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IL CARATTERE EPICO
Ripensando alla trilogia Calvino non ha mai rinunciato alla carica epica (ci parla di storia del
passato) e avventurosa (ricca di avventure) che può portare con sé la letteratura. Col Barone siamo
a fine ‘700, il Cavaliere siamo in pieno Medioevo (l’armatura ce lo dice).
Si può aggiungere a questi due aggettivi anche il recupero di una tradizione popolare:
la balia Sebastiana usa le erbe quando qualcuno è malato
- ;
Pamela viene liberata dagli animali (fine capitolo 6) Pamela rappresenta la libertà (insieme
- ai suoi animali corre nei boschi), ma sa anche quello che vuole. È questo che farà
innamorare i due Medardi.
Calvino afferma di credere nelle fiabe, poiché rappresentano una spiegazione generale della vita,
esprimono la comune sorte di soggiacere in incantesimi, cioè da essere determinati da forze
complesse e sconosciute, e lo sforzo per liberarsi inteso come un dovere elementare, insieme a
quello di dover liberare gli altri, anzi il non potersi liberare da soli, il liberarsi liberando.
TEMI
1. sensazione di inadeguatezza dell'uomo moderno l'uomo di cui ci parla Calvino fatica a
vivere nel mondo attuale, mondo a lui contemporaneo. Questa difficoltà è dovuto al fatto che
l’uomo è cosciente che sta vivendo nel momento più tragico della vita umana (non sua), parla
del punto più basso e tragico della parabola umana. La guerra è finita da poco, chi ha vissuto
questo momento storico ha vissuto gli orrori, non solo della guerra, ma di tutto quello che c’è
stato prima della guerra: tra l’orrore dei campi di sterminio e la bomba H. Il dato di partenza
di ogni fantasia di Calvino è dovuto a questi avvenimenti realissimi: in effetti il Visconte è
inadeguato rispetto al mondo nel quale vive, o è troppo buono o è troppo cattivo.
2. trasfigurazione fantastica permette a Calvino di non accettare passivamente la realtà.
Grazie alla trasfigurazione è riuscito a immettere in quella realtà il movimento, la spacconeria,
la crudezza, l’economia di stile, l’ottimismo spietato (tutti e tre si chiudono in maniera
ottimistica) che erano state della letteratura della Resistenza. Riprende questa letteratura che
non ha niente a che fare con il fantastico.
3. romanzo d’azione scrivendo la trilogia si pone l'obiettivo di creare dei romanzi d'azione:
romanzi in cui sono delle prove che l'uomo attraversa e il modo in cui le supera. Lo schema
della fiaba resta in assoluto lo schema insostituibile delle storie umane.
Per tutti i protagonisti o figure secondarie valgono queste premesse.
I PROTAGONISTI
Medardo di Terralba (il Gramo e il Buono) è dimezzato, confuso, incapace di orientarsi nel
- mondo; ed essendo disorientato e incapace non può che comportarsi in maniera violenta,
oppure disorientato non sa che comportarsi in maniera troppo remissiva, troppo buona;
Cosimo è colui che si rifiuta di adattarsi alle regole e convenzioni, perché è convinto che
- per realizzarsi completamente sia necessario essere in grado di rifiutare le regole. Regole
insensate che non lasciano spazio alla propria individualità (rifiuta il piatto di lumache);
Agilulfo non è una persona, oppure la sua persona è inesistente: di lui rimane soltanto la
- sua veste esteriore, la sua corazza.
ANTAGONISTI
Come in tutte le favole ci sono degli antagonisti, come anche in questi romanzi. Forse non si può
parlare di veri e propri antagonisti, ma sicuramente i loro opposti:
Medardo il Gramo il suo antagonista è Medardo il Buono: personaggio che appare molto
- più avanti nel libro. Fino al capitolo 7 non ci si aspetta neanche che appaia in realtà;
Biagio il fratello di Cosimo. Biagio si oppone alla volontà di assoluta indipendenza di suo
- fratello, proponendosi come saggio. Lui è l'esempio vivente del buon senso, che accetta il
mondo nel quale vive, ma non in maniera passiva, è un personaggio positivo, perché cerca di
cambiare le cose usando la saggezza e il buon senso;
Rambaldo un giovane, attivo, sempre in movimento, è irruente. Anela alla perfezione di
-
Agilulfo, ma non ci riesce; vorrebbe essere come lui, infatti è felicissimo di avere l’armatura
del fratello, ma è esattamente l’opposto di Agilulfo, è sempre in movimento e va da sé che
non possa anelare alla perfezione.
FIGURE FEMMINILI:
Figure molti importanti: se non ci fossero, i personaggi maschili ci apparirebbero incompleti. Sono
figure positive, sempre determinate, sicure di sé e hanno obiettivi chiari e vogliono raggiungerli:
- Pamela presentata come “tenera pastorella”, ma in realtà è davvero molto sicura di sé. Ci
viene descritta fisicamente come grassottella e scalza. Da che siamo nel Seicento, questa
fanciulla che è solo una pastorella è molto libera: non ha nessuna paura del padrone della
zona, rifiuta pure l'amore di lui. (“Qui nel bosco forse, ma con te, al castello e al chiuso, mai”)
- Viola lei è la marchesina Dondariva. Quando i due si conoscono non vanno d'accordo e poi
col passare degli anni si conoscono e si innamorano perdutamente, però hanno continue
discussioni, perché lui vorrebbe da lei un comportamento che lei non vuole mantenere. Le
discussioni sono soprattutto sull'amore, che vivono in maniera contrastante. Lei a un certo
punto si stanca, ed è lei che ha il coraggio di dire basta (“sii te stesso da solo”). Altro
personaggio fortissimo, che sa quello che vuole.
