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CRISI ECONOMICA
L’impresa economica è suscettibile di entrare in crisi. Ciò si determina quando vi è uno squilibrio
tra le attività e le passività. In queste situazioni il legislatore ha predisposto delle particolari
procedure, le cosiddette procedure concorsuali, le quali attraverso l’intervento di una pubblica
autorità valgono a realizzare il soddisfacimento paritetico dei creditori. Queste procedure
presentano il carattere della concorsualità, e cioè riguardano necessariamente tutti i creditori, e
quello della universalità, cioè riguardano tutti i beni del debitore. Le procedure concorsuali regolate
dalla legge sono diverse a seconda della gravità della crisi economica, delle sue cause e della sua
superabilità: concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, fallimento, liquidazione
quatta amministrativa con dichiarazione di insolvenza. Queste procedure hanno l’obiettivo di
assicurare nel miglior modo possibile la soddisfazione dei creditori. Le procedure concorsuali
riguardano gli imprenditori, ad eccezione degli enti pubblici e dei piccoli imprenditori: la legge più
precisamente parla di imprenditori che esercitano un’attività commerciale escludendo con ciò
l’applicazione delle procedure alle imprese agricole. Inoltre l’articolo 1 della legge fallimentare
esclude l’applicazione di disposizioni in materia di fallimento e di concordato preventivo nei
confronti degli imprenditori che non superano delle soglie dimensionali previste dalla legge relative
all’ammontare dell’attivo patrimoniale, di ricavi e dei debiti.
FALLIMENTO
Presupposto della dichiarazione di fallimento è l’insolvenza dell’imprenditore. L’insolvenza
consiste nella incapacità patrimoniale dell’imprenditore a far fronte con regolarità alle proprie
obbligazioni. Dunque si riferisce ad una situazione patrimoniale deficitaria nella quale il passivo
supera l’attivo. Il fallimento, come ogni procedura concorsuale, ha la sua giustificazione
nell’esistenza di una pluralità di creditori e mira a evitare il moltiplicarsi delle delle procedure
esecutive singolari attraverso un’unica procedura. Perché possa attuarsi una procedura complessa e
onerosa come il fallimento è necessario che risulti un ammontare di debiti non inferiore a 30.000 €.
L’iniziativa per la dichiarazione di fallimento compete: all’imprenditore, per il quale è un obbligo;
ai creditori e al pubblico ministero. La dichiarazione di fallimento presuppone l’accertamento da
parte del tribunale dell’esistenza dei presupposti della procedura, ovvero della qualità di
imprenditore e dello stato di insolvenza (istruttoria prefallimentare). All'esito dell'istruttoria
prefallimentare il tribunale si pronuncia con sentenza dichiarativa di fallimento se ricorrono i
requisiti della procedura fallimentare, o con decreto se non vi sono i presupposti per la
dichiarazione di fallimento. La dichiarazione di fallimento deve provvedere a costituire gli organi
del fallimento, e cioè alla nomina del giudice delegato e del curatore; e deve invitare il fallito a
depositare bilanci, scritture contabili ed elenco dei creditori. Contro la dichiarazione di fallimento è
ammesso il reclamo presso la corte d’appello nel termine di 30 giorni dalla notificazione della
sentenza di fallimento. In generale mediante il reclamo si mira a dimostrare la mancanza dei
presupposti per poter procedere alla dichiarazione di fallimento: e cioè la non assoggettabilità
dell’impresa a procedura fallimentare o l’inesistenza dello stato di insolvenza. In tali casi
l’accoglimento del reclamo mira a revocare gli effetti della dichiarazione di fallimento. Quando
invece il reclamo si fonda sul possesso dei requisiti per l’amministrazione straordinaria, al suo
accoglimento consegue la conversione della procedura in amministrazione straordinaria.
Per realizzare la procedura concorsuale sono necessari molteplici organi, ciascuno dei quali è
investito di speciali competenze e di particolari funzioni:
a) il tribunale che ha dichiarato il fallimento, è investito dell’intera procedura
fallimentare e provvede a tutte le controversie;
b) Il giudice delegato che svolge funzioni di vigilanza e controllo sulla regolarità della
procedura;
c) Il curatore è l’organo amministrativo nel fallimento e provvede, sotto la vigilanza del
giudice delegato e del comitato dei creditori alla conservazione, all’amministrazione e
realizzazione del patrimonio fallimentare;
1 d) Il comitato dei creditori ha il compito di vigilare sull’operato del curatore e ha il
potere di autorizzare gli atti e di approvare il programma di liquidazione redatto dal curatore.
La dichiarazione di fallimento determina una modificazione nella posizione dell’imprenditore, la
quale si riverbera su rapporti con i creditori, sugli atti da lui compiuti e sui rapporti in corso di
esecuzione. La dichiarazione di fallimento importa particolare incapacità per il fallito e soprattutto
determina delle modificazioni nella sfera patrimoniale attraverso lo spossessamento, e cioè
attraverso la privazione dell'amministrazione e della disponibilità dei beni e la contemporanea
attribuzione di tali beni al curatore. Sono esclusi dalla procedura fallimentare soltanto alcuni beni e
diritti che hanno una natura strettamente personale.
