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40. L'ADATTAMENTO AI TRATTATI E ALLE FONTI DERIVATE DAI
TRATTATI
L'adattamento alle norme pattizie avviene in Italia, normalmente, con un atto ad hoc, l'ordine di
esecuzione, il quale opera secondo il procedimento speciale, in quanto non riproduce la norma
internazionale, ma si limita a recitare “Piena ed intera esecuzione è data al Trattato X...”. (L'ordine di esecuzione
Ma quale valore ha, per l'ordinamento italiano, un trattato valido
è normalmente contenuto nella legge di ratifica).
sul piano internazionale, ma per il quale non vi sia stato l'ordine di esecuzione? Il trattato non avrà
ovviamente valore per l'ordinamento interno, una tesi sostenuta anche da alcune pronunce della
Cassazione. Tuttavia parte della dottrina ritiene che, benchè l'accordo non sia valido dal punto di vista
dell'ordinamento interno, a questo debba assegnarsi una funzione ausiliaria nell'interpretazione delle
norme interne.
Per quanto riguarda il rango che le norme pattizie assumono nell'ordinamento statale, fino all'emanazione
della Legge cost. 3/2001 che ha novellato il Titolo V Parte II della Costituzione, esse erano ritenute di pari
rango rispetto alla legge ordinaria, la legge citata ha poi modificato l'art.117.1 Cost., stabilendo che la
legislazione statale deve esercitarsi “nel rispetto dei vincoli internazionali”. In questo modo, dicendo che la
legislazione deve conformarsi agli obblighi internazionali, viene stabilita la preminenza di questi sulle norme
interne e quindi anche degli obblighi derivanti da trattati sulla legislazione ordinaria.
La legge ordinaria che sia in contrasto con la norma di un trattato deve ritenersi viziata da illegittimità
costituzionale per violazione indiretta dell'art.117, pertanto può essere annullata dalla Corte Costituzionale.
Il giudizio di costituzionalità deve essere avviato, secondo quanto si ricava da una sentenza della Corte,
qualora il giudice non riesca ad interpretare in modo conforme una norma interna ad una norma
internazionale. Tuttavia in alcuni casi il ricorso alla Corte Costituzionale non è necessario in nessun modo, ad
esempio nel caso in cui la legge contenente l'ordine di esecuzione sia posteriore alla legge incompatibile è
possibile applicare le normali regole sulle antinomie, per cui la legge posteriore abroga la legge anteriore.
In altri casi la prevalenza del trattato è stata garantita anche considerando il trattato come diritto speciale.
Ma delle volte il trattato, anche se l'ordine di esecuzione è anteriore alla legge incompatibile prevale
ugualmente, a meno che non vi sia una chiara indicazione della volontà del legislatore di contravvenire agli
obblighi internazionali. Ma la volontà del legislatore di contravvenire agli obblighi internazionali deve essere
sempre espressa o può essere anche tacita? Conforti ritiene che la volontà del legislatore possa essere
tacita solo se l'oggetto dell'obbligo internazionale e quello della norma interna posteriore coincidano
perfettamente. Ad esempio negli anni '70 gli USA autorizzarono con legge l'importazione di Cromo dalla
Rhodesia del SUD, violando in maniera evidente una risoluzione ONU del '68 che aveva stabilito il blocco
economico totale della Rhodesia del Sud.
Quello fin qui esposto si può dunque riassumere in poche parole: il trattato vale all'interno
dell'ordinamento fin quando non ci sia una chiara volontà del legislatore di venir meno agli impegni presi.
Conforti chiama questo principio un principio di specialità sui generis, diverso da quello ratione materiae o
ratione personarum: la specialità consiste nella duplice volontà che certi rapporti siano regolati in un certo
modo e che si tenga fede agli obblighi internazionali.
Per quanto riguarda il rapporto delle norme pattizie con le norme costituzionali, la Corte ha ribadito in più
sentenze che, sebbene le norme internazionali pattizie siano superiori alla legge ordinarie, ciò non vuol dire
che esse sfuggano al controllo di costituzionalità e, nel caso di contrasto con la Costituzione, esse sono
passibili di essere annullate. Data questa situazione, le norme pattizie possono essere definite come norme
interposte (tra legge ordinaria e Costituzione). La rivendicazione della Corte sul controllo di costituzionalità
sule norme pattizie è definita dalla dottrina come “teoria dei contro-limiti”.
Un esempio può essere la sent. 54/1979, con la quale la Corte Costituzionale è pervenuta alla pronuncia di annullamento del
Trattato di estradizione tra Italia e Francia del 1870 per la parte in cui consentiva l'estradizione per i reati sanzionati con la pena di
morte, poiché detto obbligo era in palese contrasto contrasto con la Costituzione. Tuttavia detto obbligo forse sul piano
internazionale si era già estinto per effetto del principio rebus sic stantibus, essendo il trattato concluso sul presupposto che
entrambe le parti considerassero la pena capitale come ammissibile (in Italia verrà eliminata solo nel 1890 dal cod. Zanardelli).
