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EPICLERE

Quando il de cuius non lasciava figli maschi, ma solo figlie femmine > epiclere. Essa non

diveniva propriamente erede e non poteva disporre del patrimonio, ma piuttosto lo

teneva con sé per trasmetterlo ai suoi discendenti che lo ereditavano. L’epiclerato era un

istituto diffuso nelle polis greche e serviva a far in modo che i beni non uscissero dalla

famiglia, era regolare allora che l’epiclera spossa il parente più prossimo in linea maschile.

Colui che chiedeva la mano dell’epiclera doveva dare comunicazione al magistrato

competente (eponimo o polemarco a seconda che il padre fosse cittadino o meteco), il

quale doveva assegnare la donna. Nel caso in cui l’epiclera fosse già sposata, il 13

pretendente poteva chiedere lo scioglimento del matrimonio, ma solo se non fossero stati

generati figli (nel caso di figli, la donna non era epiclera).

TESTAMENTO

Venne istituito da Solone al solo fine di istituire un erede qualora il de cuius non avesse

avuto figli maschi e si configurava come un testamento adozione > con il testamento era

possibile adottare un figlio maschio anche in presenza di una o più figlie femmine, in

questo caso l’adottato non diveniva erede ma era obbligato a sposare una delle figlie. In

presenza di figli maschi non era possibile redigere testamento, l’unica eccezione era il

caso in cui il figlio legittimo dopo aver raccolto l’eredità paterna morisse entro due anni

dal raggiungimento della pubertà. Per il testamento non era richiesta nessuna forma

particolare: orale o scritto, redatto davanti a testimoni. Le leggi di solone indicano una

serie di cause in presenza delle quali può essere impugnato in quanto non valido: (a)

redatto in un momento di follia (b) da un individuo in età troppo avanzata (c) sotto

l’influenza di una donna (d) sotto costrizione o privazione della libertà.

4. Il processo ordinario e straordinario

IL FUNZIONAMENTO DELLA GIUSTIZIA

Aristofane, celebre commediografo attivo nel V secolo a.C., rappresenta nel 423 le Nuvole,

commedia nella quale emerge la predilezione dei cittadini ateniesi per i tribunali e i giudici.

L’anno successivo mette in scena le Vespe, commedia interamente dedicata a descrivere

la “mania processuale” degli ateniesi. Basandosi su questi passi e su altri simili, gli studiosi

sono giunti alla conclusione che il processo attico fosse aleatorio e non idoneo a garantire

un’effettiva giustizia per alcune ragioni:

Le giurie erano composte da poveri e anziani. A partire dal V secolo con Pericle

Ø venne istituito una paga di due obeli per chi serviva in tribunale come giudice. Era

una cifra modesta, che poteva essere facilmente ottenuta e superata svolgendo

qualsiasi altra attività, da qui discende la conclusione che le giurie fossero composte

da anziani che non potevano svolgere altre attività e da cittadini di basso rango

sociale. Alla luce di una siffatta composizione, era facile per i potenti, i ricchi e chi

avesse discrete capacità oratorie abbindolare i giudici.

Come dimostra la Retorica di Aristotele la legge veniva usata come prova cioè non

Ø era il criterio imprescindibile sulla cui base giudicare, ma era prodotta dalla parte

per provare la propria innocenza o confermare la mala fede o la colpevolezza

dell’avversario

Da queste considerazioni si conclude dicendo che i giudici giudicavano caso per caso,

senza preoccuparsi della lettera della legge e di applicare regole generali. Infine i processi

erano veri e propri agones cioè competizioni di tipo politico, nelle quali si sfidavano cittadini

in cerca di voti e prestigio. 14

La tesi sopra esposta è stata smontata punto punto dagli studiosi come Harris che

soprattutto nel XIX si sono occupati del processo attico, volendo riscattarlo e dimostrare

che non era come rappresentato.

L’idea che le giurie fossero composte da anziani, poveri e ignoranti trova il suo

Ø fondamento nelle commedie di Aristofane, che per il genere letterario che sono si

prestano a mostrare una realtà storica ma distorta ed esagerata. Si può ammettere

che parte dei giudici fosse di rango sociale basso, ma guardando al livello stilistico

e contenutistico delle orazioni si capisce che questo era molto alto e se la giuria era

in grado di comprenderle, significa che tra i giurati sedevano persone non digiune

di cultura e soprattutto di diritto.

L’argomentazione che la paga di due oboli fosse irrisoria per un cittadino di Atene

Ø non conduce direttamente alla conclusione che quindi vi partecipassero solo i

nullatenenti perché si deve tener conto del forte senso civico e del grande onore

per un cittadino di prestare il proprio tempo alla città e partecipare a un servizio

pubblico. Il sistema giudiziario ateniese richiedeva ogni anno 6000 giudici, si calcola

che in media in un anno un giudice dovesse occuparsi di 100 cause, questo fa

concludere che sì all’inizio il giudice poteva essere inesperto, ma al termine del suo

servizio avrebbe acquisito una certa esperienza, da riusare quando gli fosse ancora

toccato il turno, dal momento che si calcola che ogni quattro o cinque anni

venivano di nuovo chiamati.

Il fatto che le leggi non fossero conosciute non è corretto, dal momento che queste

Ø erano incise sui monumenti posti nella pubblica piazza e soprattutto venivano

votate dall’assemblea dei cittadini, i quali ricevevano il testo per poterlo approvare.

