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L’INTRODUZIONE DELLA TEORIA DELL’APPOGGIO E LA CONCETTUALIZZAZIONE DEL
NARCISISMO, ESSI SONO RIUSCITI SOLTANTO PARZIALMENTE A RAGGIUNGERE QUESTO
OBIETTIVO.
CAPITOLO 6 – LA SVOLTA DEGLI ANNI ‘20
Rivoluzione o ristrutturazione del campo concettuale?
Alla svolta degli anni ’20 viene generalmente riconosciuto il valore di una vera e propria
rivoluzione del paradigma teorico freudiano. Viene sottolineato il cambiamento del tipo
di conflitto psichico di cui si tratta e della natura delle pulsioni in esso implicate: dal
conflitto tra l’Io e la sessualità a quello tra la vita e la morte. Nel 1920 Freud dichiara di
aver messo a punto il concetto di pulsione di morte come spinta a cancellare la tensione
psichica. Questa pulsione di morte non è altro che l’originaria tendenza di base della
pulsione in quanto essa è connessa al piacere di cancellare la tensione. Da questo punto
di vista dobbiamo ammettere che la pulsione di morte è inscritta all’interno stesso della
pulsione sessuale e dell’ordine pulsionale per come abbiamo visto che si costituisce,
secondo la teoria dell’appoggio, attraverso una derivazione dal funzionamento
autoconservativo. Pulsione di morte significa che la fonte, la spinta, la meta e l’oggetto,
nel loro reciproco montaggio, si dispongono in maniera tale che la scarica energetica
che avrà luogo in seguito al loro montaggio porterà all’azzeramento totale delle tensioni
e quindi allo smontaggio del meccanismo stesso della pulsione. La pulsione di morte è
la disposizione pulsionale che più radicalmente si assume questo scopo fino ad arrivare
a livello zero della tensione. Pertanto essa è anche l’espressione più radicale del
principio di piacere. La definizione di pulsioni di vita e pulsioni di morte non si riferisce ai
fenomeni biologici, ma piuttosto ai fenomeni psichici inconsci. Quindi le cosiddette
tensioni di vita tendono al mantenimento della vita psichica, cioè alla formazione e al
mantenimento della rappresentazione, e le pulsioni di morte alla cancellazione della
stessa. Il riferimento alla biologia deve essere inteso solo come orientamento
dell’immaginario metapsicologico. Le due specie di pulsioni devono essere concepite
come due differenti disposizioni nei confronti del trattamento della tensione psichica.
Secondo Conrotto, la contrapposizione pulsionale presentata dalla seconda teoria delle
pulsioni deve essere compresa a partire dalla teoria dell’appoggio. Infatti questa
costituisce la premessa clinico-genetica della seconda teoria delle pulsioni. La
costituzione dell’ordine pulsionale non può essere esaurientemente compresa senza
inserire l’oggetto primario (le cure materne) nel sistema, cosa peraltro riconosciuta dallo
stesso Freud. Infatti se riteniamo che la sessualità si elicita dal funzionamento fisiologico
dell’organismo, e dalle cure di allevamento che prevedono necessariamente una
manipolazione del bambino, dobbiamo ammettere che la modalità attraverso la quale
queste cure verranno somministrate risulterà assolutamente determinante per la
formazione dell’universo psichico inconscio del bambino stesso. Quello che accomuna
tutti i neonati è l’incapacità di padroneggiare la tensione sessuale che si libera
nell’organismo. Il bambino nelle prime fasi della vita è anche inadeguato a tradurre il
messaggio che proviene dall’inconscio dell’adulto, che pertanto gli risulterà enigmatico.
Quello che risulterà determinante per il suo sviluppo futuro sarà la relazione che l’adulto
intrattiene con il suo proprio mondo psichico e con i suoi fantasmi. Qualora questi sia
stato in grado di rimuovere i suoi fantasmi inserendoli nell’ordine simbolico sarà anche
in grado di “sentire” nel bambino di cui si prende cura un prodotto del suo desiderio,
della rimozione di questo e del suo conseguente inserimento nell’ordine simbolico. In
questo caso anche il bambino, il suo concepimento, la sua nascita, la sua collocazione
nella catena delle generazioni, il suo sesso e la sua identità verranno significati e inseriti
nell’ordine simbolico. Se coloro che si prendono cura del bambino sono portatori di una
strutturazione psichica come quella che abbiamo descritto, avviene l’ammissione
primaria di significanza e il bambino sarà inserito nell’ordine simbolico. Quindi la
disposizione pulsionale di base sarà orientata verso la formazione di rappresentazioni,
con una vettorizzazione verso la costruzione di rappresentazioni di oggetti totali.
Naturalmente la condizione di disaiuto del lattante e la sua incapacità di padroneggiare
l’eccitazione nonché di tradurre il messaggio dell’adulto determineranno in ogni caso un
trauma di fronte ad una tensione e a dei messaggi enigmatici. Tuttavia l’esito di questa
situazione di disagio sarà il mettersi in moto e lo svilupparsi di un processo
interpretativo senza fine, giacchè giammai la tensione potrà essere esaurientemente
elaborata e nemmeno i messaggi potranno essere completamente compresi. Il bisogno
primario di interpretare il fenomeno dell’eccitazione e l’enigmaticità dei messaggi
costituirà la principale forza che muove l’attività psichica dell’uomo al fine di abbassare
il più possibile la tensione.
