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Riassunto esame Diritto della comunicazione per le imprese e i media, prof. Razzante. Libro consigliato Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione (Settima 7 edizione), Razzante (cap. 1,3,5,6,7,8,9) Pag. 1 Riassunto esame Diritto della comunicazione per le imprese e i media, prof. Razzante. Libro consigliato Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione (Settima 7 edizione), Razzante (cap. 1,3,5,6,7,8,9) Pag. 2
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Lo stesso Tribunale ha poi respinto il ricorso di youtube. Siamo nel 2010.

• Mediaset vs google: nel 2011 il Tribunale di Roma stabiliva che i provider non sono

responsabili per i contenuti caricati dai loro utenti. Quindi in merito al ricorso di

mediaset contro google perché un portale avrebbe effettuato lo streaming di patite

di calcio del campionato di serie A trasmesse dai canali mediaset. In seguito a notifica

a google il contenuto violato era stato rimosso ma non esisteva violazione del diritto

d’autore da parte della piattaforma web.

• Google news: si è sostenuto che le modalità con cui si da visibilità ai contenuti

giornalistici nel portare google news amplifica le capacità di un editore online di

attrarre utenti ma prevede anche un abuso di posizione dominante di google (sulla

scelta degli articoli da mostrare) con effetti distorsivi sul mercato

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dell’intermediazione pubblicitaria online. Un editore che avesse deciso di non

rendere i propri contenuti disponibili su google news, essi sarebbero stati esclusi

anche dal motore di ricerca google web research (e quindi avrebbero dovuto

rinunciare agli introiti pubblicitari che la consultazione produce). Google web

research è determinate per la capacità di un sito web di attrarre visitatori. Si è

contestato a google la forza di leadership detenuta nella fornitura di servizi di ricerca

online. Google non è stata dichiarata scorretta ma ha preso comunque impegni

dando agli editori maggior potere nel decidere se far pubblicare o meno gli articoli su

google news e rendere note le quote di ripartizione dei ricavi del sistema pubblicità

online.

• Break e Kewego: il Tribunale di Roma ha condannato la piattaforma digitale

americana break e quella francese kewego a risarcimento danni a favore di mediaset

per l’abusiva diffusione di video estratti dai programmi mediaset. Si è stabilita inoltre

responsabilità civile di chi pubblica contenuti caricati dagli utenti e tratti dai

programmi televisivi. Non ci si può avvalere dell’esenzione di responsabilità di cui

godono gli hosting provider perchè queste piattaforme sono aggregatori che utilizza i

contenuti messi a disposizione del pubblico per alimentare il propio business ha ruolo

attivo (ruolo passivo dell’intermediari tecnico non attribuibile). Le attività di

ottimizzazione e promozione di dati e informazioni degli utenti di internet fanno

perdere al provider il requisito di neutralità, non ci si può avvalere dell’esenzione di

responsabilità (come stabilito anche dalla direttiva 2003/31/CE in cui l’hosting attivo

deve rispondere dell’attività illecita dell’utente tutte le volte in cui opportunamente

informato delle violazioni dei diritti dal titolare di essi omette di attivarsi per

impedire il protrarsi dell’attività illecita).

[nel 2016 in Italia, Google e la Federazione italiana editori giornali hanno siglato un accordo

strategico triennale di collaborazione volto a promuovere un approccio innovativo per la

stampa italiana nell’era digitale. Google si impegna a riconoscere il valore economico dei

contenuti che viaggiano in rete e mette a disposizione le sue piattaforme per favorire la

diffusione delle notizie nell’interesse di giornalisti, editori e utenti. Il tutto con condivisione

di ricavi tra Google e gli editori che aderiranno all’intesa. La tecnologia monitorerà le

violazioni di copyright e permetterà a Google di rimuovere automaticamente i contenuti

diffusi illecitamente]

CAPITOLO SETTIMO: diritto all’oblio, cancellazione e contestualizzazione delle notizie in

rete

1. Oblio, cancellazione e contestualizzazione: concetti dinamici. I dati personali sono

diventati una risorsa strategica per molte imprese che sviluppano il proprio business sulla

raccolta, aggregazione e analisi dei dati dei propri clienti, attuali e potenziali. Le

informazioni in rete su ciascuno di noi rappresentano ormai la valuta dell’attuale mercato

digitale e c’è chi le ha già ribattezzate il petrolio dell’economia digitale. Google e gli altri

motori di ricerca setacciano il web e aggregano contenuti prodotti da altri, indicizzandoli

secondo criteri algoritmici. Anche quando i siti-sorgente sono messi offline, c’è sempre

una versione in cache e quindi i dati in essi contenuti sono in qualche modo recuperabili.

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Sulla permanenza in rete di informazioni che ci riguardano si gioca il nostro spazio di

libertà, tutela dell’identità digitale e autodeterminazione informatica. Oggi la tecnologia

consente di raccogliere una quantità sterminata di dati, il che aumenta i rischi per i diritti

degli individui e per il nostro io elettronico. Il diritto all’oblio è una delle frontiere mobili

della tutela di quei diritti e si sta affermando progressivamente in Europa pur con

difficoltà applicative -> diritto ad essere dimenticati, diritto alla riservatezza, diritto

all’identità personale (diritto a vedersi rappresentati in modo da riflettere la propria

attuale dimensione personale e sociale, e di conseguenza a non essere rappresentati in

maniera non più corrispondete a quella. Il concetto di diritto all’oblio rivoluziona l’uso

della memoria collettiva -> l’informazione immessa nella rete è resa accessibile dai

motori di ricerca così: immediatamente, universalmente, per sempre, inesorabilmente.

