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A) LEGISLAZIONE ANTIMONOPOLISTICA
La concorrenza perfetta è il modello ideale di mercato, caratterizzato da:
- Contemporanea presenza sul mercato di una pluralità di operatori economici
- Assenza di barriere all’ingresso e all’uscita dei vari settori di produzione
- Piena mobilità dei fattori produttivi e della domanda dei consumatori
→ Tale modello spinge verso una generale e progressiva riduzione sia dei costi di
produzione sia dei prezzi di vendita, elimina dal mercato le imprese meno
competitive, stimola il progresso tecnologico, accresce l’efficienza produttiva delle
imprese. Tuttavia, la realtà è diversa e spesso frastagliata.
Nei settori strategici della produzione, la linea di tendenza è verso un regime di
mercato sempre più lontano dalla concorrenza perfetta !!
Le imprese dedite alla produzione industriale di massa tendono ad accrescere le
proprie dimensioni, a concentrarsi ed a collegarsi: sono sempre di meno e sempre
più grandi dando così vita a situazioni di oligopoli.
Gli imprenditori concorrenti spesso preferiscono l’accordo all’incerta competizione,
concludendo delle intese ossia patti volti a limitare la reciproca concorrenza.
Fra concentrazioni e intese si può arrivare sino al punto che tutta l’offerta di un
prodotto è controllata da una sola impresa, creando una situazione di monopolio di
fatto. In questo modo, il regime perfettamente concorrenziale è alterato.
Di fronte a queste tendenze, l’art.41 Cost. è necessario ma non sufficiente.
Necessaria è anche una regolamentazione giuridica della concorrenza.
In questo senso, occorre tenere presente che:
Concentrazioni e intese limitative della concorrenza sono fenomeni che non
1.
necessariamente si pongono in contrasto col funzionamento concorrenziale del
mercato. Occorre distinguere le intese buone da quelle cattive. La salvaguardia del
regime di concorrenza non può essere perseguita mediante una rigida e totale
preclusione delle concentrazioni e delle intese.
Non può essere trascurato il pubblico interesse !! L’art.41 Cost. infatti stabilisce
2.
che l’iniziativa economica è libera se non si pone in contrasto con l’utilità sociale e
che la concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere gli interessi dell’economia.
In questo senso, i sistemi giuridici ad economia libera mirano ad una concorrenza
sostenibile, cioè fondata su un punto di equilibrio fra il modello teorico ed utopico
della piena concorrenza perfetta e quella che è la realtà operativa. In che senso?
- Limitazioni legali della concorrenza: casi in cui l’iniziativa economica privata è
compressa per fini di utilità sociale (ad es. divieto di concorrenza differenziale, il
prestatore di lavoro che collabora con un imprenditore è obbligato a non svolgere
attività produttive per una altra impresa)
- Creazione di monopoli legali: in specifici settori che esplicano un interesse
generale. Lo Stato si riserva gestione ed esercizio in via esclusiva (ad es. vendita dei
tabacchi). Non subisce alcuna pressione concorrenziale ma è tenuto a comportarsi
in modo da assicurare parità di trattamento tra coloro che contrattano con lui.
- Limitazioni negoziali della concorrenza: l’art.2596 c.c. disciplina il patto limitativo
di concorrenza, da provarsi per iscritto, valido solo se circoscritto ad una data zona
o attività. Non può eccedere la durata di 5 anni. In questo modo, la libertà di cui
all’art.41 Cost. può essere rinunciata, a termine e entro certi limiti oggettivi.
- Repressione degli atti di concorrenza sleale
Disciplina comunitaria e nazionale
In Italia è mancata per lungo tempo una normativa antimonopolistica. Negli anni
Cinquanta è stata prevista la diretta applicabilità nel nostro paese della disciplina
antitrust europea, ma essa colpiva soltanto le pratiche monopolistiche che
pregiudicavano il mercato comune europeo, non quelle che incidono solamente sul
mercato italiano. Nel 1990 è poi entrata in vigore una disciplina antimonopolistica
nazionale a carattere generale, che si affianca a quella comunitaria.
La normativa antitrust europea è fondata sul principio secondo il quale la libertà di
iniziativa economica e la competizione fra imprese non possono tradursi in atti e
comportamenti che pregiudicano in modo rilevante e durevole la struttura
concorrenziale del mercato europeo.
La normativa antitrust italiana ha recepito tale principio cardine, così stabilendo la
repressione di quegli atti e comportamenti che pregiudicano il mercato italiano.
Identici sono i fenomeni pericolosi per la struttura concorrenziale del mercato, posti
sotto il controllo della disciplina comunitaria e di quella nazionale:
1. Intese restrittive della concorrenza : accordi, patti fra imprese volti a limitare la
propria libertà di azione sul mercato. Sono espressamente vietate:
- Intese orizzontali: accordo fra produttori
- Intese verticali: accordo fra produttori e distributori che prevede una clausola di
esclusiva, idonea a produrre un effetto di chiusura del mercato.