Cosa accade, invece, se chi si prende cura del bambino non abbia potuto inserire i
significanti fantasmatici di base del suo mondo psichico nell’ordine simbolico e
rimuoverli? In questo caso la stessa collocazione del bambino nella significanza risulta
impedita. Quindi la sua posizione nell’ordine generazionale, il suo sesso, il suo nome, il
suo concepimento non verranno significati né inseriti nell’ordine simbolico. Il termine
PRECLUSIONE illustra perfettamente la situazione. In questo caso le tensioni provocate
dall’eccitamento corporeo e dalle cure provenienti dall’adulto non avranno la possibilità
di essere significate in alcun modo. Ancora una volta si realizza un trauma ma questo
sarà da carenza di significato e la pulsione non sarà orientata verso la formazione di
rappresentazioni, ma soltanto verso la scarica della tensione a livello zero. Prevarrà la
funzione di slegamento o funzione deoggettualizzante. Il concetto di pulsione di morte
non ha trovato molti consensi nell’ambito dei seguaci di Freud, fatto salvo forse
Abraham. Tra gli analisti della seconda generazione soltanto la Klein lo ha adottato e se
ne è servita. Tuttavia, nel pensiero kleiniano il concetto di morte ha subito uno
slittamento semantico e concettuale che ne ha fatto qualcosa di assai differente dalla
primitiva concezione freudiana. Infatti Melania Klein non esitò ad adottare la nozione
“istinto di morte” e non pulsione di morte. Questa sostituzione di parola mostra non solo
lo scarso o nullo interesse della Klein per le questioni teorico-metapsicologiche ed ancor
meno epistemologiche, ma anche la presenza nel pensiero di questa autrice di una
deriva biologista, da cui l’adozione del termine istinto, che determina una
trasformazione della psicoanalisi in una psicologia naturalistica. Secondo Conrotto
questa deriva deve essere interpretata come espressione della rimozione del significato
epistemologico delle formulazioni metapsicologiche freudiane. Per Melanie Klein i due
tipi di pulsioni hanno scopo opposti ma funzionamento identico e la loro differenza si
sostanzia nel loro essere, rispettivamente, i rappresentanti mentali della sessualità e
dell’aggressività. Nella formulazione freudiana originale la pulsione di morte non ha
nulla a che vedere con l’aggressività; l’ipotesi della pulsione di morte si fonda sul
criterio che la tendenza pulsionale di base della vita psichica è di ritornare ad uno stadio
precedente. In questo senso essa sembra essere in contrasto con il principio di piacere,
ma un’attenta riflessione mostra che questo è al servizio della pulsione di morte intesa
come pulsione per eccellenza. Molti decenni più tardi la psicoanalisi francese, all’interno
di un ritorno a Freud promosso da Lacan, è ritornata su questo concetto. Ma anche
Lacan cade nell’identificazione dell’istinto di morte con l’aggressività. Secondo Conrotto
i due autori che sono tornati con maggiore rigore e impegno su questo spinoso
problema sono stati Green e Laplanche. Nel pensiero di Green la pulsione di morte è una
sorta di negativo della pulsione sessuale che rimane la vera pulsione; essa diviene una
specie di antipulsione con una funzione deoggettualizzante, e rppresenta
l’antinvestimento.
Laplanche la pulsione di morte è la pulsione sessuale nel suo aspetto più radicale;
esprime la tendenza alla scarica immediata e totale verso il livello zero per la via più
breve. Per questo Laplanche la definisce pulsione sessuale di morte, alludendo al fatto
che non si tratta di una pulsione antagonista alla sessualità ma solo quel suo aspetto
che non può essere legato in una rappresentazione di oggetto totale. Essa appalesa la
tendenza verso il processo primario assoluto. Pur nella grande divergenza dei due
pensieri, Green e Laplanche ritengono che LA PULSIONE DI MORTE ESPRIMA LA
DISSOLUZIONE DELL’OGGETTO E DELLA SUA RAPPRESENTAZIONE.
Il problema dell’Es e la genesi dell’Io
Se nel paragrafo precedente abbiamo esaminato la seconda teoria delle pulsioni, ora
dobbiamo considerare la seconda topica vera e propria. È la topica delle istanze , intese
non solo come luoghi ma come poli di potere amministrativo, in contrapposizione alla
prima che descrive i sistemi di funzionamento dell’apparato psichico. Se un’opposizione
semplicemente sistemica poteva bastare quando si contrapponeva l’Io, identificato con
le pulsioni di autoconservazione, alla sessualità, l’introduzione del narcisismo modifica
sostanzialmente la natura della contrapposizione. La nuova contrapposizione che viene
presentata è tra un Es, più o meno impersonale, e l’Io. Anche il rimosso confluisce
nell’Es di cui non è altro che una parte. L’Es appare un’entità primaria rispetto alla
psicosessualità ma secondaria rispetto all’autoconservazione. Ancora una volta sarebbe
la teoria dell’appoggio a fornire la base genetica della nuova topica nel senso che i primi
investimenti oggettuali del funzionamento autoconservativo soggiaceranno alla
rimozione originaria e agli altri meccanismi psichici primari (preclusione e diniego) che
nella loro azione combinata istituiscono l’inconscio. L’introduzione dell’Es sottolinea
l’esistenza nello psichico di forze pulsionali scatenate e non legabili, pulsioni di morte
della pulsione derivate dall&rsquo