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FONTI DEL DIRITTO
Sezione I
Concetti generali
Si definisce fonte del diritto qualunque atto o fatto idoneo a produrre norme giuridiche.
Sono fonti legali tutti gli atti o fatti abilitati a produrre diritto all’interno di un ordinamento. Le
norme sulla produzione disciplinano le modalità attraverso cui il diritto viene prodotto. Esse si
distinguono in:
- Norme di riconoscimento: identificano le fonti abilitate a produrre diritto e ne tracciano
i confini entro quali l’abilitazione è efficace
- Norme regolative dell’esercizio: disciplinano il procedimento attraverso il quale il
diritto viene concretamente prodotto
Le norme sulla produzione si configurano come strumentali, e tra queste e le altre norme vi è
un rapporto di sovraordinazione concettuale delle prime sulle seconde. Non sempre tale
sovraordinazione si verifica: ad esempio la pubblicazione delle leggi è contenuta in un atto
equiparato alla legge. Tuttavia in questi casi la sovraordinazione logica viene rispettata in base
al principio di effettività: le norme sulla produzione si impongono perché sono osservate dagli
operatori giuridici.
Tra le fonti legali distinguiamo:
- Fonti-atto: sono caratterizzati dalla volontà del soggetto nel produrre norme giuridiche
(es. leggi imputabili al Parlamento e prodotte a seguito di un atto di volontà delle
Camere)
- Fonti-fatto: l’elemento fondamentale è l’involontarietà (es. consuetudini che dipendono
dal ripetersi di un comportamento)
Poi le fonti si distinguono in scritte e non scritte.
All’interno di un ordinamento giuridico le norme sulla produzione possono attribuire il potere
normativo a diversi organi. Possono individuarsi tre categorie di forme di produzione giuridica,
che sono:
- Diritto politico: le fonti politiche sono prodotte da organi dotati di potere pubblico e
traggono la loro legittimazione direttamente dall’organo che li pone in essere. In un
ordinamento democratico il diritto politico è espressione diretta del popolo.
Generalmente le norme che sono espressione del popolo prevalgono su quelle che sono
espressione di organi non rappresentativi
- Diritto giurisprudenziale: l’attribuzione del potere normativo non trova fondamento
nell’autorità, ma nel riconoscimento della validità delle argomentazioni della dottrina o
dei giudici. Il diritto giurisprudenziale può valere per forza propria oppure possono valere
perché riconosciute da altre autorità o fonti
- Diritto consuetudinario: si fonda su due elementi: 1)materiale, cioè la ripetizione di un
evento (deve essere frequente, continua, consolidata e conoscibile); 2)spirituale, cioè la
convinzione dei consociati di stare adempiendo ad un vincolo giuridico
- Diritto convenzionale: la regola nasce dall’accordo tra coloro che saranno i destinatari
della regola stessa. Tali regole di fatto sono il frutto dell’autoregolazione delle parti e
valgono fino a quando regge l’accordo
- Diritto divino: le fonti divine derivano da un ente sovrannaturale e si fondano sulla
conformità ai suoi precetti. Si tratta di un diritto rivelato da elementi esterni
all’ordinamento giuridico. è un diritto eterno ed immutabile
Con il diritto non scritto le regole vengono tramandate oralmente; con il diritto scritto
possiamo avere diverse forme di scrittura che variano in base al tipo di diritto cui fanno
riferimento.
Il diritto politico si esplica in enunciati normativi definiti “disposizioni”. Una tecnica peculiare
di redazione dei testi normativi è rappresentata dai rinvii: invece di dettare una disciplina di
determinati rapporti all’interno di una disposizione, si opera un richiamo alla disciplina della
materia contenuta in un diverso testo normativo.
Il rinvio ha natura ed effetti variabili, ne possiamo distinguere tre tipologie:
- Rinvio mobile (formale): rinvio non di una specifica disposizione, ma di una fonte
esterna. Il rinvio non comprende solo le norme esistenti ma anche quelle future che
verranno prodotte dalla fonte oggetto di rinvio (es. art 10 Cost. rinvio alle norme di
diritto internazionale)
- Rinvio fisso (materiale): il rinvio non ha ad oggetto una fonte, ma una disposizione
determinata di un ordinamento esterno. Il rinvio comprende solo la specifica disposizione
nel testo originale, non comprende dunque eventuali modifiche future (es. ordine di
esecuzione di un trattato internazionale)
- Rinvio per presupposizioni: è il rinvio più comune, ma a differenza degli altri non crea
collegamenti tra fonti o disposizioni che introducono all’interno del nostro ordinamento
nuove disposizioni. Tale rinvio si verifica quando all’interno di una disposizione si fa
riferimento a concetti che sono definiti in altri atti (es. le norme relative ai cittadini
presuppongono la definizione di cittadini)
Le fonti extra-ordinem non sono previste come tali dall’ordinamento perché non sono
considerate dalle norme sulla produzione. Sono fatti normativi che si affermano in virtù della
loro capacità di essere accettati e osservati dai consociati (principio di effettività).
