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Convenzione di Vienna).

CAP. 10: La soluzione pacifica delle controversie internazionali: dai negoziati alla “giustizia”

internazionale.

Qualsiasi ordinamento giuridico persegue lo scopo di armonizzare le relazioni tra i suoi soggetti e

risolvere le controversie tra di essi, così anche l'ordinamento internazionale con gli Stati. I meccanismi

posti in atto per l'obiettivo della pacificità si sono sviluppati dal XIX secolo, con il divieto cogente di

ricorso alla forza armata.

Alla soluzione pacifica delle controversie ed al mantenimento della pace e della sicurezza

internazionali la Carta ONU dedica i Capitoli VI e VII e l'art. 2, in particolare par. 3 e 4.

E' da sottolineare che non è imposto agli Stati di risolvere pacificamente i loro contrasti, quanto di non

risolverli tramite metodi diversi da quelli pacifici, rimanendo nell'ambito della volontà degli Stati

coinvolti la scelta dei procedimenti cui ricorrere al fine di raggiungere questo scopo. Questa libertà

emerge anche nell'art. 33, par. 1 della Carta ONU, che pone a disposizione un'ampia varietà di metodi,

tra i quali: inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, regolamento giudiziario, come anche i buoni

uffici.

Nell’ordinamento internazionale, a differenza di quanto avviene negli ordinamenti interni, l’accordo tra

le parti deve essere sempre alla base di qualsiasi strumento di risoluzione di una controversia.

I metodi di soluzione delle controversie sono classificati in due categorie: mezzi diplomatici, che

disciplinano casi concreti che portano a soluzioni che le parti sono libere o meno di accettare; mezzi

giurisdizionali, che conducono ad una soluzione obbligatoria.

Per controversia internazionale s'intende una contrapposizione tra due o più Stati su una questione

giuridica o su un interesse in cui appare fondamentale la presenza di una pretesa di uno Stato a cui deve

essere contrapposta la tesi di un altro Stato.

Le controversie internazionali possono essere giuridiche, quando esse hanno ad oggetto la sussistenza o

meno di un diritto che le parti si contestano; o politiche, quando hanno ad oggetto lo status quo, ossia la

revisione o modificazione di tale diritto.

I mezzi diplomatici di soluzione delle controversie rappresentano gli strumenti classici di soluzione

delle controversie perché più risalenti nella prassi, ma anche quelli più utilizzati.

Tra i mezzi diplomatici di soluzione delle controversie, il negoziato, che si presenta come la forma più

usata, consiste in discussioni tra le parti in controversia al fine di trovare un accordo e deve essere

condotto secondo buona fede e buona volontà. Ma là dove questo non porti ad un risultato positivo, fa

emergere il divario incolmabile tra le posizioni coinvolte e costituisce, quindi, il presupposto per

l’esperimento di altri strumenti di soluzione dei contrasti stessi.

Quanto ai buoni uffici ed alla mediazione, sono strumenti diplomatici molto simili tra di loro, dato che

contemplano entrambi l'intervento di un terzo rispetto ai contendenti; minimale nel caso dei buoni

uffici e che esaurisce la sua funzione nel momento in cui il negoziato ha inizio. Mentre nella

mediazione il terzo soggetto partecipa anche al negoziato, agendo come intermediario.

L'inchiesta, invece, ha come finalità l'accertamento dei fatti da parte di un organo collegiale chiamato

appunto commissione d’inchiesta, formata tramite un accordo ad hoc tra i due stati della controversia,

ma essa ha solo un ruolo complementare rispetto a quello degli altri strumenti.

La conciliazione consiste nella sottoposizione di una determinata controversia ad un organo

precostituito, avente la funzione di proporre a queste ultime soluzioni volte ad eliminare i contrasti

esistenti. Per certi aspetti essa viene paragonata all'arbitrato, ma con la differenza che la soluzione

proposta dalla conciliazione non è obbligatoria per le parti, che infatti sono libere di accettarla o meno.

Forse proprio per questa sua natura ibrida non ha mai conosciuto grande successo applicativo.

Gli strumenti diplomatici di soluzione delle controversie internazionali possono essere attivati anche in

ambito dell'ONU, tramite il Consiglio di Sicurezza e l'Assemblea Generale. Il primo può suggerire agli

Stati i mezzi per la soluzione della controversia (art. 36); raccomandare una soluzione della

controversia, ma solo in mancanza della stessa (art. 37); può anche esercitare il potere d'inchiesta, ma è

legato ad un pericolo di minaccia verso la pace internazionale.

Anche l'Assemblea Generale può assumere un ruolo conciliatore, sia in materia di controversie che in

quella di soluzioni. Anche il Segretario Generale dell'ONU può, su autorizzazione dei precedenti

organi, svolgere attività di conciliazione in caso di controversie internazionali.

La categoria degli strumenti giurisdizionali di soluzione delle controversie comprende l'arbitrato e gli

organi giurisdizionali internazionali, la c.d. giustizia internazionale, sviluppatisi dopo l'arbitrato. Esso

prevede l'intervento di un terzo, decisioni di diritto e l'obbligatorietà per le parti di queste ultime, anche

se il ricorso all'arbitrato avviene previo consenso delle parti.

E' con la controversia dell'Alabama tra Gran Bretagna e Stati Uniti durante la guerra di secessione, che

nasce l'arbitrato moderno.

