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LA SOCIETÀ PER AZIONI COME CONTRATTO E COME ISTITUZIONE
Il CONCETTO DI “INTERESSE DELLA SOCIETÀ” cui fanno riferimento gli artt 2373, che prevede l’ipotesi
del conflitto di interessi fra socio e società, e 2441 c5, che permette l’esclusione o la limitazione del
diritto di opzione dei soci solo “quando l’interesse della società lo esige”, è terreno sul quale da
tempo si misurano due opposte teorie: la teoria istituzionalistica e la teoria contrattualistica.
TEORIA ISTITUZIONALISTICA
Per essa l’INTERESSE DELLA SOCIETÀ trascende l’interesse personale dei soci, che viene collocato in
posizione subordinata e marginale, e si identifica nell’interesse dell’ “impresa in sé”, ossia
nell’INTERESSE ALL’EFFICIENZA PRODUTTIVA DELL’IMPRESA, vista come strumento di sviluppo
economico generale. Questa teoria appare preordinata ad un duplice scopo:
1.Uno attinente ai rapporti interni fra capitale di comando e massa degli azionisti di minoranza: la
teoria suggerisce che la s.p.a. disponga di un ”esecutivo forte”, di un organo amministrativo sottratto
al potere direttivo dell’assemblea e non influenzato perciò dell’interesse dei soci agli alti dividendi;
2.Uno attinente ai rapporti interni alla stessa classe imprenditoriale: l’interesse dell’ “impresa in sé”
viene presentato come interesse superiore, proprio dell’intera collettività nazionale, di fronte al
quale ogni interesse particolare, anche quello dei gruppi di comando della società, deve
soccombere.
Si ritiene che la protezione di tale interesse debba esser affidata o ad organi che attuino la
codeterminazione dei lavoratori, o agli organi pubblici di programmazione economica, sul
presupposto convincimento che l’economia di mercato non possa essere lasciata al libero e
incontrollato gioco delle parti, senza che l’intero sistema ne subisca pregiudizio: la teoria in esame
riflette, sotto quest’ultimo aspetto, una visione dirigistica dell’economia. Tutto ciò non è tuttavia
incompatibile con una visione liberista dell’economia di mercato, dalla quale esulano le figure dello
Stato programmatore e dello Stato imprenditore: il controllo pubblico ad altro non mira se non a
garantire il rispetto delle regole di funzionamento del sistema produttivo, senza volerlo indirizzare o
influire sul suo sviluppo (le scelte concernenti il che cosa/quanto/come/dove produrre trovano
dunque indifferente lo Stato controllore: sono infatti scelte rimesse, esclusivamente, al libero gioco
delle forze del mercato).
TEORIA CONTRATTUALISTICA
Essa nega che l’INTERESSE SOCIALE sia un interesse superiore a quello dei soci e lo concepisce,
Diritto Commerciale, Galgano, vol. 2 Le Società 80
all’opposto, come l’INTERSSE COMUNE DEI SOCI: la formula è equivoca perché alla società per azioni
è connaturata l’interna contrapposizione fra opposte serie di interessi, delle quali sono rispettivi
portatori i soci di maggioranza e quelli di minoranza.
Per ALCUNI AUTORI, è interesse “comune dei soci” l’interesse a lungo termine dei soci attuali, sicché
l’interesse sociale dovrebbe tener conto della variabilità dei soci nel tempo: così concepita, la teoria
contrattualistica conduce ai medesimi risultati di quella istituzionalistica. Per ALTRI AUTORI,
l’interesse sociale non può essere riferito se non al gruppo dei soci attuali, con esclusione dei soci
futuri o eventuali.
La teoria si fonda sulla distinzione tra interesse sociale ed extrasociale dei soci, a seconda che
l’interesse rientri o sia estraneo alla causa del contratto di società: la maggioranza è arbitra di votare
a proprio piacimento, ma deve scegliere l’interesse da perseguire fra quelli rientranti nella causa del
contratto, non potendo abusare della propria posizione di potere per realizzare propri interessi
extrasociali (limite posto a tutela della minoranza).
NESSUNA DELLE DUE TEORIE, DA SOLA, È IN GRADO DI DARE ADEGUATA RAGIONE DELL’ATTUALE
REALTÀ DELLA SOCIETÀ PER AZIONI.
La teoria contrattualistica, con il suo predicare che gli organi sociali non possono perseguire altro
interesse che non sia l’interesse comune dei soci, si preclude la possibilità di spiegare importanti
fenomeni evolutivi di questo tempo, quali: la codeterminazione tedesca, in cui il consiglio di
sorveglianza può coordinare l’interesse dei soci con quello dei dipendenti della società; la riforma
inglese dell’80, che attribuisce agli amministratori il compito di prendere in considerazione gli
interessi tanto dei soci, quanto dei dipendenti; la riforma-stralcio italiana del 74 (L 216), che ha reso
l’interesse delle minoranze azionarie e dei risparmiatori oggetto di pubblica protezione da parte
della Consob e delle società di revisione.
