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1- IL PROCESSO DI ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI
A partire dal programma di ricerca svolto a Yale da Hovland, si sono sviluppate 2 teorie
fondamentali riguardanti il processo di elaborazione:
- McGuire (1968), Paradigma dell’elaborazione delle informazioni;
- Petty, Ostrom e Brock (1981), Approccio della risposta cognitiva.
Esse non costituiscono due concezioni diverse, ma una linea di sviluppo teorico avvenuto nel
tempo.
1.1- IL PARADIGMA DELL’ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE
Si tratta della prima interpretazione della persuasione in termini di processo cognitivo di
elaborazione delle informazioni; si basa sugli studi di Hovland, Janis e Kelley (1953) i quali
suggerivano che l’impatto della comunicazione persuasiva, poteva essere colto considerando
un processo a 3 fasi:
1- attenzione verso il messaggio; 2- comprensione del contenuto; 3- accettazione della
conclusione.
McGuire sviluppa questa idea in un processo che prevede 6 fasi, le quali devono svolgersi
senza interruzioni che, altrimenti, interromperebbero il processo:
1- presentazione messaggio;
2- attenzione;
3- comprensione contenuti;
4- accettazione posizione sostenuta;
5- memorizzazione della nuova opinione;
6- comportamento.
L’interesse per questo modello, è dato dal fatto che è stato formalizzato in un modello
stocastico, che rende cioè possibile prevedere il cambiamento di atteggiamento a partire dalla
probabilità che si verifichi ogni passaggio.
La probabilità di attuazione di ogni passaggio, è proporzionale alla probabilità congiunta che si
verifichino tutti i passaggi precedenti; il modello è configurato come una catena di risposte,
ognuna delle quali porta con sé un certo grado di incertezza: questo spiega la difficoltà di
modificare gli atteggiamenti ed i comportamenti.
I fattori tradizionalmente studiati in relazione alla persuasione (es. caratteristiche fonte,
vividezza messaggio, ordine di presentazione degli argomenti…), entrano nel modello come
variabili che influenzano la probabilità che ciascun passaggio si verifichi.
L’equazione che esprime il modello è: P = P xP ovvero la probabilità di essere influenzati dal
i r a
messaggio persuasivo (P ) è uguale al prodotto della probabilità di ricevere adeguatamente il
i
messaggio (P ) per la probabilità di accettarne le conclusioni (P ).
r a
Esempio:
10 studenti siano posti, uno per volta, di fronte ad un messaggio favorevole all’istituzione del
numero chiuso nella loro facoltà; la probabilità di ricezione (P ) è molto alta, non vi sono
r
distrattori e il messaggio riguarda una realtà conosciuta.
Supponiamo che P sia 0.8, ovvero 8 studenti su 10 sono attenti al messaggio e ne capiscono il
r
contenuto.
Sulla probabilità che gli 8 studenti siano d’accordo con il messaggio, agiscono vari fattori: chi è
la fonte, l’importanza personale della questione, le opinioni precedenti, ecc.
Supponendo una P di 0.5, avremo 0.8x0.5=0.4 ovvero, 4 studenti escono dal laboratorio con
a
opinioni favorevoli all’istituzione del numero chiuso.
McGuire ritiene che l’importanza relativa di ricezione e accordo, varia in corrispondenza con
fattori di contesto; ad esempio la ricezione assume importanza nell’equazione quando il
messaggio è complesso, mentre l’accordo risulta più centrale se il messaggio è semplice.
Il potere predittivo di questo modello diminuisce quando il processo considerato avviene fuori
dal laboratorio.
1.2- L’APPROCCIO DELLA RISPOSTA COGNITIVA
La prospettiva degli studiosi di Yale e di McGuire nel suo Paradigma dell’elaborazione
dell’informazione, vede il ricevente in un ruolo passivo, che non considera la sua reazione
soggettiva alla comunicazione.
Greenwald (1968) mette in discussione questa concezione, sottolineando l’importanza della
rielaborazione del messaggio da parte del ricevente; questa idea verrà sviluppata da Petty,
Ostrom e Brock (1981), in un approccio basato sull’idea che l’impatto persuasivo, sia
determinato principalmente dalla “natura delle risposte cognitive” che il ricevente formula
quando anticipa, riceve o riflette su una comunicazione; non si nega la necessità di una forma
di apprendimento dei contenuti, né delle altre fasi del Paradigma: gli autori associano
all’apprendimento, come fattore cruciale, l’interpretazione dei contenuti.
Secondo tale approccio, il ricevente mette in relazione l’”informazione contenuta nel
messaggio”, con le “credenze che possiede relativamente alla questione”; si tratta di una
rielaborazione il cui risultato è il fattore che media l’effetto persuasivo:
- se le informazioni inducono pensieri favorevoli alla posizione del messaggio, l’atteggiamento
iniziale del ricevente risulterà influenzato nella direzione desiderata;
- se le informazioni inducono pensieri sfavorevoli, l’atteggiamento iniziale rimarrà immutato o
cambierà nella direzione opposta.
In sintesi, le cognizioni generate in risposta al messaggio persuasivo, determinerebbero sia la
direzione che l’ampiezza del cambiamento di opinione.
