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Per una definizione di competenza: competenza come capacità di mobilitare le proprie
risorse e quelle esterne disponibili in funzione di un compito situato. Tali risorse:
conoscenze (conoscenza è riferito ai fatti o alle idee acquisiti attraverso lo studio, la
ricerca, l’osservazione o l’esperienza), abilità (capacità di utilizzare le proprie conoscenze
per l’esecuzione di compiti semplici per saper fare), disposizioni interne stabili (componenti
motivazionali, etiche sociali e relative ai comportamenti, sistemi di valori e credenze,
abitudini e altre caratteristiche psicologiche). L’osservazione e la valutazione delle
competenze sono centrali all’interno della scuola. La progettazione di esperienze che
facilitino nell’individuo e nei gruppi l’acquisizione o il miglioramento delle proprie
competenze può essere intesa come il cuore dell’expertise didattica (=capacità di
prospettare soluzioni articolate, criticamente argomentate e ragionevolmente rendicontabili
nei risultati, in tutti quei contesti in cui si affrontino problemi connessi con l’apprendiemento
umano).
Cap. 3 Progettazione
Definizione di progettazione: un’azione o serie di azioni volte a preparare e organizzare
l’azione didattica e a fungere da guida agli atti educativi. È contemporaneamente pensare,
agire, riflettere. È anticipare delle possibilità.
La progettazione è in rapporto con azione e valutazione in quanto tutte appartengono alla
triade costituente ogni evento didattico, triade circolare in cui i 3 elementi si succedono
senza fine (è oggetto di progettazione ogni elemento della triade; la valutazione offre
elementi di conferma o smentita verso la progettazione proponendo le modifiche da
apportare nel nuovo ciclo progettuale).
La progettazione può assumere uno stile incentrato sulla razionalità o sull’incertezza: nel
primo caso la progettazione definisce una sequenza di passaggi da seguire, un piano
preciso, certo, organizzato, in vista di un traguardo precisamente identificato, è volta
all’efficienza, è caratterizzata da un nesso causale lineare (il rischio di un’eccessiva
staticità è di non saper gestire l’imprevisto, di trascurare gli elementi scaturiti durante
l’azione, di una rigidità che rende impossibile deviare dai binari prestabiliti), nel secondo
caso la progettazione non è predefinita, è imprevedibile, prende strade impreviste e non
ha obiettivi precisamente definiti poiché vengono modificati strada facendo, riesce a
cogliere la problematicità e gli imprevisti, è caratterizzata da un nesso causale circolare-
retroattivo (è destrutturato perciò il rischio di non raggiungere l’obiettivo è maggiore). Gli
insegnanti devono allenarsi ad entrambi i tipi di progettazione, una di tipo lungo e
approfondito prima dell’azione e una breve e di emergenza durante l’azione. Scegliere uno
stile o un altro in questa dicotomia comporta l’assumersi una responsabilità educativa.
Difficilmente le realtà educative di progettazione si possono collocare in maniera netta a
un estremo o a un altro, ma ogni modello può essere collocato in un continuum tra
razionalità e incertezza. Un insegnante è professionale quando sceglie i modelli
progettuali più adeguati al contesto e al momento.
Elementi del campo semantico progettazione: programma (=progetto di portata regionale
o nazionale prescrittivo, cioè che ha forza normativa, che fissa le finalità degli enti
educativi e scolastici. Cambia a seconda del clima socio politico culturale in cui è
maturato: in Italia es. Legge Casati, che fa dei programmi una guida sicura per il docente
che si impegna a seguirla pedissequamente); programmazione (=procedura periodica di
adattamento del programma alle esigenze della singola scuola. Es. programmazione
curricolare); progettazione (=vedi definizione sopra. Con le norme in materia di autonomia,
essa è “espressione di libertà di insegnamento volta a garantire il successo formativo dei
singoli”, è la possibilità di scegliere come far sviluppare l’apprendimento umano, ed è
presente nel POF. Il DPR vorrebbe che la progettazione fosse ricerca, innovazione… ma,
anche se i programmi sono stati abbandonati per seguire una linea solo orientativa e di
indicazione, la scuola è ancora burocratizzata dalle procedure).
Cap. 4 L’agire didattico
L’agire didattico è il momento operativo concreto dell’intero processo didattico, mette in
atto ciò che è stato progettato. Dall’azione didattica si generano una serie di interazioni
riconducibili alla triade mediazione-comunicazione-relazione. Quando questi tre processi
avvengono in maniera corretta e valida il soggetto che apprende raggiunge l’obiettivo di
apprendimento.
La mediazione trasforma l’informazione da tramandare in modo che sia comprensibile ed
accessibile agli utenti, perciò non si limita a fungere da mezzo di trasporto
dell’informazione, ma è un’azione di trasformazione (dei concetti, contenuti, linguaggi…).
