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LO SPAZIO PER UNA CAUSALITÀ DELL’AGENTE
- Kim critica l’autonomia causale dei processi mentali sottolineando quanto sia insensato pensare che
un evento mentale, prodotto causalmente da una catena casuale fisica, possa sottrarsi a
quest’ultima e diventare irriducibile alle leggi causali che governano il mondo fisico (va contro la tesi
del fisicalismo non riduzionista di Davidson). L’irriducibilità della sfera mentale ha senso solo se la
limitiamo ad alcuni eventi mentali che, però, non hanno rilevanza causale, perché altrimenti violiamo
la chiusura causale del mondo fisico => si ricade nel dualismo. Il dualismo è improbabile per trattare
di eventi cerebrali e mentali dato che ci è evidente l’interazione causale fra questi + dovremmo
abbandonare i principi fisici fondamentali come quello della conservazione dell’energia.
Secondo questo pdv non ci resta che considerare gli eventi mentali come epifenomeni.
Quello che Kim e gli altri fisicalisti si dimenticano è che loro stessi stanno dando una descrizione che è fatta
da soggetti e che ci sono delle condizioni soggettive che permettono tale descrizione (=> questi fisicalisti
sono ciechi rispetto al contesto).
- L’intero ragionamento di Kim presuppone che sia chiaro cosa la causalità sia; dato che ci troviamo in
un contesto fisicalista sappiamo che si parla di causalità efficiente. Kim dà per scontato che questa
causalità escluda la dimensione intenzionale, volontaria e telica + che questa causalità trasmetta le
stesse caratteristiche lungo la catena delle cause + che la causalità efficiente riguardi particolari
realtà fisiche (non idee/universali) e che quindi ogni concatenazione causale abbia una propria
identità.
Kim sostiene, più esplicitamente, che la causalità efficiente sia mossa da agenti fisici che sono
sufficienti a determinare univocamente il loro effetto (quando l’evento causante precede
immediatamente quello causato).
Tutto questo porta ad escludere a prescindere la volontà come originariamente causante: non ci
sono margini per l’autodeterminazione o per una pluralità di possibilità.
- La nozione di causalità generale implica che qualcosa faccia essere qualcos’altro (causalità deve
essere efficace, avere delle conseguenze) e questo lo sperimentiamo quotidianamente
(sperimentiamo il sussistere di un’efficacia ontologica). La nozione di efficacia appare indifferente
alle nozioni di interno-esterno e alla distinzione fra vissuti soggettivi ed eventi oggettivi.
Senza l’idea che alcune cose ne facciano altre non potremmo applicare alcun criterio ordinatore agli
eventi e alla nostra coscienza (nocciolo intuitivo minimale di ciò che va sotto il nome di causalità).
- Affinchè l’efficacia sia intellegibile serve anche la regolarità = dobbiamo poter costruire aspettative
plausibili relative ai nessi efficaci e questo è possibile se troviamo regole di produzione degli effetti.
Attenzione: le regole non sono necessariamente quelle rigide deterministiche, ma anche regole di
distribuzione stocastica o regole governate da variabili intenzionali e semantiche (es. descrizioni
superstiziose antiche dei fenomeni = esprimono regolarità capaci di conferire intelligibilità ai
fenomeni).
- Quando pensiamo ad una relazione causale fisica pensiamo come ad un fatto di natura che certi
eventi fisici producano certi altri eventi fisici. Non si tratta però di qualcosa che possiamo ascrivere
alla natura in sé = in natura non ci sono unità definite che distinguono l’evento (ciò che accade) da
ciò che ha causato l’evento; siamo noi che selezioniamo i limiti di un evento e decidiamo dove vada
collocato l’inizio/la fine di un evento o di una sequenza causale. In realtà gli eventi non hanno di per
sé limiti interni o esterni. Infatti si è visto come nei resoconti storici si possa ricorrere ad eventi di
configurazione variabile a seconda dell’interesse della descrizione.
Diversamente da ciò che generalmente pensiamo la struttura articolata e direzionata che
attribuiamo implicitamente alla causalità efficiente non riguarda la realtà in sé, ma l’articolazione
preferenziale della realtà che noi selezioniamo.
Questo non vuol dire che le relazioni causali siano inventate dal soggetto, ma piuttosto che il
loro significato dipende dal modo in cui diventano oggetto di conoscenza.
- L’idea che l’antecedente sia causa del successore è ciò che sembra sancire l’epifenomenicità della
causalità dell’agente = se sosteniamo, secondo la causalità efficiente, che solo l’antecedente ha
potere causale sul conseguente, allora la volontà è irrilevante sul piano causale (l’agente è una causa
che funziona sulla scorta dell’efficacia di un fine che è futuro).
Tuttavia la realtà dell’efficacia causale non ha una collocazione temporale variabile dato che una
causa è concepita come efficace solo nel presente (in una visione naturalistica ordinaria solo il
presente è efficace dato che il passato non c’è più e il futuro non c’è ancora). Il problema è capire
cosa si intenda con presente. La teoria della relatività ci insegna che il presente esiste solo perché si
manifesta come presenza ad una coscienza => presente = qui ed ora in cui si colloca un osservatore a
cui qualcosa è presente => presente in sé = qui ed ora che si manifesta ad un osservatore ideale a cui
si mostra come punto di contro del passato in vista di un possibile futuro.
