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SULLA COSA CHE SI MANIFESTA IN UN’ATTIVITA’ CORRISPONDENTE ALL’ESERCIZIO DELLA
PROPRIETA’ O DI ALTRO DIRITTO REALE. E’ dunque una situazione di fatto, non una titolarità di
situazione giuridica soggettiva. Nonostante sia situazione di fatto, il possesso viene tutelato e disciplinato dal
ns ordinamento rilevanza del comportamento. Il possesso si basa sull’apparenza della titolarità del diritto,
non sulla effettiva titolarità il suo fondamento è quindi il comportamento realizzato dal soggetto, che si
comporta, nel possesso, come proprietario. In ciò il possesso si distingue dalla detenzione: la discriminante è
l’animus possidendi, ossia l’elemento soggettivo del comportarsi come proprietario o titolare di altro diritto
reale, che sussiste solo nel possesso. Infatti, nella detenzione manca l’animus possidendi, in quanto il
detentore è consapevole di detenere qualcosa di proprietà altrui, ha semplicemente una relazione con la cosa.
Distinguiamo due tipi di detenzione: qualificata (es. creditore pignoratizio) e non qualificata (es. per ragioni
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di servizio). GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA FATTISPECIE: l’elemento costitutivo del possesso è
essenzialmente il potere di fatto esercitato sulla cosa (art. 1141). Per potere si intende un’attività, formata da
una serie di atti, posti in essere dal possessore in ordine al bene. Questa attività viene qualificata come
potere, in quanto espressione di un rapporto di appartenenza che si manifesta come esercizio di facoltà
caratteristiche del diritto di proprietà o di un altro diritto reale di godimento,e dunque come potere sul bene.
La configurazione del possesso si basa essenzialmente su 3 presunzioni (artt. 1141, 1142, 1143), figure in cui
dall’accertamento di un fatto viene automaticamente desunto quello di un altro fatto. Si tratta di presunzioni
semplici, in ordine alle quali è ammessa prova contraria. La prima presunzione è relativa al rapporto tra
detenzione e possesso: si presume che chi possieda materialmente lo faccia per conto proprio, e sia dunque
possessore (art. 1141). La seconda presunzione: il possesso attuale, cui si unisca un possesso precedente,
lascia presumere che il soggetto abbia posseduto il bene anche nel tempo intermedio (art. 1142). Terza
presunzione: il possesso si presume a far data dal titolo (art. 1143). La struttura del possesso si articolare su
due elementi: uno materiale, ossia il comportamento qualificabile come potere di fatto; uno formale, ossia
l’animus possidendi. L’elemento soggettivo rileva ai fini della qualificazione del possesso: si distingue tra
possessore di buona fede, ossia colui che esercita il potere di fatto sulla cosa senza essere consapevole che
l’attività compiuta sia lesiva del diritto altrui (art. 1147); il possessore di mala fede è invece consapevole di
esercitare un potere senza titolo sulla cosa. Chi possiede in buona fede, ma ignorando con colpa grave che il
proprio comportamento abbia tale carattere lesivo, commettendo perciò un errore non scusabile secondo il
canone dell’uomo medio, viene considerato possessore di mala fede. La buona fede si presume, salvo prova
contraria. La buona fede in tale caso è buona fede oggettiva *. Nel caso di beni immobili, il giudizio in
ordine alla buona fede è direttamente legato alle risultanze dei registri immobiliari. La valutazione legale in
ordine alla buona o mala fede è temporalmente orientata al momento dell’acquisto del possesso.
POSSESSO E DETENZIONE: Sia il possesso che la detenzione costituiscono situazioni di fatto, oggetto di
tutela giuridica. Nel possesso sussiste l’animus possidendi, ossia, oltre alla materiale apprensione della cosa,
l’atteggiamento del possessore che si comporta come titolare di diritto sulla cosa; nella detenzione, invece, il
detentore ha una semplice relazione col bene, consapevole di non essere né proprietario, né titolare di altro
diritto reale. Per quanto riguarda la detenzione, distinguiamo la detenzione non qualificata, ossia la
detenzione di colui che nel detenere il bene realizza l’esclusivo interesse del proprietario possessore (es.
depositario di una valigia); e la detenzione qualificata, come nel caso del conduttore di un appartamento in
locazione, il quale nella detenzione del bene realizza il proprio interesse (il godimento dell’abitazione). Il
possesso esiste anche in assenza di un titolo, la detenzione no.
