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ATTIVITA’ DI PITTOGRAFATURA DI QUANTO AVVIENE O NON AVVIENE NELLA STANZA.
Quindi il pensiero onirico della veglia consente una continua rinarrazione della seduta
da un vertice sconosciuto; CIO’ AVVIENE ATTRAVERSO I DERIVATI NARRATIVI
DELL’ELEMENTO ALFA.
- Una seconda espansione può essere connessa al fatto che non basta più interpretare,
ma bisogna TRASFORMARE. Non basta interpretare il timore di un clima freddo e poco
comunicativo, ad esempio, ma L’ANALISTA DEVE TRASFORMARE, LAVORANDO DENTRO
DI SE’ IL FREDDO E AL NON COMUNCIAZIONE, IL CLIMA, RENDENDOLO CALDO E
COMUNICATIVO. Poco importa da dove arrivano il freddo e la non comunicazione, dalla
propria mente o dalle identificazioni proiettive del paziente. Quindi Ferro postula la
necessità dell’estensione del concetto di interpretazione a ogni intervento
linguistico o no, che sia capace di generare trasformazioni.
Cambiando prospettiva, Ferro parla di un altro autore che in certi termini ha moltissimi punti in
comune rispetto al suo “Bion”. Ad esempio con Winnicott vediamo anticipato il concetto di
CAMPO, in relazione al peso della vita mentale dell’analista rispetto al paziente nello strutturare
quanto vivrà nel campo. NEL CONCETTO DI MADRE SUFFICIENTEMENTE BUONA E DI
HOLDING, TROVIAMO QUEL QUALCOSA CHE IN TERMINI PIU’ MENTALI CI SARA’ DETTO DA BION
ATTRAVERSO IL CONCETTO DI REVERIE E DI PRESENZA DELLA MENTE DELL’ALTRO,
DELL’AMBIENTE COME MENTE DELL’ALTRO. Nel concetto di AREA TRANSIZIONALE si colloca
ciò che per Bion ha a che fare con LA MENTE DELL’ALTRO COME ABITATA DA EMOZIONI
CHE CONSENTONO LO SVILUPPO. Nel concetto di vero sé-falso sé troviamo tematiche non
lontane dal concetto di bugia di Bion. Dunque Ferro intende mostrare le affinità di
concettualizzazioni tra Bion e Winnicott, nonostante siano espresse in linguaggi diversi.
VII- DALLA TIRANNIA DEL SUPER –IO ALLA DEMOCRAZIA DEGLI AFFETTI – IL TRANSITO
TRASFORMATIVO NELLA MENTE DELL’ANALISTA
Breve storia del Super – Io
- Nella sua opera Freud esita tra il considerare i concetti di Super Io e Ideale dell’Io come
sovrapponibili e lo stabilire una netta differenza tra gli stessi. Da Freud il Super Io è stato
classicamente descritto come originato dal superamento del complesso edipico.
- Melanie Klein studia le fasi precoci della formazione del Super Io con le loro
caratteristiche di severità e crudeltà dovute all’introiezione di oggetti sadici, provenienti
dalla proiezione di impulsi sadico orali e sadico anali del bambino. L’ideale dell’Io
proviene invece dagli oggetti interni idealizzati corrispondenti a quegli oggetti che
hanno avuto le proiezioni dei sentimenti buoni e delle parti valorizzate del Sé del
bambino, e svolge normalmente funzioni di protezione e di stimolo. Vi può essere,
tuttavia, un Ideale dell’Io tirannico e patologico che esige obiettivi alti e irraggiungibili.
Questo ideale dell’io patologico espone oltre che alla frustrazione, alla svalorizzazione di
sé, alla depressione narcisistica ed espone alla critica di un Super Io implacabile.
- Meltzer introduce il concetto di ideale del Super Io per indicare una relazione strutturale
tra ideale dell’Io e Super Io, considerati come differenti funzioni di oggetti interni : al
Super Io sono lasciate funzioni primitive e inibitive, mentre l’Ideale dell’Io rappresenta la
figura genitoriale combinata con funzioni positive e maturative.
- Secondo Bion, la capacità e la qualità della reverie materna e dell’analista
strutturano ogni futuro sviluppo mentale e quindi anche lo sviluppo di un
Super Io maturo.
Riflessioni attuali
Dalle riflessioni di Ferro che scaturiscono dal pensiero di Bion, inteso in un’accezione
fortemente relazionale, si possono trarre le seguenti conclusioni:
- Non è possibile parlare del paziente, se non del paziente con il suo analista e il modello
teorico di questi
- La mente e lo sguardo dell’analista non sono invariabili/invarianti del campo, ma
partecipano attivamente alla costituzione del campo emotivo, linguistico, semantico che
si struttura con il paziente. La mente dell’analista è una variabile non solo per quanto
riceve dal paziente, ma anche per caratteristiche e oscillazioni proprie
- L’analisi procede in una continua oscillazione tra il transfert, come ripetizione e
fantasmatizzazione, e la relazione intesa come quel qualcosa di originale e
trasformativo, che nascendo dai fatti indigeriti (elementi beta) trova la possibilità di
essere alfabetizzato in emozioni e pensieri
- Le identificazioni proiettive sono il motore dell’analisi, nel senso che vi è un continuo
flusso di elementi beta, di piccoli quanti di identificazioni proiettive che viaggiano dal
paziente verso l’analista, e che vengono di continuo trasformate negli elementi
protovisivi del pensiero (elementi alfa e pensiero onirico della veglia)
- Non è vero che l’unico strumento dell’analista consiste nelle interpretazioni sature di
transfert e di contenuto, ma accanto a queste possono essere fondamentali LE
INTERPRETAZIONI NEL TRANSFERT E TUTTI QUELLI INTERVENTI APERTI,
INSATURI, NARRATIVI CHE POTREMMO CHIAMARE INTERPRETAZIONI DEBOLI O
INTERPRETAZIONI NARRATIVE
- Per lunghi tratti o in particolari momenti dell’analisi, la condivisione del vissuto è più
importante della delucidazione/decodificazione del contenuto.