La proiezione dell’identità dell’individuo nell’infosfera e nel cyberspazio sfugge al suo

potere di autodeterminazione. Il profilo è ricostruito con l’aggregazione della molteplicità

dei dati personali disseminati in rete.

2. Capisaldi giursprudenziali europei per motori di ricerca e siti-sorgente: la Convenzione

europea del 1950 garantisce la libertà d’espressione e riveste gli archivi web dei giornali

di valore storico e centrale per la società democratica -> rimuovere qualsiasi articolo

dell’archivio di un sito web equivale a censura. Tale imposizione è stata completamente

ribaltata dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea C-131/12 del 2014

che ha riconosciuto il diritto all’oblio. Si è attribuito a Google e ai gestori dei motori di

ricerca la qualifica di responsabili del trattamento dei dati personali, con il conseguente

obbligo di indicizzare i link contenuti nella relativa pagina web, a richiesta del titolare di

quei dati. L’attività dei colossi del web ha dunque una sua rilevanza autonoma:

localizzare le informazioni pubblicate o messe online da terzi, indicizzarle in maniera

automatica, memorizzarle temporaneamente e metterle a disposizione degli utenti di

internet secondo un determinato ordine di preferenze sono operazioni che costituiscono

un trattamento di dati personali. I giudici europei hanno valutato decisivo il fatto che

l’accessibilità per gli utenti alle informazioni in rete avvenga sulla base di dati trattati

secondo i protocolli decisi dal motore di ricerca. La critica a questo fatto sorge nel

momento in cui si considera il potere discrezionale dei motori di ricerca e di chi li

controlla a tracciare la linea di confine tra diritto all’informazione e diritto alla privacy.

Sarebbe decisamente più rassicurante per le tutele dei cittadini se la valutazione dei

singoli casi spettasse all’Autorità giudiziaria o alle Autorità di controllo. Nella sentenza si

stabilisce che il gestore di un motore di ricerca è obbligato a sopprimere, dall’elenco dei

risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona,

dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a questa

persona, anche nel caso in cui tale nome o tali informazioni non vengano previamente o

simultaneamente cancellati dalle pagine web di cui trattasi, e ciò eventualmente anche

quando la loro pubblicazione su tali pagine web sia di per sè lecita -> la rimozione del link

dal motore di ricerca non comporta alcun obbligo per i siti-sorgente ai quali i link

rimandano, e che posso decidere come gestire i dati personali in loro possesso senza il

consenso del titolare. La relativa pagina può dunque essere mantenuta visibile sui singoli

siti di informazione, ove conservi la sua attualità, l’interesse del motore di ricerca di

perseguire il suo business e l’interesse dei terzi ad essere informati. Gli interessati

possono eventualmente agire in parallelo per ottenere anche dagli editori di quei siti web

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la cancellazione delle informazioni che li riguardano. L’accoglimento della richiesta

formulata al motore di ricerca

comporta solo il delinking o delisting (cancellazione del link contenuto nella striscia che

compare come riposta all’interrogazione e che rinvia al sito-fonte dove la notizia o

informazione è concretamente accessibile). Si pone dunque una dialettica interessante

tra il diritto dell’informazione e la deindicizazzione -> l’indicizzazione di una notizia con il

passare del tempo può divenire non più pertinente alle finalità che ne hanno giustificato

l’indicizzazione, pertanto ogni suo ulteriore trattamento diventa illegittimo. Subito dopo

la sentenza del 2014 Google è stata subissata di richieste di rimozione di link: sta

gradualmente ottemperando a quest’obbligo sulla base di valutazioni specifiche caso per

caso. Google comunica ai siti-fonte l’avvenuta deindicizzazione limitatamente alle

richieste accolte, ciò però simile i siti-fonte a tornare ad occuparsi di quell’argomento e

quindi a riattualizzare il link facendo in modo che sorgano delle finalità per reindicizzare il

link. Un meccanismo perverso. Chiariamo i punti cruciali di tale svolta giurisprudenziale:

• Il riconoscimento del diritto all’oblio si traduce nel diritto alla rimozione dei link

catalogati dai motori di ricerca e non delle informazioni di base contenute nei siti

sorgente. L’azione di Google è unilaterale: i siti-sorgente che subiscono l’oblio non

possono obiettare e la discrezionalità del motore di ricerca nel valutare le richieste di

cancellazione dei link è totale.

• La domanda di rimozione dei link va inoltrata al motore di ricerca compilando il

modulo online di Google dando prova dell’autorizzazione legale. Non è una

procedura simile a quella della “notifica e rimozione” che sussiste nei casi di

violazione dei diritti d’autore, quindi non c’è nessun fondamento normativo e

nessuna forma di difesa in capo al soggetto che ha pubblicato il contenuto

“incriminato”.

• Il diritto all’oblio vale solo per i contenuti inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti o

eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pu

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A.A. 2016-2017
61 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher 123prince123 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto della comunicazione per le imprese e i media e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Razzante Ruben.