La ricerca condotta secondo questo approccio, si pone l’obiettivo di individuare i fattori che
favoriscono/inibiscono l’attività cognitiva di risposta e i fattori che ne influenzano la direzione
rispetto alla posizione sostenuta nel messaggio; gli autori hanno sviluppato la tecnica della
“lista di pensieri”, nella quale viene presentato il messaggio persuasivo e rilevata la misura di
atteggiamento nei confronti del tema in questione; in seguito viene chiesto ai partecipanti di
scrivere una lista di pensieri e idee, che sono loro venute in mente a fronte del messaggio.
Tali liste vengono poi codificate per formare due categorie: favorevole/sfavorevole al contenuto
del messaggio.
Secondo Greenwald (1981), vi è la necessità di trovare modalità più dirette e non solo auto-
riportate, per cogliere la quantità e la direzione delle risposte cognitive; è stata così effettuata
la rilevazione di attività psicofisiologiche del ricevente di fronte al messaggio, poiché si è visto
che l’accelerazione del battito cardiaco e l’attività di alcuni muscoli facciali, sono associati ad
una estesa elaborazione cognitiva.
Festinger e Maccoby (1964) fecero ascoltare a due gruppi uno stesso messaggio, che sostiene
una posizione contraria a quella espressa in precedenza dai partecipanti; un gruppo viene
distratto dalla proiezione di un film divertente, l’altro può ascoltare tranquillamente il
messaggio.
I risultati mostrano che il primo gruppo, nonostante la distrazione, viene influenzato più del
secondo; secondo il Paradigma di McGuire ciò è inspiegabile, poiché la distrazione dovrebbe
impedire la ricezione.
Festinger e Maccoby invece, ritengono che, quando un ricevente viene posto di fronte ad un
messaggio contrario alla sua posizione, comincia un’attività mentale di contro-argomentazione:
se questa viene impedita da fattori esterni di distrazione, la resistenza alla comunicazione
diminuisce, favorendo l’accettazione del messaggio.
Questo esperimento ha ricevuto alcune critiche di ordine metodologico: ad esempio si ritiene
che la visione del film divertente non è solo una distrazione, ma che induca nello spettatore un
umore positivo che favorisca la disponibilità ad essere persuaso.
Esperimenti successivi, sostengono nuovamente l’ipotesi che la distrazione faciliti l’accettazione
della comunicazione discrepante, attraverso l’inibizione del processo di contro-argomentazione.
Gli autori riscontrano che non vi sono differenze nel ricordo del contenuto del messaggio, nelle
differenti condizioni sperimentali; quindi la distrazione facilita l’accettazione del messaggio,
solo se interferisce con l’attività di rielaborazione dei contenuti, ma non se influisce sulla
ricezione del messaggio stesso.
Questa interpretazione ricompone l’incongruenza con il Paradigma di McGuire: livelli di
distrazione alti, che interferiscono con la ricezione, producono l’ovvio effetto di vanificare
l’influenza del messaggio.
Petty, Wells e Brock (1976) sostengono che la distrazione interferisce con la risposta
dominante al messaggio, ovvero quella che il ricevente evoca più facilmente:
- nel caso di risposta dominante favorevole, la distrazione porta a diminuire l’impatto
persuasivo;
- se la risposta dominante è sfavorevole, la distrazione facilita l’accettazione del messaggio
(come nell’esperimento).
2- LE DIFFERENZE INDIVIDUALI
Dagli anni 60, si ha interesse all’analisi di tratti di personalità o caratteristiche personali nel
determinare i fenomeni; questo interesse, dopo una fase di declino, riprenderà negli anni 80.
Per quanto riguarda gli studi sulla persuasione, le caratteristiche individuali del ricevente
hanno un forte potenziale applicativo, poiché si possono concepire comunicazioni mirate a
segmenti di popolazione.
2.1- L’INTELLIGENZA E L’AUTOSTIMA
Lo studio dell’impatto persuasivo di intelligenza e autostima, parte dalla versione a 2 fasi del
modello di McGuire (1968); l’equazione che formalizza il modello è costituita da:
- probabilità che l’individuo riceva correttamente il messaggio (P );
r
- probabilità che lo accetti (P ).
a
Nel modello, viene dato risalto al 1° fattore, in quanto prerequisito affinché il 2° avvenga.
Alcune ricerche hanno confermato che la comprensione del messaggio, è un fattore che media
il processo di influenza; McGuire ipotizza che intelligenza e autostima agiscano in modo
opposto sulla ricezione e sull’accettazione.
Una persona intelligente è maggiormente in grado di capire il messaggio rispetto ad una meno
intelligente, ma anche meno propensa ad accettarne le conclusioni acriticamente.
Allo stesso modo, una persona con alta stima di sé, è più probabilmente disposta a prestare
attenzione al messaggio, ma sarà meno influenzata dalle posizioni sostenute, poiché ha una
forte sicurezza rispetto alle sue opinioni preesistenti.
Questo effetto può essere rappresentato con una curva a forma di U rovesciata:
- ad altri gradi di intelligenza e autostima, si avranno effetti persuasivi modesti, poiché
l’accettazione del messaggio è poco probabile;
- a bassi livelli di intelligenza ed autostima, si avranno effetti persuasivi modesti dovuti alla
scarsa probabilità di comprensione;
- a livelli intermedi di intelligenza ed autostima si dovrebbero avere gli effetti persuasivi più
importanti, poiché dovrebb