Esso rappresenta uno strumento di regolamentazione pacifica di una controversia, tramite l'istituzione

di una Corte permanente che la disciplina, inizialmente costituita da commissioni miste, composte da

un numero pari di membri e nel caso non veniva raggiunta la maggioranza, la decisione era presa a

sorte. Oggi, invece è costituita da un numero dispari di giudici.

L'arbitrato può essere attuato tramite compromesso, trattato internazionale con cui gli Stati decidono di

conferire ad un terzo la soluzione di una controversia e fissano tutti gli aspetti principali (oggetto,

condizioni, poteri, regole).

La clausola compromissoria, invece, non riguarda un contrasto attuale, bensì quelli futuri ed eventuali

che potranno sorgere tra gli Stati contraenti.

Il trattato generale di arbitrato, infine, è un accordo internazionale che ha per oggetto proprio

l'obbligo di ricorrere all'arbitrato per tutte le controversie che sorgeranno tra le parti contraenti.

La sentenza arbitrale decide la controversia tra gli Stati contendenti con efficacia obbligatoria.

Oggigiorno si sta sviluppando una nuova forma di arbitrato, ovvero quello transnazionale, il quale

serve a dirimere controversie tra Stati e privati di un paese straniero. Esso viene disciplinato dal Centro

internazionale per la soluzione delle controversie sugli investimenti (ICSID), istituito con la

Convenzione di Washington del 1965. Altre tipologie di Corti internazionali sono il Tribunale arbitrale

tra Stati Uniti e Iran e la Commissione ONU per compensazioni, che tende a coadiuvare il Consiglio di

Sicurezza.

Attualmente si tende ad attuare procedimenti c.d. quasi giudiziali per la soluzione delle controversie,

quindi essi non sono arbitrali, ma flessibili.

A livello universale, un sistema che presenta queste caratteristiche è l'Organizzazione Mondiale del

commercio (OMC), disciplinata dal Consiglio dell'OMC e il DSB è l'organo politico in cui sono

rappresentati tutti gli Stati membri.

Il meccanismo misto, conciliativo ed arbitrale ha fino ad oggi prodotto un significativo impatto sullo

sviluppo della liberalizzazione dei commerci.

Il tentativo di strutturalizzazione di soluzione pacifica delle controversie, riguardano anche le varie

istituzioni regionali, come l'Organizzazione sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE, prima

CSCE) al fine di mantenere la pace tra i vari paesi dell'Europa occidentale e gli ex Stati socialisti

europei. Esso inizialmente prevedeva il c.d. meccanismo La Valletta. In seguito è stata istituita la Corte

di conciliazione ed arbitrato, che disciplinando entrambi i meccanismi, dà vita ad un sistema quasi

giudiziario.

Lo strumento dell'arbitrato comporta due limiti: il fatto di essere creato ad hoc, quindi di non avere una

natura permanente; per questo dopo aver esaurito la propria funzione, il tribunale si scioglie, ma

l'istituzione di volta in volta di collegi arbitrali rendi lunghi i tempi di soluzione delle controversie e

non garantisce un'uniforme interpretazione ed applicazione del diritto.

Per ovviare a questi problemi, nel 1920 si è istituita la Corte permanente di giustizia internazionale, che

nel 1945 divenne Corte internazionale di giustizia.

Ad essa è attribuita una competenza contenziosa, con cui si risolve una controversia tra Stati e soltanto

essi vi possono fare ricorso; una non contenziosa, con cui risponde ad un quesito giuridico postole dalle

Nazioni Unite, quindi essa è al servizio di queste ultime.

CAP. 11: Il sistema di sicurezza collettiva e l'intervento umanitario in caso di violazioni massicce

e sistematiche dei diritti umani.

Fino al 1919 il ricorso della forza armata rappresentava l'unico strumento per dirimere le controversie

internazionali. Inoltre si tendeva a far confusione tra i concetti di rappresaglia, ovvero azione

risarcitorio contro un illecito e intervento o autopreservazione, cioè poteri che intaccavano i poteri di un

altro Stato per prevenire un illecito.

In quel periodo la forza armata rappresentava lo strumento per dirimere controversie tra stati sia dal

punto di vista giuridico che economico e politico.

Inoltre l'azione di accertamento dei fatti nonché di irrogazione delle sanzioni, era unilaterale. Questi

rapporti rimanevano un fatto privato tra le parti in controversia.

Con il Trattato Aja del 1907 si è cercato di limitare l'uso della forza armata, ma è nel 1919, con

l'istituzione della Società delle Nazioni che si cercò di introdurre la soluzione a questo problema,

eliminando la guerra d'aggressione dalla categoria degli atti internazionalmente leciti. Ma l'ambiguità

del patto e la mancata partecipazione di tutti gli Stati a questo organo non risolse la questione.

Dal 1945 concorrono al raggiungimento della pace e della sicurezza internazionali due disposizioni

molto importanti. In primo luogo, gli Stati hanno l'obbligo di risolvere le loro controversie con mezzi

pacifici (art. 2, par. 3), inoltre, lo Statuto pone un divieto assoluto e incondizionato alla minaccia e

all'uso della forza armata nelle relazioni internazionali (art. 2, par. 4).

con l'art. 2 si tende, da un lato, a mantenere la pace nella Comunità Internazionale e dall'altro, a rendere

obbligatorio il non uso della forza armata. Ciò ha portato alla creazione di una norma consuetudinaria

di diritto cogente che impedisce l'uso della forza armata (anche se la Carta ONU enuncia alcune

eccezioni ormai cadute in desuetudine, come la legitt

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
23 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vittoriavdg di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Caracciolo Antonia.