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CONFRONTO TRA ABERRATIO ICTUS E ABERRATIO DELICTI:
Aberratio ictus e aberratio delicti sono ipotesi in cui la divergenza tra quanto voluto e quanto realizzato,
derivante da una “deviazione” verificatasi nello svolgimento esecutivo del reato, fa venir meno il dolo rispetto
al fatto oggettivamente realizzato, senza poter ignorare l’esistenza di una deliberazione criminosa e per ciò
l’affermazione di una forma di responsabilità anche per il fatto diverso.
- mentre ciò è vero per l’aberratio ictus plurioffensiva,
- per quella monoffeniva e per l’aberratio delicti, l’affermazione è vera solo se si muove da determinate
premesse interpretative, ancora oggi discusse in ordine alla natura costitutiva e non dichiarativa delle
relative norme. 138
Appunti di Denise Gazzarrini – Corso di Diritto Penale Prof. Roberto Bartoli - Integrazione libro Prof. Palazzo
- Aberratio ictus monoffensiva se si muove dal p. della c.d. concretezza del dolo, e dunque dall’idea che
la divergenza concernente la persona della vittima sia essenziale, si esclude il dolo rispetto al fatto
realizzato;
- aberratio delicti monoffensiva se si muove dall’idea che la responsabilità per il fatto diverso sia solo
formalmente colposo, ma in realtà discende “automaticamente” ed oggettivamente per la sola ragione
dell’aberratio.
- Se all’evento non voluto si aggiunge quello voluto (aberratio delicti plurioffensiva) => si applicano le
regole sul concorso di reati, art. 83, c. 3 c.p.
Un’ipotesi di aberratio delicti plurilesiva è prevista dall’art. 586 c.p., quando l’evento voluto integri gli
estremi di “un fatto preveduto dalla legge come delitto colposo” e la “conseguenza non voluta” sia costituita
dalla “morte” o dalle “lesioni di una persona”.
Es. il costringimento esercitato nella violenza privata (art. 610, c. 1 c.p.) provoca la morte non voluta della
persona coartata.
In tale caso “si applicano le disposizioni dell’art. 83 c.p. (e l’agente risponde pertanto di omicidio o di lesioni
colpose), ma le pene stabilite negli artt. 589 e 590 sono aumentate.
È ovvio che il fatto doloso non può essere costituito:
a) né da lesioni o percosse, perché risulterebbe integrata la fattispecie dell’omicidio preterintenzionale;
b) né da un reato in cui la morte e le lesioni costituiscano evento aggravante autonomamente previsto
(es. art. 438 c.p. epidemia).
RATIO sostanziali: in queste ipotesi l’errore di esecuzione porta a conseguenze giuridiche diverse da quelle
dell’errore di rappresentazione, nonostante che entrambi i fenomeni conducano alla stessa mancata
corrispondenza tra voluto e realizzato.
Perché:
- nell’aberratio ictus monoffeniva => il soggetto risponde come se fosse stata colpita al persona designata;
- nell’aberratio ictus plurioffensiva => il soggetto risponde come se si trattasse di 2 reati dolosi;
- nell’aberratio delicti => il soggetto risponde come se si trattasse di un reato colposo.
RATIO DELLE DEROGHE Queste deroghe alle regole generali sull’elemento soggettivo, nascono dal
fatto che l’ordinamento, nonostante la mancata integrale convergenza tra la rappresentazione e la
realizzazione, non rimane del tutto indifferente alla duplice peculiarità che la rappresentazione ha pur sempre
ad oggetto un fatto criminoso, e che l’agente ha realizzato il fatto (diverso) proprio nell’esecuzione di quella
deliberazione criminosa. 3) ABERRATIO CAUSAE
(deviazione esecutiva del processo causale con identità di evento)
L’aberratio causae riguarda ipotesi di delitti aggravati dall’evento.
Art. 586 c.p. - Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto
“Quando da un fatto preveduto come delitto doloso (un fatto qualsiasi che il legislatore ha qualificato come delitto
generico) deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, [si applicano le
disposizioni dell'articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate].”
Siamo in presenza di un delitto voluto dal quale scaturisce un evento ulteriore, non voluto, addirittura morte o
lesione.
Fa riferimento ad un “delitto generico” dove non è detto che ci sia una progressione criminosa, perché la
norma difatti sta parlando di delitto.
L’ipotesi del 586 c.p. viene soprattutto applicata ad es. quando lo spacciatore vende sostanze stupefacenti ad
un'altra persona (commette un delitto) e l’altro muore per overdose. 139
Appunti di Denise Gazzarrini – Corso di Diritto Penale Prof. Roberto Bartoli - Integrazione libro Prof. Palazzo
È la prima forma di aberratio, e si verifica quando l’agente cagiona l’evento nei confronti della vittima
designata, ma con una serie causale diversa da quella prevista.
Es. Tizio getta Caio nel fiume perché affoghi. Caio muore invece sbattendo la testa su un pilone del ponte.
