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Trasparenza bancaria e clausole vessatorie

Scopo della trasparenza bancaria è impedire l'inserimento nei contratti, conclusi tra un consumatore ed un operatore professionale, di condizioni generali che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto stesso. L'inserimento di simili clausole, definite vessatorie e abusive, ne comporta la nullità, sempre che esse non abbiano formato oggetto di trattativa individuale. Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge.

Si prevede quindi la validità delle clausole che prevedono il diritto di recesso del professionista: nei contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato, può inserirsi una clausola che consenta al professionista di recedere senza preavviso purché sussista un giustificato motivo e si dia comunicazione immediata al consumatore. Il preavviso da parte del

Il finanziatore deve essere di almeno due mesi quando non esiste un giustificato motivo.

Per i contratti conclusi tra una banca ed una cliente non consumatore è valida la clausola che riconosce alla banca la facoltà di recesso senza preavviso e senza motivo in qualunque momento.

Altra clausola consentita per i contratti finanziari a tempo indeterminato conclusi con consumatori è quella che riconosce all'operatore finanziario la facoltà di modificare le condizioni contrattuali jus variandi, previo congruo preavviso e sempre che sussista un giustificato motivo (2 mesi per il preavviso di modifica e altrettanti per il diritto di recedere dal rapporto da parte del consumatore). L'obbligo del preavviso non è obbligatorio laddove la modifica riguardi il tasso di interesse o l'importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuta, purché sussista un giustificato motivo e si dia comunicazione immediata.

206.9.

L'ANATOCISMO BANCARIO

Il termine anatocismo indica la capitalizzazione degli interessi maturati su una somma di denaro dovuta, con la conseguenza che gli interessi una volta capitalizzati contribuiscono a loro volta a costituire la base di calcolo degli interessi successivi.

Questa pratica è legittima nel nostro ordinamento nei limiti stabiliti, secondo cui gli interessi scaduti possono produrre interessi dal giorno della domanda giudiziale o per effetto convenzione posteriore alla loro scadenza sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.

Per molti decenni il contratto di conto corrente bancario prevedeva in caso di saldo passivo la chiusura alla scadenza di ogni trimestre e in caso di saldo attivo la chiusura semestrale o annuale. Ad ogni trimestre la banca operava la capitalizzazione degli interessi cioè imputava gli interessi già maturati al saldo su quale iniziavano a decorrere i nuovi interessi.

La Corte di Cassazione a partire dal marzo del

1999 ha radicalmente mutato il proprio orientamento giungendo ad affermare che la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente non rispecchia un uso normativo ma un mero uso negoziale con la conseguente nullità della relativa pattuizione ed in contrasto con la norma imperativa.

Con il decreto legislativo 342/1999, è prevista la ammissibilità dell'anatocismo bancario applicato ai contratti bancari stipulati dopo pubblicazione del citato decreto purché adeguato alle modalità ed ai criteri per la produzione di interessi sugli interessi indicati con apposita delibera del CICR.

Con questa delibera si erano individuati i casi di ammissibilità dell'anatocismo alle operazioni di conto corrente, finanziamento con piano di rimborso rateale e operazioni di raccolta ovvero:

  • la clausola approvata specificamente per iscritto dal cliente
  • che la banca indicasse nel contratto e nelle comunicazioni il tasso effettivo rapportato
su base annua• che avesse la stessa periodicità nel conteggio degli interessi debitori e creditori<br> Un discorso particolare merita il problema della capitalizzazione degli interessi sui mutui bancari.<br> La delibera CICR prevedeva che in caso di inadempimento nel pagamento di una o più rata da parte del debitore,<br> sull'intero importo della rata potessero essere conteggiati interessi fino al momento del pagamento. La regola era la<br> seguente: interessi moratori non potevano essere capitalizzati, gli interessi convenzionali potevano essere capitalizzati<br> solo per la base di calcolo dei successivi interessi moratori.<br> Va precisato che la capitalizzazione degli interessi convenzionali per il calcolo degli interessi moratori era possibile solo<br> sulle rate scadute ed in caso di risoluzione del contratto sull'importo complessivamente dovuto.<br> Anche in caso prefinanziamento, era consentita la capitalizzazione degli interessi maturati i quali potevano essere<br> cumulati al capitale darimborsare e costituivano quindi la base per il calcolo e l'addebito degli interessi convenzionali del mutuo. Per i contratti di mutuo precedenti alla data di entrata in vigore della delibera CICR, la Suprema Corte aveva stabilito che il piano di ammortamento di un mutuo bancario non poteva prevedere nessuna forma di capitalizzazione degli interessi convenzionali né in caso di regolare esecuzione del contratto né in caso di inadempimento del mutuatario. Facevano eccezione al divieto i mutui fondiari. Come previsto dal Testo Unico delle leggi sul credito fondiario, le somme dovute per interessi producevano a loro volta interessi. Tutte le disposizioni in tema di mutui fondiari sono state abrogate dal TUB senza la previsione dell'anatocismo. Per quanto riguarda gli usi negoziali è importante dire che prima della modifica, gli interessi passivi applicati al correntista venivano conteggiati in base agli "usi di piazza", cioè le condizioni cheusualmente le banche applicavano estabilivano che gli interessi erano produttivi di interessi, questa però era una clausola che se pur scritta nel contratto, era molto generica e non dava al cliente la possibilità di capire con immediatezza e chiarezza qual era il tasso effettivo applicato. Con decorrenza 1 gennaio 2014 si è introdotto un vero e proprio divieto di anatocismo bancario prevedendo che gli interessi periodicamente contabilizzati non possono produrre interessi ulteriori. Nel 2016, è stata reintrodotta la possibilità di praticare l'anatocismo bancario nei rapporti di apertura credito regolati in conto corrente e in un conto di pagamento o nel caso di sconfinamento a condizione che esista un espressa autorizzazione del cliente che può essere sia preventiva che successiva alla capitalizzazione. Per tutte le altre operazioni bancarie non è ammessa alcuna capitalizzazione degli interessi corrispettivi, se non nel caso di

