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II. L’ordine della parole
1. Premessa
L’argomento che mi propongo di affrontare è quello dell’ordine delle parole dal punto di vista della struttura
della frase, cioè della sintassi. La mia esposizione consta di cinque parti.
2. Aspetti recenti
Si pensi agli stemmata codicum della filologia, agli alberi genealogici dell’evoluzione degli esseri viventi e
delle famiglie linguistiche, fino agli alberi sintattici di Chomsky, in cui il Soggetto è il sintagma nominale
direttamente dominato da F, e l’Oggetto quello direttamente dominato da SV. Il rapporto fra struttura
profonda e superficiale è mediato dalle trasformazioni.
3. Aspetti medievali
Lallot osserva a sua volta che in Apollonio troviamo una concezione lineare o additiva della sintassi. Bisogna
arrivare al Medioevo perché si introducano le nozioni, grammaticali invece che logiche di suppositum e
appositum.
III. Semantica: le strutture
1. Introduzione
Che cos’è la semantica? Cosa significa semantica? Può sembrare che la risposta sia semplice e diretta: lo
studio del significato. La risposta è quanto meno insufficiente. Per esempio, se chiediamo che cos’è la
fonetica possiamo rispondere in ogni caso: lo studio dei suoni del linguaggio. Ma nel caso della semantica,
rispondendo “lo studio del significato”. Questa risposta provoca un intoppo, una sorta di disaggio
“semantico”.
2. Significato ed etimologia
Quando cerchiamo di chiarire i termini ci troviamo a dover scegliere fra due punti di vista, che i linguisti di
solito chiamano sincronico e diacronico. Il primo si limita a usi considerati come se fossero contemporanei
fra loro, prescindendo dalla loro evoluzione cronologica. Il secondo considera invece la loro etimologia, la
loro storia, il loro cambiare nel tempo. La linguistica moderna, almeno da Saussure in poi, privilegia la
prospettiva sincronica su quella diacronica.
3. Semantica e significato
Il termine semantica è attestato in italiano nel 1922, nella prima edizione dello Zingarelli, e basato sul
francese semantique, a quanto pare introdotto nel 1883 da Michel Breal, con l’avvertimento che i linguisti
per lo più hanno studiato il corpo ( fonetica) e la forma (morfologia) delle parole. La parola semantica è
basata sull’aggettivo greco semantikos, collegato a semaino, a cui corrisponde il latino significare, “dar
segno, indicare, manifestare”. L’origine del sostantivo significato è controversa.
4. Significante e significato
Nella linguistica moderna, da Saussure in poi, siamo abituati a distinguere tre nozioni, che Saussure
chiamava signe, signifiant e signifie. . La resa italiana con segno, significante e significato sembra ovvia, ma
di fatto nasconde varie difficoltà. Il segno è un’entità linguistica che denota un oggetto extralinguistico, la
cosa che esso designa e che appartiene alla realtà esterna. Il segno è per Saussure un’entità bifronte, consiste
del rapporto fra significante e significato, che costituiscono rispettivamente l’espressione e il contenuto del
segno, entrambe nozioni astratte o mentali. Per tutte e due le facce del segno, conviene distinguere tra forma
e sostanza. La forma rappresenta l’aspetto astratto, quasi il modello mentale; la sostanza è la realizzazione
concreta, materiale, percepibile coi sensi. Se consideriamo la parole CANE, possiamo dire che si tratta di un
segno che appartiene alla lingua italiana, e che consiste del significante cane e del significato cane. Questo
assunto saussuriano non corrisponde alle idee tradizionali di linguisti, filosofi e logici. Secondo le concezioni
prevalenti fino al Novecento, l’opposizione di base è quella fra parole e cose, per cui le parole sono i nomi, o
etichette, con cui si designano le cose.
5. Arbitrarietà
Saussure, il principio dell’arbitrarietà: il rapporto tra significante e significato è arbitrario . Anche questa tesi
è meno ovvia di quanto potrebbe sembrare. Come è ben noto , il Cours di Saussure è stato messo insieme,
dopo la sua morte, da allievi e colleghi, sulla base degli appunti raccolti durante tre corsi di linguistica
generale. Saussure condivide la tesi dell’arbitrarietà, conferendole peraltro un risvolto radicale.
6. Relativismo
A questa dicotomia se ne collega un’altra, basata sulla tesi secondo cui non è tanto la nostra mente a
determinare la nostra lingua, quanto, viceversa la nostra lingua a determinare il nostro modo di pensare.
Quest’ultima tesi viene fatta risalire a Wilhelm von Humboldt, ed è stata anche designata, in certe sue forme
estreme, come “ipotesi Sapir-Whorf”, dai nomi del grande linguista americano di origine russa, Edward
Sapir, e di un geniale dilettante studioso di lingue amerindiane, Whorf. Secondo questa ipotesi, ogni lingua
impone ai suoi parlanti un modo di vedere il mondo, e inevitabile li costringe a esprimersi secondo categorie
concettuali e strutture logiche diverse da lingua a lingua. Su questa base si sostiene che ogni lingua è una
sorta di monade, un sistema autonomo, non trasferibile in altre lingue. Da questo punto di vista la traduzione
sarebbe, a rigor di termini, impossibile.
