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Riassunto esame di Psicologia Dinamica, prof. Attimonelli, libri consigliati: Lis, Stella,  Zavattini, Manuale di psicologia dinamica, Il Mulino, 1999 N. McWilliams, Il caso clinico. Dal colloquio alla diagnosi, Cortina Editore, Pag. 1 Riassunto esame di Psicologia Dinamica, prof. Attimonelli, libri consigliati: Lis, Stella,  Zavattini, Manuale di psicologia dinamica, Il Mulino, 1999 N. McWilliams, Il caso clinico. Dal colloquio alla diagnosi, Cortina Editore, Pag. 2
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MODULO 2. MODELLI PSICOANALITICI POST-FREUDIANI

2.1 C. G. Jung: la Psicologia Analitica

Carl Gustav Jung (1875-1961) occupa un posto di grande rilievo tra i pionieri della

psicologia dinamica. A lui si riconosce il merito non solo di aver contribuito

enormemente alla diffusione della psicoanalisi nella cultura psichiatrica europea, ma

anche di avere fondato un nuovo approccio teorico-clinico da lui stesso definito come

Psicologia Analitica. il nucleo centrale che ispira tutta la sua opera è la conoscenza,

fino anche alle estreme conseguenze, degli aspetti più reconditi della psiche umana.

Jung nasce nei dintorni di Basilea nel 1875. Dopo la laurea in medicina, proseguì la

sua formazione come psichiatra presso l’ospedale Burgholzli di Zurigo diretto da

Bleuler. Lì Jung fu incoraggiato ad utilizzare test psicologici per studiare i processi

mentali e gli fu affidato la conduzione di esperimenti con il reattivo delle associazioni

mentali i cui risultati, come vedremo a breve, andarono a costituire le basi empiriche

di alcuni concetti centrali del suo modello. Gli insegnamenti di Bleuler lo avvicinarono

a Freud. In Freud, Jung trovava un vero maestro che aveva sviluppato, in un’articolata

teoria del funzionamento mentale, l’ipotesi che la psicopatologia non fosse il frutto di

una degenerazione cerebrale ereditaria, ma piuttosto il risultato di complessi processi

mentali, costituitisi lungo il periodo infantile. fu lo stesso Freud ad affidargli la

presidenza dell’Associazione psicoanalitica internazionale (fondata a Norinberga nel

1910) nonché la direzione esecutiva della prima rivista psicoanalitica. Tuttavia, nel

corso di pochi anni divenne sempre più evidente la distanza con il maestro viennese

che lo portò nel 1913 a dimettersi dall’Associazione psicoanalitica. Nel corso degli anni

ampliò costantemente la sua costruzione teorica che portò poi alla Psicologia Analitica.

La teoria dei complessi

secondo questa teoria, il funzionamento psichico di ciascun individuo è articolato in

complessi, ovvero in diversi insiemi di rappresentazioni, pensieri e ricordi, in parte o

del tutto inconsci, dotati ciascuno di un proprio tono emotivo o valore affettivo.

La teoria dei complessi inquadra l’esperienza della soggettività non come un’entità

unica e coesa ma come divisa in aspetti dissociati e non sempre integrati tra loro. Il

tono emotivo o “valore affettivo” rende tali complessi autonomi fino ad arrivare in certi

casi a “infrangere il dominio e il sentimento di sé dell’individuo”. Tali complessi

possono infatti interferire più o meno in maniera intensa nell’esistenza dell’individuo a

seconda della loro carica emotiva. Ma come si originano? Rispetto alla concezione

freudiana, nella quale il complesso è posto sempre in relazione alle vicissitudini della

sessualità, nella psicologia junghiana, invece, esso è legato ad una diversa concezione

della libido e alla nozione di simbolo e archetipo. Jung intende per libido l’energia

psichica in senso ampio, motore di ogni manifestazione di vita dell’uomo. È quindi un

sinonimo di energia vitale che non si riduce a quella legata alla sessualità ma

abbraccia tutti gli ambiti di vita dell’individuo. La libido può assumere due diverse

direzioni: quella progressiva, cioè verso il mondo esterno, e quella regressiva, verso il

mondo interno. Secondo Jung è infatti solo sulla base di esigenze interne soddisfatte

che è possibile aderire armonicamente alle proprie esigenze e a quelle poste

dall’ambiente. La libido può essere sottoposta a delle trasformazioni (che Jung

attribuisce a un apparato di conversione chiamato funzione simbolica), attraverso le

quali la libido viene trasformata in simbolo. I simboli svolgono dunque una azione

fondamentale di mediazione tra conscio e inconscio, essendo espressione di contenuti

più o meno accessibili alla coscienza, e se adeguatamente tradotti possono

permettere il processo di crescita psicologica e l’individuazione, inteso (come vedremo

meglio a breve) come il perseguimento di un’autonomia individuale dagli stereotipi

culturali, e quindi come costruzione di un’individualità a partire da una cultura

comune. Jung concepisce la mente come “una totalità che è conscia e inconscia allo

stesso tempo”.

