Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il regime giuridico dell'Antartide
Gli Stati che si affacciano sul circolo polare antartico hanno rivendicato il settore corrispondente al proprio territorio come sottoposto alla propria sovranità. Non può ritenersi che il mantenimento di basi scientifiche sui territori antartici rivendicati, sotto il profilo dell'acquisizione materiale del territorio, sia assimilabile ad un insediamento stabile. Rispetto all'utilizzazione delle risorse economiche dei vari settori non si è mai affermato uno jus excludendi alios in favore degli Stati rivendicanti.
Il trattato di Washington (1961) si limita a disciplinare il regime giuridico del territorio antartico:
- uso pacifico dell'Antartide;
- libertà di ricerca scientifica;
- cooperazione internazionale sul Continente.
Con la Convenzione di Canberra (1980) sulla regolamentazione dello sfruttamento delle risorse biologiche viventi, la conservazione delle risorse biologiche antartiche passa da una fase
di meracooperazione tra Stati ad uno stadio istituzionale, finalizzato ad un uso razionale delle risorse stesse. L'accordo prevede determinati standards che evitano il depauperamento della fauna ittica eminimizzano i rischi di modifiche all'ecosistema marino. Il movimento ambientalista ha proposto di dichiarare l'Antartide una riserva naturale, consacrataalla pace e alla scienza. Sulla base di un generale consenso sulla necessità di elaborare misure globali di protezionedell'habitat naturale, viene adottato a Madrid il Protocollo ambientale al trattato antartico (1998). Questo impegna le parti contraenti ad adottare le misure indispensabili per la protezione globaledell'ambiente. Elemento cardine è quello che impone alle parti il divieto di effettuare ogni tipo diattività che non sia di natura scientifica. Tuttavia manca un meccanismo di responsabilità civile ointernazionale per i danni causati all'ambiente. CAPITOLO 8: LAPROTEZIONE INTERNAZIONALE DEL PATRIMONIO MONDIALE CULTURALE E NATURALE IN TEMPO DI GUERRA E DI PACE
L'interesse comune dell'intera Comunità nei confronti del patrimonio culturale si configura soprattutto in termini di conservazione e protezione, nonché, con riferimento ai beni mobili, di lotta al traffico illecito, e non in pretese di appropriazione da parte della Comunità internazionale.
L'internazionalizzazione del patrimonio culturale mondiale avviene attraverso metodi e strumenti propri che si richiamano alla necessaria cooperazione dello Stato territoriale ed al carattere solidaristico e complementare della tutela internazionale. La volontà degli Stati di cooperare per superare i pericoli che incombono su questi beni trova la sua naturale espressione nell'attività dell'UNESCO e delle altre organizzazioni operanti in materia, come il Consiglio d'Europa.
LA TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE IN TEMPO DI GUERRA
Dichiarazione di Bruxelles (1874) sulle norme e consuetudini di guerra: si estende il principio della proprietà privata anche ai beni storico-culturali degli Stati.
Convenzione dell'Aja del 1899: relativa alle guerre terresti;
Convenzione dell'Aja del 1907: relativa alle guerre navali.
Tali Convenzioni sono espressione di un primo concreto interesse della Comunità internazionale per la protezione dei beni culturali. La maggior parte delle disposizioni considera quali beni oggetto di protezione quasi esclusivamente quelli mobili.
Convenzione dell'Aja del 1954: è il primo strumento convenzionale a tutela dei beni culturali in caso di conflitto armato. Nel preambolo della convenzione si afferma che i danni causati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi appartengano, costituiscono un danno al patrimonio culturale dell'intera umanità perché ogni popolo contribuisce alla cultura mondiale. Con riferimento a questi beni sussiste un
obbligo di protezione che si specifica incomportamenti di salvaguardia e di rispetto. Accanto a tale regime generale di protezione la Convenzione offre la possibilità di applicare un regime speciale di protezione ad un numero limitato di beni immobili e rifugi destinati a custodire beni mobili. La protezione può essere accordata a condizione che non siano usati a fini militari e che siano sufficientemente distanti dai principali obiettivi militari. Devono essere iscritti nel Registro internazionale dei beni culturali sotto protezione speciale.