7. Universalismo
La tendenza opposta, di carattere universalistico, che oggi prevale nella linguistica teorica, grazie al forte
impulso di Chomsky e delle scuole che a lui si ispirano, proclama anch’essa la base biologica, genetica del
linguaggio, anche se di fatto ne indica il carattere mentale. La grammatica universale chomskiana si richiama
al singolo parlante, di cui cerca di studiare e di capire la facoltà linguistica, fondamentalmente la stessa per
tutti gli esseri umani, al di la delle differenze che distinguono fra loro parlanti di lingue diverse. Quanto più
un tratto è specifico di una lingua o di una comunità, tanto più richiede di essere spiegato in base a principi
generali, proprio perché il linguaggio è una caratteristica biologica che accomuna gli essere umani,
distinguendoli da altre specie. Chomsky sostiene che nell’acquisizione del linguaggio si tratta proprio di
apprendere quali etichette, diverse da lingua a lingua, si usino per concetti preesistenti, organizzati secondo
struttura che sono una comune proprietà umana.
9.Implicazioni e implicature
Grice distingue all’interno del valore complessivo di un’espressione, per il quale usa il termine signification,
ciò che il parlante ha detto esplicitamente da ciò che ha fatto capire, lasciato intendere o suggerito. Per
quest’ultima nozione egli ricorre al verbo inglese to implicate e al sostantivo neologistico implicature, che ha
avuto grande fortuna nel dibattito, fittamente frequentato negli ultimi decenni, nell’ambito della linguistica
pragmatica.
11. Semantica e semiotica
Nell’uso italiano colto ampiamente diffuso tra filosofi e letterati, i due termini valgono generalmente come
sinonimi e a loro differenza rivela, piuttosto che scelte concettuali, preferenze di gusto e di adesione a
tradizioni culturali distinte. La fortuna del termine ha infatti radici diverse, una francese e una americana.
Saussure auspicò una scienza generale dei segni, da chiamarsi semiologia.
VI. Parole, parole, parole
3. Lessico, vocabolario e dizionario.
Lessico si usa spesso in italiano, come sinonimo di vocabolario e dizionario.
4. La parola
Abbiamo visto che il lessico e il vocabolario consistono di quelle entità, rappresentate nel dizionario, che
sono le parole. La parola ci appare come l’elemento centrale del linguaggio. La sintassi si occupa del modo
in cui le parole formano frasi; la morfologia studia il modo in cui i morfemi si associano per formare parole.
Ma le parole in quanto tali ci appaiono come il nucleo, l’elemento centrale del linguaggio. La parola è
dunque considerata elemento fondamentale del linguaggio, ma questo non significa che sia facile definirla.
La sua centralità, anche per la linguistica moderna, p ovvia, ma la nozione è controversa. Saussure, come è
noto, sostiene che il linguaggio non consiste in etichette attaccate a significati preesistenti. Chomsky, al
contrario, controbatte che si tratta proprio di questo: le parole sono etichette, diversa da una lingua all’altra,
corrispondenti a significati che sono fondamentalmente gli stessi per tutte le lingue.
6. Mutamenti del lessico
La questione del cambiamento (del mutamento, dell’evoluzione) del lessico è piuttosto complessa. Ci sono
modi diversi di affrontare il problema. Uno è quello diacronico, per cui cerchiamo di osservare i
cambiamenti confrontando condizioni precedenti e condizioni successive. L’altro proietta la diacronia sulla
sincronia, e cerca di distinguere, all’interno di una descrizione sincronica, fenomeni arcaici o addirittura
obsolescenti, e fenomeni moderni, creativi e innovatori. Queste prospettive sono difficili da adottare
coerentemente, in particolare per quanto riguarda la lingua letteraria. Detto questo osserverei che il lessico
italiano presenta una notevole stabilità. Il GRADIT, basandosi anche su precedenti studi di De Mauro,
identifica un gruppo di circa seimila parole che costituiscono il vocabolario di base, suddiviso in tre strati: Il
vocabolario fondamentale (circa 2.000 parole), il vocabolario d’alto uso (poco più di 2000), il vocabolario
d’alta disponibilità (poco meno di 2.000).
7. Forestierismi
Quando si parla di evoluzione della lingua, o di corruzione, rivoluzione di lingua allo sbaraglio ecc. si pensa
spesso ai forestierismi, alla penetrazione di parole straniere, e soprattutto di quelle inglesi.
8. Entrare nel dizionario
Le difficoltà cominciano quando consideriamo derivanti e composto, e i loro rapporti: manella, manuccia,
manetta ecc.
VIII. Luigi Meneghello. Un’introduzione
1.Premessa
Da un lato le opere di Meneghello sono considerate da alcuni fra le più originali e interessanti della
produzione, non solo italiana, del Novecento. L’autore, cresciuto a Malo, nel Vicentino, dove è nato nel
1922, ha compiuto studi “assurdamente “brillanti” ma inutili e in parte nocivi”, liceali a Vicenza e
universitari a Padova. Abbandonate le giovanili convinzioni fasciste, dopo l’8 settembre del 1943 contribuì a
formare un gruppo partigiano di Giustizia e Libertà nel Vicentino, con cui partecipò alla Resistenza e alla
guerra di liberazione. Nel 1947 gli fu offerta una borsa di studio, e poi un posto di insegnamento
all’Università di Reading, dove rimase per tutta la sua carriera accademica. L’esperienza inglese fu cruciale
per la sua formazione intellettuale e culturale, oltre che per l’impostazione del suo modo di scrivere.
L’ambiente inglese gli apparve, dopo l’educazione nell’Italia fascista, come era naturale, i