Nella visione di Jung il simbolo non è un qualcosa di già noto, bensì un’espressione “

che formula la cosa ricercata, attesa o presentita. Il simbolo è intimamente collegato

con qualche aspetto inconscio, a qualche cosa che sta cercando di emergere. Il riuscire

a cogliere, almeno in parte questi contenuti nuovi, sottolinea Jung, dipende

dall’atteggiamento della coscienza. Jung attribuisce all’inconscio una funzione di

compensazione rispetto alla coscienza. E’ nel conflitto e nel contrasto che si può

generare qualcosa di nuovo, con la tensione tra gli opposti che viene superata proprio

con quel simbolo in grado, come sottolinea l’etimologia (symbolon che significa

congiungere, tenere insieme, unire), di riunificare. I simboli con questa loro capacità di

riunire gli opposti, di andare oltre facendo intravedere nuove direzioni sono basilari ai

fini del processo di individuazione, cioè quel lungo e tortuoso e percorso che porta a

divenire se stessi. A livello pratico è possibile vedere l’effetto dei simboli prendendo in

considerazione per un certo periodo di tempo i sogni di una persona. Osservandone

una lunga sequenza è possibile vedere come i vari simboli emersi nelle varie situazioni

conflittuali fossero legati da un filo comune che pian piano conduce verso il Sé: il vero

centro della personalità e paradossalmente anche ciò che la delimita nella sua totalità.

Il Sé che può sembrare un concetto astratto si manifesta empiricamente con simboli di

totalità come il mandala; con simboli di complexio oppositorum come il Tao, la Croce;

con simboli che esprimono una personalità superiore come quella di un eroe o di un re.

L’architettura psichica si compone di tre modalità di funzionamento: la coscienza,

l’inconscio personale e l’inconscio collettivo. La coscienza è indissolubilmente legata

all’Io, inteso come una funzione della personalità volta ad esperire il mondo esterno e

quello psichico. Le esperienze e i contenuti psichici che non fanno parte della

coscienza e che tuttavia sono sempre suscettibili ad emergere attraverso ad esempio i

sogni, delimitano lo spazio dell’inconscio personale. L’inconscio collettivo che possiede

un carattere universale, che accomuna l’intera umanità. L’idea di inconscio collettivo

nasce dalla convinzione dell’esistenza di simboli universali che si manifestano a livello

individuale nei sogni, nei disegni liberi, nell’immaginazione e nei deliri, e a livello

collettivo nei miti, nelle fiabe e nelle opere d’arte. L’inconscio collettivo rappresenta

dunque il deposito della memoria ancestrale. I contenuti dell’inconscio collettivo sono

gli archetipi, che hanno un carattere universale, immutabile e perpetuo. Gli archetipi

costituiscono la memoria dell’umanità che permane in un inconscio che si trasmette

per eredità genetica. Gli archetipi devo essere visti come potenzialità espressive e

idee generali che preformano l’esperienza. Descrive diversi archetipi tra cui:

Persona: può essere inteso come l’immagine che l’individuo dà di sé agli altri,

 come una “maschera che simula l’individualità”. La Persona può anche essere

intesa come la somma degli atteggiamenti convenzionali che l’individuo adotta

in seguito all’appartenenza a certi gruppi (professionali, classe sociale, partito

politico, nazione).

Ombra: rappresenta l’altro lato della personalità, il suo lato oscuro,

 indifferenziato che si oppone all’Io cosciente. Esso rappresenta i contenuti

psichici rimossi dell’inconscio personale e in particolare sia quegli aspetti

inaccettabili per l’Io sia quelli di carattere positivo che permettono di attingere

alle celate potenzialità individuali.

Anima e Animus: rispettivamente inerenti alla psicologia maschile e femminile.

 L’Anima è “il femminile che fa parte dell’uomo come sua femminilità inconscia”;

costituisce una figura ideale presente nell’uomo. Tale immagine interna viene

proiettata sulla donna amata a cui si attribuiscono spesso qualità che in realtà

non le appartengono. L’Animus è invece l’elemento maschile inconscio della

donna.

Sé: rappresenta il punto di congiunzione tra la dimensione individuale e quella

 collettiva dell’esperienza soggettiva, il senso di essere “unico” e al contempo di

appartenere intimamente al mondo degli altri essere viventi.

I Tipi psicologici

Per cercare di spiegare le differenze individuali e le diverse caratteristiche di

personalità, Jung in Tipi psicologici del 1921, individua due atteggiamenti o

orientamenti fondamentali e quattro funzioni psicologiche che combinati

insieme in maniera specifica possono originare peculiari “tipi psicologici”.

I due atteggiamenti fondamentali sono l’estroversione e l’introversione da

cui dipende il tipo di relazione che l’individuo sviluppa con se stesso e

l’ambiente. L’atteggiamento introverso porta ad anteporre la vita psichica

soggettiva all’oggetto e alla realtà; è quindi del tutto privilegiato il mondo

interiore a scapito della realtà esterna; l’atteggiamento estroverso induce,

invece, a dare un valore preponderante all’oggetto, ovvero alla realtà

esterna a scapito della fantasia e dei processi soggettivi. Ogni individuo è in

possesso di entrambi i meccanismi, e seguendo la legge di compensazione

psichica, nessuno dei due atteggiamenti dovrebbe essere assolutamente

egemone sull’altro. Questi due atteggiamenti si uniscono a 4 funzioni

psichiche: pensiero, sentimento, intuizione e sensazione. Il pensiero è la

funzione che si basa sulla conoscenza e sulla comprensione razionale delle

cose; il sentimento è la funzione valutativa della realtà, ovvero il modo con

cui diamo un valore positivo o negativo alle cose; entrambe le funzioni, sono

definite razionali in quanto consentono di fare un giudizio e una valutazione

della realtà ma, operando su registri del tutto opposti, risultano in antitesi e

incompatibili tra loro. La sensazione e l’intuizione corrispondono invece

rispettivamente alla percezione sensoriale della realtà, così come essa si

offre al soggetto, e all’incontro del soggetto

Dettagli
A.A. 2018-2019
24 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/07 Psicologia dinamica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher pamela.nistico di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dinamica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Niccolò Cusano di Roma o del prof Attimonelli Gabriella.