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ALI
sord sonor sord sonor sord sonor sord sonor sord sonor sord sonor
a a a a a a a a a a a a
Occlusiv p b t d k g
e
Nasali m n ɲ
Affricate ts dz tʃ
ʃ
Fricative f v s z dɜ
ʎ
Laterali l
Vibranti r
Le consonanti vengono classificate sulla base di tre motivi:
1. il modo di articolazione che varia a seconda di quali ostacoli incontra l'aria emessa;
2. il luogo di articolazione;
3. la caratteristica del fono di essere sordo o sonoro, orale o nasale (vedi inizio cap. 4).
1) Relativamente al modo possiamo avere:
• occlusive : chiusura completa del canale (p,t,c), bilabiali e dentali ;
• costrittive: fricative, laterali, vibranti se vi è solo un restringimento del flusso dell'aria;
• affricate: nasali, vibranti. Le consonanti che si ottengono prima con un'occlusione e poi con
un restringimento.
2) Relativamente al luogo dell'articolazione:
bilabiali: se l'ostruzione avviene solo con le labbra;
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labiodentali: se l'ostruzione avviene con i denti superiori e il labbro inferiore;
dentali: ostruzione ottenuta con la punta della lingua che poggia sui denti superiori;
alveolari: la lingua poggia sugli alveoli dei denti superiori;
palatali: la lingua poggia sul palato duro;
velari: la lingua tocca il velo palatino.
Consonanti che presentano una certa particolarità sul piano dei grafemi:
/k/:occlusiva velare sorda.
Essa è resa c davanti alle vocali velari, ad /a/ e ad un'altra consonante (canto, cosa,
〈 〉
credere), con ch davanti alle vocali palatali e a j (che, chi), con q davanti a /w/
〈 〉 〈 〉 〈 〉
(quando);
/g/: occlusiva velare sonora.
Essa è resa /g/ davanti ad /a/, alle vocali velari, ad altra consonante e a /w/ (gatto, gomito,
gufo), con gh davanti alle vocali palatali e a /j/ (ghepardo, ghiro);
〈 〉
/kw/ e /gw/ :graficamente corrispondono a qu , rispettivamente il primo è sordo il secondo
〈 〉
sonoro. Per quanto riguarda i gruppi /ki/ /kj/ /gi/ /gj/ sono suoni palatali e non velari;
/tʃ/ e /dɜ/: affricate palatali sorde e sonore, sono rese graficamente c e g davanti alle
〈 〉 〈 〉
vocali palatali (cento, circo) e ci e gi davanti ad /a/ e alle vocali velari (pancia, giostra,
〈 〉 〈 〉
ciuffo):
/ts/ e /dz/: affricate alveolari sorda e sonora, sono rese in italiano con l'unico grafema z
〈 〉
(zaino, zucca);
/ɲ/ e /ʎ/ e /ʃ/ in posizione intervocalica sono sempre pronunciate come lunghe. La /ɲ/ è una
ʎ/
nasale palatale e resa graficamente come gn (gnocco, pugno). La / laterale palatale è
〈 〉 ʃ/
resa con gl davanti a i (gli) e gli davanti a tutte le vocali (figlia, moglie). La / detta
〈 〉 〈 〉
sibilante palatale è resa con sc davanti a /a/ e alle vocali velari (scimmie, sciopero,
〈 〉
asciutto);
/z/ detta sibilante sonora è resa con s lo stesso grafema utilizzato per la sibilante sorda
〈 〉
/s/. essa si può trovare all'inizio o all'interno di parola (sdentato), prima di una consonante o
in posizione intervocalica (rosa). Dunque, /z/ è un fonema distinto da /s/: es. chiede (terza
ɛ ɛ ɛ ɛ
persona sing. Del passato remoto) /'kj 'kj
s / è differente da chiese (plu. Di chiesa) / z /;
/n/ è dentale (cane, nido) ma ha altri differenti allofoni: /n/ in posizione intervocalica e iniziale è
palatale [ɲ] (pugno) o velare (angelo, angolo). Inoltre è possibile anche un altro fono nasale
n : [ (anafora, invidiare) prima di /p/ /b/. la pronuncia [m] si ha nei casi in cui
derivante da ᶆ]
〈 〉
nello scritto si usa n : input ['imput].
〈 〉 12
Le consonanti straniere:
j : tradizionalmente chiamata i lunga ma indicata ormai sempre più spesso con il nome
〈 〉
jay. Agli inizi del Novecento essa era utilizzata per sostituire le due i oppure per indicare
una semiconsonante, mentre oggi si trova nei prestiti non adattati: anglicismi, francesismi,
tedeschismi;
k : ha lo stesso valore della velare sorda /k/, si trova in presiti non adattati (kit) e
〈 〉
sostituisce la c nel linguaggio giovanile e pubblicitario;
〈 〉
w : compare in tedeschismi (wurstel) e in anglicismi (week-end, water, wafer);
〈 〉
x : non è una consonante ma appartiene al gruppo [ks] ed è usata nei latinismi (extra), voci
〈 〉
greche o straniere (xenofobo, xilofono) e in abbreviamenti (fax);
y : detta ipsilon, ha valore sia di /j/ semiconsonante e semivocale (yogurt, boy) e sia di /i/
〈 〉
quando si trova a fine parola (Betty, Tony).