Per via dell’assoggettamento del patrimonio dell’imprenditore ad una procedura concorsuale, si
verificano delle conseguenze anche nei confronti dei creditori le cui azioni esecutive iniziare
verranno assorbite all’interno di un’unica procedura e l’accentramento nel curatore di tutte le azioni
che siano di spettanza dei creditori. La finalità della procedura concorsuale di assicurare la par
condicio creditorum non potrebbe compiutamente attuarsi se non si provvedesse alla ricostituzione
del patrimonio del fallito e all'assoggettamento alla procedura esecutiva concorsuale di quei beni
che ne fossero eventualmente usciti quando lo stato di insolvenza già si era determinato.
L'imprenditore, infatti, può realizzare degli atti che alterino la par condicio creditorum, in quanto
lesivi del patrimonio, prima che l'insolvenza si manifesti o per evitare di dichiarare fallimento. La
legge fallimentare ha previsto, a tal proposito, un periodo di tempo che decorre dall’insolvenza
entro il quale gli effetti dell’atto possono essere revocati. La revoca fallimentare degli atti risulta
disciplinata diversamente a seconda della categoria nella quale il singolo atto rientra. Sono infatti
previsti determinati atti caratterizzati da uno squilibrio di prestazioni che possono essere revocati
perché lasciano intendere un comportamento fraudolento da parte dell’imprenditore. Taluni atti
sono invece ritenuti irrevocabili: ad esempio, i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio
dell’attività d’impresa. Vi saranno ovviamente degli effetti della dichiarazione del fallimento anche
sui contratti in corso di esecuzione, ovvero su quei rapporti che non sono stati compiutamente
eseguiti da entrambe le parti. Il fallimento comporta lo scioglimento automatico del contratto nelle
ipotesi in cui le modificazioni verificatesi nella sfera patrimoniale del fallito per effetto del
fallimento hanno un’influenza diretta sul rapporto in corso di esecuzione modificandone le basi
sostanziali. La continuazione automatica del contratto, nel quale subentra il curatore, è prevista in
relazione al contratto di affitto di azienda e a quello di locazione di immobili.
La procedura fallimentare si svolge in diversi momenti fondamentali:
1) si realizzano un complesso di atti che mirano alla conservazione del patrimonio del fallito:
l’apposizione dei sigilli sui beni di pertinenza del fallito; l’inventario dei beni e la presa in
consegna dei beni.
2) Vengono realizzati altri atti diretti all’accertamento del passivo. L’accertamento del passivo
si svolge in due fasi: una, necessaria, dinanzi al giudice delegato; l’altra, eventuale, dinanzi
al tribunale. Nella prima fase si mira ad identificare il passivo mediante l’ammissione a
questo ultimo dei creditori e dei loro relativi crediti. La seconda fase, si verifica invece
nell’ipotesi in cui sia fatta domanda di opposizione, impugnazione o revocazione del decreto
che rende esecutivo lo stato passivo.
3) Altro complesso di operazioni necessarie sono quelle che attengono all’accertamento
dell’attivo, facilmente realizzabile ricorrendo all’inventario e alla presa in consegna dei beni
da parte del curatore.
4) Ulteriore complesso di atti necessari sono quelli che attengono all’amministrazione del
patrimonio fino alla sua completa realizzazione. Tra questi atti assume rilevanza l’esercizio
provvisorio dell’impresa che può essere disposta dal tribunale quando dalla cessazione
dell’attività imprenditrice possa derivare un danno grave, e purché la continuazione non
arrechi pregiudizio ai creditori. In tal caso il curatore del fallimento assume la gestione
dell’impresa.
2 5) Altro momento essenziale della procedura fallimentare è quello della liquidazione
dell'attivo, e cioè della realizzazione dei beni del fallito per il soddisfacimento dei creditori:
essa si attua sulla base del programma di liquidazione approvato dal comitato dei creditori.
In tal caso, la legge privilegia, tra le varie modalità, quelle consistenti nella vendita
dell'azienda o di sui rami, ovvero nella cessione delle attività o delle passività degli aziende
o infine nel trasferimento di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco.
6) Operazione conclusiva, attraverso la quale si attua la finalità del fallimento, è quella della
distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo tra i creditori. La
ripartizione dell'attivo avviene sulla base di un progetto predisposto dal curatore ma mano
che le somme sono disponibili.
Le operazioni che danno luogo alla chiusura del fallimento sono pertanto: ripartizione finale
dell’attivo, estinzione di tutti debiti, mancata proposizione di domande di ammissione al passivo del
fallimento, o insufficienza dell’attivo. La chiusura del fallimento determina il venir meno degli
organi fallimentari e la cessazione degli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e delle
conseguenti incapacità personali. Da questo momento, i creditori del fallito acquistano piena libertà
di azione per la realizzazione della parte non soddisfatta dei loro crediti. A tal fine possono essere
esercitate quelle azioni che non sono state esercitate dal curatore fallimentare, salva l’operatività
delle esdebitazione (consente al fallito di essere ammesso al beneficio della liber