Tracce della concezione istituzionalistica erano invece presenti già nel codice del 42, che riconosceva
al pubblico ministero poteri di iniziativa di fronte a “gravi irregolarità” commesse, nell’adempimento
dei loro doveri, dagli amministratori di ogni s.p.a. (2409: dopo la riforma del 2003 la norma è
sopravvissuta solo per le società aperte), e riconosceva la legittimazione ad impugnare le delibere
invalide, oltre che ai soci assenti o dissenzienti, anche agli amministratori e ai sindaci, i quali hanno
un vero e proprio dovere in tal senso (2377), mostrando così come l’interesse, rispettivamente, ad
una regolare gestione dell’impresa sociale ed alla legalità delle deliberazioni assembleari sia
concepito non come interesse esclusivo dei soci, ma come “interesse generale” della collettività.
Va però osservato che il controllo di amministratori e sindaci (sulle deliberazioni dei soci) e quello
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del pubblico ministero (sull’operato degli amministratori), opera solo in presenza di violazioni di
legge o di statuto, con esclusione dunque: di ogni sindacato di merito sulla convenienza o sulla
opportunità della deliberazione; e della possibilità di censurare nel merito l’operato degli
amministratori (tutto ciò che l’assemblea dei soci delibera nel rispetto della legge e dell’atto
costitutivo, o che gli amministratori decidono nel rispetto delle norme regolatrici dei loro doveri, è
sottratto ad ogni esterna censura).
Il socio ha libertà di voto, libertà che è espressione, in rapporto alle società per azioni, di quella che
per l’imprenditore in genere è la libertà di iniziativa economica. CONCLUSIONE. La teoria
contrattualistica, se non spiega tutte le situazioni giuridiche di questo tipo di società, ancora dà
ragione delle situazioni interne all’assemblea, le cui deliberazioni ad altro interesse non debbono
ispirarsi se non all’interesse comune dei soci.
Si deve invece fare capo alla teoria istituzionalistica per comprendere le situazioni giuridiche degli
altri organi sociali e, in particolare, degli amministratori: la legislazione li ha prima emancipati dal
potere di direttiva dell’assemblea dei soci e li ha investiti di un’esclusiva competenza a gestire
l’impresa sociale; poi, in una misura che varia da paese a paese, li ha resi tutori di altri interessi oltre
a quelli dei soci, fino ad approdare (come nelle leggi tedesca e britannica) alla visione di un interesse
dell’impresa sociale quale sintesi dell’interesse dei soci e non soci, quali i dipendenti della società.
LA SOCIETÀ PER AZIONI UNIPERSONALE
È AMMESSA l’impresa individuale a responsabilità limitata, nelle forme della società per azioni e della
società a responsabilità limitata con unico socio limitatamente responsabile.
Una società può esistere anche se tutte le azioni sono concentrate nelle mani di una sola persona:
le si applicheranno tutte le norme proprie della s.p.a., anche se spesso l’applicazione sarà solo
formale (basti pensare all’assemblea tenuta da una sola persona). L’UNICO SOCIO può essere il
fondatore della società, che in tal caso è una società che si costituisce per atto unilaterale (2328 c1),
comunque suscettibile di diventare un contratto non appena il fondatore ceda ad altri parte delle
proprie azioni o deliberi un aumento del capitale sociale, lasciando che altri sottoscriva le azioni di
nuova emissione; o può essere il socio nelle cui mani successivamente si concentra la totalità delle
azioni (2362 c1).
In ogni caso si applicano le norme sui contratti in generale (poiché l’atto dell’unico fondatore è un
atto unilaterale tra vivi avente contenuto patrimoniale, al quale pertanto vanno applicate, ex 1324,
le norme che regolano i contratti in quanto compatibili), in particolare la clausola generale dell’art
1375, per la quale il contratto deve essere eseguito secondo buona fede: il voto dell’unico socio
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potrà quindi essere oggetto di riesame giudiziario alla stregua del canone della buona fede (qui solo
per impugnazione da parte di amministratori o sindaci).
Con l’iscrizione nel registro delle imprese anche la società fondata da un unico socio consegue la
PERSONALITÀ GIURIDICA (2331 c1), la quale attua una sorta di sdoppiamento della personalità: fa sì
che il socio unico si renda altro da sé, terzo rispetto ai diritti e alle obbligazioni che egli stesso
acquista e assume in nome della società, se in assemblea nomina sé stesso come amministratore
unico della società. Perché l’unico azionista possa fruire del beneficio della RESPONSABILITÀ
LIMITATA occorre:
Che siano stati eseguiti per intero i conferimenti in denaro (2342):
o Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo, nel caso di società costituita per atto unilaterale;
o Entro 90 giorni dalla concentrazione o dalla sottoscrizione dell’aumento di capitale, in caso di
successiva concentrazione delle azioni in unica mano o di successivo aumento del capitale.
Che sia stata depositata, dagli amministratori o dallo stesso unico socio, nel registro delle imprese
una dichiarazione contenente le generalità dell’unico socio, sia egli l’originario socio unico oppure
colui che successivamente prende il suo posto (2362), quale acquirente delle sue azioni:
o Se l’unico socio è persona fisica: cognome, nome, data e luogo di nascita, domicilio, cittadinanza;
o Se è persona giuridica: denominazione, data e Stato di costituzione, sede.
Anche negli atti e nella corrispondenza delle società va indicato che si tratta di società con un