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LA CLINICA
La clinica del tossicomane non potrà costituirsi oggettivamente sui sintomi, sui disturbi, ma
soggetti a e te, se o do la a ie a i ui ie e a sta ili si la elazio e o l’appa ato te apeuti o. I
capisaldi essenziali per la clinica del tossicomane sono i movimenti di va-e-vieni. Tutto grava sul movimento
e sul disordine. Il senso emerge dalle combinazioni, dagli intrecci, dal rumore. Non vi sono dei modelli, salvo
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a t o a e, u passo dopo l’alt o, fa e do ife i e to alla fisi a, alla poesia, alla filosofia e, ancora, alla
musica. In questa costruzione essenzialmente dinamica la parte del latente deve essere costantemente
i i izzata i appo to all’e ide te, a iò he a ifesto. Questo o sig ifi a he il late te o esista: al
L’esplosio e pe ò ha più se so
contrario, non vi è lavoro terapeutico senza la sua presa in considerazione.
del latente. Può o non può verificarsi con lo stesso latente nello sfondo. La malattia si sviluppa a seconda
possi ilità di u ’esplosio e, so o i osta ze di
del terreno che trova e delle condizioni del soggetto e, nella
cui il medico deve tener totalmente conto nel suo approccio clinico. Per esplosione si intende tanto la
a ifestazio e di u si to o, he il passaggio all’atto di u i o do. Il p o le a p ati o più i portante sarà
di capire quale tipo di controllo si potrà esercitare su questa esplosione che, in quanto tale, non sarà
affrontabile con un atteggiamento neutro oppure puramente oggettivo. Solo il carattere ripetitivo di queste
u ’o ga izzazio e se ue ziale, o se te do u i te e to te apeuti o più
esplosioni potrà condurle verso
o todosso. Il o i e to he lo spe ifi o di uesta li i a si o ga izza dall’esplosio e alla ipetizio e,
passando per il va-e-vieni: si tratta di un movimento la cui caratteristica è di essere insieme relazionale e
non relazionale. La clinica non nasce, come in altri casi, dalla decodificazione servendosi di un codice molto
regolare, come è accaduto per la clinica psicoanalitica, ma nasce proprio dalla decifrazione rischiosa del
segreto che traspare solo nel movimento e nella relazione. Questa decifrazione in qualche maniera è
u ’i tuizio e logi a. È osì he si a i e à, passo dopo passo, o a api e hi sia il tossi o a e, a e sì
quale sia il suo modo di procedere. Un procedere che lascia supporre da parte sua una strategia e che
mobilita inganni, furberie, rapporti di potenza. È in questa dialettica che possono via via prodursi le
distinzioni indispensabili dei vari livelli economici latenti dei frammenti strutturali di base, dopo lo stadio
dello specchio infranto, e che guidano verso una conoscenza familiare al medico e verso la sintomatologia
del comportamento. È dunque partendo paradossalmente dal movimento che si riesce a individuare gli
i o o e e o ale al t au atis o di ui pa le e o ell’ I fa zia del
elementi stereotipi, quelli che sopra
tossicomane ). Ma è soltanto grazie al movimento che il terapeuta può liberarsi dalla trappola del familiare
per scoprire, in virtù dei diversi mutamenti, il lato parcellare, frammentato, dei frammenti strutturali in
causa. Ciò lascia supporre nello stesso soggetto la coesistenza dinamica di elementi estremamente arcaici e
di elementi infinitamente più elaborati di quelli che si possono ritrovare nelle strutture psicotiche, psico-
nevrotiche o perverse. Ciò lascia anche supporre che non ci troveremo mai di fronte a una patologia totale,
ma a dei sintomi depressivi, isterici, fobici, megalomaniaci ecc, la cui caratteristica è di essere labili,
so o alt o he l’esp essio e di o flitti soggia e ti he o
mutevoli, incompleti. Perché questi sintomi no
posso o a i a e a st uttu a si o e i e e lo pot e e o i u ’o ga izzazio e st uttu ale o topi a
ortodossa. Il vissuto del soggetto è una autentica battaglia intima, una successione di tempeste e di tifoni
che raramente lo lasciano quieto. La rapidità di successione di queste tempeste concede poco spazio
all’ela o azio e delle st uttu e dife si e e supe egoi he. Ed è questa forma catastrofica che può e deve
rendersi chiara in ogni autentica relazione. A questo stadio non vi sono ancora possibilità di compromessi.
Ciò spiega le trasformazioni brutali in persone che a primo acchito si sarebbero potute considerare normali
e che invece devono poter esprimere lacerando se stessi le proprio lacerazioni nel corso del passaggio
–
relazionale a costo di constatare che ogni volta che si raggiunge un risultato parziale vi è anche un
pa ziale falli e to a ausa dell’alt o passaggio: uello della f attu a he ha ge e ato uesta
f a e tazio e dell’io, ele ento dinamico, costantemente riattivato, che il giuoco terapeutico progetta di
rincollare rimettendo insieme i pezzi sparsi del puzzle; ogni pezzo è dipendente da un agente caratteristico
dello stadio nel quale si è costituito e che deve la propria sopravvivenza alla registrazione mnestica.
Parlando di agente specifico si intende il meccanismo messo in moto allo stadio dello sviluppo in causa e
che si ripeter con lo stesso movimento di una porta che si apre su una porta. Questi meccanismi non si
att a e so u a su essio e li ea e, a si i t e ia o t a lo o fi o a ostitui e l’aute ti o tessuto
sviluppano
psi hi o e la sua esp essio e psi ologi a. No si t atta ui di di de if a e l’i o s io o e u li guaggio,
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a di li e a e u passo dopo l’alt o le o i azioni che divengono intellegibili e sulle quali si può agire con
“olo il o i e to e i uesto aso l’e ide ziato s ela e do a da all’alt o di ap i e il a o he
efficacia.
permetterà al soggetto di sfuggire da questa incompletezza, da questa faglia che marca il suo destino.
