L’appello: nozione e funzioni
L’appello costituisce la più importante impugnazione.
Lo è da un punto di vista storico poiché, nel momento in cui è venuta meno l’impostazione di un processo incentrato su un
unico grado e chiuso da una unica sentenza immediatamente definitiva, l’esigenza così avvertita di controllo sulla correttezza
della sentenza ha dato vita ad un secondo grado di giudizio da svolgersi presso un giudice appunto di appello, caratterizzato
per essere un giudice non solo diverso ma anche “superiore” rispetto a quello pronunciatosi in prime cure.
Nell’appello vi è traccia dell’idea di un potere giurisdizionale più autorevole e attendibile in quanto più vicino al centro della
sovranità.
L’appello moderno è frutto della fusione di 2 tipi di rimedi contro la sentenza di primo grado:
•
L’appello di diritto comune volto a far valere l’ingiustizia nel merito della sentenza;
•
E la querela nullitatis con cui si facevano valere solo le nullità procedurali verificatesi in primo grado.
L’appello moderno assomma queste 2 funzioni e così assicura il controllo sia di merito che di rito, come sancito dall’art 161
co.1 (nullità della sentenza), che vuole che i motivi e vizi di nullità si convertano in motivi di impugnazione.
L’appello è l’impugnazione più importante in quanto, quasi tutte le sentenze di primo grado vanno soggette ad appello ed il
relativo giudizio consente alla parte soccombente, che può introdurlo, un’ampia possibilità di critica alla sentenza sia con
riguardo alle questioni di diritto sia quanto alla soluzione delle questioni di fatto.
I motivi di appello sono dunque i più vari.
L’appello, in passata, veniva considerato una sorta di secondo giudizio di primo grado, aperto anch’esso alla possibilità di
nuove allegazioni, nuove eccezioni e di nuove produzioni documentali oppure istanze istruttorie.
Questa soluzione è stata vigente fino al 1990.
• La legge 353/1990 ha novellato l’art 345 co.2 e 3, chiudendo la possibilità di nuove allegazioni e di nuove eccezioni e
prove.
• La legge 69/2009 ha poi sancito che la preclusone circa le nuove prove riguarda pure i documenti non prodotti in primo
grado.
• Ulteriori restrizioni all’introduzione di nuove prove in appello sono state previste dal legislatore nel 2012.
Nonostante queste restrizioni, può ancora dirsi che oggetto della cognizione decisoria del giudice di secondo grado sia
direttamente la controversia già decisa dal primo giudice, e non la verifica della esattezza della sua sentenza e quindi della
fondatezza dei motivi di appello fatti valere dall’appellante contro di essa.
L’effetto devolutivo non è automatico, ma discende dai motivi di appello fatti valere.
Esso non si estende a tutte le questioni affrontate dal giudice di prime cure, bensì solo a quelle la cui soluzione sia stata
individuata come errata o invalida dall’impugnante.
Il significato dei motivi di appello
L’enunciazione dei motivi di appello è importantissimo:
• In mancanza dei motivi, l’appello sarà dichiarato inammissibile.
Tuttavia, il ruolo dei motivi di appello non è quello di costituire i titoli e le ragioni di domande di impugnativa nei confronti
della sentenza gravata.
L’oggetto del giudizio di appello si sovrappone, infatti, all’oggetto del processo di primo grado.
La nuova sentenza che verrà pronunciata avrà carattere sostitutivo in tutto o in parte della prima sentenza, la quale risulterà
assorbita all’atto della pronuncia della sentenza di appello. 104
Domenico Principe
Il carattere sostitutivo della sentenza di appello si avrà:
• sia nel caso in cui essa accolga uno o più dei motivi,
• sia essa rigetti integralmente l’appello ed i vari suoi motivi.
Fanno eccezione i 6 casi tassativi descritti negli art 353 e 354 nei quali l’appello (anziché condurre ad una nuova decisione
della causa) dà luogo alla rimessione della causa davanti al giudice di primo grado, affinché sia lui a decidere.
• Questo appello rescindente, per errores tassativi in procedendo commessi in primo grado, disegna ipotesi simili all’antica
querela nullitatis.
• Per gli altri errores in procedendo, cioè violazioni da parte del primo giudice di norme processuali a lui dirette, il giudice di
appello dovrà rinnovare la trattazione e/o la decisione della causa che invalidamente si svolsero;
A tal fine il giudice di appello eserciterà poteri e funzioni simili a quelle che aveva il giudice di primo grado. E così i limiti alle
nuove prove ex art 345 co.3 non potranno operare.
L’appello qui è sostitutivo sì (poiché non può avvenire rimessione in primo grado), ma di una sentenza invalida prima che
ingiusta, ed è per questo che assume una funziona e struttura diversa dal solito.
L’appello è l’impugnazione che nella Costituzione non trova un diretto punto di emersione e tanto meno una garanzia di
indispensabilità.
Ad una conclusione diversa si potrebbe giungere per il processo amministrativo, ove l’art 125 Cost. profilava un doppio grado
di giudizio.