Senza la coscienza non possiamo ancorare il presente a nulla e quindi non c’è modo di
interpretare cosa succede in una sequenza causale.
Attenzione: non stiamo negando che le cose accadano anche in assenza di una coscienza, ma stiamo dicendo
che è la coscienza a definire cosa accade e a dare forma/senso agli eventi.
Senza un pdv, un modo di selezionare le unità salienti nessun evento fisico si manifesta.
- Il passato ed il futuro, inoltre, esistono solo in riferimento ad un’attività rappresentativa = del
passato noi selezioniamo solo quei nessi che ci aiutano ad orientarci (consideriamo gli eventi che ci
danno una mappa per come comportarci nel presente e progettare il futuro). Né il futuro, né il
passato appartengono alla sfera della datità, ma sussistono solo nella sfera intenzionale.
Attenzione: un filosofo naturalista potrebbe dire che può darsi che il passato e il futuro dipendano dalla
coscienza, ma che la coscienza sia a sua volta manifestazione del cervello e delle sue cause efficienti. Tuttavia
per poter dare ragione al filosofo in questione dovremmo poter spiegare la natura del passato e del futuro
utilizzando un processo cerebrale come spiegazione, ma è costitutivamente impossibile. Infatti se il passato
fosse il prodotto dell’attività cerebrale dovremmo supporre che il passato, che in questo momento ci appare
come il nostro vero passato, sia uno stato cerebrale/una traccia mnestica, ma questa traccia sarebbe solo
uno stato presente fra altri stati presenti (una cosa dove nulla parla di passato) => si tratterebbe di qualcosa
di simile all’impressione di una pellicola (qualcosa di concepibile come fatto presente in un mondo presente).
Noi invece parliamo di un nostro passato => questo implica che noi dispieghiamo il passato estraendolo da
una pellicola attraverso un operazione di coscienza.
Questo è quello che Husserl intendeva con il concetto di “ritenzione” = operazione di coscienza con cui ciò
che è in presenza recede progressivamente sullo sfondo, rimanendo recuperabile intenzionalmente, mentre
il suo senso, la direzione segnata da ciò che appare trascorso, viene tenuta in vita per tenere insieme le
successive datità presenti.
Ciò che tratteniamo come ritenzione ci porta ad anticipare sviluppi esperienziali possibili (creazione di
aspettative immediate, per Husserl “protensione”).
Ritenzioni e protensioni descrivono la nostra intuizione primaria di cosa sia l’articolazione
temporale di passato e futuro.
Il nostro senso di evidenza per il sussistere di un passato e di un futuro non può essere dovuto ai nostri
contenuti intellettuali di passato e futuro, dato che tutti questi contenuti possono essere rimessi in
discussione, tuttavia l’evidenza del sussistere si un passato e di un futuro non può essere messa in
discussione (appartiene alla sfera primaria della nostra esperienza). Per questo il darsi del passato e del
futuro non dipendono dagli specifici contenuti del passato e del futuro (ciò che ne fa propriamente
passato/futuro non appartiene alla sfera delle cose presenti).
- La nostra idea di processo cerebrale presuppone l’articolazione temporale, invece l’attività della
coscienza manifesta le forme in cui primariamente l’articolazione temporale emerge => la coscienza
è una posizione per spiegare la temporalità.
Chi vuole ridurre l’attività della coscienza alla realtà fisica del sostrato cerebrale dice che le ritenzioni e le
protensioni, ancora inspiegabili, devono essere pensate come eventi cerebrali. Questo però non ci dice cosa
legittimerebbe a ridurre l’attività intenzionale della coscienza ad un processo dove questa attività
intenzionale non c’è e dove sussistono solo nessi di cause efficienti. Infatti mentre riferimenti a fenomeni
intenzionali possono comprendere e spiegare la nostra concezione delle cause efficienti, dei resoconti in
termini di cause efficienti non hanno le risorse concettuali per spiegare i fenomeni intenzionali.
- Spiegare = ricondurre l’ignoto al noto. Dato che qui noto non può significare conosciuto in modo
ultimativo (non è mai disponibile alcuna conoscenza ultimativa) => il parametro per stabilire cosa sia
noto non può essere il raggiungimento di un limite intrinseco (il sapere completo), ma piuttosto un
giudizio di consuetudine = quando riusciamo a ricondurre eventi oscuri ad altri che riteniamo chiari
ed intuitivi diciamo di aver spiegato qualcosa.
Nel caso della spiegazione scientifica il processo deve giungere ad una legge causale consolidata che
ci permetta di prevedere relativi eventi => non basta la riconduzione dall’ignoto al noto, dato che il
noto deve essere applicabile a processi predittivi.
- Qualcosa vale come spiegazione nel momento in cui soddisfa un’esigenza a monte e questa esigenza
è soddisfatta quando raggiungiamo una rappresentazione che riteniamo appagante.
- Spiegazioni in termini di cause efficienti risultano in un certo modo paradossali: la struttura delle
spiegazioni causali sembra impossibilitata a pervenire ad un punto d’a