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Il dialetto arcaico

Il dialetto è definito arcaico rispetto a un dialetto moderno e presenta alcuni fenomeni:

- parole che vanno in disuso perché non si adotta più il referente che denominano, come avviene per

gli strumenti agricoli, la divisione tradizionale della giornata che era divisa dall'alba al tramonto e

una diversa divisione dei mesi dell'anno.

- parole che vanno in disuso perché sostituite da altre, per esempio la parola siciliana vucceri,

macellaio, è stata sostituita da chiancheri e carnizzeri;

Diventano arcaiche sia le consuetudini e le credenze, ma anche gli oggetti della vita tradizionale. Ad

esempio la culla per quanto riguarda la forma presenta tre tipologie: a cesta, di legno, sospesa. La

culla è ormai chiamata con la parola culla prestito dell'italiano, favorito dal fatto che si acquista nei

negozi e non è più un oggetto artigianale. Fino a qualche decennio fa le culle tradizionali erano

ancora in uso e le denominazioni dialettali erano diverse e raggruppabili nei seguenti tipi lessicali:

cuna, culla o connula nel fiorentino, nanna nel marchigiano, navicula nel pugliese, naca nei dialetti

meridionali, brassol in Sardegna prestito dal catalano.

Parole dotte nei dialetti

Lo studio delle parole di origine colta nei dialetti è interessante per l'aspetto linguistico e

antropologico; travolta si presentano in forma non adattata, cioè inalterata, come insania che

significa smania. Le parole hanno significati diversi da quello originale e ciò avviene con una certa

frequenza: per esempio insania passa dal significato di pazzia a quello di prurito in Veneto.

Una ricca fonte di cultismi è la terminologia religioso-ecclesiastica il cosiddetto latinorum, storpiato

da chi il latino non lo conosce. Per esempio dal frammento “da nobis hodie” del Padre Nostro

derivano parole dialettali come donna bissodia e bisodia. Oppure rientrano nell'ambito della pratica

religiosa parole come epistole, che diventano il lombardo pistri con significato di cose lunghe e

noiose. L'antifona nei dialetti veneti diventa tinfana col significato di lamentela. La parola cattolico

in dialetto del sud assume significato di perfetto, regolare.

In qualche esempio il tramite per l'ingresso nei dialetti di una parola latina non è la chiesa, ma

l'ambiente scolastico, così accade per tibi, che deve la sua fortuna alle lettere minatorie di

imitazione giudiziaria.

Il dialetto in città

Agli inizi del ‘900 era netto il distacco tra città e campagna, oggi anche il piccolo borgo può avere il

suo centro abitato da ceti medi e con il suo parlare più urbano, e le frazioni dove solitamente stanno

i contadini con il loro parlare più rustico. La dialettologia si è preoccupata della campagna e perciò

è stata chiamata dialettologia rurale, mentre lo studio della situazione dialettale delle città viene

definita dialettologia urbana. Solitamente le innovazioni in passato precedevano da città a

campagna, oggi la città con la sua rete sociale è molto aperta e con la disponibilità rinnovamento

mostra un minor grado di conservazione nei riguardi il dialetto. Con rete sociale si intende una

struttura intermedia attraverso la quale ogni individuo comunica con gli altri individui della sua

comunità ed è formata da un insieme di relazioni. Studiare il dialetto di una città è possibile

attraverso una stima e una raccolta approssimativa dei dati linguistici attraverso campioni di

parlanti. Lo studio della dialettologia urbana incentra il suo interesse sul dialetto in prospettiva

sociale o diastratica, tuttavia anche l'asse diatopico ha una sua rilevanza considerando l'eventuale

differenze tra un quartiere e l'altro. Il dialetto sociale o socioletto va inteso come una varietà

caratterizzata dal fatto di essere usata da un gruppo o da una classe sociale.

Il dialetto parlato e il dialetto scritto

Possono essere varie le motivazioni per scrivere in dialetto: perché si ritiene che abbia una

maggiore espressività, maggiore forza stilistica rispetto all’italiano; vi è poi la volontà di esprimersi

nella lingua di primo apprendimento.

• Tra gli usi non letterari dello scrivere in dialetto si annoverano gli scritti epistolari. Si tratta

di non numerosi esempi ad opera di letterati, giacché gli illetterati si sforzano di scrivere in

lingua ma col risultato di un italiano scolastico. Per quanto riguarda gli usi letterari del

dialetto si deve a Benedetto Croce la definizione di letteratura dialettale riflessa, con cui si

intende la scelta del dialetto pur potendo disporre anche di un altro strumento comunicativo.

• La scelta di usare il dialetto ha ragioni diverse:

parlare il dialetto è ritenuto più incisivo, specie nell’esprimere un sentimento.

- Il dialetto è lo strumento che permette di arrivare alle radici, di rifarsi di una

- tradizione antica, ma può essere anche una scelta fortemente ideologica.

La decisione di scrivere in dialetto si configura come opposizione polemica nei

- confronti della lingua considerata egemonica ed inadeguata ad esprimere le vitalità

del quotidiano.

La grafia dialettale resta un problema:

• Si tratta di utilizzare un alfabeto artificiale per rendere con particolari lettere e segni i

- suoni dei vari dialetti.

L’utilizzo di segni diacritici, indispensabili per studi scientifici sui dialetti, non è una

- soluzione praticabile per la scrittura rivolta ad un pubblico non specialista.

