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Capitolo VI.I - I lavori flessibili (Loredana Zappala')

1. La difficile ricerca di un modello europeo di lavoro flessibile.

Lavori flessibili e processo di integrazione europea

Le esigenze di flessibilità del mercato e le richieste di tutela dei lavoratori sono spesso contrastanti. L'ordinamento europeo sui lavori flessibili cerca un difficile equilibrio tra politiche di flessibilizzazione dei mercati del lavoro e tutele individuali e collettive dei lavoratori. Tramite la procedura di coordinamento delle politiche del lavoro di cui al Titolo VIII del TCE di Amsterdam (ora Titolo IX TFUE) sono emersi tre pilastri trasversali cui si ispira la strategia europea per l'occupazione: la promozione dell'occupabilità, dell'adattabilità e delle pari opportunità.

Su questi tre pilastri si basano anche i diritti fondamentali dei lavoratori flessibili con 3 Direttive che contengono disposizioni generiche e poco vincolanti in quanto le soluzioni sono da

adattare alle diverse esigenze dei singoli Stati membri: - Direttiva 1997/81/CE del 15 dicembre 1997 sul lavoro a tempo parziale - Direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999 sul lavoro a tempo determinato - Direttiva 2008/104/CE del 19 novembre 2008 sul lavoro interinale La strategia di flessicurezza L'ordinamento sovranazionale con hard low e soft low, cioè con interventi regolativi vincolanti e non, delinea un modello di "flessicurezza" che tenta di aumentare la flessibilità del mercato del lavoro, dell'organizzazione e delle relazioni di lavoro e di aumentare la sicurezza dei gruppi più deboli dentro e fuori il mercato del lavoro. Infatti le 3 Direttive sul lavoro flessibile fissano in maniera hard alcuni diritti per i lavoratori non standard fermo restando le disposizioni degli Stati membri che lasciano ampi margini di applicazione. Un ruolo fondamentale è svolto dalla tutela antidiscriminatoria che è il cuore hard, un contrappeso alla

La flessibilizzazione delle condizioni di lavoro mostra come il sistema di garanzie giuridiche perda sempre più di peso rispetto agli imperativi dell'economia.

Dai primi tentativi di regolazione dei lavori "atipici" degli anni Ottanta alla Direttiva 91/383/CEE in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori "temporanei". Dalla fine degli anni '70 le istituzioni europee hanno cercato un punto di equilibrio tra leggi dell'economia, politiche sociali e aumento dell'occupazione.

Le proposte di Direttiva degli anni '80 presentate dalla Commissione non ebbero alcun esito per l'ostilità delle organizzazioni imprenditoriali e il veto britannico. Nei primi anni '90 vi furono altri tentativi di regolazione che portarono all'adozione della Direttiva 91/383/CE in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori temporanei, temi su cui vi era maggiore sensibilità.

La Direttiva si applica sia

ai “rapporti di lavoro regolati da un contratto di lavoro a durata determinata, stipulato direttamente tra il datore di lavoro e il lavoratore, la cui scadenza è determinata da condizioni obiettive quali il raggiungimento di una data precisa, il completamento di un evento determinato”, sia ai “rapporti di lavoro interinale tra un’agenzia di lavoro interinale che è il datore e il lavoratore, quando quest’ultimo è messo a disposizione per lavorare per e sotto il controllo di un’impresa e/o di uno stabilimento utilizzatori”. La nozione di lavoro interinale è un rapporto triangolare che lega l’impresa fornitrice cioè l’agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro, il lavoratore e l’impresa utilizzatrice che usufruisce della prestazione. La Direttiva sancisce il principio fondamentale della parità di trattamento tra lavoratori temporanei e standard “per quanto concerne le

Condizioni di lavoro relative alla protezione della sicurezza e della salute durante il lavoro, con particolare riguardo all'accesso alle attrezzature di protezione individuali" (art.2.2).

Si prevede un obbligo di informazione dei lavoratori temporanei sui rischi connessi all'attività e di formazione per prepararli ad affrontare i rischi connessi; inoltre si prevede che gli stati membri possano vietare il ricorso al lavoro a tempo determinato e interinale per attività particolarmente pericolose o che tali lavoratori beneficino di sorveglianza medica speciale (art.3, 4 e 5).

L'utilizzatore deve informare l'agenzia sulle caratteristiche del posto di lavoro, la quale informa il lavoratore (art.7).

Il soggetto utilizzatore detiene la responsabilità primaria delle condizioni di esecuzione del lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori (art.8).