L’ipotesi, non espressamente regolata dalla legge (né dal c.p.), fa riferimento ad una divergenza tra voluto e
realizzato e riguarda unicamente lo svolgimento della catena causale, cioè che l’agente ha previsto l’evento
come risultato di una determinata serie causale messa in moto dalla sua condotta (es. la morte come
conseguenza dell’affogamento del nemico buttato nel fiume in piena), ma invece la morte si verifica a seguito
di un diverso svolgimento causale, pur sempre innescato dal comportamento dell’agente (es. la morte come
conseguenza delle ferite riportate sbattendo la testa sui massi durante al caduta nel fiume).
Ammesso che la deviazione esecutiva rispetto alla rappresentazione non comporti un’interruzione del nesso
causale, si ritiene che l’aberratio causae sia giuridicamente irrilevante non facendo venire meno il dolo del
fatto realizzato.
In realtà, ai fini del dolo non è necessaria la rappresentazione degli elementi costitutivi del fatto tipico, e le
peculiarità dell’iter causale non assumono certo una tale natura nell’art. 575 c.p., per il quale è sufficiente che
la morte sia “cagionata”. nella fattispecie dell’omicidio non si descrive (perché non essenziale) il
meccanismo causale in base al quale si produce l’evento.
ABERRATIO CAUSAE NEI REATI A CONDOTTA LIBERA E VINCOLATA:
REATI A CONDOTTA LIBERA è sufficiente la sussistenza di un nesso causale e che il soggetto si sia
rappresentato l’evento come conseguenza della sua condotta, rimanendo dunque indifferente se la sequenza
causale reale non coincide con quella prevista.
REATI A CONDOTTA VINCOLATA Naturalmente la soluzione si capovolge se il reato non è a forma
libera. Nei reati a condotta vincolata la fattispecie incriminatrice descrive dettagliatamente il nesso causale,
attribuendo ad esso rilevanza “essenziale” ai fini della sussistenza del reato, e la deviazione esecutiva concerne
proprio quel nesso, così che il soggetto si sia rappresentato l’evento come prodotto dalla catena causale
prevista dalla legge, mentre, in realtà, si è prodotto secondo una diversa sequenza.
In tale ipotesi non si pone tanto il problema di divergenza tra rappresentazione e realizzazione e dunque il
dolo, ma l’atipicità del fatto oggettivo: il fatto oggetto di rappresentazione corrisponde alla fattispecie, ma è
quello oggettivamente realizzato che non presenta tutti gli elementi costitutivi della previsione legislativa.
In pratica, in tale caso, la deviazione del processo causale si limita ad evidenziare l’atipicità della condotta:
es. nel caso di chi si procuri un ingiusto profitto con altrui danno senza ricorrere ad un artificio o raggiro, non
sarà integrato il delitto di truffa (art. 640, c. 1 c.p.)
Pertanto:
- l’aberratio causae non ha rilevanza nei reati a forma libera, nei quali le modalità di realizzazione del
fatto tipico non costituiscono gli elementi essenziali del reato, ma rivela solo la realizzazione dell’evento.
- ha rilevanza nei reati a condotta vincolata, nei quali le modalità dell’azione costituiscono elementi
essenziali del fatto tipico, ove, in virtù di essa, il fatto non sussiste, perché atipico.
Un anticipo al programma: CONCORSO DI PERSONE NEL REATO (cap. VIII – Forme di
manifestazione del reato). In questa forma di manifestazione del reato abbiamo una problematica analoga.
Art. 116, c. 1 c.p. - Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti
“Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento
è conseguenza della sua azione od omissione”.
Es. Tizio e Caio, nel concorso di persone, si accordano per commettere un furto (attività illecita).
Passano all’esecuzione, entrano nell’abitazione e si separano, Tizio va nella zona giorno e Caio nella zona
notte, ma Caio incontra il proprietario e sfocia un qualcosa di diverso e ulteriore rispetto alla fattispecie 140
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incriminatrice del furto che volevano realizzare, perché ha una colluttazione (violenza o minaccia) e il fatto
tipico di furto si trasmuta in una rapina.
Anche in questo caso abbiamo 2 fasi:
1) I° fase di illecito (furto);
2) Più la II° fase in cui si realizza un reato più grave (rapina).
In base all’art. 116 c.p. questo reato più grave è accollato, non solo a chi ha commesso la rapina nella zona
notte (Caio), ma anche a Tizio nella zona giorno: un qualcosa di ulteriore, di diverso e di più grave che
qualcuno non ha voluto.
Tutte queste ipotesi hanno il solito schema:
1) I° frammento attività illecita a carattere doloso;
2) II° frammento eventi/reati più gravi e non voluti.
E rispetto a questa situazione si pone:
a. identico problema della PRETERINTENZIONE
b. identico problema della PREVEDIBILITÀ
- Non si può parlare di dolo, perché presupposto è che sia non voluto;
perché sennò si violerebbe il principio di personalità della
- non si può parlare di “responsabilità oggettiva”,
responsabilità penale;
- non si può parlare di vera e propria colpa, perché la colpa si basa su una regola cautelare, ma rispetto alla
attività illecita non sono configurabili regole cautelari;
- ma si parla di colpa in attività illecita per violazione degli indici di prevedibilità, basati sul criterio
della ragionevolezza. CAP. VI
Secondo livello del reato:
ANTIGIURIDICITA’ E LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
L’antigiuridicità si trova sopra e dopo il fatto tipico, si poggia sul fatto tipico, ed esprime la qualifica di
illiceità del fatto, d