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Stato, a quest’ultimo riservati dall’art 117, comma 3, incide in parte su ambiti di competenza
regionale. Nella prima ipotesi il recepimento dell’accordo avviene direttamente ad opera della
Regione, mentre nella seconda ipotesi è necessario che alla fase ascendente del trattato, avvenuta a
livello di Stato, si raccordi anche la fase discendente, così da risultare necessario un ordine di
esecuzione statale sul quale si inserisce la normativa regionale di recepimento in via ordinaria. In
caso di inadempienza regionale, lo Stato è legittimato ad intervenire per sostituirsi alla Regione nel
recepimento del trattato, al fine specifico di evitare ogni rischio di responsabilità internazionale per
inadempimento.
(segue): il rango interno del diritto internazionale convenzionale
Con riferimento alla questione del rango dei trattati internazionali immessi nell’ordinamento dello
Stato, essi assumono il rango dello strumento normativo che è stato utilizzato per il loro
recepimento. Ciò non vale per quei trattati che trovano un qualche fondamento nella Costituzione.
Questo avviene per i trattati sulla condizione dello straniero perché l’art 10 , comma 2, Cost.
afferma che la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme
e dei trattati internazionali, nonché per i trattati attuativi dell’art 11 Cost. ‘’L’Italia ripudia la
guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzi di risoluzione delle
controversie internazionali.. ‘’ Si tratta di quei trattati che istituiscono organizzazioni internazionali
aventi come scopi la soluzione pacifica delle controversie internazionali, la pace e la giustizia fra le
Nazioni, in tali ipotesi i trattati internazionali vengono costituzionalizzati dalla circostanza di avere
la loro base giuridica direttamente nella Costituzione. Quanto alla forza giuridica degli altri accordi
internazionali nell’ordinamento giuridico italiano si deve tener conto del disposto dell’art 117,
comma 1, Cost e dell’art 1 comma 1, legge n.131 del 2003. al fine di individuare l’esatta portata
dell’art 117,comma1,Cost. E dell’art 1 della legge n.131, occorre leggerli in combinato disposto con
le altre previsioni costituzionali in materia di accordi internazionali e con l’art 80 Cost. Se
quest’ultimo, nell’individuare delle categorie particolari di trattati tali da incidere su rilevanti aspetti
della sovranità statale, le sottopone ad un procedimento di formazione solenne che vede l’intervento
parlamentare autorizzatorio, così l’art 117, comma 1, completa la disciplina relativa a tali categorie
di trattati, riconoscendo loro la prevalenza, una volta immesse nell’ordinamento giuridico italiano,
sulla legislazione ordinaria, la quale potrà essere costituzionalmente illegittima, là dove si ponga in
contrasto con gli obblighi discendenti da tali trattati proprio per il tramite dell’art 117,comma 1. I
trattati menzionati presentano nell’ordinamento interno valore della legge ordinaria , ossia della
legge che ne ha permesso l’immissione. Tuttavia si tratta di una legge ordinaria che trova la sua
base giuridica nella Carta costituzionale, in quanto strumento attuativo dello stesso disposto
costituzionale. Da ciò consegue che il contrasto della legislazione posteriore con dette categorie di
trattati determina una violazione indiretta delle pertinenti disposizioni della Costituzione e la sua
conseguente illegittimità costituzionale. Per i trattati non rientranti nell’ambito di applicazione
dell’art 80 Cost. ossia quelli che necessitano solo della ratifica presidenziale e quelle delle Regioni e
delle Province autonome, ai fini di garantire il rispetto del diritto internazionale e la loro prevalenza
sulle norme internazionali di pari rango, l’unica strada percorribile sembra quella interpretativa.
Rimane da esaminare il problema del ruolo da attribuire ai trattati che, pur se entrati in vigore a
livello internazionale e vincolanti a livello di questo ordinamento, non sono ancora stati immessi
nell’ordinamento giuridico interno. La giurisprudenza ha sostenuto che il trattato non recepito è
improduttivo di effetti nell’ordinamento giuridico italiano. Ciò non esclude che si possa attribuire al
trattato non ancora eseguito un ruolo nell’interpretazione delle norme interne in modo da
avvicinarle in via interpretativa al precetto convenzionale.
- L’adattamento dell’ordinamento italiano agli atti delle organizzazioni internazionali e loro rango
interno
Molte delle considerazioni effettuate per l’adattamento ai trattati valgono per il recepimento
nell’ordinamento giuridico italiano degli atti delle organizzazioni internazionali che abbiano
efficacia vincolante e non appartengano alla categoria del soft law. La questione dell’adattamento al
diritto derivato dell’UE ha assunto una sua autonomia interpretativa; sono rinvenibili due
orientamenti dottrinali prevalenti : da un canto ci sono coloro che distinguono gli atti self-executing
- che verrebbero automaticamente immessi nell’ordinamento dello Stato in quanto esso avrebbe già
manifestato la sua volontà di conformare ad essi il proprio ordinamento giuridico nel momento del
recepimento dell’accordo istitutivo dell’organizzazione – e atti non self-executing che essendo
incompleti sarebbe necessario il loro recepimento materiale tramite procedimento ordinario di
adattamento che integra il comando internazionale e lo rende applicabile nell’ambito
dell’ordinamento interno; dall’altro si ritiene che ogni atto vincolante di un’organizzazione
internazionale deve essere immesso nell’ordinamento giuridico italiano con un procedimento di
adattamento ad hoc, fatte salve quelle ipotesi in cui il trattato istitutivo dell’organizzazione
internazionale non sancisca espressamente la diretta applicabilità dell’atto normativo.