Nel processo civile (e penale), il legislatore ordinario gode di ampia discrezionalità nell’immaginare quando sia esperibile
l’appello e quando invece una sentenza di primo grado sia inappellabile
Abbastanza salda è la convinzione dell’utilità di un doppio grado di giudizio pieni di merito quale occasione di riesame “a critica
libera”, per cercare di riparare ai possibili errori della sentenza di primo grado.
Infatti, il giudice di secondo grado dovrebbe mediamente giudicare meglio la controversia, proprio perché egli conosce di una
controversia già passata al vaglio di un precedente giudice.
Egli dunque può cercare di tenere nella massima considerazione le parti meglio riuscite della sentenza del primo giudice, e
rivedere invece quelle che appaiono manchevoli per effetto del successivo contraddittorio che si instaura nel grado di appello.
2. Le sentenze appellabili
Il primo articolo sul giudizio di appello, ossia l’art 339 (appellabilità delle sentenze) dispone che:
• “sono appellabili le sentenze pronunciate in primo grado”, denotando quindi la generalità della previsione dell’appello.
Fanno eccezione (quindi non sono appellabili) solo le ipotesi di sentenze pronunciate “in unico grado” (cioè da un giudice di
primo grado in modo inappellabile o direttamente pronunciate da un giudice tipicamente d’appello come la Corte di appello).
Casi in inappellabilità
Le principali ipotesi di sentenze rese in unico grado sono:
• Le sentenze del Tribunale quale giudice dell’esecuzione (e quindi monocratico) rese su giudizi di opposizione agli atti
esecutivi (le quali, qualificate inappellabili e solo ricorribili per cassazione ex art 111 Cost),
• E le ordinanze rese solo sulla competenza. 105
Domenico Principe
Qualche parola in più merita il regime di impugnabilità delle sentenze rese dal giudice di pace ex art 113 co.2, che dispone:
o Che il giudice di pace pronunci, secondo equità nelle cause di valore inferiori i 1100 euro.
Prima della riforma del 2006, l’art 339 co.3, sanciva l’inappellabilità di tali sentenze, che erano soggette al solo ricorso per
cassazione straordinario ex art 111 Cost.
Dopo varie oscillazioni la giurisprudenza si era orientata nel senso che ai fini dell’appellabilità o ricorribilità in cassazione delle
sentenze rese dal giudice di pace ex art 113 co.2, risultasse determinante solo che la domanda fosse di valore superiore o
inferiore a 1100 euro:
• Se il valore della domanda è superiore a 1100 euro, la sentenza è appellabile;
• Se il valore della domanda è inferiore a 1100 euro, la sentenze è inappellabile, ma ricorribile in cassazione.
In questo contesto è intervenuto il legislatore con la riforma del 2006 che ha sancito l’appellabilità, seppur limitata, di tali
sentenze.
Prevede il nuovo co.3 art 339 (dopo riforma) che le sentenze rese dal giudice di pace ex art 113 co.2, sono appellabili solo
per: • Violazione delle norme sul procedimento,
• Violazione delle norme costituzionali o comunitarie,
• Violazione dei principi regolatori della materia.
Il tribunale, nel decidere sull’appello proposto contro tali sentenze ai sensi dell’art 339 co.3, deve emettere una nuova
pronuncia nel merito della lite secondo diritto, salvo che si versi in una delle ipotesi elencate ex art 353-354 (che continuano
ad essere, anche per le sentenze del giudice di pace, le uniche fattispecie di appello rescindente).
La medesima riforma del 2006 ha reso poi appellabili anche:
• Le sentenze in materia di opposizione alle sanzioni amministrative pecuniarie.
Per quanto riguarda quelle inappellabili, in quanto direttamente pronunciate dalla Corte di appello, sono:
• Le sentenze rese nei giudizi di riconoscimento ed esecuzione di sentenze straniere;
• Le sentenze rese dalla Corte di appello in materia di determinazione dell’indennità di espropriazione.
Una ulteriore ipotesi di inappellabilità,
• può discendere da una manifestazione di volontà delle parti che concordemente escludano l’appellabilità della sentenza e
convengano di adire direttamente la Corte di cassazione (ai sensi dell’art 360 co.2).
• Sempre frutto di una scelta delle parti è l’ipotesi di inappellabilità conseguente alla volontà delle parti di incaricare il giudice
di primo grado di decidere la loro controversia secondo equità ex art 114.
In questo caso, la legge prevede che vi sia l’immediata ricorribilità per cassazione.
Fuori da queste ipotesi, tutti i provvedimenti che hanno la forma della sentenza soggiacciono al potere della parte soccombente
di proporre appello al giudice superiore.
Si tratterà per le sentenze del giudice di pace, del tribunale (che sarà in composizione monocratica).
L’art 350 co.1 stabilisce che davanti al tribunale l’appello è trattato e deciso dal giudice monocratico, mentre l’art 50-bis non
prevede più la collegialità dei giudizi di appello o dei giudizi ad esso assimilabili.
Sempre l’art 341 statuisce che il giudice di appello contro le sentenze del tribunale, siano esse collegiali o monocratiche, sia la
Corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.
L’art 350 co.1 stabilisce che davanti la Corte di appello la trattazione dell’appello sia sempre collegiale.
Unica deroga alla collegialità riguarda