L’assenza di un pubblico ministero significa che l’azione doveva sempre essere

Ø iniziata da un privato cittadino e questo porta a concludere che la cultura giuridica

dovesse essere diffusa al punto da sapere quali comportamenti potevano essere

perseguiti in quanto contrari alla legge.

Ogni anno ciascuno dei 6000 giudici dell’Eliea che si offriva di giudicare prestava un

giuramento, il cui testo, ricostruito grazie alle orazioni di Demostene, dove essere del tipo

giudicherò in accordo che la legge e i decreti del popolo di Atene e della boulè dei

cinquecento, qualora non vi siano leggi giudicherò secondo l’opinione più giusta.

Quelli che ritengono che la legge nel processo fosse solo un elemento di prova prodotto

dalle parti, svalutano questo giuramento. La tesi non è da approvare in ragione del fatto

che un giuramento per un uomo del tempo significava impegno preso con la divinità e

pertanto importante e vincolante. Il contenuto di questo mostra senza ombra di dubbio

che la legge era il criterio principe e imprescindibile che guidava i giudici nella formazione

del giudizio e del conseguente verdetto. L’ultima clausola del testo ricostruito apre alla

possibilità che manchi una legge e si chiama l’opinione più giusta (gnomè dikaiotàte) che

non deve essere assimilata al mero arbitrio e al libero apprezzamento del giudice, ma

15

piuttosto a un principio che non lascia spazio a una discrezionalità priva di regole e che

mira a garantire la giustizia al massimo livello possibile.

Si può concludere sostenendo che il tribunale di Atene era il luogo dove la legge era

sovrana e il verdetto era il risultato di un’applicazione rigorosa della stessa, che scaturiva

da un’interpretazione corretta e condivisa.

GLI ELIASTI E LA COMPOSIZIONE DELLE GIURIE

Il tribunale popolare dell’Eliea venne istituito da Solone con l’intento specifico di limitare il

potere dei magistrati, che prima di questo momento avevano la competenza esclusiva a

giudicare le controversie. L’introdotta possibilità di presentare appello contro il verdetto dei

magistrati comportò la riduzione e infine la perdita del potere di giudicare, dal momento

che il loro verdetto poteva essere ribaltato in secondo grado. I magistrati conservano allora

solo il potere di ricevere la causa, trasmetterla al tribunale competente e infine presiedere

lo stesso.

La partecipazione al tribunale era a manifestazione di una democrazia diretta e di massa,

infatti coinvolgeva tutti i cittadini della polis. I maschi con età superiore a trent’anni e non

atimoi potevano infatti chiedere che il loro nome fosse registrato nel registro dell’Eliea, da

cui ogni anno venivano sorteggiati 6000 eliasti. Dopo aver prestato giuramento essi

ricevevano una tavoletta pinàkion su cui era riportato il nome, il patronimico e il demo di

appartenenza, doveva essere esibito tutte le volte in cui il soggetto fosse stato selezionato

in una giuria. Sulla base dell’entità delle cause erano formate le giurie, che in medie si

componevano di 500 giudici. Una volta che il processo iniziava i giudici dovevano ascoltare

con attenzione i discorsi ed emettere subito il verdetto. Contro la pronuncia dei giudici

eliasti non era ammesso nessun tipo di appello.

Nel V secolo i 6000 giudici erano distribuiti al momento della loro nomina in una delle

Ø dieci giurie identificate con una lettera dell’alfabeto e la composizione di ciascuna

di queste rimaneva la stessa per tutto l’anno. Nelle mattine dei giorni in cui i processi

si sarebbero tenuti venivano estratte due lettere: la prima indicava la giuria e la

secondo il tribunale dove si sarebbe seduta per giudicare le cause del giorno. I

giudici non chiamati tornavano alle proprie attività senza ricevere l’obolo. Questo

metodo non permise di evitare la corruzione.

Nel IV secolo venne adottato un metodo di costituzione delle giurie molto più

Ø complesso, di cui abbiamo notizia grazie ad Aristotele. In sintesi non prevedeva più

la precostituzione delle giurie ma la scelta dei giudici che formavano la giuria

avveniva la mattina stessa mediante sorteggio con l’ausilio di una macchina, il

klèroterion. 16

CLASSIFICAZIONE DELLE AZIONI

Il diritto ateniese non conosce la differenza tra cause civili private volte a ottenere un

risarcimento del danno e cause penali pubbliche volte a ottenere la pena del reo. Le azioni

ordinarie erano classificate secondo:

Interesse protetto

Ø Dikai idiai > azioni private

o Dikai demosiai > azioni pubbliche

o

Legittimazione attiva

Ø Dikai > azioni più antiche che prendevano le mosse dall’iniziativa dell’offeso

o o da quella di chi aveva la potestà su di lui, o in caso di omicidio dei partenti

della vittima

Graphè > intentata da qualunque cittadino lo volesse, purché non colpito da

o atimia.

Si usa comunque generalmente il termine dikai per indicare le azioni private e graphè per

indicare quelle pubbliche. Esse si distinguono poi sotto un ulteriore aspetto cioè le

conseguenze di una loro proposizione: solo infatti l’azione pubblica comporta dei rischi > il

ritirarsi dalla causa o il non ricevere almeno 1/5 dei voti della giuria comportava il

pagamento di una somma di 1000 dracme alle casse cittadine, qualora il pagamento non<

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Publisher
A.A. 2016-2017
27 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulia.monti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto greco e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Pepe Laura.