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FAMIGLIA E PARENTELA NELL’ETA’ MODERNA
Cesarina Casanova
1.FORME DI FAMIGLIA. DISCUSSIONI E RICERCHE
1.1
Il significato originale del termine “famiglia” di “sottoposti” (schiavi, famuli) è variato nel
tempo, ma è stato per lungo tempo legato alla figura centrale del padre considerato pater
familias, cioè capo del sistema autoritario e gerarchico di un nucleo di individui legato
principalmente da interessi patrimoniali. Alcuni studi di Ariès, ad esempio, dimostrano che
l’affetto dei genitori verso i figli non sia un sentimento innato, ma che inizia a manifestarsi
solamente dal Settecento in avanti (pubblica libro nel 1960-“Padri e figli”).
Questo per quanto riguarda i rapporti interpersonali, mentre ,per quanto riguarda la
struttura familiare, gli studi degli storici si sono basati su dati ritrovati in registri parrocchiali
di matrimoni, battesimi e morti e status animarum (rilevazioni annuali- a Pasqua- fatte dai
preti sulla composizione del nucleo familiare) che le parrocchie erano costrette a tenere
dal 1563 (Concilio di Trento). Importanti erano anche i dati raccolti per controllare le
pratiche devozionali e questi dimostrano l’instabilità tipica del nucleo familiare.
Tramite questi studi è stato possibile smentire l’idea che la famiglia si fosse nuclearizzata
nel corso del tempo fino a formare la coppia di due persone e affermare che l’unità
coniugale esista almeno dal sedicesimo secolo; anche se non è da dimenticare che
ciascuna area geografica avesse le sue particolarità e dunque vi erano anche svariati
gruppi plurifamiliari.
Deriva sempre da studi degli anni 60-70 (Hajnal) il rapporto che è stato sottolineato tra
l’età al matrimonio e la struttura della famiglia: in Europa Occidentale, dove prevaleva la
separazione del nuovo nucleo familiare da quello d’origine, l’età da matrimonio era più
elevata (25/27 anni), mentre in oriente, dove era più facile che la nuova coppia restasse
sotto il tetto dei genitori l’età si abbassava notevolmente.
La ricerca più utile è quella portata avanti da Herlihy e Klapish-Zuber (1988) sul catasto
fiorentino del 1427, un bacino di ricerca assai ricco di dettagli dei nuclei familiari, della loro
composizione e ricchezza.
1.2 IL CATASTO FIORENTINO DEL 1427
Dai dati del catasto del 1427 risulta che la donna al matrimonio era più giovane rispetto
all’uomo anche se comunque rimane difficile comprendere quali uomini fossero sposati
poiché vedovi e scapoli non venivano distinti, mentre della donna veniva tutto specificato.
Inoltre, nelle campagne si tendeva ad anticipare il matrimonio rispetto alle città perché i
contadini sono attratti dalla ricchezza acquisibile con tale mezzo, mentre in città si
preferiva lascare al giovane il tempo di imparare un mestiere. Ovviamente, ritardando il
matrimonio, ai giovani veniva precluso lo sfogo sessuale e dunque si sviluppano
prostituzione e omosessualità. Questo ritardo portava anche a matrimoni tra uomini maturi
e ragazzine e, mentre il numero delle ragazze tra i 15 e i 20 anni era elevato, quello dei
trentenni era piuttosto scarso perciò si sviluppò una sorta di caccia al marito che aumentò
le doti.
Doti: alla figlia non spettava nulla del patrimonio, una volta sposata le veniva concessa la
dote in denaro e, in questo modo, veniva eliminata dal patrimonio familiare che invece
spettava ai maschi che, infatti, spesso rimanevano sotto il tetto paterno portandoci la
sposa. Solitamente, si tendeva a far sposare il figlio maggiore e a condannare a un
celibato piuttosto lungo i cadetti così da non sperperare il patrimonio di famiglia (nel 400 il
celibato non era ancora definitivo come diventerà successivamente).
Il nucleo familiare più o meno ampio, in città, era legato alla ricchezza, perciò famiglie più
ricche avevano anche maggiori membri familiari; in campagna, invece, non c’era una
relazione tra ricchezza e dimensione della famiglia.
Il matrimonio, però, non portava all’indipendenza perché vi era ancora la patria potestà
perenne.
Negli strati più poveri della società prevaleva, invece, la separazione dei nuovi coniugi sia
dalla famiglia paterna che materna non avendo un patrimonio da conservare o un
lignaggio da utilizzare per questioni politiche.
Nei primi del XV secolo si realizzarono dei cambiamenti: la popolazione uscì da malattie e
carestie e iniziò a crescere a ritmo regolare e ciò permise di alzare l’età da matrimonio e
aumentare la possibilità di mantenere intatto il patrimonio e la convivenza di un maggior
numero di fratelli sotto lo stesso tetto.
Nonostante le differenze elencate, nel 400 esisteva un’idea “tipica” di famiglia che era
quella della “grande famiglia”, ma la presenza di diversi tipi di struttura familiare indica che
non sempre era possibile realizzare l’idea preposta per svariati condizioni e motivi, anche
se il lignaggio rimaneva importante e soprattutto la vita sociale dell’individuo dipendeva
dalla sua inclusione nel gruppo familiare.
Benchè l’Italia sia stata inserita in una categoria di famiglia “mediterranea”, questa
categoria è piuttosto astratta poiché vi sono un’infinità di modelli differenti in tutta la
penisola.
