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PARTE QUARTA
LA VIOLAZIONE
DELLE NORME INTERNAZIONALI
E LE SUE CONSEGUENZE
43. Fatto illecito e suoi elementi costitutivi: elemento soggettivo.
L’illecito internazionale si ha quando uno Stato viola il diritto internazionale. Esso
innesca il problema della responsabilità. La materia è stata oggetto di
codificazione da parte della Commissione di diritto internazionale dell’Onu. Due i
documenti prodotti sul tema:
- nel 1980 un progetto di articoli che si limitava a trattare le origini della
responsabilità, ossia degli elementi dell’illecito internazionale (definito da
ora in poi Vecchio Progetto);
- nel 2001 in via definitiva, ma non ancora divenuto diritto positivo, il
Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti illeciti
internazionali: 59 articoli sugli elementi e sulle conseguenze dell’illecito
(definito da ora in poi Progetto).
Quest’iniziativa lega il concetto di responsabilità alla violazione di qualsiasi
norma internazionale, a differenza della prassi attuale che prevede solo una
casistica legata all’inosservanza delle norme sul trattamento degli stranieri e
basata sui principi della responsabilità civile di diritto interno, soprattutto
extracontrattuale, per cui chi cagiona ad altri un danno ingiusto è tenuto a
ripararlo.
Il fatto illecito consiste nel comportamento di uno o più organi di governo,
emanazione dello Stato centrale. Anche il Progetto delinea gli elementi
dell’illecito internazionale:
art. 2 comportamento consistente in un’azione od omissione
g. attribuibile allo Stato,
h. consistente in una violazione di un obbligo internazionale
dello Stato.
art. 4 il comportamento deve essere messo in atto da un qualsiasi organo
dello Stato, legislativo, giudiziario, esecutivo, del governo centrale
o di un ente territoriale e che, comunque, sia tale in base al diritto
interno.
artt. 5 e ss. prevedono varie ipotesi di comportamenti tenuti da persone che non
sono organi dello Stato, ma agiscono come tali, oppure sotto il
controllo e le istruzioni dello Stato stesso (esercizio privato di
pubbliche funzioni).
L’identificazione di un organo è un’operazione difficile, ma che consente di
ricondurre l’atto illecito allo Stato. E’ un’indagine fondamentale negli illeciti
7
commissivi, mentre per gli illeciti omissivi la responsabilità è immediatamente
riconducibile allo Stato.
In proposito da segnalare la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia
(1986) sulle attività militari e paramilitari contro il Nicaragua, nella quale si
ammette la responsabilità degli Usa per il sostegno alle attività dei “contras”
contro il Governo del Nicaragua, ma si esclude che tutti gli atti dei “contras”
potessero essere attribuibili agli Usa, per mancanza di prove sul controllo
effettivo.
Da segnalare anche la sentenza del Tribunale per l’ex Jugoslavia (1999) nel caso
Tadic che, nell’attribuire alla Repubblica jugoslava azioni di forze armate non
sue, afferma che il grado di controllo, per affermarne la responsabilità, non deve
essere elevato.
E ancora, la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (1980) nel caso del
personale diplomatico statunitense a Teheran, detenuto dagli studenti islamici. La
Corte attribuisce all’Iran l’illecita detenzione dal momento in cui il Governo
iraniano approvò ufficialmente e decise di far propria l’azione degli studenti.
Per il diritto internazionale non basta ad identificare l’illecito, e quindi ad
attribuire la responsabilità, il fatto che lo Stato abbia indirizzato comandi agli
individui, se questi non si accompagnano alla concreta possibilità che tali ordini
siano attuati. Il contenzioso internazionale, quindi, ha sempre per oggetto
questioni concrete. Può darsi che una legge contenga un provvedimento concreto
e attuabile. In tal caso l’emanazione stessa costituisce illecito internazionale.
Si discute, poi, se possa parlarsi di responsabilità dello Stato, quando un suo
organo, agendo nell’esercizio delle sue funzioni, vada oltre la sua competenza:
ad esempio, tortura, assassinii, maltrattamenti, catture in territorio straniero
condotti da organi di polizia in violazione del diritto interno e contravvenendo agli
ordini ricevuti. In tal caso, il Progetto (art. 7) e parte della dottrina affermano che,
comunque, la responsabilità ricada sullo Stato; per altra parte della dottrina,
invece, l’azione resta propria degli individui che l’hanno compiuta e l’illecito
dello Stato consisterebbe nel non aver preso misure idonee a prevenirla. Per il
Conforti è da preferire la teoria del Progetto, in quanto più aderente alla
giurisprudenza internazionale e perché l’illecito dello Stato si verifica solo quando
siano esauriti gli eventuali mezzi di ricorso interni e, dunque, anche quando lo
Stato, pur avendo la possibilità di riparare, non lo abbia fatto.
