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L’apprendimento risulta essere un processo attraverso il quale il soggetto che apprende

utilizza l’esperienza per la costruzione di significati. Le esperienze diventano educative

quando sono organizzate, rispondo ai bisogni dei soggetti e si prefiggono obiettivi e il sapere

che viene dall’esperienza presuppone l’intervento della ragione riflessiva, cioè l’essere

pensosamente presenti rispetto all’esperienza e partire dall’esperienza significa sostituire alla

logica del top down, (cioè quella ritiene esserci sempre disponibile una teoria entro la quale

sussumere l’esperienza), la logica del from the ground up che mira a fare della pratica il luogo

in cui si elabora il sapere.

Il coinvolgimento del soggetto nel processo di insegnamento-apprendimento avviene con il

fare, con la riflessione durante il fare e sul fare, quindi con la consapevolezza dei meccanismi

messi in atto. Un sapere che si costruisce facendo e che promuove l’apprendimento come

ricerca sul campo, che costruisce sapere a partire dall’esperienza. Negli ultimi anni, la ricerca

in ambito didattico è passata dall’approccio comportamentista a quello costruttivista per

approdare a quello socio-costruttivista, il quale vede l’agire didattico fortemente situato. Tale

approccio ha sviluppato particolare attenzione nei riguardi delle metodologie didattiche attive,

ritenute fondamentali per promuovere l’apprendimento significativo e il raggiungimento di

traguardi di competenze, che sono il vero traguardo e obiettivo della formazione.

La scelta dell’una rispetto all’altra acquista valore se letta all’interno di un percorso didattico.

Certamente alla base di una scelta c’è un’idea di insegnamento-apprendimento, un’idea di

scuola e un’idea di soggetto che apprende, ma soprattutto un’idea chiara nei confronti non

solo del sapere ma di come questo si costruisce. La scuola deve aprirsi alla vita reale per

permettere al soggetto di fare esperienze concrete e di apprendere in situazione e in

collaborazione, unendo sapere teorico e sapere reale. Questo sarà possibile quando i saperi

saranno considerati risorse da mobilitare e si inizierà a lavorare per situazioni problema e

soprattutto si convinceranno gli allievi a cambiare mestiere. Devono essere gli studenti al

centro del processo di insegnamento-apprendimento, quindi nel Laboratorio, luogo del fare e

dell’apprendere, sarà lo studente il vero protagonista. Il vero laboratorio prende vita se al suo

interno si adotta una didattica laboratoriale, sostenuta da una ontologia del laboratorio, che è

indipendente dalla disciplina ma ne condivide l’epistemologia così da ≪connettere ciò che si

conosce con il modo che predispone alla conoscenza≫. Il laboratorio diventa quindi uno

spazio mentale attrezzato che è altro dall’aula, con metodi e strumenti specifici, luogo nel

quale regna la trasversalità e l’interdisciplinarietà, ≪opportunamente adattato ed

equipaggiato per lo svolgimento di una specifica attività formativa che investe il soggetto

operante≫. Così anche l’aula può diventare laboratorio, se adeguatamente attrezzata per la

ricerca, la scoperta, l’esperimento, la curiosità, il confronto. Il laboratorio si caratterizza per la

sua morfologia polifunzionale che accoglie, motiva, soddisfa interessi, facilita la

comunicazione, la socializzazione, l’autonomia, la fantasia, sviluppa il pensiero divergente,

facilita l’autoapprendimento, invitando alla scoperta. Permette inoltre di unire mano e mente,

di unire il sapere con il fare, dando senso al fare, recuperando l’unitarietà del sapere e

superando la logica del disciplinarismo attraverso la riorganizzazione delle conoscenze. È il

luogo dove si fanno esperienze significative, dove la persona è riconosciuta in tutta la sua

globalità di corpo e mente , di emozioni e ragione, di cuore e intelletto≫. Quando il

laboratorio è il luogo all’interno del quale l’esperienza formativa coinvolge studenti che si

accingono a diventare futuri docenti, è assolutamente necessario che al suo interno si sviluppi

quell’epistemologia della pratica che abitua i soggetti alla riflessione. La pratica della

riflessione è una condizione che permette di organizzare il proprio apprendimento e quindi

rispondere ad una finalità didattica, quella di imparare ad imparare, che ritroviamo anche tra

le competenze chiave, che insieme all’autoregolazione, ≪induce ad assumere un ruolo meno

passivo≫.

1.3 Il laboratorio nella scuola italiana

In Italia la nascita di attività laboratoriali in ambito didattico risale agli anni 1960-1970 del

secolo scorso, grazie a Francesco De Bartolomeis, il quale, introdusse il “sistema dei

laboratori”, considerati come parte integrante dell’attività didattica. All’interno dei laboratori

sono previste metodologie che vedono protagonista lo studente, con attività individuali o

lavori di gruppo, sempre però sotto la supervisione del docente. Si è fatto fatica ad affermare

il laboratorio come metodologia all’interno della scuola, in quanto:

Era considerato come luogo deputato ad attività per saperi disciplinari di ambito

 scientifico (esempio: laboratorio di chimica);

Il lavoro laboratoriale richiede, per il suo svolgimento, una routine così complessa da

 prevedere per la sua realizzazione, tempi lunghi e spazi specifici;

Mette in discussione il ruolo del docente in quanto viene visto come facilitatore e

 mediatore dell’azione didattica.

