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S
i affermò in quegli anni una “cultura delle garanzie”, perseguita dai lavoratori e dai sindacati.
7.Il modello emergenziale
Tale sistema subì un forte rallentamento dopo il 1973, quando in Italia inizio una forte crisi
economica.
Essa giustificò la marcia indietro rispetto a molte delle conquiste appena ottenute, allo scopo di
l’impoverimento generale e la disoccupazione.
Questo “diritto del lavoro dell’emergenza”, fu incentrato sulla flessibilizzazione dei rapporti di
lavoro, che cominciarono sempre più a divergere dal “prototipo” del rapporto a tempo pieno e
indeterminato. 3
Diritto del lavoro
Le caratteristiche principali del modello emergenziale furono una grande attenzione agli
“ammortizzatori sociali” e, per la prima volta, un abbassamento del principio assoluto di
inderogabilità della norma lavoristica.
Il sindacato dovette, ridimensionare il suo ruolo, vivendo una profonda crisi di adesioni, nonché
una nuova rottura dell’unità faticosamente riconquistata.
Il nuovo modello delle relazioni di lavoro si calò in un contesto generale non a caso definito
degli “anni di piombo”, segnati anche dal terrorismo.
8.Il modello concertativo
Nel 1983, di fronte alla crisi, si sperimentò un nuovo modello delle relazioni di lavoro.
Esso era fondato sulla prassi della concertazione, cioè su incontri periodici trilaterali tra governo,
sindacati e rappresentanti delle imprese, al fine di delineare concordemente gli assetti delle
strategie da assumere in materia di lavoro; tali accordi erano vincolanti per tutte e tre le parti.
Il modello, essendo fondato sulla collaborazione tra imprenditori e lavoratori nell’interesse del
Paese, fu definito “neo-corporativo”.
I sindacati maggioritari videro riconoscersi una sorta di ruolo “istituzionale”, ma continuarono a
perdere scritti, sia in favore del sindacalismo autonomo, sia sotto le critiche di lavoratori delusi,
che lo accusavano di essersi burocratizzato e imborghesito.
Fu in quegli anni che scoppiò
- la rivoluzione tecnologica nei processi produttivi;
- la globalizzazione, cioè l’allargamento dei mercati a livello mondiale;
- la europeizzazione delle singole politiche nazionali.
La dose di flessibilità immessa nel mercato del lavoro fu ancora più cospicua, ed essa diventò
una sorta di sinonimo di precarietà; contemporaneamente, ad agevolare questo obiettivo, si
fecero strada sempre più prepotentemente ideologie neoliberiste, spesso molto radicali, esaltanti
i valori della libertà d’impresa e la necessità di un forte ridimensionamento delle garanzie
del lavoratore.
9.Il modello postmoderno
Negli anni ’90, una grave crisi di politica interna, portò alla nascita di diverse riforme in Italia,
guidate soprattutto dai governi di centro sinistra, che perseguirono la politica della
concertazione sociale. La produzione normativa, quindi, derivò direttamente dagli accordi
concertativi, ma fu influenzata anche da un altro fattore, cioè l’ingresso nelle aule parlamentari e
governative di autorevoli studiosi di diritto del lavoro.
Per quanto riguarda il lavoro individuale, invece, si intervenì su:
- privatizzazione del lavoro pubblico
- sicurezza sul lavoro
- lavoro degli extracomunitari
Gli interventi più incisivi riguardarono il mercato del lavoro, attraverso il pacchetto Treu. Infine,
la riforma federalista della Costituzione potenziò la fonte legislativa regionale, pur creando
qualche problema di competenza.
Sul versante collettivo, anche se si instaurò un rapporto più democratico tra lavoratori e
sindacato grazie al nuovo meccanismo di rappresentanza, continuò la crisi di adesioni al
sindacato confederale.
Quindi, si può dire che il diritto del lavoro visse una fase postmoderna, cioè una fase
caratterizzata da estrema frammentazione, destrutturazione e complessità, poiché iniziarono a
4
Diritto del lavoro
crollare tutte le certezze avute fino ad allora, in un contesto dove il liberalismo economico e
l’esaltazione del pensiero unico d’impresa si affermavano in modo forte.
10.Il modello neoliberista
Nel primo decennio del nuovo secolo, l’Italia fu governata dal centrodestra.
Il contesto generale continuò ad essere segnato dalla globalizzazione e dalla europeizzazione,
in cui gli organismi sovranazionali acquisivano sempre più potere e influenzavano notevolmente
le scelte governative.
In tale clima, il centrodestra si pose l’obiettivo di liberalizzare e deregolamentare il mercato del
lavoro attraverso diversi interventi, in particolare la legge Biagi, caratterizzata da una grande
liberalizzazione dell’uso della forza lavoro. Essa prevedeva una revisione complessiva del
mercato del lavoro, individualizzato attraverso la previsione di una molteplicità di tipologie
contrattuali, caratterizzate da temporaneità e da un generale affievolimento delle garanzie,
mentre la contrattazione collettiva veniva marginalizzata e resa sempre più derogabile. La
legge, però, poggiava su un patto concluso solo dal alcune delle grandi confederazioni
sindacali.
In questi anni, infatti, si superò definitivamente la prassi concertativa, soprattutto a causa dei
rapporti sempre peggiori tra la Cgil e il governo di centrodestra, che preferì operare tramite il
dialogo sociale, in base al quale le parti sociali venivano solo consultate e, in caso di
disaccordo, si ricorreva alla regola della maggioranza.