La lunghezza consonantica è un tratto fonologico italiano e ha valore distintivo: le consonanti
possono essere lunghe o brevi. In particolari sequenze di due parole appartenenti alla stessa
catena fonica, la pronuncia dell'italiano standard prevede un rafforzamento della consonante
iniziale della seconda parola (io e te, caffè e latte). Le parole che provocano raddoppiamento
fonosintattico sono :
• I monosillabi forti: avverbi (qui, qua), pronomi (me,tu,ti), verbi (è, ho), nomi (gru, frà), il
numero tre, l'aggettivo blu, sì e no;
• I monosillabi deboli non accentati: preposizioni (a, da, fra), i pronomi (che, chi) e alcune
congiunzioni (e, o, se..).;
• Alcune parole bisillabiche: qualche, come, dove.. ;
• Tutte le parole ossitone, accentate cioè sull'ultima sillaba (verrò, dirà).
Questo fenomeno può essere spiegato sotto il profilo storico e sotto il profilo generale. Il profilo
storico è dato dal fatto che molte parole che derivano dal latino finiscono per consonante, in
italiano la consonante è caduta e si tende a "colmare" questa caduta legando la parola a quella
successiva: ET BENE ebbene. Dal punto di vista teorico generale questo fenomeno si spiega
perché essendo le vocali toniche finali brevi c'è la tendenza a chiudere la sillaba finale allungando
la consonante iniziale.
Le sillabe sono gruppi di foni legati tra loro da delle proprietà. L'elemento fondamentale della
sillaba è il nucleo, che può essere preceduto da un attacco e seguito da una coda (coda + nucleo
= rima). Se la sillaba finisce per vocale allora la parola si dice che è aperta, altrimenti essa è
chiusa. Solitamente in italiano quasi tutte le parole sono aperte (ad eccezione di articoli,
preposizioni). L'attacco è costituito normalmente da una consonante, da più consonanti (premio),
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da una consonante e una semiconsonante (fuoco) o più raramente da due semiconsonanti
(aiuola). La coda è solitamente costituita da una consonante, da una semivocale o più raramente
da una semivocale e semiconsonante (fausto).
Grazie la ritmo e alla musicalità dell'italiano riusciamo a distinguere le sillabe.
L'accento è un tratto soprasegmentale, cioè al di sopra della sequenza dei suoni. Esso consiste
nel far emergere dalla catena fonica una sillaba per durata, intensità o altezza melodica (tono più
acuto). L'accento in italiano è mobile, cioè esso può variare (es. potere e può'). Inoltre l'accento
italiano ha anche valore fonologico: serve, infatti, a distinguere due parole altrimenti identiche
(àncora e ancòra). Le parole possono essere classificate in base alla posizione dell'accento,
possono essere:
• Ossitone o tronche: se l'accento cade sull'ultima sillaba, qui l'accento deve essere sempre
segnato;
• Paraossitone o piane: l'accento è posto sulla penultima;
• Proparaossitone o sdrucciole: l'accento è posto sulla terzultima.
Inoltre se le parole sono formate da più di tre sillabe spesso hanno un accento secondario sulla
prima o seconda sillaba. Allo stesso tempo esistono parole che non hanno un accento (articoli,
preposizioni).
Tutte le vocali atone hanno un accento breve, mentre delle vocali accentate all'interno di parola
sono lunghe tutte le vocali in sillaba aperta (come la /a/ di amo) e brevi quelli in sillaba chiusa (/a/
di carne). Infine le vocali accentate a fine di parola sono brevi. L'intonazione è un tratto
soprasegmentale che riguarda la frase e che riveste una notevole importanza dal punto di vista
sintattico: distingue le frasi interrogative dalle esclamative.
L'accento può essere acuto (chiuso: caffè), grave (aperto) o circonflesso (^).
Finora si è parlato del modello standard dell'italiano. Tutte le regole analizzate, infatti, vengono
meno se consideriamo l'italiano parlato di regione in regione. Ad esempio l'opposizione tra /e/ e /ɛ/
e tra /o/ /ͻ/ (vocalismo tonico) è vitale solo in Toscana, a Roma e in qualche altra parte del centro-
meridionale, ma in tutte le altre zone varia. Anche per quanto riguarda le altre regole come il
vocalismo atono, il consonantismo (la /s/ e la /z/ o la /ts/ /dz/) e il raddoppiamento fonosintattico si
può dire che variano. Infine la struttura sillabica e l'accento, con l'introduzione dei forestierismi,
hanno subito cambiamenti.
Capitolo Cinque
La morfologia analizza le forme delle parole e le modificazioni che possono presentare per
flessiva
assumere funzioni diverse. La morfologia italiana ha una spiccata componente , derivata
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dal latino. La morfologia flessiva è costituita da tutte le varie forme flesse (nomi, articoli, aggettivi, il
genere e numero, i pronomi, il tempo e modo dei verbi). L'elemento minimo dell'analisi morfologica
è il morfema, la più piccola unità dotata di significato. Sulla base dell'analisi morfologica le lingue
del mondo sono state divise in:
- lingue analitiche: in cui ogni significato è rappresentato da un elemento unico che non cambia
forma;
- lingue sintetiche: tendono ad unire in una sola parola più morfemi e che hanno significati diversi.
Importante è, a questo punto, distinguere il morfema lessicale (radice) che dà significato alla
parola con il morfema grammaticale che dà l'informazione morfologica.
Alle lingue sintetiche appartengono le lingue flessive, in cui la parola è costituita da una desinenza
che porta varie indicazioni di carattere morfologico e che ha la funzione di segnalare i vari rapporti
tra le
parole. Esempio: case cas (dà il significato), e la desinenza -e (indica nome femminile plurale, all'
interno della frase si trovano elementi legati alla parola.
Una importante funzione della flessione è quella "economica" , questo consente il risparmio di
segni linguistici e quindi una più