La mancanza di grafie dialetti unitarie, e possibilmente adatte a rendere la fonetica

- dei dialetti, è dovuta al fatto che i dialetti non sono stati interessati da processi di

normalizzazione grafia.

• Si può collocare tra scritto e parlato l’impiego del dialetto nel cinema. Il cosiddetto dialetto

da vedere. Tra le forme del dialetto da vedere rientrano le cosiddette “scritture esposte”, che

possono essere di tipo spontaneo o meno. Si tratta di modalità nuove di impiego del

dialetto, specialmente da parte dei giovani, che investono più in generale le diverse forme

dei nuovi messi di comunicazione e di massa. Le scritture esposte comprendono diversi tipi,

dalle insegne di ristoranti, bar, negozi, ai gadget, ai graffiti.

Fonti e strumenti per la conoscenza dei dialetti

La dialettologia è lo studio delle parlate vive. Vi sono strumenti utili, in primis i vocabolari

dialettali. Sono invece necessarie indagini sistematiche sulle parlate vive condotte secondo una

rigorosa ed uniforme metodologia. Per lo studio scientifico dei dialetti italiani, ovvero la

dialettologia scientifica, si usa indicare come data d’inizio il 1873, anno in cui venne pubblicato il

primo volume dell’Archivio Glottologico Italiano ad opera del glottologo Graziadio Isaia Ascoli,

quasi per intero dedicata alla descrizione dei dialetti ladini. Parallelamente agli studi si realizzano

d’ora in avanti vari progetti di raccolta sistematica di informazioni sui dialetti italiani, attraverso la

realizzazione di atlanti linguistici, la compilazione di vocabolari dialettali, fino all’ultimo progetto

di respiro nazionale denominato Carta dei Dialetti Italiani. Vi sono degli esempi già cinquecenteschi

di vocabolari basati su varietà di dialetto per i quali il riferimento è il Vocabolario degli Accademici

della Crusca. Perciò tali opere si configurano come un impianto organico ed elaborato. Il più noto

vocabolario del ‘500 è lo Spicilegium compilato da Lucio Giovanni Scoppa, che comprende due

parti:

 Vocabolario Latino/volgare

 Frasario latino/volgare

La dialettica del volgare di questo vocabolario hai i tratti del napoletano e di altre varietà

meridionali.

Le grammatiche dialettali costituiscono un altro strumento per la documentazione e per lo studio

dei dialetti italiani. Non sono numerose quanto i vocabolari e rispondono a criteri e metodi di

compilazione assai diversi. Nel 1779 viene pubblicata una grammatica del napoletano, opera

dell’economista Ferdinando Galiani, intitolata Del dialetto napoletano, in cui descrive il napoletano

non nella varietà parlata dal popolo bensì in una sorta di dialetto “illustre”, già italianizzato, da

rivitalizzare e utilizzare n tutte le situazioni comunicative, anche pubbliche.

Dopo l’unità d’Italia quando si fa più urgente la necessità di diffondere l’italiano tra la popolazione,

il ministro della Pubblica Istruzione, Paolo Boselli, bandisce un concorso per la compilazione di

buoni vocabolari dialettali. Si tratta di iniziative destinate a non avere seguito anche per la politica

culturale del governo fascista non favorevole alla conservazione e alla promozione delle culture e

lingue regionali. I compilatori di grammatiche dialettali spesso ricalcano l’impianto di una

grammatica scolastica dell’italiano.

Dati importanti per la conoscenza dei dialetti vengono dai cosiddetti testi dialettali. Una delle prime

raccolte di campioni dialettali è quella di Leonardo Salviati che nel 1586 riunisce dodici versioni

dialettali della nona novella della prima giornata del Decamerone; tra queste varietà, ritiene Salviati,

è il fiorentino l’unica a poter essere scritta. Un altro testo ampiamente utilizzato come testimonianza

dialettale è la Parabola del Figlio Prodigo tratta dal Vangelo di Luca; l’iniziativa di utilizzare questa

parabola per la documentazione linguistica è di Napoleone Bonaparte. Verso la meta del XIX secolo

è stato soprattutto il dialettologo veronese Bernardino Biondelli a far uso di questo testo per le

versioni dialettali raccolte per corrispondenza con la collaborazione di informatori locali; Biondelli

ne ha pubblicata una parte nel suo Saggio sui dialetti galloitalici (1853). Per l’Italia è la prima

impresa di documentazione sistematica. Una svolta sostanziale nella raccolta sistematica e

comparabile di dati dialettali è la conseguenza di una diversa impostazione culturale per cui i fatti

linguistici sono visti nel contesto di una situazione spaziale, geografica. In questa prospettiva –

denominata geografia linguistica – si consolida una ricerca sul campo durante la quale la raccolta

della viva voce consolida una ricerca sul campo durante la quale la raccolta della viva voce di un

informatore viene immediatamente trascritta, adottando un appropriato sistema di trascrizione

fonetica. Questa modalità di indagine sui dialetti perfezionata nel tempo è quella anche oggi

praticata. La prima applicazione di questa prassi si concretizza con degli atlanti linguistici,

strumenti importanti per lo studio dei dialetti; si tratta di opere che sono il risultato di raccolte di

materiali linguistici attraverso interviste e informatori. Una ricerca linguistica si può realizzare in

vario modo. Tra l

Dettagli
A.A. 2016-2017
17 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher saradigiovannantonio94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Dialettologia italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Vignuzzi Ugo.