- Bradamante narra il finale. Finge di essere una suora nella parte finale e combatte con
grandissimo coraggio. Viene definita il più addestrato dei cavalieri, proprio perché pensano
sia un uomo. Lei è l'unica che riesce, pur umana, ad essere più simile a lui, dove tutto è
rigore, dove tutto è severità: tutto un anelito all’esattezza.
ALTRI PERSONAGGI (Visconte):
Contadini, balia, ragazzi sbandati, carpentieri: tutti hanno una funzione, caratterizzano il
personaggio principale. Senza di loro i protagonisti sarebbero meno chiari, avremmo più dubbi su
come sono esattamente.
TEMATICHE E STRUTTURA:
1. Il tema dell'amore centrale nel Visconte. È il sentimento che fa muovere il mondo, secondo
Calvino. (Inizio pag. 42) “magnifico e terribile” perché lui è veramente innamorato, ma
terribile perché pretende da lei una passività assoluta. I suoi messaggi d'amore sono sempre
terribili, (un mezzo fiore, un mezzo gallo), proprio per questo amore combatterà a duello con
la metà buono. Ed è proprio l'amore fa riunire le due metà: senza questo sentimento
fortissimo forse le due metà sarebbero rimaste divise. Calvino parla di amore come:
passione, trepidazione, gioia e dolore.
2. Il tema della morte quando parla di guerra parla di morte, della stupidità umana che non
trova alternative nel dialogo, ma solo nella violenza, delle brutture, delle devastazioni, dei
campi di battaglia pieni di cadaveri: sembra quasi godere a scrivere queste immagini. In
apertura infatti il Visconte combatte una guerra reale, avvenuta in Boemia, tra l’Austria e la
Turchia. (Pag.4) stretta unione uomini e animali, che diventa quasi una metamorfosi. Poco
dialogo tra protagonista e scudiero: anche qui uomini e animali vengono messi sullo stesso
piano a identificare che la guerra colpisce tutti e non risparmia nessuno.
(Pag. 6) medici che tentano di curare questi animali ricucendo le loro ferite. La comunione
i
tra l’uomo l’animale è tale che gli animali nitriscono lamentandosi, e lo stesso fanno i dottori.
3. Il tema della famiglia la famiglia dovrebbe rappresentare l'affetto, la protezione, l’aiuto, a
crescere nel caso dei bambini, qui invece viene scardinata completamente. Calvino dipinge i
quadri familiari nei tre romanzi assolutamente negativamente. I figli sono più spesso vittime
che ribelli, e il loro rapporti con i genitori sono sempre conflittuali.
- Gramo: rapporto negativissimo con il padre Aiolfo. Lo farà morire di crepacuore perché ha
ucciso il suo uccello preferito, a cui è molto legato.
- Pamela: non è ribelle nei confronti della sua famiglia, anzi vittima. Anziché aiuto e
protezione riceve solo inganni dalla famiglia. Lei stessa li definisce due vecchi malandrini.
- Esaù e Ezechiele: Esaù vive una vita contraria ai precetti che Ezechiele vorrebbe che lui
seguisse.
IL NARRATORE
La storia viene narrata dal nipote, testimone dei fatti che ci racconta le storie perché le ha viste coi
propri occhi. Calvino ha avuto bisogno in tutte e tre le storie di un personaggio che dicesse Io,
l’elemento era un elemento ravvicinatore (quando qualcuno ci racconta la storia è più credibile
rispetto a un narratore esterno che non si presenta, che non parla di sé).
Quando comincia a raccontare ci dice che ha 8 anni, mentre al termine degli avvenimenti sappiamo
che è adolescente. Questi narratori però non sono soli testimoni dei fatti, ma molte volte si basano
sui ricordi del narratore tema memoriale.
Gerard Genette su tre libri diversi analizza il problema del narratore: parla di aspetto, non tanto
come uno appare, ma intende “il modo in cui la storia viene percepita dal narratore”, ovvero il punto
di vista narrativo. Nel Visconte il punto di vista è quello di un narratore testimone dei fatti, ma il
problema si pone quando il narratore non è testimone dei fatti, ma riporta qualcosa che gli è stato
raccontato.
Si capisce che è il nipote a raccontare subito dalla prima pagina (pag.3-4 per tre volte viene ripetuto
il legame parentale “mio zio”). In apertura però, più che testimone, sembra un narratore che si limita
a rievocare le imprese che gli sono state narrate, proprio perché non è possibile che abbia
partecipato alla guerra. La presenza del narratore si fa meno ambigua continuando la lettura (cap.
IV-VI “quel bambino ero io”) non è più qualcuno che riferisce le cose, ma è finalmente testimone dei
fatti: anche lui è al castello e incontra il Visconte, e sottolinea la sua partecipazione ai fatti.
Diversi altri esempi in cui capiamo che il bambino è davvero testimone:
- Cap. 3 “io avevo sette o otto anni”
- Cap. 8 “da quando fu noto...”
GLI ALTRI PUNTI DI VISTA
Nel Visconte vi è l’immissione di altri punti di vista: la narrazione viene condotta in modo tale da
permettere la presenza di altri punti di vista. Ci sono tanti personaggi che ci presentano il loro punto
di vista: Pamela,