Per quanto riguarda il rango degli atti delle organizzazioni internazionali , diversi dal diritto
derivato dell’UE, per lo meno con riferimento alle delibere del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite in materia di mantenimento della pace e sicurezza internazionale, esse possono considerarsi
costituzionalizzate dall’art 11 Cost., secondo il quale l’ordinamento dello Stato italiano rinuncia alla
sovranità a condizioni di parità a favore di un ordinamento volto al mantenimento della pace e della
sicurezza internazionali e favorisce l’azione delle organizzazioni internazionali a questo scopo.
Articolo inserito nella Costituzione in previsione dell’adesione dell’Italia alla Carta delle Nazioni
Unite. Per tutte le altre organizzazioni internazionali è soltanto tramite il ricorso al principio di
specialità che è possibile garantire una specifica forza di resistenza all’abrogazione da parte
dell’atto vincolante di un’organizzazione internazionale rispetto all’atto normativo interno
successivo.
- L’adattamento al diritto dell’UE primario e derivato
I trattati istitutivi della CECA del 1951, della CEE e dell’EURATOM del 1957 furono recepiti in
Italia mediante legge ordinaria, contenente l’autorizzazione parlamentare alla ratifica del Presidente
della Repubblica e l’ordine di esecuzione. Lo stesso iter è stato seguito per tutti gli altri trattati
successivi, modificativi dei Trattati istitutivi. Il ricorso a queste leggi ordinarie suscitò delle
perplessità considerata l’incidenza dei Trattati istitutivi su diverse disposizioni della Costituzione,
inoltre, l’assenza di una previsione espressa nella Costituzione avente ad oggetto l’adesione
dell’Italia alle comunità europee, non permetteva neppure di considerare queste leggi come
attuative od esecutive del disposto costituzionale. In particolare l’art 11 è stato concepito
dall’Assemblea costituente come una norma la quale, oltre a sancire il ripudio della guerra di
aggressione da parte della Repubblica italiana, manifesta il pieno consenso dell’Italia
all’associazionismo internazionale e alle Nazioni Unite. Oggi, la riforma del titolo V della
Costituzione e la legge 131 del 2003 riconoscono che dall’ordinamento internazionale e dal diritto
dell’UE discendono limiti alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni. Secondo questa
interpretazione l’art 11 ,previsto per la partecipazione dell’Italia alle Nazioni Unite , poteva
includere la categoria delle comunità europee quali organizzazioni internazionali con la
conseguenza che le deroghe alla Costituzione apportate dai trattati istitutivi sarebbero
costituzionalmente legittime, anche se i trattati sono stati recepiti con legge ordinaria, perché
trovano fondamento nell’art 11. Tale interpretazione è stata successivamente fatta propria dalla
Corte costituzionale, da qui il riconoscimento di rango costituzionale ai trattati comunitari. Quanto
all’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto derivato dell’UE esso appare necessario
soltanto per le direttive e le decisioni, visto che i regolamenti sono atti normativi dotati di efficacia
diretta negli ordinamenti degli Stati membri. Essi una volta pubblicati nella Gazzetta ufficiale
dell’UE producono i loro effetti immediatamente, senza bisogno di recepimento, trascorso il
periodo di vacatio legis. Il recepimento in Italia di direttive e decisioni è stato per molti anni
difficoltoso, a causa dei ritardi con cui veniva adottata la necessaria normativa interna e che spesso
determinavano la violazione degli obblighi sanciti dalla legislazione comunitaria. Gravi ritardi si
verificarono soprattutto nel periodo in cui lo strumento utilizzato per l’adattamento al diritto
comunitario derivato era quello della delega legislativa del Parlamento al governo. Una serie di
interventi legislativi cumulati con la legge 86 del 1989 (c.d. legge La Pergola) e con la legge oggi
vigente, n.11 del 2005. La legge La Pergola ha introdotto il meccanismo della legge
comunitaria ,ripreso anche dalla legge n.11 del 2005, con la quale si predispone ed attua
l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’unione europea. La legge
comunitaria adottata ogni anno dal Parlamento può recare essa stessa le norme di attuazione del
diritto comunitario, abrogando o modificando la normativa italiana incompatibile con gli obblighi
comunitari od oggetto di procedure di infrazione attuate dalla commissione europea contro l’Italia,
oppure può delegare il governo a procedere all’adattamento tramite adozione di decreti legislativi
contenenti i criteri per l’attuazione della normativa comunitaria. La legge comunitaria può anche
delegare il Governo ad attuare in via regolamentare le direttive che incidono su mat