L’azione di mediazione si esprime predisponendo l’ambiente, organizzando attività,

costruendo un clima relazionale positivo e attraverso una progettazione. Con De Bartolomeis

ha inizio, un vero cambiamento all’interno della scuola, sia sul versante didattico che a livello

legislativo. Con i Programmi del 1985, per la Scuola Elementare, gli Orientamenti del 1991 per

la Scuola Materna, i Programmi del 1979 per la Scuola Media, inizia a delinearsi una visione

diversa del soggetto che apprende e che mette in discussione la didattica tradizionale di tipo

trasmissivo. Il DPR n.104/1985, nella parte riservata alle discipline scientifiche, fa riferimento

alla didattica laboratoriale, affermando che tali discipline devono essere svolte attraverso

esperienze pratiche attuabili sia in classe (utilizzata come laboratorio), sia in appositi locali

della scuola aprendo così la strada a diverse metodologie didattiche. La riforma Berlinguer/De

Mauro, Legge del 10 gennaio 2000, con il riordino dei cicli, scuola dell’infanzia, scuola di base

e scuola secondaria, propone una scuola attenta alle competenze, proponendo un rinnovo

dell’ambiente classe, inteso come contesto di relazioni, di collaborazione, di partecipazione e

di coinvolgimento e la previsione di laboratori intesi come ≪spazio finalizzato all’esecuzione

di compiti prefissati e all’acquisizione di specifiche abilità sperimentali e come orizzonte

culturale≫. Il laboratorio è lo spazio della produttività, delle abilità metacognitive e cognitive,

che assicura ad ognuno la pratica delle intelligenze multiple certamente non possibile grazie

≪alla lezione, allo studio libresco, al distacco dalle cose e dai problemi≫. Con la riforma

Moratti, si ha una riforma integrale della scuola dell’obbligo, con l’istituzione del primo ciclo di

istruzione, comprendente scuola primaria e secondaria di primo grado e secondo ciclo di

istruzione, con licei e formazione professionale. Nel 2004, con le Raccomandazioni per

l’attuazione delle Indicazioni per i Piani di Studio Personalizzati nella scuola primaria si inizia a

dedicare un intero paragrafo all’argomento. I laboratori aprono la strada ad una nuova

didattica per le attività informatiche, le lingue straniere, le attività motorie e sportive, ecc…;

quindi si apre la strada all’interdisciplinarità e alla trasversalità, e questo luogo-non luogo,

aperto e dinamico favorisce lo sviluppo di relazioni interpersonali significative avviando alla

collaborazione attraverso il lavoro di gruppo.

La riforma Fioroni, le cui basi seguono la sica della riforma Moratti, ha un decorso molto

articolato a causa di successivi aggiustamenti. Qui si delinea una scuola come luogo di

ricerca, il cui obiettivo è quello di formare la persona sul piano cognitivo e culturale, affinché

possa affrontare l’incertezza che gli scenari sociali e professionali presenti e futuri presentano.

Il riferimento al laboratorio e alle attività che si possono realizzare al suo interno vengono

descritte attraverso le metodologie attive che si fondano ≪sull’esperienza diretta e sugli

interessi degli allievi≫, interessi che emergono dai loro bisogni. Nelle Indicazioni, nel

paragrafo dedicato all’ambiente di apprendimento, si parla espressamente di ≪realizzare

percorsi in forma di laboratorio per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la

riflessione su quello che si fa. Il laboratorio è una modalità di lavoro che incoraggia la

sperimentazione e la progettualità≫ in quanto luogo ≪dove gli allievi imparano a conoscere,

ad auto-costruirsi le conoscenze≫, incoraggiano l’apprendimento collaborativo attraverso

aiuto reciproco, apprendimento tra pari, lavoro di gruppo.

Con la riforma Gelmini, si identificano tutti quei provvedimenti scolastici, il cui scopo era

quello di riformare tutto il sistema scuola. Per la scuola primaria e secondaria di primo grado

la riforma è entrata in vigore il 1° settembre 2009, con la reintroduzione dell’insegnante

prevalente, della valutazione numerica decimale e l’ingresso della nuova disciplina

denominata Cittadinanza e Costituzione. La riforma Gelmini, però accoglie un protocollo

d’intesa, tra MIUR e Ministero della Funzione Pubblica, che prevedeva l’introduzione della

Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) e la trasformazione dell’ambiente di apprendimento

tradizionale in Cl@ssi 2.0, caratterizzate da una didattica digitale. Un laboratorio multimediale

e al tempo stesso interdisciplinare, luogo della scoperta, della ricerca e delle nuove relazioni

tra pari e tra studente-docente e docente-collega. Le nuove Indicazioni per il curricolo per la

scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione firmate dal Ministro Profumo fanno

riferimenti al ruolo attivo del soggetto nella costruzione della conoscenza, con particolare

attenzione alla necessità di spazi flessibili e attrezzati, che facilitino approcci operativi alla

conoscenza e anche esplicito riferimento al laboratorio, in particolare quando si parla di

attività didattiche che devono essere realizzate in forma di laboratorio, per favorire

l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la rifl

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Publisher
A.A. 2018-2019
7 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/02 Didattica delle lingue moderne

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vero.fagiani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof De Santis Mina.