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TU NON SEI LE TUE EMOZIONI
Le emozioni le proviamo ma non ci appartengono, anche se ci capita di provare
sentimenti che ci diventano familiari. Noi non siamo le nostre emozioni, anche se ci
aiutano a capire chi siamo.
Una delle fonti primarie della buona autostima è l’accettazione sociale: gli altri
contribuiscono a farci sentire dotati di caratteristiche apprezzabili.
Il timore dell’esclusione sociale (accentuato nelle persone con bassa autostima) attiva
le stesse risposte fisiologiche tipiche della paura o delle minacce fisiche: persone con
bassa autostima o incerta fanno dipendere molto il proprio benessere dall’approvazione
degli altri, ed hanno caratteristiche:
- tendono a svalutarsi;
- tendono ad attribuire a sé il rifiuto (sono io la causa);
- interpretano erroneamente non-minacce e segni ambigui;
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- livelli di cortisolo più elevati.
Cortisolo e pensieri negativi protratti nel tempo riducono la “carica” psicologica
compromettendo il sistema immunitario.
Come correggere la situazione? Stando con persone che ci valorizzano, coltivare
amicizie con persone positive, individuare l’ambiente sociale e lavorativo che fa sentire
bene E rendersi conto che “io non sono le mie emozioni”.
Si tratta di passare dal “sono triste” (e resto là, non accetto ma subisco la realtà) al “mi
sento triste” e mi attivo per accogliere e semmai cambiare la realtà di ciò che mi accade.
AMORE
È possibile odiare l’amore per due ragioni:
- ambivalenza affettiva (compresenza nel nostro vissuto di emozioni contrapposte.
Fenomeno normale, la differenza è data dal modo di gestirla: negativo se rifiutiamo
emozioni che proviamo o vi è un alternarsi troppo frequente di emozioni contrapposte);
- dipende dal tipo di amore che si prova:
- amore condizionato: soddisfare attese, anche al prezzo di essere inautentici.
Pur di essere amati, si accettano condizioni. Instilla sensi di colpa, porta ad agire in
modo diverso dai propri desideri;
- amore incondizionato: favorisce la libera espressione di sé, permette di essere
se stessi e semmai accompagna, ma non forza, ad essere diversi da quelli che si è.
Favorisce lo sviluppo dell’autostima (imparo ad apprezzarmi per quello che sono),
accettazione del proprio vissuto emotivo e la sua trasformazione.
TEORIA COMUNICATIVA DELLE EMOZIONI
La teoria comunicativa delle emozioni proposta da Oatle e Johnson-Laird.
“Comunicativa” perché le emozioni comunicano quanto un obiettivo è importante per
noi e quanto ci manca per raggiungerlo.
1) Tristezza = perso;
2) Paura = incerto;
3) Rabbia = ostacolato;
4) Coinvolgimento = prossimo;
5) Soddisfazione = raggiunto.
Es. Una caratteristica di noi ci piace poco es. “sono troppo impulsivo” o “sono troppo
timido”, e ritenere che sia importante essere riflessivi (anziché impulsivi) o espansivi
(anziché timidi).
1) Tristezza: forse sono fatto così, non riesco ad essere diverso?
2) Paura: cosa diranno di me in quella situazione? Riuscirò ad essere diverso?
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3) Rabbia: accidenti, anche stavolta ho agito d’impulso/non sono riuscito ad
esprimermi;
4) Coinvolgimento: ci sto riuscendo, sono riuscito a trattenermi/espormi;
5) Soddisfazione: per il raggiungimento del traguardo.
Il modo che hanno le emozioni per esprimersi è l’intensità.
Le emozioni piacevoli aiutano ad affrontare quelle spiacevoli: le piacevoli ampliano
attenzione, le facoltà cognitive, creatività, voglia di fare, innescando un processo a
catena per cui si giunge a sperimentare ulteriori emozioni piacevoli: quest’ultime
spingono la persona a cimentarsi in ambiti che parrebbero inizialmente favorire vissuti
emotivi negativi.
È normale provare sia emozioni positive che negative, l’importante che le prime
superino le seconde aiutino a capirle, senza giudicarle/ci.
Ricordarsi di qualche punto chiave:
- la soddisfazione arriva dopo aver affrontato le situazioni, non dopo averle evitate;
- per raggiungere la soddisfazione si passa per tre emozioni negative (tristezza, paura,
rabbia): affrontare compiti che le evitano (troppo semplici, sempre piacevoli) non
creano soddisfazione, quindi nemmeno valorizzazione e valutazione positiva di sé (la
felicità è una conquista).
Come non desistere alle emozioni negative (non mollare)?
- Suddividere grandi obiettivi in sotto-obiettivi (raggiungiamo in meno tempo una
soddisfazione parziale che dà la carica per un altro sotto-obiettivo);
- Avere più obiettivi in parallelo (possiamo sperimentare soddisfazione per una cosa e
rabbia per ostacoli che incontriamo altrove: gestire emozioni contrapposte e trarre forza
dalle emozioni positive per gestire le emozioni di situazioni problematiche).
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CAPITOLO 4
MISURARE L’AUTOSTIMA
Due tipi di misure:
- le misure esplicite valutano l’autostima che noi dichiariamo o crediamo di possedere;
attinge ai ricordi autobiografici anche “generali”, non riferiti a specifici episodi, ed è
riflessiva: dipende da valutazioni pensate (valgo? posso?).
Deriva da tre fonti:
- la valutazione positiva da parte degli altri, che ci apprezzano e ci stimano;
- l’osservazione del nostro comportamento, dei successi, dei buoni risultati;
- confronto sociale con gli altri, che siano ritenuti come noi o di più o meno valore.
