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IL PRINCIPIO DI LAICITA’: L’0RA DI RELIGIONE NELLE SCUOLE PUBBLICHE.
6.
In tempi molto recenti il tema della laicità degli ordinamenti è tornato prepotentemente
all’attenzione della dottrina e dell’opinione pubblica. Di tale tematica si è recentemente
discusso in Francia, dove è stata emanata una legge che proibisce agli alunni delle scuole
pubbliche di indossare simboli religiosi. Non esiste una concezione univoca di laicità, ma
anzi ogni ordinamento la intende in modo peculiare alla luce della loro esperienza storica.
La corte costituzionale è il vero artefice del contenuto del principio di laicità nel nostro
ordinamento, dato che la nostra costituzione non proclama esplicitamente la laicità
repubblicana. Senza dubbio il nostro è un ordinamento laico e lo si capisce tenendo conto
degli artt. 7/8/19/20.
Con la sentenza 203/1989 i giudici, chiamati a pronunciarsi sulla legittimità di un articolo
della legge del 1985 per la ratifica e l’esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale
che apporta modifiche al concordato del 1929, e sul punto 5 del protocollo che prevede
l’insegnamento nelle scuole pubbliche della religione cattolica; si delinea per la prima volta
il contenuto del principio di laicità, definendolo come principio supremo dello stato. Nella
vicenda è in rilievo la legittimità costituzionale dell’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole non universitarie nei confronti degli studenti che decidono di non avvalersene,
per i quali la disciplina impone la frequenza obbligatoria di corsi alternativi, lesivi della
libertà religiosa e discriminatoria per tali studenti. La corte con una decisione interpretativa
di rigetto puntualizza i contorni della disciplina dell’ora di religione e del principio di laicità
stabilendo: la facoltatività dell’ora di religione, la coerenza delle norme dell’accordo di
Roma col principio di laicità, il diritto soggettivo di avvalersi o meno dell’ora di religione, il
rispondente dovere per lo stato laico di tutelare l’autodeterminazione dei cittadini, il rispetto
della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori e la patente
discriminazione per gli studenti non avvalentisi nel caso si obbligatoria frequenza di altra
materia.
Di fatto lo stato italiano si impegna ad assicurare l’insegnamento della religione cattolica in
virtù degli accordi internazionali e la decisione di frequentare i relativi corsi resta
facoltativo, diventando obbligatorio in seguito ad una scelta dello studente.
LO STATO DEMOCRATICO E I SUOI SIMBOLI: IL CASO DI ESPOSIZIONE DI
7. UNA BANDIERA STRANIERA.
Ci si è spesso chiesti se uno stato democratico può subordinare l’esposizione di bandiere
estere da parte di minoranze etniche, ad una preventiva autorizzazione da parte
dell’autorità politica. La questione trae origine da un procedimento penale a carico di un
uomo che a Gorizia aveva esposto due bandiere slovene, durante la commemorazione del
25 aprile presso il monumento ai caduti per la resistenza senza averne chiesto
l’autorizzazione. L’intenzione dell’uomo era quella di rappresentare la minoranza slovena
aderendo ai valori della resistenza. La corte è chiamata a decidere la legittimità
costituzionale di alcuni articoli della legge sulla “disciplina della esposizione di bandiere
estere” n. 1085 del 1929, nella parte in cui fa divieto alle minoranze etniche sul territorio di
esporre bandiere, corrispondenti a quelle di stati esteri senza previa autorizzazione da
parte della pubblica autorità e nella parte in cui prevedono una sanzione penale. In questa
occasione la corte sottolinea che nel mutato ordinamento repubblicano, non avrebbe
senso subordinare la minoranza al divieto di esposizione, senza autorizzazione, in quanto
il pluralismo politico, etnico e religioso costituisce il fondamento di una società democratica
e quindi deve essere garantito e promosso. L’ordinamento italiano non è uno stato come
quello fascista che vede le bandiere straniere come una minaccia, ma uno stato
costituzionale democratico basato sul confronto. La bandiera non è più un simbolo di una
sovranità territoriale che riconosce validi i propri ideali, ma è l’emblema di una nuova
sovranità popolare. La stessa sanzione penale risulta sproporzionata e irrazionale.
L’UNITA’ DELLA REPUBBLICA E IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’.
8.
Tutti gli stati informati ad un pluralismo istituzionale hanno bisogno di congegni in grado di
ricomporre ad un’unità la molteplicità degli ordinamenti particolari che ne compongono uno
generale. Tale ruolo è svolto in Italia dal principio di sussidiarietà, introdotto nella
costituzione con la riforma del titolo V per regolare l’ordine delle competenze dello stato e
delle regioni.
L’art. 118 comma 1 dispone che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo
che esigenze di carattere unitario richiedano il loro conferimento a province regioni e stato,
sulla base del principio di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Tale previsione è
completata poi dall’ultimo comma del 118 che introduce il principio della sussidiarietà
orizzontale imponendo agli enti di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini per lo
svolgimento di attività di interesse generale.
