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TUB.

3. Smarrimento del bancomat da parte del cliente con tardata comunicazione alla Banca. Il cliente è

sicuramente negligente, ma la Banca non è stata in grado di fornire le memorie di spesa relative ai

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fatti contestati. Si ha qui una negligenza da parte della banca che non ha applicato il principio di

diligenza professionale. Pertanto l’addebito è stato stornato per intero.

Dal campionario di esempi sembra potersi ricavare l’esistenza di una regola per cui la disciplina

opera in termini orientati verso la posizione del cliente.

Nell’ordinamento italiano la regola di protezione trova riferimento alla disposizione dell’art. 127

co2 del TUB, secondo cui le nullità di trasparenza, se sono rilevabili d’ufficio dal giudice,

operano soltanto a vantaggio del cliente. L’operatività a vantaggio del cliente viene a manifestarsi

come vera a propria clausola generale della materia e compare come espressione della clausola

madre di buona fede oggettiva.

La regola di protezione si muove lungo un’idea di asimmetria del rapporto tra banca e cliente,

derivante dal fatto che i ruoli delle parti sono istituzionalmente diversi e che gli stessi richiedono

normative differenziate: è proprio perché l’impresa predispone, immette sul mercato e gestisce un

suo prodotto che il cliente va specialmente protetto. A questo punto rileva un esempio riguardante

l’obbligo di conservazione decennale delle scritture contabili (art 2220 Cod Civ). Questo argomento

è respinto dalla Cassazione in quanto l’obbligo di conservazione è volto ad assicurare una più

penetrante tutela dei terzi estranei all’attività imprenditoriale. Pertanto non pare prudente eliminare

delle scritture contabili di rapporti ancora in essere. Qui si introduce anche il tema della sana e

prudente gestione di cui all’ art 5 TUB.

Una specifica che rileva fare è quella secondo cui l’opzione dell’interpretazione mobile della

clausole viene a mettere in discussione la regola del divieto di venire contra factum proprium.

Tuttavia, in coerenza con le finalità della trasparenza, tale divieto va applicato in modo rigoroso nei

confronti della Banca.

Cap 3. Coordinare più serie di norme

Lo spazio normativo interno al TUB e dedicato alla normativa della trasparenza bancaria è il titolo

VI. Questo spazio è composto dalla prima direttiva comunitaria sul credito al comune e la legge

sulla trasparenza; a queste è stata poi aggiunta la disciplina sui servizi di pagamento. Anche le

discipline del credito al consumo e dei servizi di pagamento non restano estranee alla clausola

generale della disciplina che opera a vantaggio del cliente e che dunque le governa.

Al TUB inoltre deve essere affiancata la normativa del decreto PSD n 11/2010 e le norme che

disciplinano il reparto finanziario e assicurativo dell’attività bancaria. Queste materie, di per sé

vicine, presentano in effetti una grande intimità e posseggono dei confini labili che le differenziano

le une dalle altre. Ne consegue l’esigenza di una considerazione unitaria di servizi bancari,

finanziari e assicurativi.

(Manca prodotto Patchwork)

Cap 4. Sui doveri d’informazione

L’informazione sui prodotti è un valore importante del mercato. Senza l’informazione il cliente non

avrebbe la possibilità di dirigersi in modo consapevole verso un tipo di prodotto né avrebbe la

possibilità di orientarsi in maniera opportuna tra i prodotti di un dato tipo. L’informazione, inoltre,

serve alle imprese operanti sul mercato per conoscere le caratteristiche dei prodotti concorrenti.

L’informazione, quindi, è il cardine del sistema normativo della trasparenza, ma la trasparenza

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non si esaurisce con l’informazione. Di fatto, è impossibile che una riduzione delle asimmetrie

informative porti a riequilibrare la forza delle posizioni contrattuali tra banca e cliente:

l’informazione non può surrogare l’adeguatezza, ossia non è atta a rendere “professionista” un

cliente e men che meno l’informazione non rende “diligente” l’operato dell’impresa.

La normativa che concerne l’informazione è contenuta in una serie di norme del TUB e del credito

al consumo. Anche la normativa sull’informazione viaggia di pari passo con le clausole generali. Il

senso delle clausole generali è di far progredire la normativa via via col procedere del tempo.

Questo vuol dire che la clausola generale dà un senso alle regole specifiche e ne illumina il

contenuto; colma i dislivelli che intercorrono tra le diverse norme specifiche e integra quanto

previsto dalla normativa specifica con ulteriori e autonomi precetti. In questo senso rientrano in

gioco le clausole generali della buona fede e della correttezza bancaria.

In generale, le fattispecie che fanno scattare doveri informativi in capo alla Banca sono tante, e

scritte specificatamente nel TUB, e la raccolta delle decisioni dell’arbitro ne offre un ricco

campionario.