5. i Protocolli aggiuntivi: uno del 1954, destinato ad impedire l'esportazione dei beni culturali da un territorio di un Paese occupato o ad assicurare la restituzione dei beni culturali alle autorità competenti di tale Paese; l'altro, del 1999, volto a rafforzare la cooperazione tra gli Stati contraenti al fine di garantire una protezione rafforzata. Il secondo protocollo presenta innovazioni quanto alle condizioni
Nel secondo dopoguerra il compito di provvedere alla salvaguardia del patrimonio culturale venne affidata alle Nazioni Unite. Nel 1954 venne adottata la Convenzione dell'Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, che stabilisce che tali beni non devono essere utilizzati a fini militari.
Il Protocollo del 1999 alla Convenzione dell'Aia introduce delle modifiche e integrazioni, al fine di rafforzare la protezione dei beni culturali. Questo Protocollo richiede che i beni da proteggere siano di grande importanza per l'umanità e già protetti da una normativa nazionale adeguata.
Il Protocollo non elimina la nozione di necessità militare per la deroga all'immunità dei beni, ma la riferisce al regime generale di protezione e le conferisce un contenuto più preciso, in modo da evitare che venga utilizzata come strumento di comodo per le forze militari.
Per quanto riguarda i beni che godono di protezione speciale, il Protocollo identifica le situazioni in cui l'uso della forza nei loro confronti può essere giustificato, limitandolo ai casi in cui il loro utilizzo li renda obiettivi militari.
All'UNESCO. La convenzione di Parigi del 1972 è adottata per realizzare la condivisione di responsabilità, istituendo un sistema di protezione collettiva del patrimonio di eccezionale valore universale. In questa Convenzione non viene assicurata la protezione materiale di tutti i beni culturali immobili, ma solo di quei beni che presentino una determinata valenza, qualificata come universale. Nei confronti di tali beni tutti gli Stati hanno obblighi positivi ai fini della protezione, alla tutela dell'integrità fisica, del restauro in caso di deterioramento, nonché degli altri interventi d'urgenza. Il Comitato del patrimonio mondiale cura la redazione di due liste: una lista del patrimonio mondiale e una lista del patrimonio mondiale in pericolo. Ai fini della convenzione sono considerati beni culturali i monumenti, i gruppi di edifici e i siti. L'iscrizione può essere effettuata solo su domanda dello Stato nell'ambito del cui
territorio il bene è situato e non autoritativamente dal Comitato. Anche l'assistenza internazionale può avvenire solo su richiesta dello Stato interessato. Vi è stata l'inclusione nella convenzione di un capitolo dedicato al suivi, ossia al controllo del permanere delle condizioni necessarie per l'iscrizione attraverso la regolamentazione di periodici rapporti degli Stati territoriali al Comitato del patrimonio mondiale.LA TUTELA DEL PATRIMONIO NATURALE MONDIALE
I testi convenzionali sono generalmente concepiti o direttamente in funzione di determinati spazi (spesso in quanto habitat di alcune specie animali o vegetali), o direttamente in funzione della tutela di certe specie selvatiche, intervenendo allora la protezione di alcune zone determinate come misura necessariamente accessoria e quindi dipendente dalla finalità principale.