La sussidiarietà esplica nella dimensione verticale e in quella orizzontale una capacità
definita normogenetica. Il nuovo principio costituzionale rivolge al legislatore statale e
regionale una serie di norme e regole attinenti alla ripartizione delle funzioni tra gli enti
territoriali (sent. 303 del 2003) e tra enti territoriale e cittadini ( sentenza 300 del 2003). La
giurisprudenza costituzionale ha fatto applicazione dello stesso principio per ordinare il
sistema delle fonti del diritto. In tale accezione essa non vincola il contenuto della legge
ma opera come principio in grado di attribuire la stessa competenza legislativa.
La sentenza 303 del 2003 è il punto di riferimento essenziale per interpretare la portata
complessiva del titolo V. il principio di sussidiarietà viene assunto come principio di
unificazione del sistema costituzionale, il precetto sulla base del quale l’autonomia degli
enti viene bilanciata col valore dell’unità della repubblica. È un criterio dinamico del riparto
delle funzioni amministrative e legislative, cioè le attribuzioni degli articoli 117 e 118
vengono suddivise tra i diversi livelli istituzionali e hanno modo di comporsi di volta in
volta. In presenza di istanze unitarie non frazionabili il principio di sussidiarietà giustifica
l’intervento dell’ente esponenziale di interessi generali. Nel nostro ordinamento il principio
di sussidiarietà adempie a esigenze di flessibilizzazione del sistema normativo analoghe a
quelle soddisfatte in Germania grazie all’istituto della legislazione concorrente e negli USA
grazie alla clausola di supremazia dell’ordinamento federale. Un ulteriore meccanismo di
salvaguardia dell’unità dell’ordinamento è quello dei poteri sostitutivi previsti dall’art. 120
per mezzo del quale il governo può sostituirsi agli organi di Regioni , province e comuni
per tutelare interessi unitari. Sono strumenti che trovano applicazione esclusivamente
nell’ambito di ipotesi eccezionali che hanno carattere straordinario e finalizzati a garantire
l’unità e la coerenza dell’ordinamento di fronte all’eventualità di un mancato esercizio degli
enti territoriali minori.
ALL’ORIGINE DELLO STATO DI DIRITTO: IL VALORE DEL PRINCIPIO DI
9. LEGALITA’ E LE ORDINANZE DEI SINDACI SCERIFFI.
Il principio di legalità si è affermato nel corso del 19 secolo con l’avvento dello stato di
dirittio, in base a tale principio l’attività amministrativa e la funzione giurisdizionale,
considerate potenzialmente invasive dalla libertà e delle proprietà individuali devono
essere disciplinate da regole generali e astratte poste da istituzioni parlamentari
rappresentative. Il principio di legalità non viene espressamente enunciato in una
disposizione costituzionale, e per questo motivo è stato a lungo oggetto di discussione. Il
principio di legalità viene desunto da quelle norme costituzionali che subordinano sia
l’attività amministrativa sia la funzione giurisdizionale al previo dettato legislativo. È un po’
difficile invece inquadrare le condizioni con cui il principio di legalità viene soddisfatto. Ci si
chiede se sia sufficiente la mera attribuzione del potere subordinato o se il principio di
legalità richieda non solo la mera previsione, ma anche la disciplina legislativa dettagliata
della funzione conferita. La corte costituzionale ha risolto tali questioni con la sentenza
115 del 2011, che ha dichiarato l’illegittimità della norma che attribuiva ai sindaci un potere
di ordinanza di tipo normativo in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana. Nel
dichiarare incostituzionale tale disposizione legislativa che consentiva di emanare
ordinanze anche fuori dai casi di contigibilità e urgenza e di adottare provvedimenti stabili
che nella prassi hanno favorito tipologie di divieti molto diversi. Nell’ordinanza di
remissione il giudice a quo ha individuato nel potere di ordinanza un potere
sostanzialmente normativo contrastante sia col principio di legalità dell’azione
amministrativa, sia della riserva di legge. Per il giudice delle leggi ogni conferimento di
poteri deve essere coerente col principio di legalità sostanziale posto alla base dello stato
di diritto, che non consente l’assoluta indeterminatezza del potere conferito. La corte
coglie la portata sostanziale del principio di legalità delle riserve di legge sia dell’art. 23 sia
del 97. Per l’art. 23 a parere della corte la riserva ivi prevista istituirebbe una sfera
generale di libertà che impone una base legislativa a tutte le prestazione personali imposte
dall’ordinamento.
In base all’articolo 97 l’organizzazione in via legislativa dei pubblici uffici risulterebbe
strumentale alla realizzazione dell’imparzialità della p.a che a sua volta può solamente
dare attuazione a quanto in via generale è previsto dalla legge.
Da ciò la corte trae un altro corollario, che sembra confermare il tradizionale nesso tra
principio di legalità e uguaglianza formale dei cittadini.
IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA E RAGIONEVOLEZZA DELLE LEGGI.
10.
L’art. 3 della costituzione sancisce il principio di eguaglianza dei cittadini dinnanzi alla
legge, nel senso che il legislatore deve