In relazione al dovere di informazione, rileva in particolar modo l’indicazione di buona fede

informativa di cui all’Art 1337 Cod Civ, il cui contenuto è meglio specificato nell’art 5 del Codice

del Consumo. La buona fede si pone come strumento tecnico che viene a rendere comune la regola

scritta per i consumatori clienti dell’impresa. L’informazione dovuta dalla banca, viene ad

appoggiarsi ai criteri cardine della chiarezza e della comprensibilità. L’informazione deve essere

di tono univoco e senza ambiguità. La formula della chiarezza e della comprensibilità risulta quindi

sufficiente a manifestare l’inaccettabilità di prassi commissive o omissive che portano la Banca ad

approfittare della propria posizione. Alcuni posizioni dell’ABF:

1. illegibilità delle condizioni del contratto e sovrapposizione del documento di sintesi con le norme

del contratto difetto di trasparenza informativa

2. sottoscrizione di una clausola scritta in caratteri minuti e contenuta in un modulo avente ad

oggetto altri prodotti

3. importantissima è anche la coincidenza tra il TAEG indicato e il TAEG effettivamente applicato

Un altro punto di fondamentale importanza che deve essere associato alla chiarezza delle

informazioni dovute è che l’informazione deve essere di agevole comprensibilità. La nozione di

comprensibilità, che viene necessariamente legata alla nozione di buona fede, non può essere

lasciata su di un livello minimo. Di fatto essa dovrebbe essere intesa come una positiva ed effettiva

ricerca della comprensione. Secondo le Istruzioni della Vigilanza i documenti informativi

dovrebbero essere redatti con modalità che garantiscono la correttezza, la completezza e la

comprensibilità delle informazioni, così da consentire al cliente di capire le caratteristiche e i

costi del servizio, confrontare con facilità i prodotti, adottare decisioni ponderate e

consapevoli. Nella prospettiva dell’agevole comprensione è da tenere in considerazione l’art 123

co1 lett. f del TUB, che stabilisce il dovere di pubblicare l’importo totale dovuto dal consumatore

(se determinabile in anticipo). La preventiva indicazione del montante è caratteristica assai utile e di

facile comprensione al fine di una scelta ragionata e consapevole del cliente.

Nel fissare i criteri delle informazioni riportate nel testo dei contratti di credito al consumo, il co1

dell’art 125 bis richiama i concetti di concisione delle informazioni trasmesse. La sintesi è infatti

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l’unico modo per cogliere il senso vero e concreto del prodotto bancario. Sintetico, inoltre, non

vuol dire sommario.

Altri concetti da tenere ben in mente sono:

1. L’idea dell’informazione differenziata si sostanzia nel performare diverse categorie di

clienti: per fornire alle stesse diversi standard informativi, secondo quanto è tenuto adeguato

per ciascuna categoria.

2. L’idea dell’informazione personalizzata che pensa di aggiungere delle azioni informative

tarate sulle caratteristiche concrete del singolo cliente.

Sul punto della consapevolezza della scelta del prodotto bancario, il dovere di informazione

personalizzata si trova indicato nell’art 124 TUB.

Cap 5. Operazioni adeguate

Un’altra regola, abbastanza consolidata in ambito di operazioni finanziare, è quella che riguarda

l’adeguatezza delle operazioni rispetto alle esigenze del cliente; tuttavia nell’ambito del bancario il

tema dell’adeguatezza è ancora giovane. In particolare bisogna fare riferimento all’art 124 bis e 124

co5 del TUB. Di fatto la disciplina di trasparenza sembra oggi estendere la sua portata, tra gli altri

obblighi a carico delle banche, anche quello dell’adeguatezza. Anche la regola di adeguatezza

discende in via immediata e diretta dalla clausola generale di buona fede oggettiva. L’applicazione

della regola di adeguatezza è anche sottolineata dalla prescrizione delle Istruzioni di Vigilanza che

dispongo, con riferimento all’area della commercializzazione dei prodotti, che il cliente non deve

essere indirizzato verso prodotti che per lui siano evidentemente inadatti. Il concetto di

adeguatezza porta con se alcuni problemi.

Il primo problema attiene all’individuazione della misura di adeguatezza richiesta. Per rispondere a

questa problematica bisogna far riferimento alle indicazioni fornite dalle Istruzioni di Vigilanza

secondo cui: la previsione non richiede agli intermediari di assicurare assistenza al cliente fino al

punto di individuare, in ogni caso, l’offerta più adeguata. L’operazione, in conclusione, deve quanto

meno presentarsi come ragionevolmente idonea a soddisfare le concrete esigenze del cliente.

Al tema dell’adeguatezza si lega senza alcuna ombra di dubbio quello dell’informazione e della

consapevolezza: la piena consapevolezza nel cliente che un’operazione è inadeguata alla sua propria

situazione non rende l’operazione adeguata. Entra quindi in gioco un obbligo della banca inteso ad

aiutare il consumatore ad effettuare scelte coerenti con la propria situazione. Si tratta quindi di

capire quale tipo di aiuto la regola di adeguatezza pretende dalla banca.

Il dovere comportamentale della Banca si incentra su quei prodotti che vengono immessi sul

mercato. Le banche non devono offrire i clienti dei prodotti che appaiano inadeguati al concreto

della loro dimensione specifica. L’offerta si deve dunque contenere ai prodotti che risultino

ragionevolmente adeguati per quel particolare cliente.

Inoltre, se il cliente si rifiuta di accettare operazioni per lui adeguate, la banca deve senz’altro

rifiutarsi di concludere l’operazione con il cliente.

Bisogna ora riflettere se una violazione della regola di adeguatezz

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze giuridiche IUS/05 Diritto dell'economia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ElisaSorrentino12 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto bancario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Dolmetta Aldo Angelo.