Ogni sito naturale per poter essere iscritto nella lista del patrimonio mondiale deve presentare il requisito dell'integrità.
che hanno ampliato il campo di applicazione della Convenzione di Ramsar, includendo anche le zone umide marine e costiere. Questi emendamenti hanno riconosciuto l'importanza delle zone umide come habitat essenziali per la conservazione della biodiversità e come risorse naturali di grande valore per l'umanità. Le zone umide sono aree di transizione tra la terra e l'acqua, caratterizzate dalla presenza di acqua dolce, salmastra o salata. Sono habitat vitali per numerose specie di piante e animali, fornendo loro cibo, riparo e luoghi di riproduzione. Inoltre, le zone umide svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo dell'acqua, nella purificazione dell'acqua e nella mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. La Convenzione di Ramsar promuove la conservazione e l'uso sostenibile delle zone umide, riconoscendo la loro importanza ecologica, economica, culturale e scientifica. Gli Stati contraenti si impegnano a designare e proteggere le zone umide di importanza internazionale, ad adottare misure per la gestione sostenibile delle zone umide e a cooperare a livello internazionale per la conservazione delle zone umide transfrontaliere. La Convenzione di Ramsar rappresenta uno strumento fondamentale per la conservazione delle zone umide in tutto il mondo. Grazie a questa Convenzione, molte zone umide di importanza internazionale sono state designate e protette, contribuendo alla salvaguardia della biodiversità e alla conservazione degli ecosistemi acquatici.Che hanno modificato tra l'altro i criteri per l'iscrizione dei siti culturali e naturali nell'elenco del patrimonio mondiale, inserendo la definizione di una nuova tipologia di sito, il paesaggio culturale: si tratta di siti che dimostrano in modo esemplare l'interazione tra uomo e natura. In alcune di queste realtà l'azione dell'uomo è determinante e domina le caratteristiche naturali per piegarle ai propri scopi (parchi e giardini), ma nelle altre tipologie l'opera dell'uomo non è così invasiva: tale è il caso dei paesaggi culturali essenzialmente evolutivi, risultato del soddisfacimento di esigenze sociali, economiche, amministrative e/o religiose in simbiosi con le caratteristiche dell'ambiente culturale - dei paesaggi culturali che si caratterizzano per l'associazione dei fenomeni religiosi, artistici o culturali all'elemento naturale.
CAPITOLO 9: LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE
DELL'AMBIENTE UMANO: LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Non sembra rinvenibile né nel diritto internazionale convenzionale, né in quello consuetudinario, per la protezione dell'ambiente, il principio del patrimonio comune dell'umanità.
Si può affermare l'esistenza nel diritto consuetudinario di una norma che impone agli Stati il divieto di inquinamento transfrontaliero. Si è affermato il principio che vieta gli usi nocivi del territorio, alla stregua del quale lo Stato non deve permettere che le attività realizzate sul territorio pregiudichino l'ambiente di Stati vicini.
A partire dagli anni settanta, il divieto di inquinamento transfrontaliero è venuto progressivamente estendendosi a tutti i casi in cui una sostanza inquinante fuoriesce dal territorio di uno Stato, apportando pregiudizi all'ambiente di altri Stati anche non contigui.
A partire dalla Dichiarazione di Stoccolma sull'ambiente umano del 1972
regolamentazione specifica. Questo significa che è necessario adottare misure adeguate per prevenire danni all'ambiente anche in aree non regolamentate. Ad esempio, se si sta costruendo un edificio in una zona non soggetta a norme specifiche di tutela ambientale, è comunque necessario adottare pratiche e tecnologie che riducano l'impatto sull'ambiente. Ciò potrebbe includere l'utilizzo di materiali ecologici, l'installazione di sistemi di raccolta delle acque piovane o l'implementazione di misure per il risparmio energetico. Inoltre, l'obbligo di impedire pregiudizi ambientali si estende anche alle attività industriali e commerciali. Le imprese devono adottare misure per ridurre l'inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, nonché per gestire correttamente i rifiuti prodotti. In conclusione, l'obbligo di impedire pregiudizi ambientali è esteso a tutti gli spazi, anche quelli non soggetti a regolamentazione specifica. È responsabilità di tutti adottare pratiche e tecnologie che riducano l'impatto sull'ambiente e preservino le risorse naturali per le generazioni future.