Ma l'adattamento ad un trattato implica anche l'adattamento alle fonti previste dal trattato? Può darsi che il
trattato preveda espressamente la diretta applicabilità negli Stati contraenti delle decisioni degli organi che
esso va ad istituire, è questo un caso però molto raro (per le organizzazioni di cui è membro il nostro Paese
succede solo per l'UE). Quando invece il trattato istitutivo delle organizzazioni nulla dispone in materia il
problema va risolto alla luce dell'ordinamento interno.
La prassi della maggior parte dei Paesi (tra cui il nostro) tende ad adottare con provvedimento interno
(legge, regolamento ecc...) le decisioni prese dagli organi di organizzazioni di cui è membro ed in questo
caso non ci sono dubbi sulla validità che tali decisioni assumono nell'ordinamento interno. Ma prima che
tale provvedimento sia emanato le decisioni sono applicabili negli ordinamenti nazionali? La dottrina è
divisa, ma in effetti l'ordine di esecuzione del Trattato copre anche la parte di questo che disciplina ulteriori
fonti, motivo per cui si può ritenere, a ragione, che le norme prese da tali organi siano direttamente
applicabili nell'ordinamento statale e che i provvedimenti di adattamento servano da un lato per fornire
maggiore certezza all'operatore giuridico interno e dall'altro per integrare il contenuto di eventuali norme
non self-executing, ma per quanto riguarda la forza delle decisioni, l'emanazione del provvedimento interno
può ritenersi superflua.
Alcuni costituzionalisti ritengono che una legge ordinaria non può prescrivere l'adattamento dell'Italia a
decisioni di organi internazionali, poiché finirebbe per disciplinare provvedimenti legislativi diversi da quelli
costituzionalmente previsti. Tuttavia questa dottrina finisce per condannare tutte le norme che rinviano ad
ordinamenti stranieri (Es. Le norme di diritto internazionale privato). Inoltre lo stesso art.11. 2 Cost.
Consente delle limitazioni di sovranità, pertanto giustifica anche l'introduzione di norme stabilite da organi
internazionali.
41. L'ADATTAMENTO AL DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA
L'adattamento del diritto interno degli Stati membri al diritto comunitario ha finito per seguire strade
diverse rispetto all'adattamento del diritto derivante dai comuni trattati. Si è infatti arrivati ad assicurare al
diritto comunitario una prevalenza sulle norme statali, anche su quelle di rango costituzionale, in un quadro
che è tipico delle entità federaliste.
Per quanto riguarda la diretta applicabilità del diritto comunitario occorre riportare il testo integrale
dell'art.288 TFUE “ Per esercitare le competenze dell’Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni,
raccomandazioni e pareri. Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e
direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto
riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai
mezzi. La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti
”
di questi. Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti.
Ora, per quanto riguarda i regolamenti il TFUE prevede espressamente che essi siano direttamente
applicabili. Ora, questo riguarda la forza formale dei regolamenti, ma non significa che TUTTI i regolamenti
siano davvero direttamente applicabili anche per quanto riguarda il loro contenuto materiale, poiché
potrebbero ad esempio contenere norme non self-executing e quindi richiedere l'intervento di un
provvedimento statale per la loro integrazione. E' chiaro che in questo caso gli effetti del regolamento non si
produrranno fin quando non sarà emanato il provvedimento statale utile alla sua applicazione (questo solo
per le norme non self-executing, se il regolamento dovesse contenere anche norme self-executing queste
sarebbero direttamente applicabili.
Per quanto riguarda le direttive e le decisioni, esse vengono solitamente trasfuse nell'ordinamento statale
attraverso il procedimento ordinario (pertanto viene emanato un provvedimento statale in cui si riproduce il
testo della direttiva o della decisione). Per lungo tempo si è ritenuto che esse non fossero direttamente
applicabili, una conclusione a cui si è arrivati tramite un argumento a contrario guardano all'art.288 TFUE
infatti esso prescrive la diretta applicabilità SOLO per i regolamenti, pertanto si è ritenuto che decisioni e
direttive fossero non direttamente applicabili. Tuttavia questa tesi è stata da più parti abbandonata alla luce
del fatto che lo stesso articolo prevede l'obbligatorietà anche degli altri due tipi di atti. Questa è anche la
tesi di Conforti, secondo il quale regolamenti, decisioni e direttive sono tutti direttamente applicabili, salvo
nel caso in cui contengano norme non self-executing. Tuttavia gli effetti diretti delle direttive riguardano solo
il risultato da raggiungere, pertanto essa fa nascere solo un obbligo di risultato.
Anche la Corte di Giustizia UE si è espressa in questo senso e dalle sue decisioni si ricavano le seguenti
considerazioni sugli effetti diretti delle direttive:
Quando i giudici sono chiamati ad interpretare norme nazionali riguardanti materie oggetto anche
• di una direttiva UE, tale interpretazione deve avvenire alla luce dello scopo delle direttiva UE;
Se la direttiva chiarisce un obbligo già presente nei trattati, l'interpretazione che la direttiva fornisce
• di detto obbligo deve considerarsi come vincolante;
Gli individui possono sempre invocare la direttiva contro lo Sta