1.3
I legami di parentela esistenti nell’età moderna, secondo Laslett, sono prevalentemente
orizzontali (molte persone di età piuttosto ravvicinata), a differenza di oggi che sviluppano
verticalmente grazie all’allungamento della vita media. La parentela era un legame forte
che si espandeva intorno alla famiglia nucleare che permetteva anche grande forza
davanti alle istituzione (famiglia inglese).
Nella seconda metà del Novecento si sono sviluppate nuove concezioni e dottrine che
hanno permesso di capire meglio i vecchi e nuovi rapporti tra famiglia e parentela come
struttura funzionale della società intera: l’antropologia e l’etnologia hanno permesso di
comprendere il nucleo familiare come un’associazione artificiale, l’unità elementare delle
funzioni sociali.
2. MATRIMONI E LEGAMI DI PARENTELA
2.1
L’organizzazione matrimoniale e della famiglia che noi conosciamo non è un’idea naturale
della vita dell’uomo, bensì una costruzione che deriva dalla cultura occidentale e dal suo
sviluppo nei secoli (famiglia patrilocale, monogamica, a lignaggio maschile). In tutto il
mondo non esiste una relazione che non abbia alle spalle una regolamentazione a livello
matrimoniale , se non qualche rara eccezione (Nayar in India e Moso in Tibet).
Il sistema seguito nella maggior parte dei paesi europei è quello bilaterale: siamo cioè
imparentati allo stesso grado con la madre e con il padre, ma non in tutti i luoghi la
famiglia è monogamica.
Inoltre, anche il matrimonio tra sessi diversi non è una prerogativa in tutto il mondo: i Nuer
sudanesi, ad esempio, sono patrilineari e le donne sono sempre considerate al di fuori
anche del lignaggio paterno; nel momento in cui una donna viene riconosciuta sterile,
allora non è più considerata tale, ma come un uomo. Da quel momento la donna sterile
partecipa come zio alla spartizione della dote della sposa di un fratello e può anche avere
una sposa; paga un uomo povero affinchè possa riprodursi con la sua sposa, ma i suoi
figli la chiamano padre e sua moglie “marito mio”. Un matrimonio in questo senso non è
considerato come omosessuale perché rimane all’interno dei canoni. Unioni, invece,
considerate omosessuali con anche la divisione dei ruoli sono state rilevate tra uomini
Navaho.
Poteva anche verificarsi un matrimonio “fantasma” con un morto come avviene presso i
Nuer: nel caso in cui l’uomo fosse morto senza aver avuto figli, la moglie poteva essere
sposata da uno degli uomini in nome del marito defunto. I figli nati da questo nuovo
legame erano legalmente del morto e portavano avanti il suo lignaggio.
In ognuno di questi casi, ciò che conta per la legalità del matrimonio è la DOTE.
2.2
Il matrimonio è un contratto di sostentamento reciproco sulla base di differenze stabilite
artificialmente/culturalmente ed è sostanziale alla società poiché è la famiglia che le
permette di esistere.
Nella filiazione patrilineare patrilocale l’appartenenza al gruppo è determinata dagli uomini
per cui le figlie fanno parte del lignaggio del loro padre, mentre i loro figli faranno parte del
lignaggio del marito; quest’impostazione vede un forte potere dell’uomo sulla donna che è
di secondo valore sia nella sua famiglia d’origine che in quella da lei creata. In caso di
crisi, la donna non riceve dunque aiuto dalla famiglia originaria e l’unico legame forte che
possiede è quello con i figli, benchè questi siano di “proprietà” della famiglia del marito.
Questo sistema è quello utilizzato in Europa e vede il legame di parentela sulla base di
individui con lo stesso cognome che condividono un antenato comune.
Inoltre venivano sanciti limiti al matrimonio in relazione alla parentela dei coniugi per
evitare che ci si sposasse tra consanguinei e che questo provocasse la chiusura sempre
più estrema in gruppi tra loro ostili; spesso la Chiesa fu mandante di questi divieti tramite i
vari concili come il Concilio di Trento del 1563 che sanciva il divieto di matrimonio tra
parenti di quarto grado. Divieti che venivano spesso oltrepassati soprattutto dalle classi
benestanti che durante l’800 spesso si sposavano tra cugini. La Chiesa solo nel 1917 tolse
pubblicamente il divieto di sposare parenti di quarto grado.
L’origine della dote risale all’XI-XII secolo quando il lignaggio iniziò a diventare solamente
maschile, per cui il sangue veniva trasmesso esclusivamente attraverso gli uomini e le
donne persero così ogni diritto di godere del patrimonio e la dote rappresentò, dunque,
l’ultimo aiuto finanziario offerto dal padre dopo il matrimonio (secondo il Codice di
Giustiniano). Mentre nella società romana la dote era il trasferimento di beni da una
famiglia all’altra e ciò non comportava l’esclusione della figlia dal patrimonio.
Il matrimonio in età medievale era quindi specialmente una questione sociale, economica
e politica, certamente non personale, perciò era un fatto di interesse collettivo; il miglior
esempio è il matrimonio con fine di pacificazione. Si intromise anche la Chiesa dal XII
secolo nel controllo della società tramite i matrimoni dei quali sanciva la sacralità; in
questo modo si promosse come antagonista promuovendo