Si esclude la responsabilità dello Stato, quando a commettere l’illecito
internazionale non sono organi statali, ma privati che arrechino danni ad
individui, organi o Stati stranieri. Al contrario si esprimeva la teoria tedesca della
solidarietà di gruppo, in base alla quale, in episodi del genere, il gruppo sociale
intero doveva sentirsi responsabile per le azioni dannose di suoi membri e,
pertanto, poteva essere legittimamente oggetto di rappresaglie della vittima. Oggi
dottrina e prassi sono concordi nel ritenere che lo Stato risponde solo quando non
abbia adottato misure idonee a prevenire l’azione e a punirne l’autore e, quindi,
solo per il fatto dei suoi organi inadempienti. Del resto, le norme internazionali
non si rivolgono ai privati, ma agli organi statali e l’illecito internazionale scatta
quando vi sia una violazione di una norma internazionale; e norme in materia di
offese agli individui e agli organi stranieri richiedono che gli organi dello Stato
territoriale adottino misure preventive e punitive. Un caso, invece, in cui lo Stato
risponde di illecito per fatti a lui non imputabili è quello della responsabilità per
danni causati da oggetti spaziali.
Più aderente alla teoria della solidarietà di gruppo è l’atteggiamento dell’Italia
fascista nel caso dell’omicidio del gen. Tellini, avvenuto in Grecia nel 1923.
7
L’Italia operò una rappresaglia armata a Corfù, in segno di protesta contro
l’assassinio del suo funzionario che doveva delimitare la frontiera tra Grecia,
Albania e Italia. Sul caso la Società delle Nazioni stabilì che la responsabilità
dello Stato, sul territorio del quale l’episodio avviene, è ravvisabile solo quando
non siano state prese tutte le misure appropriate per la ricerca, l’arresto e il
giudizio del criminale. Anche nel citato caso dei diplomatici americani a
Teheran, prima che l’Iran facesse propria l’azione degli studenti, l’illecito del
Governo iraniano già sussisteva per non aver adottato misure per prevenire il
sequestro.
44. L’elemento oggettivo.
L’elemento oggettivo dell’illecito internazionale è costituito dall’antigiuridicità
del comportamento statale, ossia dalla violazione di una norma internazionale. Il
Progetto (artt. 12 e ss.) definisce la violazione di un obbligo internazionale come
il fatto non conforme a ciò che è imposto dall’obbligo stesso, e poi delinea il
momento della definitiva consumazione della violazione:
art. 13 regola del tempus regit actum:
prevede che l’obbligazione debba esistere nel momento in cui
avviene il comportamento dello Stato;
artt. 14/15 regola del tempus commissi delicti:
stabilisce quando deve ritenersi che si verifichi l’illecito:
- negli illeciti istantanei;
- negli illeciti continui, nei quali l’obbligazione deve
sussistere per tutta la durata dell’illecito;
- negli illeciti complessi, in cui l’obbligazione deve sussistere
per tutta la durata delle varie azioni o omissioni che
compongono l’illecito.
Il previo esaurimento dei ricorsi interni è una regola sostanziale per stabilire il
tempus commissi delicti. Il Progetto la considera, invece, solo come condizione
necessaria per l’azione dello Stato diretta a far valere l’illecito sul piano
internazionale.
Il Progetto elenca le circostanze o cause escludenti l’illiceità:
I. Consenso dello Stato leso (art. 20).
Il consenso validamente dato da uno Stato da parte di altro Stato alla commissione
di un fatto determinato esclude l’illiceità di tale fatto, sempre che esso resti nei
limiti del consenso.
Si tratta di un principio ormai consuetudinario, sul cui significato parte della
dottrina vede un vero e proprio accordo tra Stato autorizzante e Stato autorizzato,
diretto a sospendere un obbligo preesistente con efficacia limitata al caso
specifico. Ma se così fosse, afferma Conforti, non avrebbe senso parlare di causa
esimente esterna, dato che l’efficacia sospensiva del consenso, insieme ai limiti
posti dallo jus cogens, sarebbero già contenuti nell’intesa e nei principi del diritto
internazionale. La causa di esclusione dell’illiceità è, invece, un atto unilaterale:
7
un’autorizzazione dello Stato che altrimenti verrebbe leso e che si basa su una
norma ad hoc del diritto internazionale generale.
L‘art. 20 va letto in combinazione con l’art. 26 che, in merito alle cause di
esclusione dell’illiceità, fa salvo il rispetto delle norme di jus cogens. Il consenso
dello Stato, infatti, non può violare una norma imperativa inderogabile, quale lo
jus cogens.
II.Autotutela (artt. 21 e 22).
Azione diretta a reprimere l’altrui illecito. Tale motivazione esclude
l’antigiuridicità, anche quando l’atto consiste in una violazione del diritto
internazionale: legittima difesa, contromisure, rappresaglie.
III.Forza maggiore (art. 23).
Evento inarrestabile e imprevisto, non controllabile dallo Stato, che rende
impossibile ottemperare ai propri obblighi. L’argomento va inquadrato, più che tra
le cause di esclusione dell’illiceità, nel problema della colpa come elemento
dell’illecito internazionale.
IV.Stato di necessità (art. 24).
L’aver commesso il fatto per evitare un pericolo grave, imminente e non
volontariamente causato. Il Progetto ne parla, in conformità al diritto
consuetudinario, riferendosi al caso dell’individuo-organo che abbia commesso
l’illecito in stato di necessità o in caso di pericolo per lui e per gli individui a lui
affidati (distress).
C’è, invece, incertezza nel riferire questa causa di esclusion