Applicazione di interessi di mora che possono essere conteggiati su capitale ed interessi corrispettivi maturati.

In ogni caso e rapporti di conto corrente e conto di pagamento la periodicità e il conteggio degli interessi deve essere reciproca e non inferiore all'anno.

Per riassumere, la disciplina dell'anatocismo bancario va suddivisa in quattro momenti storici:

  • fino al 22/04/2000 (entrata in vigore delibera CICR), anatocismo bancario vietato se a condizioni diverse da quelle prescritte dall'art. 1283 c.c.
  • dal 22/04/2000 al 31/12/2013, anatocismo consentito in termini più ampi di quanto previsto dall'art. 1283 c.c. alle condizioni previste dalla delibera CICR
  • dal 01/01/2014, anatocismo vietato anche se contenuto nei limiti di cui all'art. 1283 c.c.
  • dal 15/04/2016 (entrata in vigore legge 49/2016), capitalizzazione interessi corrispettivi per il calcolo degli interessi moratori su tutte le operazioni bancarie, anatocismo

Per il conteggio degli interessi corrispettivi solo in caso di autorizzazione del cliente e solo per talune operazioni bancarie sempre che sia assicurata pari periodicità di contabilizzazione tra cliente e banca, sia previsto il loro conteggio quantomeno annuale con contabilizzazione al 31 dicembre e la capitalizzazione solo a decorrere dal 1 marzo dell'anno successivo.

CAPITOLO VII - LA VITA DELLE IMPRESE BANCARIE

7.1. FUSIONE

Le fusioni delle imprese bancarie possono essere di due tipi, ognuno dei quali conduce a risultati giuridicamente diversi:

  • la fusione propria, che estingue l'individualità giuridica degli organismi che vi partecipano e la nascita di un nuovo organismo con una sua individualità giuridica;
  • la fusione per incorporazione, che estingue l'organismo incorporato in un altro organismo incorporante che conserva la propria individualità giuridica.

Per entrambe le due forme, la fusione si distingue da ogni altro istituto.

di diritto comune perché agisce non solo nella sfera economica, ma anche nella sfera giuridica degli organismi che sono coinvolti. Di fatto, si realizza sempre la concentrazione di due o più organismi in un organismo solo, che può essere del tutto nuovo, quello nascente, oppure essere già esistente, ma modificato strutturalmente in seguito al processo di fusione. La fusione si realizza tramite un negozio giuridico che genera il trasferimento in una nuova società o in una delle società, di tutti i rapporti giuridici facenti capo alle società fuse o incorporate. Per procedere alla fusione, gli amministratori delle società coinvolte devono preparare un progetto, concordato e redatto sulla base di trattative ed intese preliminari tra gli organi di gestione delle società coinvolte, e depositarlo per l'iscrizione nel registro delle imprese del luogo in cui hanno sede le società partecipanti. La fusione delle imprese bancarie.

è sottoposta all’autorizzazione della Banca d’Italia che, dopo aver verificato che l’operazione non è in contrasto con una sana e prudente gestione, la concede.

Gli amministratori delle società coinvolte nel progetto di fusione, devono redigere la situazione patrimoniale delle rispettive società.

Il progetto di fusione deve essere accompagnato anche da una relazione sulla congruità del rapporto di cambio redatta da uno o più esperti per ciascuna società partecipante.

Per le società quotate in borsa, la relazione deve essere redatta da una società di revisione.

Il progetto di fusione, le relazioni degli amministratori e degli esperti, le situazioni patrimoniali delle società coinvolte e i bilanci degli ultimi 3 esercizi di tutte le società partecipanti, devono essere depositati in copia nelle sedi delle società partecipanti.

La deliberazione di fusione necessita delle forme prescritte per le

e caso, approvata dall'assemblea straordinaria delle società interessate, secondo le modalità previste dall'atto costitutivo o, nel caso di società di capitali, dalle norme di legge.
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Scienze giuridiche IUS/05 Diritto dell'economia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dario.neri1991 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto bancario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Cosi Dante.
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