Per funzionare necessità di media, cioè strumenti (analogici, digitali…) che consentano il
passaggio. La scelta dello strumento che funga da mediatore deve essere progettata in
base all’oggetto da trattare: ci sono oggetti del sapere che si adattano di più a media
analogici e altri che richiedono media digitali. Le variabili della mediazione didattica, oltre
alla scelta dei media, consistono: nella quantità di sapere possibile da insegnare, nelle
conoscenze selezionate per l’apprendimento, nella loro organizzazione cronologica, nel
confronto con il contesto socio-culturale della scuola e quello di appartenenza degli alunni,
nei bisogni cognitivi degli studenti, nella loro motivazione… La mediazione si
realizza positivamente se attiva nell’alunno un apprendimento stabile e competenze
specifiche e globali. Alla mediazione
fa riferimento la “transposition”: avviene una transazione dal sapere esperto (del saggio, le
savoir savant) al sapere da insegnare a quello insegnato realmente. Spesso però il sapere
viene trasformato e trasposto talmente tanto da diventare molto distante dal suo oggetto
culturale originario, come se venisse trasformata un’energia in un’altra, compiendo una
trasduzione. Il compito dell’insegnante in fase di progettazione sarà quindi anche di
prevedere la trasuzione in più sensi.
La comunicazione ha sia un aspetto informazionale, relativo alla condivisione e
trasmissione di qualcosa, che relazionale, relativo alla dimensione sociale. La
comunicazione è la risultante dell’incontro tra soggetti, oggetti, contesti, strumenti,
linguaggi, gruppi… non si comunica sempre per lo stesso motivo, ma i principi di base del
fenomeno comunicativo sono: i sistemi (=insieme di oggetti e di relazioni tra gli oggetti e i
loro attributi), il contesto (=insieme di regole implicite che permette di comprendere
l’interazione), il concetto di funzione (=insieme di regole che connette le variazioni di un
termine o di un gruppo di termini alle Inter rievoca una connotazione sociale,
personale rievoca gli aspetti esistenziali
coinvolti nella comunicazione, didattica rievoca
lo scopo
variazioni di un altro o di un gruppo), il repertorio (=insieme di simboli dell’interazione).
La comunicazione interpersonale didattica
È essenziale che un insegnante viva la comunicazione e ne conosca ogni aspetto, in
modo da saper
condurre un gruppo ed accorgersi quando l’interazione non funziona. Raccontare la
comunicazione è un modo per allenarsi ad approcciarsi ad essa: la metacomunicazione,
cioè comunicare sulla comunicazione, raccontarla. Nella comunicazione un educatore
deve seguire 3 fasi: sensibilizzazione (capacità di leggere i diversi linguaggi),
esercitazione, debriefing (riflessione sull’attività appena svolta, a partire dalle emozioni che
ne sono scaturite). Il feedback è la risposta di ritorno che coloro
che comunicano si scambiano all’interno di un’interazione. Esso ha 5 aspetti: funzionale
(leggendo il feedback l’interazione diventa più efficiente ed è più probabile la sua riuscita.
Es. lezione a scuola), linguistico (permette di comprendere i codici di linguaggio verbale,
paraverbale e non verbale ed allargare il repertorio comune), metodologico (esso può far
cambiare gli schemi comunicativi inefficaci, fa migliorare i processi evidenziando le cose
negative), relazionale (esso permette al comunicatore di leggere negli altri le reazioni al
suo stile comunicativo, che possono essere reazioni di conferma, disconferma,
negazione), formativo (esso diventa la base per procedure di autovalutazione). Esistono
diverse reti della comunicazione, che sono state schematizzate (es. croce, y, catena,
cerchio)in base alla modalità con cui le persone interagiscono, e non esiste una rete
migliore di un’altra, ma è importante capirne le valenze all’interno di un dato contesto per
poter scegliere quella più adatta ad esso.
I linguaggi sono essenziali nella comunicazione didattica e si
dividono in verbali (coinvolgono la parola parlata e utilizzano un codice linguistico
convenzionale), paraverbali (i fenomeni fonici), non verbali (gesti, segni, posizioni del
corpo che comunicano significato), che sono in continua interazione tra loro. Il linguaggio
digitale è di tipo verbale perché usa un codice, mentre le emoticon sono paragonabili al
linguaggio non verbale o paraverbale.
La relazione non è un semplice attributo dell’essere ma è essenziale e caratterizza la
stessa definizione della persona: l’apertura verso l’altro permette all’uomo di essere e di
manifestarsi come tale, l’uomo scopre la propria identità nell’incontro con l’altro. Quindi
ogni esperienza didattica deve permettere la relazione (tra gruppi, tra culture, tra
generazioni…). Una persona è matura quando è in grado di mettersi in relazione con gli
altri, non quando è autonoma o autosufficiente. Ma la relazione non si sviluppa quando più
persone si trovano a vivere insieme, bensì dove le persone riescono a porsi in relazione
con gli altri in maniera libera e cosciente. Il didatta è capace di far creare relazioni tra le
persone in modo da arricchire i diversi soggetti e lo fa curando il suo modo di interagire
con loro. Anche nel processo conoscitivo e apprenditivo si creano relazioni tra diversi
concetti. Non è possibile insegnare agli altri né apprendere se prima non si impara a
relazionarsi con gli altri (la globalizzazione ha aumentato queste opportunità, ma occorre
vedere nell’