Gli interventi furono molti soprattutto a liberalizzare le imprese dai vincoli imposti dal sistema di
tutele; tra questi troviamo:
- la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, al fine di depotenziare il ruolo della
contrattazione collettiva e valorizzare i poteri decisionali e disciplinari della dirigenza
- l’inderogabilità, minandone le norme legali e collettive
- l’aziendalizzazione delle relazioni sindacale e della disciplina dei rapporti di lavoro
Dopo qualche tempo, l’Europa fu interessata da una grave crisi finanziaria, che determinò
importanti conseguenza sull’economia nazionale, nonché sulla vita dei lavoratori e delle loro
famiglie. Molti governi nazionali incominciarono ad essere tesi verso una sovranità limitata, a
causa dell’invadenza da parte degli organi europei ed internazionali; le politiche recessive, poi,
limitarono crescita e sviluppo, provocando disoccupazione e impoverimento dei lavoratori.
Dal 2011 l’Italia ebbe governi tecnici sempre sotto la guida dell’Unione europea, più attenta agli
interessi finanziari e produttivi del capitale piuttosto che a quelli economico-sociali delle classi
lavoratrici.
I punti più significativi furono segnati dalla legge Fornero del 2012, che rivisitò tutto il sistema
degli ammortizzatori sociali e delle tipologie flessibili del rapporto di lavoro e, soprattutto,
liberalizzò il licenziamento senza fondato motivo, assoggettato ad un mero indennizzo
monetario.
Il Jobs Act del 2015, invece, codificò un sistema di rapporti di lavoro estremamente flessibile e
con tutele ampiamente derogabili, riscrivendo in senso liberale molte norme del diritto del
lavoro.
Il diritto del lavoro si trova inserito in un quadro neoliberista, dove lo scenario dominante è
caratterizzato della precarietà del lavoro. Questo contesto comporta la necessità di un
mutamento di funzione del diritto del lavoro, dove le regole di tutela del lavoratore si
trasformano in regole contemporanee, del riflusso e regresso protettivo, rispondenti ai soli
fragili rapporti di forza dell’autonomia collettiva aziendalizzata e dell’autonomia individuale. 5
Diritto del lavoro
Il nuovo diritto del lavoro, quindi, perde lo spirito originario di tutela inderogabile della parte più
debole del rapporto e si riprivatizza, diventando quasi un’appendice del diritto commerciale: un
diritto del lavoro fondato sull’accettazione delle diseguaglianze.
Da non dimenticare la Costituzione, che rappresenta sempre il punto di riferimento per ogni
ragionamento giuridico, infatti all’art 1 vede il lavoro come il fondamento della nostra
Repubblica, come fattore di emancipazione verso l’eguaglianza sostanziale dei cittadini. 6
Diritto del lavoro
Capitolo III
I tratti identitari del diritto del lavoro del terzo millennio: le costanti del
paradigma giuslavoristico
1.I tratti identitari del diritto del lavoro del terzo millennio…
Il quadro generale del diritto del lavoro presenta alcune caratteristiche:
- il diritto del lavoro pone al centro della sua disciplina la persona del lavoratore, visto
nella sua debolezza. Infatti tra i mezzi di tutela troviamo, oltre che la Costituzione,
l’inderogabilità unilaterale, che più che difendere i contraente debole, difende i valori
costituzionale lavoro-persona-cittadinanza.
- il contratto di lavoro subordinato ha una funzione organizzatrice, infatti assicura
l’organizzabilità giuridica della prestazione professionale del lavoratore, svolta sotto la
direzione del datore di lavoro
- il diritto del lavoro è un diritto diseguale che tende a riequilibrare il rapporto tra le
parti.
- il diritto del lavoro è distinto dal diritto privato in quanto l’autonomia privata negoziale
è vincolata alle regole e alle condizioni fissate dalle fonti plurime dell’ordinamento
giuslavoristico e dell’autonomia collettiva. Affermare ciò, però, è sbagliato: IL contratto,
infatti, è uno strumento plurifunzionale, che persegue anche interessi superindividuali,
non è più lo strumento di esclusivo dei privati. Da qui deriva la giustificazione del
licenziamento, attraverso un atto unilaterale. La dottrina, però, critica nell’ambito
dell’autonomia privata, dominata dal valore dell’accordo. L’atto unilaterale, quindi, è
ammesso solo se autorizzato dal destinatario dei suoi effetti e solo se giustificato da
interessi e valori preminenti sull’accordo.
- Le tecniche di tutela garantiscono l’effettività dei diritti del lavoratore.
2. …e i nuovi bisogni: l’attuale rotta di collisione
L’orientamento legislativo degli ultimi tempi, inquadrato in uno scenario di crisi generale, è
incentrato sulla flessibilità del lavoro, dato che si pensa che questa sia l’unica a garantire la
creazione di posti di lavoro. Tutto ciò si raggiunge attenuando le tutele offerte al lavoratore.
Economisti e sociologi, però, dimostrano l’esatto contrario: ci sono paesi con legislazione del
lavoro rigida e alti tassi di occupazione e popolazione attiva, a fronte di paesi con leggi che
tutelano assai poco gli occupati e presentano bassi tassi di occupazione.