EFFETTI DEL POSSESSO: DIRITTI ED OBBLIGHI DEL POSSESSORE. Il possesso può non essere
accompagnato dalla titolarità di un diritto è una situazione precaria. Il quanto situazione di fatto oggetto di
protezione giuridica, il possesso produce determinati effetti, identificabili in 3 categorie: 1) diritti ed obblighi
del possessore; 2) attribuzione di azione in giudizio dirette alla sua tutela; 3) rilevanza del possesso nella
circolazione e nell’acquisto dei beni. Un limite agli effetti del possesso deriva dalla natura del bene. Le cose
incommerciabili, delle quali non può acquistarsi la proprietà, sono sottratte alla disciplina degli effetti del
possesso (art. 1145: limiti di operatività). Gli effetti del possesso sono improntati al PRINCIPIO DI
CONTINUITA’ (art. 1146), operante nelle successioni a titolo universale e a titolo particolare. Si distingue
tra SUCCESSIONE (a titolo universale), ed ACCESSIONE (a titolo particolare): nel primo caso il possesso
prosegue come se non vi fosse stata interruzione, per effetto di una finzione; nel secondo caso il possesso “si
unisce”, ossia l’avente causa può unire alla durata del proprio possesso quella relativa al dante causa che lo
ha preceduto nel possesso. Quindi in caso di successione, se il possesso anteriore era in mala fede, allora è in
mala fede anche il successore. Nel caso di accessione, anche se il precedente possessore era in mala fede, si
“azzera” il possesso precedente per effetto dell’accettazione. Si tratta di due dimensioni diverse del subentro
nel possesso. La valutazione degli effetti del possesso, in termini di diritti e doveri che scaturiscono dalla
situazione di fatto, è legata all’elemento di qualificazione della buona o mala fede. Il possessore di buona
fede ha diritto all’acquisto dei frutti naturali e civili, fino al giorno in cui viene richiesta, in via giudiziale, la
restituzione del bene (art. 1148). Il possessore di mala fede, pur non avendo diritto a trattenere i frutti ha
comunque diritto alle spese profuse per la loro produzione (art. 1149). Il possessore, sia di buona fede che di
mala fede, ha diritto alla restituzione delle spese sostenute per le riparazioni straordinarie del bene e per le
migliorie apportate, che siano presenti al momento della restituzione (art. 1150). Al riguardo, la posizione del
possessore di buona e mala fede è distinta in ordine alla commisurazione dell’indennità. Un’ulteriore
differenza consiste nell’attribuzione della garanzia del diritto di ritenzione, nei confronti del proprietario che
agisca in rivendicazione, a favore del solo possessore di buona fede (art. 1152).
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LE AZIONI A TUTELA DEL POSSESSO: la tutela giuridica del possesso si esplica attraverso le azioni di
reintegrazione o spoglio (art. 1168) e di manutenzione (art. 1170). L’azione di reintegrazione è diretta a
riacquistare il possesso del bene contro chi se ne sia appropriato con la forza o di nascosto. Quella di
manutenzione tutela il pacifico godimento della cosa da parte del possessore dalle molestie compiute da
terzi. La categoria delle azioni possessorie si contrappone alla categoria delle azioni petitorie: queste ultime
possono essere fatte valere solo da chi si affermi titolare del diritto di proprietà o di un diritto reale di
godimento, a prescindere dal fatto che abbia altresì il possesso del bene. (sussiste tuttavia il divieto di cumulo
del giudizio petitorio con quello possessorio).
AZIONE DI SPOGLIO: risponde all’esigenza di garantire a chi possiede un bene una tutela giudiziaria, ed è
volta a reintegrare nel possesso del bene chi sia rimasto vittima di uno spoglio violento o clandestino (art.
1168). Per spoglio si intende qualsiasi azione che si risolva nella duratura privazione del possesso: totale o
anche solo parziale. Uno spoglio si dice violento o clandestino allorquando è posto in essere contro la
volontà espressa o presunta del possessore o detentore. Si ritiene che tale azione sia esperibile quando lo
spoglio risulti accompagnato da animus spoliandi.
- Legittimato attivo: qualsiasi possessore o detentore qualificato
- Legittimato passivo: autore dello spoglio, nuovo possessore, acquirente del bene oggetto di spoglio
che ne sia stato a conoscenza (art. 1169) autore dello spoglio.
- Modalità: lo spoglio deve essere avvenuto in modo violento e clandestino
- Termine di prescrizione: annuale
Esempi applicabili a tale azione: Conduttore di un immobile, detentore dello stesso, illecitamente privato del
possesso da parte del proprietario possessore che dopo l’effettuazione di lavori di ristrutturazione abbia
sostituito le chiavi della porta d’ingresso.
L’importanza sistematica dell’azione di spoglio è testimoniata dalla sua esperibilità anche nell’ipotesi di
turbativa del possesso dei beni demaniali. Tale azione tutela il pacifico godimento della cosa da parte del
possessore dalle molestie compiute da terzi.
AZIONE DI MANUTENZIONE: è volta, alternativamente, a A) reintegrare nel possesso del bene chi sia
stato vittima di uno spoglio non violento né clandestino (art. 1170); B) far cessare le molestie o le turbative
di cui sia stato vittima il possessore.
Tutela il pacifico godimento della cosa da parte del possessore dalle molestie compiute da terzi.
- Legittimato attivo: possessore di un bene immobile che possegga da un anno in maniera continua ed
interrotta e non abbia acquistato il possesso in maniera violenta e clandestina
- Legittimato passivo: autore delle molestie
- Termine di prescrizione: 1 anno
- Scopo dell’azione: cessazione delle molestie.
Essa può essere esperita da chi abbia il possesso del bene da oltre 1 anno, in modo continuo ed interrotto,
purché il suo acquisto non sia avvenuto con la forza o di nascosto (art. 1170).L’azione si prescrive in 1 anno
dall’inizio dell’attività molesta.
AZIONI DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO: due ulteriori azioni dette di nunciazione possono
essere esperite indifferentemente dal proprietario, dal titolare di altro diritto e dal possessore. Si tratta della
denunzia di nuova opera (art. 1171) e della denunzia di danno temuto (art. 1172). Il fondamento comune alle
due figure consiste nella loro funzione cautelare che tende a proteggere il titolare del diritto da un imminente
pregiudizio al proprio bene, quando via sia un ragionevole pericolo che si verifichi. Il pregiudizio deve
riguardare una cosa. Altro elemento comu