- le misure implicite consentono di avere informazioni riguardanti l’apprezzamento di sé
a livello affettivo e preverbale, non concettualizzato. Si basa su associazioni anche
inconsapevoli di aggettivi e nomi con la propria persona, ed è di natura emotiva.
Per definizione è inconscia: si tratta di un’autostima nascosta, e spesso ignota anche a
noi stessi o rifiutata.
STRUMENTI PER L’AUTOSTIMA ESPLICITA
RSES = Rosenberg Self-Esteem Scale (un punteggio da zero a trenta valuta la
valutazione che noi diamo a noi stessi in generale);
TMA = Test di valutazione Multimediale dell’Autostima (misura l’autostima in età
evolutiva);
SLCS = Self-liking/Self-competence Scale (si ottengono due punteggi riguardanti la
percezione di competenza e la piacevolezza di sé).
AUTOSTIMA INDIRETTA
Motivo di competenza: bisogno di sentirsi competenti nelle attività che si svolgono, di
padroneggiare efficacemente l’ambiente e le situazioni. Determina il voler o no
cominciare una nuova attività. L’immagine di competenza è creata da confronti,
stereotipi, beliefs.
Susan Harter propone un modello di sviluppo dell’autostima indiretta:
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- a fare la differenza tra uno sviluppo armonico o problematico è il ruolo svolto dagli
adulti: accompagnatori (attenti all’imparare piuttosto che al risultato) o intrusivi (“faccio
io”, “lascia stare”, perché preoccupati del buon esito che dello sviluppare competenza).
Nel primo caso (accompagnatore), l’adulto sostiene il mettersi in gioco ed il vissuto
emotivo, incoraggiando e badando al processo e non al risultato: si svilupperà il
desiderio di sentirsi competenti e l’autostima.
Nel secondo caso (intrusivo) in cui gli altri si sono intromessi, sostituiti, dato feedback
di incompetenza: si creerà una sorta di timore nell’affrontare compiti nuovi, paura di
non sentirsi competenti, svalutazione delle possibilità di farcela da sé, con effetti
negativi sull’autostima.
Quindi, è importante esercitare la competenza cimentandosi nei compiti e provare
comunque ad affrontare le situazioni, non solo per riuscire ma soprattutto per sentire
che stiamo esercitando delle abilità.
STRUMENTI PER L’AUTOSTIMA IMPLICITA
Alta autostima implicita è un predittore della depressione (coloro che si apprezzano ma
si svalutano perché non sostenuti o valorizzati tendono a sviluppare sintomi di natura
depressiva): quindi se l’autostima implicita supera l’autostima esplicita.
Al contrario, un’autostima esplicita superiore all’implicita crea espressioni narcisismo o
paranoia.
Strumenti di misurazione:
RW-APT (Response-Window Affective Priming Task): 1) foto del partecipante o altra
persona 2) aggettivi positivi o negativi 3) rispondere velocemente se positivi o negativi
RISULTATO si confrontano i tempi di risposta;
Emotional Stroop Task: 1) è richiesto di abbinare un colore ad aspetti positivi o
negativi 2) misurazione dei tempi di risposta RISULTATO alta autostima = più veloci
ad abbinare al colore giusto le parole positive / bassa autostima = più veloci ad abbinare
al colore giusto le parole negative;
IAT (Implicit Association test): 1) si presentano coppie di parole (Aggettivo + me
stesso / Aggettivo + le altre persone) 2) si misurano i tempi di reazione RISULTATO
alta autostima = più veloce nell’associare a sé parole positive;
NLT (Name Letter Test): 1) esprimere su scala numerica una preferenza per delle
lettere RISULTATO più è alto il valore assegnato alla propria iniziale tanto maggiore
sarà l’autostima implicita. 12
ECCESSO D’AUTOSTIMA
Un eccesso d’autostima si collega a paranoia (sentirsi ingiustamente perseguitati). Può
favorire forme di aggressività e violenza perché si accompagna all’esperienza di sentirsi
minacciati, che a sua volta può condurre a volersi difendere, svalutando o attaccando
gli altri.
Diventa problematica solo se incongruente con le valutazioni implicite o indirette, le
condizioni di vita e con altre dimensioni psicologiche e di personalità.
Negli altri casi non è disfunzionale, ma il frutto di un esercizio a valorizzarsi e a credere
nelle proprie potenzialità. 13
CAPITOLO 5
COLTIVARE L’AUTOSTIMA
QUATTRO PASSI PER ACCRESCERE L’AUTOSTIMA
1) VOLERLO FARE:
- SI: Rispondere al bisogno di appartenenza ed inclusione (appartenere ad un
gruppo ed essere valutati positivamente da esso);
- NO: Bisogno di sicurezza (evitare tutto ciò che ci può far percepire incerti) e il
bisogno di coerenza (mantenere l’immagine che abbiamo sempre avuto di noi, anche
se negative); a sostenere questi due bisogni vi è il principio di predicibilità (sapere che
le cose andranno in una certa maniera, evitare l’incertezza, anticipare gli esiti).
2) ACCETTARSI:
- SI: Ascoltare ed accogliere sé stessi prestando attenzione alle proprie reazioni
ed emozioni; volersi bene (impegno a trovare il positivo anche in ciò che definiamo
“problema”); perdonarsi (accettare le parti di noi che ci piacciono meno e ci fanno
soffrire), non ruminare (più si ripensa a situazioni di cui non riusciamo a perdonarci, più
crescono in noi emozioni ne