[ Non tutte le intese anticoncorrenziali sono vietate !!!! Sono vietate le intese che
hanno per oggetto o per effetto l’impedimento o restringimento in maniera
consistente del gioco della concorrenza. Sono lecite le intese minori, cioè quelle che
]
per la loro struttura non incidono sull’assetto concorrenziale del mercato.
Le intese vietate sono nulle. Chiunque può agire per farne accertare la nullità.
L’Autorità può ridurre o non applicare la sanzione all’impresa che fornisce
informazioni per la scoperta di una intesa di cui ha fatto parte. L’Autorità può inoltre
concedere esenzioni temporanee alle intese che migliorano le condizioni di offerta
sul mercato e producono un sostanziale beneficio per i consumatori.
2. Abuso di posizione dominante: non è vietato acquisire una posizione dominante
sul mercato, non è vietato che una impresa sia in grado di esercitare una influenza
preponderante sul mercato. È vietato lo sfruttamento abusivo di tale posizione
dominante, mediante comportamenti lesivi dei concorrenti e dei consumatori.
[ →
Per valutare la posizione dominante occorre individuare il c.d. mercato rilevante
]
prodotti e servizi considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore.
Ad una impresa in posizione dominante è vietato:
- Imporre prezzi o altre condizioni contrattuali manifestamente gravose
- Impedire o limitare la produzione, gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico
- Applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti
- Subordinare la conclusione di un contratto all’accettazione di prestazioni
supplementari che non hanno connessione con l’oggetto del contratto stesso
Il divieto di abuso di posizione dominante non ammette eccezioni. Sono inflitte
sanzioni pecuniarie identiche a quelle stabilite per le intese.
3. Concentrazione: la si può avere in tre diverse situazioni
Concentrazione giuridica : due o più imprese si fondono giuridicamente,
• dando così luogo ad una unica impresa.
Concentrazione economica : due o più imprese restano giuridicamente
• distinte ma diventano una unica entità economica, cioè si sottopongono ad
un controllo unitario che consente loro di esercitare una influenza
determinante sull’attività delle imprese controllate.
Impresa societaria : due o più imprese indipendenti costituiscono una
• impresa societaria comune.
Diversi sono gli strumenti giuridici ma il risultato economico è unico, ossia
l’ampliamento della quota di mercato detenuta da una singola impresa.
Le concentrazioni non sono di per sé vietate, in quanto accrescono la competitività
fra imprese. Diventano però illecite quando alterano gravemente il regime
concorrenziale del mercato. È quindi stabilito che le operazioni di concentrazione
che superano date soglie di fatturato devono essere preventivamente comunicate
al fine di valutare se costituiscono o meno una posizione dominante che elimina o
riduce in modo sostanziale e durevole la concorrenza sul mercato.
In presenza di rilevanti interessi generali dell’economia nazionale, l’Autorità può
eccezionalmente autorizzare concentrazioni altrimenti vietate.
A differenza delle intese, le operazioni di concentrazione vietate NON sono nulle. I
terzi hanno la possibilità di richiedere giudizialmente il risarcimento dei danni.
B) LIMITAZIONI DELLA CONCORRENZA
1. Limitazioni pubblicistiche alla libertà di concorrenza
Necessità di concessione o autorizzazione amministrativa per esercitare date
• attività, così da controllare sull’accesso al mercato di nuovi imprenditori.
Riconoscimento alla PA di ampi poteri di indirizzo e controllo nei confronti
• delle imprese che operano in settori di particolare rilievo economico-sociale.
Caso emblematico quello riguardante l’attività bancaria e creditizia.
Articolato sistema di controllo pubblico dei prezzi di vendita . Addirittura il CIP
• è giunto a fissare dei prezzi di imperio con riguardo a beni o servizi di largo
consumo, come i medicinali, i giornali, i servizi pubblici essenziali.
Monopoli legali . Se vi è una legge ordinaria che lo consente e se vi sono fini di
• utilità generale, è possibile la creazione di monopoli pubblici. Sono
predeterminati in modo tassativo i settori nei quali è legittimamente istituito
un monopolio pubblico. Nei confronti dell’impresa monopolistica NON trova
applicazione la normativa antitrust. Il legislatore tuttavia tutela gli utenti
contro possibili comportamenti arbitrari del monopolista:
- obbligo di contrattare con chiunque
Obbligo a contrarre:
richiede le prestazioni che formano oggetto dell’impresa. Le richieste
devono essere compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa e vengono
soddisfatte secondo il loro ordine cronologico.
- il monopolista deve predeterminare e
Parità di trattamento:
rendere note al pubblico le proprie condizioni contrattuali. Tale parità non
implica che le condizioni contrattuali devono necessariamente essere le
stesse per tutti gli utenti, possono esserci modalità e tariffe diverse.
[ Si ha monopolio legale quando la produzione e il commercio di un bene o
servizio sono riservati per legge ad un solo imprenditore. Si ha invece
monopolio di fatto quando un imprenditore, pur non godendo di un regime di
esclusiva, ha una posizione dominante sul mercato. Al monopolista di fatto è
applicata la normativa antitrust, così reprimendo le pratiche discriminatorie e
]
vessatorie nei confronti degli altri imprendi