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SCHOPENHAUER: DIALETTICA E DOMINIO
Schopenhauer definisce la dialettica come scherma spirituale per ottenere ragione nel disputare.
Egli voleva scrivere un trattato sulla dialettica e così analizzò le dispute verbali per identificare i
comportamenti disonesti più frequenti (ARTIFICI) e i mezzi da adottare per poterli combattere
(PARATE CONTRO GLI ARTIFICI). Questo trattato non è però mai stato completato e pubblicato.
Le ragioni di tale scelta vennero spiegate dal filosofo stesso. Egli si rifiutò di redigere
definitivamente il trattato, poiché parlare degli artifici, che lui considera come frutto della limitatezza
e della testardaggine umana, gli procura la nausea.
SIMILITUDINI Schopenhauer-Kant: entrambi disprezzano la dialettica e la identificano con
l’eristica.
DIFFERENZE Schopenhauer-Aristotele: entrambi attribuiscono alla dialettica lo scopo della
disputa, però Schopenhauer identifica la dialettica con l’eristica, mentre Aristotele separa la
dialettica dall’eristica. Identificare la dialettica con l’eristica significa considerare la dialettica come
strumento argomentativo utilizzato per ottenere la ragione, indipendentemente dalla ragione o dal
torto. Separare la dialettica dall’eristica significa considerare la dialettica come strumento
argomentativo utilizzato per raggiungere la verità.
Nel suo trattato Schopenhauer critica la retorica. Egli afferma che l’enunciazione della verità non
comporta necessariamente il consenso dell’uditorio e che quindi il consenso dell’uditorio può
essere ottenuto anche senza l’enunciazione della verità. La retorica, che per Schopenhauer è
eristica, preferisce il consenso alla verità. Schopenhauer oppone alla vanità della parola retorica,
che è finalizzata al consenso, la verità della parola filosofica, che è finalizzata alla verità.
Schopenhauer afferma che la retorica non ammetterà mai di essere nel torto. Anche quando si
renderà conto della falsità della propria tesi e della verità della tesi opposta, essa utilizzerà
qualsiasi mezzo per far apparire il falso vero e il vero falso. Emerge così il concetto di dialettica
naturale. Ciascun soggetto è dotato di una dialettica naturale che ha come obbiettivo quello di far
valere la propria tesi, anche se falsa. Per raggiungere questo obbiettivo il soggetto si serve di
mezzi sia leciti che illeciti. Tali mezzi derivano dall’esperienza quotidiana del disputare.
Schopenhauer attribuisce alla parola la caratteristica della forza e quindi la considera come lo
strumento più efficace per esercitare il dominio sugli uomini. In base alla modalità d’impiego, la
parola assume valenze differenti: la parola filosofica è strumento finalizzato alla verità; la parola
retorica è arma finalizzata al consenso.
Per Schopenhauer non è semplice identificare l’origine della dialettica eristica. Schopenhauer
cerca di identificare l’origine della dialettica eristica in 3 momenti:
1.IGNORANZA DELL’INTELLETTO UMANO: prima di una disputa verbale i contendenti pensano
di avere ragione, ma non possono saperlo con certezza, poiché la verità oggettiva emerge proprio
durante la disputa;
2.PASSAGGIO DALL’IGNORANZA ALLA NATURALE CATTIVERIA DEL GENERE UMANO:
l’uomo è cattivo per natura e questa sua caratteristica è alla base della dialettica eristica. Se, al
contrario, l’uomo fosse leale per natura cercherebbe sempre di raggiungere la verità,
indipendentemente dal fatto che essa corrisponda o meno alla propria opinione iniziale;
3.LA NATURALE CATTIVERIA DEL GENERE UMANO E’ ONTOLOGICA: essa non dipende dalla
morale, ma è sempre presente nell’uomo. L’uomo è per natura prepotente e vuole sempre avere
ragione. Sin dall’antichità logica e dialettica erano considerate come sinonimi, invece
Schopenhauer le separa. Egli definisce la logica come “scienza delle leggi del pensiero” e la
dialettica come “arte di disputare”. La logica riguarda il pensiero indisturbato di un unico essere
umano, mentre la dialettica riguarda il confronto dei pensieri di due esseri umani distinti. Nella
logica non vi è conflitto, poiché la ragione dell’individuo agisce da sola. Nella dialettica vi è
conflitto, poiché le ragioni di due individui diversi si incontrano: la disputa sorge poiché i due
individui pensano diversamente e in quanto individui vogliono entrambi avere ragione. Il conflitto è
una caratteristica tipica della comunione umana e dipende dalla diversità dell’individualità.
Secondo Schopenhauer esistono il campo dell’accordo e il campo del disaccordo. Il campo
dell’accordo non è soggetto alla diversità dell’individualità e comprende la logica e la
conversazione storica, cioè la conversazione che si limita a comunicare fatti. Il campo del
disaccordo è soggetto alla diversità dell’individualità e comprende la dialettica e la comunicazione
deliberativa, cioè la conversazione utilizzata per esprimere opinioni.
Schopenhauer estende la critica della parola retorica alla parola stessa.
LAUSBERG: SUL DISCORSO IN GENERALE
Il volume di Lausberg intitolato “Elemente der literarischen Rhetorik” offre un primo orientamento
verso la retorica. E’ opportuno distinguere due tipologie di retorica:
-RETORICA SCOLASTICA: si tratta della retorica in senso più stretto. Vuole far conoscere alle
persone la struttura della retorica naturale per consentire loro di utilizzarla in maniera consapevole.