Perché se si prescinde dal movimento non è possibile decifrare o decodificare il messaggio latente.
Nella clinica del tossicomane, questi e il suo terapeuta sono due partenaires, ma non nel modo in cui lo
sarebbero in una relazione psicoanalitica: vi è qui una specie di attrazione reciproca (che non è solo una
tecnica) atta a creare una situazione indispensabile alla cura, che, senza di essa, non sarebbe possibile o lo
sarebbe in modo diverso. È questa bipolarità che crea la clinica. Senza di essa il tossicomane non potrebbe
che passare per matto o per normale. Non vi è alcuna clinica alla quale il tossicomane si rivolga per essere
guarito. Solo le situazioni di sofferenza (indotte dal contesto sociale della droga) portano il tossicomane a
o sulta e il edi o, so o l’u i a ausa pe ui ie e , e o pe la tossi o a ia: ie e pe l’asti e za, pe
cause familiari, per la prigione, ma mai per la sua tossicomania, e nemmeno per la dipendenza della quale
descriverà i fascini nascosti. La sua <volontà> di incontrare il medico non ha nulla a che vedere con quella di
chi formuli una domanda di cura psicoanalitica. Anche se la guarigione dal suo stato e soprattutto dalla sua
ide tità di tossi o a e l’oggetto della sua do a da, o ai l’oggetto del suo deside io. È soltanto
l’i o t o he ea he può ea e , a pa ti e dall’asti e za/ a a za u ’alt a o pletezza, a he se i
e a uella data dalla sosta za. Il te apeuta i o po a l’asti e za/ a a za e l’asse za ello
forte opposizio
stesso o e to i ui i o i ia a t asfo a si ell’esse e il più du atu o t a olo o ai uali il tossi o a e
ha att i uito u ’esiste za: i ge ito i, gli a ori, lo spacciatore. Il terapeuta viene percepito in quanto <Je>
–
<io> e viene sentito in modo totale in quanto <Jeu> (giuoco) il che è tutto diverso che essere capaci di
comprensione (o sensibili al sentimento di colpa, come, ad esempio, in una relazione parentale). Il
tossicomane impara a vivere il medico, a cercare di possederlo; cercercha di darsi a lui per potere, a sua
– o i ezzi d’uso: seduzio e, e otizzazio e, a ipolazio e, poi lutto, soffe e za, si to i
volta, riceverlo
psichiatrici, aggressività, auto-mutilazioni, tentati suicidi. Il medico deve potere prestarsi al giuoco e nel
contempo testimoniare ad ogni istante la conoscenza della creazione di una tale relazione e che, anche se
desidera la stessa cosa del tossicomane, desidera anche cose del tutto diverse. Egli non può barare col fatto
di avere una volontà direttiva. Il disordine dimostrativo del tossicomane non appare più come un non-
se so, a o e u a ipetizio e alla i e a di u a ipola ità eat i e di se so. All’i izio og i osa se a
andare a caso, ma questo non è possibile a lungo, la necessità stessa della relazione crea un senso. Tutto
avviene come se apparisse un segnale propizio a una reale biforcazione del senso. Se, al contrario, ci si
precipita sulla traccia del sintomo, si minaccerà il soggetto nella sua identità ed egli non potrà che
ammalarsi senza cessare per questo di essere tossicomane.
Olivenstein pone la differenza tra la clinica <passiva> classica, che non può progettare se non in funzione di
determinate regole prestabilite e la clinica <attiva>, che senza ignorare queste regole, e attingendo
all’espe ie za, de e og i olta i e ta e il o i e to. I uesta p ospetti a <atti o> rimanda al
movimento che fa il soggetto stesso nel corso della relazione con il partenarie (terapeuta/istituzione) e
passivo a tutto ciò che viene organizzato a priori per instaurare una relazione terapeutica, senza tener
conto di chi sia realmente il tossicomane e nemmeno di come funzioni. Bisogna constatare che la clinica
attualmente praticata non è efficace per i tossicomani. Se si vuole che la clinica risulti efficace occorre
costantemente evitare nella pratica quotidiana, colpo dopo colpo, il funzionamento meccanico del pensiero
e la razionalizzazione dei comportamenti. Occorrerebbe creare con soluzione di continuità, perlomeno nel
pe iodo i ui si sta ilis e u a elazio e aute ti a, ell’alt o e i s , u a so ta di elodia uasi
commovente, che consenta di collocarsi altrove e non nella malattia, nella buona o nella cattiva tecnica, pur
tuttavia senza rinunciare mai a quello che il tossicomane aspetta con avidità: qualcuno che nel ruolo di
i a ost ui si u ’ide tità di e sa da uella
terapeuta o di clinico porti poco a poco il paziente che lo deside
di tossicomane. 8
L’i agi ario del tossico a e: o o e i o da e he l’i agi a io del tossi o a e eale. O o e
dunque, per tenere in debito conto questo immaginario, allucinare a due il reale perché esso possa divenire
sufficientemente operativo. Questo mentre ancora la droga è assai presente nel reale come
ell’i agi a io pe ga a ti e al soggetto la fusio e di a i a e alda, fusio e del o po e dello spi ito, he
gli consente di essere Uno, come lo era stato prima della frattura. Senza questa allucinazione a due, non vi
più posto