Producono diritto solo una volta che è stata valutata in concreto l’effettività che le connota. In
linea generale si possono distinguere due tipologie di fonti:
- Fonti creative di nuovi ordinamenti (es. rivoluzione e secessione di un territorio che va
a costituire uno Stato indipendente)
- Fonti che producono innovazioni in un ordinamento già esistente (es. assunzione di un
comportamento che viola una regola prodotta da fonti legali)
L’Hard law (diritto rigido)consiste nell’insieme di regole giuridiche vincolanti. Il Soft law (diritto
attenuato) si sviluppa nel diritto internazionale e comunitario. Consiste in una serie di principi,
codici di condotta che non costituiscono fonti ma assumono il carattere “quasi giuridico” perché
osservate dagli operatori (es. lex mercatoria composta da regole non giuridicamente vincolanti,
ma largamente utilizzate nel diritto internazionale)
Le fonti di cognizione sono i documenti nei quali sono contenute le norme create dalle fonti di
produzione (es. Gazzetta Ufficiale). Tali fonti sono necessarie per rendere pubbliche e
conoscibili le norme create.
La pubblicità degli atti offre una duplice garanzia:
- Per il cittadino, che non può essere sanzionato per una norma che non può conoscere
- Per lo Stato, in quanto la sua volontà, espressa nell’atto, viene resa pubblica e acquista
effettività
Nel nostro ordinamento vige il principio “ignorantia legis not excusat”, ossia l’ignoranza del
diritto non è ammessa come scusante per il soggetto punito.
Le leggi sono pubblicate sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica subito dopo la promulgazione
ed entrano il vigore il 15° giorno dalla pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un
termine diverso. Il periodo di 15 gioni prende il nome di vacatio legis e consente al cittadino un
lasso di tempo entro il quale prendere conoscenza della norma appena pubblicata.
La pubblicazione ufficiale è una condizione necessaria per l’efficacia dell’atto normativo. Per le
leggi regionali la pubblicazione avviene sul Bollettino Ufficiale, mentre per gli atti comunitari
sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Per entrambi gli atti è prevista una doppia
pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica, con funzione notiziale. Invece la
pubblicazione sul bollettino regionale o sulla Gazzetta comunitaria ha funzione costitutiva.
Gli usi sono contenuti in raccolte redatte e gestite da vari organismi (in particolare la Camera di
Commercio), al fine di assicurare una maggiore conosciblità. Si presumono esistenti fino a prova
contraria (presunzione relativa).
La certezza del diritto è compromessa tutte quelle volte che si verificano dei ritardi nella
distribuzione della Gazzetta ufficiale, o quando la norma entra in vigore il giorno della sua
pubblicazione, o quando il contenuto del testo è di difficile comprensione.
2. Le fonti del diritto nella fase applicativa
Nella fase applicativa delle norme si possono distinguere due aspetti:
- Individuazione della norma da applicare
- Interpretazione e significato da attribuire alla norma
Per quanto riguarda il primo aspetto, possono presentarsi dei problemi nel caso in cui vengano
individuate più norme da applicare con contenuto incompatibile tra loro. Si tratta di antinomie,
che vengono risolte attraverso diversi criteri:
- Criterio gerarchico: non tutte le fonti hanno la stessa forza attiva (capacità di
modificare l’ordinamento giuridico) e passiva (capacità di resistere alle modifiche poste
in essere da altre fonti).
Il sistema delle fonti si articola in diversi livelli: Costituzione e leggi costituzionali; leggi
primarie (leggi del Parlamento); leggi secondarie (regolamenti esecutivi); consuetudini.
Tra i livelli esiste una gerarchia e in caso di conflitto tra una norma posta da una fonte
superiore e una norma posta da una fonte inferiore prevale la prima sulla seconda.
Quest’ultima viene considerata invalida perché è presenta un vizio materiale o
sostanziale. Il vizio può essere sindacato dall’organo giurisdizionale e provocare
l’annullamento della disposizione viziata.
L’annullamento è pronunciato da soggetti diversi, in base alla natura della fonte in
questione (es. la legge ordinaria considerata incostituzionale può essere eliminata solo
dalla Corte costituzionale; invece i regolamenti in contrasto con le leggi possono essere
annullati dai giudici amministrativi o disapplicati dai giudici ordinari).
Occorre fare una distinzione tra annullamento e disapplicazione:
- Annullamento: elimina una disposizione dall’ordinamento; ha efficacia erga omnes; ha
efficacia retroattiva, valida cioè per i rapporti sorti anteriormente ma solo se ancora in
corso nel momento dell’annullamento (rapporti prendenti).
- Disapplicazione: la norma resta nell’ordinamento ma non viene applicata per risolvere il
caso specifico sottoposto al giudice; l’efficacia è inter partes (tra le parti).
Possiamo avere anche l’annullamento per vizio formale, derivante cioè dalla violazione di una
norma sulla produzione. In questo caso il controllo non riguarda la disposizione, ma la scelta
dell’atto e la sua compatibilità con il contenuto della norma sulla produzione.
Si parla invece di inesistenza (o nullità) quando il vizio di un atto è talmente grave da non
considerarlo esistente nel nostro ordinamento (es. legge ordinaria che introduce la monarchia).
- Criterio di competenza: per risolvere un’antinomia tra norme poste da fonti di pari
grado, occorre verificare il riparto di competenze attribuito a tali fonti. Anche in termini
di competenza esi