La consapevolezza della retorica naturale a cui la retorica scolastica mira è sempre parziale. Tale
parzialità dipende da due elementi:
1.la retorica scolastica cerca di giustificare e spiegare l’uso della retorica naturale trascurando
l’intenzione, spesso inconsapevole, di chi parla. L’intenzione e l’inconsapevolezza sono al centro
della retorica naturale e quindi trascurandole la retorica scolastica non sarà mai in grado di
descrivere la retorica naturale in maniera completa;
2.l’insegnamento della retorica scolastica ebbe inizio nel V secolo a.C. e il suo obbiettivo era di
parte, cioè la formazione professionale di avvocati e uomini politici. La retorica scolastica si
concentrava e si concentra tuttora sul discorso di parte, cioè il discorso finalizzato al consenso e
alla persuasione.
-RETORICA NATURALE: si tratta della retorica in senso più largo. Al centro della retorica naturale
vi è il discorso in generale. Il motore del discorso in generale è l’intenzione di chi parla: la
VOLUNTAS. Egli costruisce il discorso per modificare una determinata situazione, cioè per
produrre effetti e ottenere risposte all’interno di tale situazione. Al termine del discorso, egli deve
essere certo di aver fatto tutto il possibile o quantomeno il necessario per raggiungere il suo
obbiettivo. L’aggettivo naturale deriva dal fatto che le persone utilizzano questa tipologia di retorica
senza conoscerne la struttura e senza esserne consapevoli. Infatti l’apprendimento della retorica
naturale avviene per via empirica, cioè tramite l’esperienza. I discorsi in generale vengono costruiti
da tutti coloro che partecipano attivamente alla vita sociale. L’avverbio attivamente deve essere
inteso come intenzione di modificare una determinata situazione. LA RETORICA NATURALE E’
UN’ARTE: questa affermazione potrebbe apparire contraddittoria, poiché l’arte non appartiene per
natura all’uomo, ma è sempre un qualcosa di acquisito. Tuttavia l’acquisizione dell’arte della
retorica avviene naturalmente. L’uomo apprende l’arte della retorica nello stesso modo con cui
apprende la lingua materna. L’arte della retorica, proprio come la lingua materna caratterizza la
vita sociale ed è indispensabile per potervi partecipare. Di conseguenza coloro che partecipano
alla vita sociale la apprendono automaticamente. Lausberg parla di necessario apprendimento
della retorica naturale.
CONRAD: POST-SCRIPTUM
Conrad ha realizzato un’opera intitolata “Heart of Darkness”. L’opera si apre con un prologo.
PROLOGO: cinque amici di mezza età stanno per intraprendere una gita in crociera, ma a causa
della marea devono ritardare la partenza. Quando il sole tramonta e l’oscurità cala, Marlow, un
uomo di mare, inganna l’attesa raccontando agli amici di un pericoloso viaggio intrapreso lungo un
fiume per raggiungere una regione africana quasi inesplorata.
RACCONTO: Marlow si trova al comando di una compagnia che commercializza avorio sfruttando
le popolazioni indigene. Kurtz, uno dei migliori agenti della compagnia, che si era recato al centro
dell’area dell’avorio, non dava più notizie di sé da molto tempo. Marlow viene così incaricato di
raggiungerlo per capire cosa gli sia realmente successo. Giunto a destinazione, Marlow scopre
che Kurtz è considerato dagli indigeni come una divinità. Proprio per questo motivo, nonostante
l’uomo sia uscito di senno, gravemente malato e in fin di vita, gli indigeni non lo vogliono lasciar
partire. Dopo aver affrontato numerose difficoltà, Marlow riesce a far imbarcare Kurtz, che però
muore durante il viaggio. Marlow si ritrova con un pacco di lettere che Kurtz ha ricevuto dalla
fidanzata e che egli le riconsegnerà al termine della missione.
L’opera si sviluppa attorno a tre temi che si intrecciano e che vengono sviluppati in relazione a
situazioni sempre diverse. I tre temi sono: enigma, possesso, espressione. L’intreccio dei tre temi
si manifesta innanzitutto nella figura di Kurtz. Quest’ultimo entra in scena direttamente solo in un
secondo momento e vi rimane per poco tempo. Nonostante ciò egli è atteso sin dall’inizio, poiché
presentato come un essere superiore. La sua grandezza si manifesta sia come possesso che
come espressione:
-POSSESSO: Kurtz è in grado di raccogliere tanto avorio quanto sono in grado di raccoglierne tutti
gli altri agenti messi insieme;
-ESPRESSIONE: la più grande dote di Kurtz è l’espressione, cioè la capacità di parlare. Egli viene
descritto come una voce stupefacente e illuminante.
La grandezza legata all’espressione prevale sulla grandezza legata al possesso. Di conseguenza
possiamo affermare che la grandezza di Kurtz non deriva tanto dal dominio del mondo esterno,
quanto piuttosto dal dominio del mondo interiore. Per mondo interiore si fa riferimento alla parola,
cioè la dimensione più propria dell’uomo. L’accostamento di possesso ed espressione determina la
nascita di una domanda: E’ POSSIBILE AVERE IL POSSESSO, CIOE’ IL DO