3. Principio di non discriminazione e parità di trattamento dei lavoratori flessibili

Nella giurisprudenza della Corte di giustizia degli anni Ottanta e Novanta, la giurisprudenza in materia di part-time e discriminazioni indirette è stata molto importante. È stata la Corte di giustizia a garantire una forma significativa di tutela ai lavoratori non standard, che erano considerati marginali nel mercato del lavoro. Attraverso l'applicazione del diritto antidiscriminazione, la Corte ha emesso una serie di sentenze che hanno contribuito in modo significativo all'elaborazione della nozione di discriminazione indiretta e al perseguimento dell'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne.

Dalla lettura delle sentenze della Corte in ambito di lavoro part-time e discriminazione, risulta evidente come, pur garantendo una prima forma di tutela alle lavoratrici a tempo parziale, che erano spesso discriminate, in quegli anni fosse assente una volontà di impedire trattamenti discriminatori posti in essere a danno dei lavoratori flessibili, che erano soggetti occupati con un contratto di lavoro non standard.

41Governi e datori di lavoro, per smentire la sussistenza di una discriminazione delle donne, adducevano giustificazioni riguardanti le scelte organizzative e occupazionali aziendali. A fronte dtal giustificazioni, la Corte, in mancanza di una Direttiva ad hoc che sancisse il principio di parità ditrattamento tra lavoratori flessibili e a tempo pieno, non poteva intervenire con strumenti giuridici epertanto si limitava a non sancire la compatibilità con il diritto europeo delle norme contrattuali che penalizzano i lavoratori part time a meno che le differenze tra lavoratori flessibili e lavoratori standard non nascondessero una discriminazione indiretta a danno delle lavoratrici, in quanto sono loro maggiormente occupate con contratti part time. Solo alla fine degli anni ’90 con l’adozione della Direttiva 97/81/CE viene messa in discussione la presunta ragionevolezza delle misure nazionali che promuovono il part time che penalizza i lavoratori con tale fattispecie.

contrattuale e si sviluppa una maggiore sensibilità nei confronti del lavoro a tempo parziale atto a conciliare lavoro e carichi familiari. Solo agli inizi del nuovo secolo la Corte di giustizia sostiene la priorità assoluta del principio di non discriminazione rispetto agli obiettivi in materia di occupazione degli stati membri ed il principio di parità di trattamento retributivo fra lavoratori standard e flessibili. 4. La Direttiva 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale Nella seconda metà degli anni 90 la commissione decide di avviare una procedura per promuovere le pari opportunità uomo-donna, l'adozione di misure volte a realizzare un'organizzazione più flessibile del lavoro in grado di rispondere sia ai desideri dei lavoratori, che alle esigenze della competitività. La Direttiva è frutto di una negoziazione tra le diverse parti (Sindacato Europeo, Confindustria Europea, Imprese pubbliche) nel tentativo diarrivare ad una mediazione tra posizioni diverse. Le tre organizzazioni europee arrivarono ad un accordo quadro che trasmisero alla Commissione chiedendone l'attuazione mediante una decisione del Consiglio su proposta della Commissione. Il carattere negoziale si riflette sulla qualità della regolazione che afferma principi generali e non contiene disposizioni di dettaglio.

4.1. Le finalità dell'accordo quadro: la promozione del part time volontario e di qualità

I part-timers nel mercato del lavoro

L'accordo europeo sul lavoro part time persegue un duplice obiettivo:

  • "assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale" tenuto conto che oltre tre quarti dei lavoratori a tempo parziale sono donne e che esiste un forte divario retributivo tra lavoratrici e lavoratori
  • "facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e

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contribuire all'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori". L'obiettivo di sviluppare il part time su base volontaria è ambizioso; si tratta di contemperare i bisogni dei datori di lavoro e quelli dei lavoratori. Le regole devono garantire la volontarietà della scelta e che l'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro tenga conto delle esigenze dei lavoratori part time. Scopo dell'accordo è una promozione selettiva di tale forma contrattuale, nel rispetto degli obiettivi di incremento, non solo quantitativo, ma anche qualitativo, dell'occupazione.

424.2. La nozione di lavoratore a tempo parziale

Definizione di lavoratore part-time

Ai sensi della clausola 3 dell'accordo, per "lavoratore a tempo parziale" si intende "il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di

impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile”. Quest’ultimo, preso a termine di paragone, è definito come “il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento che ha lo stesso tipo di contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l’anzianità e le qualifiche/competenze”. Con la precisazione che “qualora non esistesse nessun lavoratore a tempo pieno comparabile nello stesso stabilimento” il paragone andrà effettuato in astratto sulla base del “contratto collettivo applicabile, o in assenza di esso, conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali”. Il raffronto tra lavoratore part time e lavoratore comparabile va effettuato sulla base di posizioni di lavoro omogenee, differenziate solo rispetto all’entità

dell'orario ma in considerazione di legittime diversità di trattamento sulla base dell'anzianità e della professionalità individuali. La clausola 2
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A.A. 2019-2020
87 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Manulela91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Sciarra Silvana.