- È LA CAPACITA’ DI UNISONO UNITA ALLE CAPACITA’ NEGATIVE DELL’ANALISTA A
CONSENTIRE LO SVILUPPO DEL CONTENITORE
- I personaggi che si animano in seduta, a seconda del vertice da cui li
guardiamo, rimandano a personaggi reali del romanzo familiare, a oggetti
interni del mondo fantasmatico, a nodi narrativi che parlano delle traversie
del qui e ora. Analista e paziente si trovano spesso nella condizione per comunicare
di essere due autori in cerca di personaggi
- L’allargamento dell’onirico allo stato di veglia è la concettualizzazione più
importante che dobbiamo a Bion, e di continuo ci fornisce le coordinate climatiche
del campo attuale. Se saputo ascoltare, è un fondamentale indicatore del
funzionamento della coppia analitica.
- Ferro considera, con Bion, il paziente come il miglior collega di cui possiamo disporre
- Pensa al super io come ad un modello di funzionamento della mente, utile a
comprendere fatti clinici
- Consegue alla concettualizzazione di Bion, che a monte di un super io molto rigido
vi è un difettoso funzionamento delle funzioni di reverie; ciò implica che sono
rimaste molte protoemozioni non metabolizzate. Se il difetto di reverie è estremo
fino all’inversione, si ha la formazione di ciò che Bion chiama mancanza di contenitore
contenuto. In questi casi devono essere fatte in seduta tutte quelle operazioni mentali
che allora fallirono
(La presenza di un’ideologia forte nell’analista, paralizza quella che Bion chiama capacità
negativa, la possibilità di ascoltare in uno stato mentale di dubbio che si strutturi un senso
imprevisto e nuovo. Se ciò non accade l’analista tende a vedere nel paziente ciò che la propria
teoria lo spinge a vedere.) In fondo non è possibile alcun lavoro sul Super Io o
sull’Ideale dell’Io, che non passi attraverso la capacità di reverie dell’analista e lo
sviluppo della capacità di pensare. Ciò fa prendere spessore all’ipotesi di Bion che è
fondamentale la qualità delle emozioni che formano la trama del contenitore; se
consentono lo sviluppo si ha la crescita e la trasformazione, ma se la mente è
impegnata da emozioni di carattere negativo le identificazioni proiettive non
portano più a sviluppo, ma si ha una mancanza di contenitore contenuto:
un’anomalia se non un’inversione del flusso delle identificazioni proiettive/reverie.
Se non c’è accoglienza e trasformazione delle identificazioni proiettive si ha la mancanza di un
contenitore/contenuto e la formazione di un super io arcaico quale esito difettuale del
malfunzionamento di una relazione primaria con un oggetto di reverie, e un ideale dell’io
ugualmente patologico. Il paziente che avesse questo tipo di patologia, dovrebbe fare
esperienza di un’analista che accolga la mancanza di contenitore/contenuto e
progressivamente lo detossichi, in un ambiente che funzioni con capacità di reverie. In analisi è
un momento felice quello in cui il Super Io trova una modalità narrativa per potersi mostrare.
VIII – L’AUTOANALISI E I GRADIENTI DI FUNZIONAMENTO DELL’ANALISTA
Possono esservi varie accezioni del termine “autoanalisi”:
- Vi è per l’analista un’autoanalisi che continua sinché egli è in attività con i pazienti,
perché in fondo ogni paziente può essere considerato come appartenente ad
una provincia ancora inesplorata dell’analista, il quale si arricchisce e si trasforma
a propria volta con ogni paziente con il quale lavora
- Vi è poi quell’autoanalisi che ogni analista compie relativamente all’elaborazione del
controtransfert rispetto ogni singolo paziente , e al modo in cui metabolizza le
identificazioni proiettive che ogni paziente opera; ciò può arrivare fino al lavoro sulle
proprie reverie, sui propri agiti, e soprattutto sui sogni di controtransfert
- Ma l’accezione alla quale intende far riferimento Ferro è quella relativa all’autoanalisi
dell’analista non in relazione al suo lavoro quotidiano, ma in quanto essere umano che
avendo fatto un’analisi, DISPONE DI UNA STRUMENTAZIONE PARTICOLARE PER
LAVORARE CON LA PROPRIA MENTE. NATURALMENTE CIO’ E’ UN PREREQUISITO DI BASE
PER ESSERE AUTENTICAMENTE DISPONIBILI A LAVORARE CON I PROPRI PAZIENTI.
Quindi l’autoanalisi è possibile solo per una mente che abbia già fatto l’esperienza di analisi;
naturalmente in questo lavoro sono preziosi i sogni. Secondo Ferro, l’analisi è una risposta il più
delle volte adeguata ad una sofferenza psichica, quindi una mente sufficientemente sana non
avrà alcun bisogno di fare l’analisi. Ferro ci dice che chi ha fatto l’analisi poi va in un certo
senso in automatico, cioè non si accorge del lavoro di elaborazione che giorno per giorno va
compiendo. È nei momenti di sofferenza, di ingorgo, di emergenza, che viene attivata la
capacità autoanalitica. Sicuramente l’analista deve essere stato un ferito, ma si presuppone
che l’analisi l’abbia sufficientemente guarito. Una certa sensibilità delle ferite guarite
può essere un punto su cui lavorare, QUALCOSA CHE GLI CONSENTE DI RISUONARE
ARMONICAMENTE CON LE FERITE DEL PAZ